lunedì 22 febbraio 2010

IL RITORNO DEL CONDOR


Nel nuovo docufilm
tutto sul golpe militari-oligarchia-Usa in Honduras, la copertura "democratica", la resistenza popolare, le prospettive dell'America Latina sotto controffensiva Usa.
Per ordini e persentazioni:
visionando@virgilio.it

sabato 20 febbraio 2010

LA CLOACA E I SUOI TAPPI (e Travaglio cos'è?)





Ami elettorali
La novità dell’esperienza (citazione PD dalla „Notte dei morti viventi“)
La mia forza siete voi (citazione PDL da „La piovra“)
Sosteniamo solo i migliori (Casini: fuori chi non è bravo come Cuffaro)
Semplicemente un cittadino (secondo i radicali: agente Mossad con rosa in pugno)
In poche parole, un’altra Italia (annuncio PD su faccia in coma da overdose)
Cambierà, si cambierà (detto da un rutelliano al decimo cambio di casacca)
Ti puoi fidare (detto da Emma Bonino significa fosforo bianco per tutti)
Dentro i sentimenti popolari (PDL che lecca la bava a Calderoli)
La forza dell’identità (ossimoro PD)
Diamo certezza al futuro (paura di estinzione PD)
Non contano le parole, contano le persone (PDL. I terremotati dell'Aquila l'avevano capito)
Affiancate a queste ponderose massime le rispettive facce e il classico del cinema horror „Freaks“ vi sembrerà una mostra del Caravaggio.



Ma precipitate a „sinistra“, se volete affrontare la comunicazione più ottusa di tutte, entrista, mignottesca, subalterna, servile, berlusconide, antifemminista (e chissenefrega), anti-donna (ed è fetente), subalterna, onanista, sucida.

Ecco qua il colpo di genio di questi zombie. Insistono a dissacrare i loro stessi simboli. Forse gli ideatori, nipotini del felicemente svaporato ominicchio in cachmere, pensavano a un allestimento Dolce e Gabbana della vetrina dei loro saldi, per nascondere con megatacchi di “donne di classe” (oltretutto deleteri non solo sul piano estetico, anche su quello fisico) i manichini delle orride ginocrate che hanno butterato la storia del partito. Ve le ricordate? Lidia Menaguerra, Elettra Deiana, Patrizia Sentinelli (spalla dei devastatori di Roma Rutelli e Veltroni), Rina Gagliardi (che mi cacciò da “Liberazione” per dissensi su Milosevic, Palestina, Saddam, Fidel e oggi approda tra i bolscevichi di Polito al “Riformista”), Graziella Mascia……


Abbiamo fatto come Confucio e, al tempo delle frane e dei Bortoladri, ci siamo messi sulla riva ad aspettare che passasse il cadavere del nemico. Passava solo merda con in superficie tappi che, balzellon balzelloni, facevano finta di estraniarsi, epperò viaggiavano con la corrente. Ci siamo accorti che quello non era un fiume. Era una cloaca. E siccome siamo a Roma, era la cloaca maxima, con sbocco finale, come suole, sui massimi colli. Vediamo ora cosa ci è passato sotto il naso. Deciderete voi cosa sia flusso di escrementi e cosa tappi trascinati. Io metto punti ninterrogativi. Per quel che vale, all’uscita tutti stronzi sono.

Oportet ut disastra eveniant. Chi, e sono tutti, si limita a infliggere a coloro che governano
un paese in totale sfacelo morale, politico, territoriale, culturale, legale, il vezzeggiativo di „incompetenti“ o addirittura di „ladri“, non coglie nel segno. Lo sfiora. E come limitarsi a dare del „pelato“ a Mussolini. Vogliamo renderci conto, o no, che questi i disastri li vogliono, li aspettano, li provocano? Un intervento di consolidamento del nostro suolo non costerebbe più di 4 miliardi di euro. In vent’anni ne sono stati spesi 21 per tamponare catastrofi idrogeologiche e ricostruire, sempre decostruendo storia e ambiente. Volevate che questa mafia dirigente si accontentasse di 4 miliardi quando ne poteva intascare 21? Il 68,6% dei comuni è ad alto rischio sismico o idrogeologico? Ma che vengano giù questi comuni del cazzo, ci sarà da ridere, come quella notte, all’idea delle tante Milano 2. Chè più si stringono le cinte in basso, più si sfarina il territorio, e più tocca allargare le cinte in alto. Le disgrazie in basso significano lusso in alto. Perciò le emergenze si fabbricano. Gli avvertimenti di tecnici seri sul sisma imminente si sopprimono (Bortolaso: „Fate tacere quegli imbecilli“ ), gli argini che proteggono dall’uragano Katrina la New Orleans nera e povera da „bonificare“ vanno fatti saltare e i neri residui vanno sparati; per il terremoto in arrivo, nella Haiti da spopolare a vantaggio di multinazionali e paradisi turistici, arriva due giorni prima (quindi sapevano, quindi facevano) il vicecomandante Ken Keen del Southcom (Comando Usa per il Sud del Continente). Arriva preparato, con squadra di esperti catastrofisti (quindi sapevano, quindi facevano) e poi, perché si tolga dai piedi il massimo numero di ingombri umani possibili, 20mila soldati Usa occupano militarmente l’isola e impediscono per due settimane che aiuti, viveri e farmaci giungano agli ingombri sopravvissuti. Non è stato così, nel nostro piccolo, all’Aquila? Poche ore prima, nel mezzo di uno tsunami di avvertimenti professionali e di una terra che ballava da settimane la tarantella, delinquenti consapevoli della Prostituzione Civile giuravano ai morituri da crolli che nulla sarebbe crollato. Rubavano? Certo che rubavano. Prevaricavano, certo che prevaricavano. Ma a che servono soprattutto le emergenze per qualsiasi passaggio di acari, o festa rionale, se non a spazzare via diritti, libertà, democrazia e a consolidare economicamente la n’drangheta dirigente?

Glie lo ha insegnato la FEMA (Federal Emergency Management Authority) uno dei tanti strumenti innovativi di Bush, rilanciati alla grande da Obama. Dal Patriot Act, che pone fine ai diritti giuridici dei cittadini, alle squadre governative di assassini lanciate da Obama alla caccia di concittadini “sospetti”, dall’emergenza nazionale crisi che ha prodotto 15 milioni di disoccupati ed estratto rivoli di dollari dalle tasche del “ceto medio” (così chiamano pudicamente i poveracci negli Usa) per farne alluvioni d’oro nelle banche, fino alla militarizzazione del territorio per cui, per la prima volta nella storia del paese, le forze armate possono intervenire in ordine pubblico. La nostra Prostituzione Civile sta alla FEMA come un Gremlin sta a Alien. Tra i meriti della FEMA bush-obamiana: aver fatto saltare gli argini di New Orleans, aver rimosso in 24 ore i detriti metallici delle Torri Gemelle contaminate dagli esplosivi impiegati da altri colleghi, aver suggerito e avallato la farsa della commissione parlamentare sull’11 settembre (rinnegata dagli stessi autori) e ora, con “l’uomo del cambio”, essere stata dotata di strumenti emergenziali idonei ad adottare per un qualsiasi quartiere di Chicago le misure collaudate in Iraq, Cisgiordania e Afghanistan. Si fanno saltare torri, pentagoni, metropolitane, treni, alberghi, come fossero banche milanesi dell’Agricoltura, possibilmente con dentro tanti cari concittadini su cui piangere e indignarsi. Condizione ottimale per scatenare carneficine nei paesi inventati responsabili.

Fino a quando qui non si passa dall’”incompetente “ e dal “ladrone” all’assassino seriale, al terrorista di Stato, non se ne fa nulla, ragazzi. Sono cinquant’anni che i sovietici, prima, e poi, dopo la trasmigrazione, sotto Eltsin, di quei cervelli nei laboratori di Langley, gli Usa si esercitano a modificare il clima e a innescare terremoti. Possiamo dar retta a feci e tappi nella cloaca e irridere ai dietrologi che citano documenti Cia in cui si prospettano siccità spaventose, alluvioni e catastrofi continentali su nazioni da castigare e terre da svuotare. Catastrofi magari ottenute grazie al noto sistema HAARP collocato in Alaska e che bombarda e modifica la ionosfera. Altrettanto possiamo, in perfetta sintonia, credere che un vecchio incazzoso e barbuto abbia preso un po’ di melma e fabbricato la coppia dei nostri sfigatissimi antenati. Di melma so io chi è stato fatto. Ma lì la mano ce l’hanno messa altri, chi in Sicilia, chi a Washington, e la benedizione glie la da da sempre il vicario in Terra di quel vegliardo.

Travaglio chi?
Come potete vedere da commenti a precedenti post, mi sono arrivate diverse richieste di esplicitare il mio pensiero – ma è mica quello di Pico della Mirandola, abbiate pazienza! -
sul battaglione di artiglieri che cannoneggiano il quartier generale della nostra oligarchia: i Travaglio, Grillo, Di Pietro, Saviano, Genchi e affini. Nel sottofondo della domanda si sente l’eco di una ripulsa netta di questa compagnia, tanto da renderla quasi retorica, la domanda. Io invece, nel mio piccolo e anche abbastanza problematico, la prendo per questione vera. E se sbaglio mi potete sommergere di grilli, pietre e travagli. Tante cose non sono univoche e hanno spesso due e anche più facce. Giano, per esempio, secondo la storiografia ufficiale, è uno che, con le sue due facce, guardava davanti e di dietro per sorvegliare le porte di Roma. Altri, malfidati, dietrologi, paranoici complottisti, nel rivolgersi del dio a un lato e al suo opposto ci vedevano la duplicità del Senato aristocratico che, pretendendo di difendere la Repubblica, difendeva la forsennata usura dei patrizi ai danni di plebei e popoli. Così Nerone, imperatore illuminato e benefico nei confronti del popolo minuto, veniva demonizzato dagli storici patrizi – a partire dallo strozzino massimo, Seneca – e da quelli cristiani, che gli attribuivano roghi di santi martiri. Fedeli da martirizzare allora a Roma neppure ancora arrivati. Si trattava di non lasciare al ricordo grato delle genti da evangelizzare quegli imperatori pagani che si erano manifestati ostili al ladrocinio dei potenti e, di conseguenza, alla sciagura del delirio monoteistico.

Tiriamo subito fuori dalla consorteria del “Fatto quotidiano” e di “Anno Zero” il buon Gioacchino Genchi, grande scartabellatore telefonico tra le porcherie della cloaca e per me immune da qualsiasi repulsa già solo per il fatto che ha dato una mano formidabile al demolitore di farabutti Luigi De Magistris e che per questo, e per aver infilato il suo bisturi negli intestini tossici della criminalità organizzata, di palazzo e di cosca, è stato satanizzato. Né lo ho ancora sentito cantare nel coro degli apologeti delle “democrazie” anglosassoni e di quella nazisionista. Non c’è dubbio che la compagnia in discorso sia da qualche tempo il vero e unico contrasto al flusso della cloaca, tappi galleggianti compresi. Fare le bucce al fetido protagonista massimo dell’altrimenti incontrastato disfacimento del paese, difendere trincee legali conquistate soprattutto, nella forzata tolleranza della borghesia, dalle classi in lotta di liberazione, non è merito da poco. E, oggi come oggi, è merito solo loro. Il giornale che fanno, “Il Fatto quotidiano”, riunisce, come non era mai successo, quanto rimane di più o meno dignitoso e deontologico dell’abbietta categoria giornalistica italiana, da Travaglio a Padellaro, da Oliviero Beha a Luca Telese, da Barbacetto a Massimo Fini (di destra, magari, ma giornalista), a Furio Colombo, Peter Gomez, Riccardo Iacona e altri. Vi immaginate Vendola o Bersani menare quelle sciabolate al guitto mannaro, o al pappone della Prostituzione Civile? Spezzare lance così grosse per gli immigrati, o gli operai di Termini Imerese? Erigere valli di Adriano contro le incursioni dei barbari del totalitarismo e dei valvassini del neofeudalesimo? Non vi basta? Lo fanno su ordine di servizio Usa perché il guitto mannaro se la fa con Putin o Gheddafi? Ma vogliamo scherzare? Da sempre ai proconsoli fantoccio l’imperatore concede giretti di valzer per fargli raggranellare qualche cascame di business globalizzato. Conta che il guitto mannaro presti i suoi servigi e i suoi mercenari là dove ai maltusiani della “fine della storia” occorre. Almeno fino a quando il fetore della carogna non ammorbi troppe narici. Vedi Obama dopo Bush.

Ma poi volti pagina, e reincontri il Furio Colombo dell’afasia democratica e antirazzista, quando volge in "legittima difesa" il secolare genocidio inflitto dagli invasori israeliani ai palestinesi. Un Furio Colombo che si avventa sul Gheddafi che osa opporre all’ostracismo nei confronti dei libici, presidente in testa, decretato dalle forme di formaggio di Berna, un equipollente provvedimento di chiusura. Legittima ritorsione secondo i codici della diplomazia. Da porre al confronto con le ritorsioni “diplomatiche” fatte da Obama all’ Honduras renitente, a forza di golpe e squadroni della morte, o all’Afghanistan, restio a farsi imporre oleodotti di rapina e campi di oppio a beneficio delle banche e imprese che hanno spedito alla Casa Bianca “l’uomo del cambio”, yes we can. Legittima ritorsione contro quell’ingrato dittatore, orrendamente arabo e musulmano, che ha rimandato a casa poveri coloni italiani, insediatisi per coltivare giardini fioriti sulle ossa dei gassati, impiccati, fucilati da Graziani e Balbo. Prima di parlare di Libia e Gheddafi, qualsiasi italiano dovrebbe sciacquarsi la bocca con quell’iprite che ha bruciato i polmoni a milioni di africani, libici in testa.

E volti ancora pagina e t’imbatti e t'imbratti nei titoli di un reduce dal coma da overdose che titola gongolante: “La lezione svizzera al nuovo Gheddafi. Da terrorista a uomo degli Usa”, dove ll lampante ossimoro fa il verso a quell’altra aporia su Saddam, “uomo degli Usa” e, al tempo stesso, vittima del più brutale attacco mai condotto a un popolo dai tempi di Gengis Khan e di Goffredo da Buglione. A fianco c’è sul Gheddafi del blocco a quelli di Schengen un corsivo di tale Gramaglia intitolato “Tra Berna e Tripoli: l’insostenibile equidistanza”. Insostenibile, evidentemente, perchè tra civili e selvaggi. Laddove terroristi usurai sono gli svizzeri, mentre Saddam o Gheddafi, né sono mai stati terroristi (e Lockerbie è affare Cia), né si sono mai arruolati tra i sicofanti degli Usa, quale è chi diffonde queste veline Cia-Mossad.

Aggiungiamo la confessata e vantata passione di Travaglio per i pulitori etnici e serial killer planetari di Israele, con speculare vituperio dei massacrati di Gaza; lo sdilinquinamento per Israele, a casa del linguetta Fabio Fazio, dell’ammazzacasalesi Saviano e il suo “commovente incontro” con il presidente terminator Simon Peres, con contorno di anticomunismo da Casa Pound; il modello di civiltà Usa e israeliano che l’ultrà sionista Furio Colombo ci martella in testa e che rende grottescamente paradossale la sua avversione alla berlusconeria; le infuocate bordate sparate da Gad Lerner contro la ferocia razzista dei leghisti, o quella di genere dei maschi, nel silenzio assoluto sui pulitori etnici suoi correligionari. Il risultato è una piramidale schizofrenia, dove i diritti umani e la democrazia rivendicati in casa vanno a braccetto con i diritti umani e la democrazia annichiliti fuori. Aggiungiamo soprattutto l’incondizionata identificazione di tutti questi con il truffaldino paradigma del “terrorismo islamico”, i rigurgiti colonialisti per cui, pannelliani in testa, si corre in soccorso, quanto meno morale e sempre umanitario, a qualsiasi elemento reazionario e destabilizzatore si manifesti in nazioni che rifiutano obbedienze e razzie: rivoluzioni colorate, Dalai Lama, “dissidenti” cubani, briganti ceceni…

Sono, costoro, della Cia, del Mossad? Sono trombettieri di un progetto occulto, massonico-sionista-imperialista, per sostituire sul cocchio di questo malandato trabiccolo una banda di delinquenti a un’altra, proprio come si è dovuto sostituire al troglodita Bush l’elegante nero? Sono scemi? Alla luce delle modeste esperienze dietrologiche che ho fatto nella frequentazione delle opere di millenari complottisti, Vaticano, massoneria, mafie ed elites governanti, propenderei per le prime delle due ipotesi. Anche perché, se li confronti con Sansonetti o Fede, costoro scemi non sono. E dispiace vedere frequentare questa banda di doppiogiochisti i De Magistris, che si sono spesi per i palestinesi, i Santoro che ci hanno mostrato gli effetti della “guerra umanitaria” ai serbi e a cui non sfugge un operaio sul tetto, una mignotta-premio, o un terremotato rapinato, i Genchi che hanno illuminato le tracce di ratto nei lupanari del potere.

E allora, che fare? Boh. Quanto a me, per ora, sostengo qualsiasi guerra che, perlopiù in isolamento, questa compagnia conduce contro la metastasi berlusconian-vatican-bersaniana. Simultaneamente ne denuncio, con quanta aria mi esce dagli alveoli abbrustoliti, la criminale complicità con i carnefici dell’impero e del nazisionismo. Buttino giù Berlusconi e tutta la compagnia del giro mafio-fascista, sono contento, partecipo nel mio piccolo e a distanza. Vediamo poi se, fatti fuori magnaccia e magnaccioni, ce la fanno a sostituirli con altri portatori d’acqua di pulitori etnici e genocidi. E lì proveremo a infilzarli.

Insomma, si tratta di dialetticamente capire via via qual è la contraddizione principale e quando un’altra diventa la principale. Si tratta di uscire dallo schematismo anti-materialismo dialettico per cui un nemico è tale per sempre, a tutto tondo, in ogni circostanza. Anche se è alle prese con un nemico più grosso e più mortale. Ricordiamoci che la flotta inglese, al largo della Sicilia, copriva ai Mille le spalle da asburgici, francesi, borboni e preti. Garibaldi (che non so perché la sinistra non onori quanto i venezuelani Bolivar) se ne avvantaggiò per l’unità e sovranità (quella roba svanita e dimenticata al momento della “liberazione”) e la cacciata di sovrani forestieri. E non è che gli inglesi non ci avessero il loro bell’interesse imperialista nella formazione di un blocco anti-asburgico e anti-Napoleone III nel Mediterraneo. Ma quella, allora era la contraddizione secondaria. Principale era stata, prima, al tempo della repubblica romana, la contraddizione con i sabaudi, oltreché con il papa. Che successivamente, contro il nemico esterno, diventò la secondaria. Così va la danza della storia, per chi sa ballare con Lenin e con il buonsenso.

Qui sotto, prima di riprendere il mio sdottoreggiamento, riporto una bella lettera di risposta ai vaneggiamenti di un’incompetente con le traveggole. Esemplifica quanto sopra alla mano dell’esempio iraniano. Dove alcuni, come la destinataria del messaggio, tra il bislacco e il complice, accecati dalla pur giusta collera per quanto i persiani hanno fatto agli iracheni, in combutta con gli Usa, ora che tale combutta è diventata scontro alla morte su un altro piano, si mettono in prima fila nel coro in falsetto dei “diritti umani”, allestito da chi non tollera neanche una virgola tra sé e il dominio dell’universo mondo. Perfetti eunuchi.


La vignetta dell'ottimo Apicella va sbattuta sul naso a questi corifei della "rivoluzione verde" (anche se me ne aspetto un'altra che illustri le efferatezze degli ayatollah in Iraq. Tanto per ribadire l'assunto)





Cara Valeria,

sono in disaccordo con le posizioni che hai espresso, riguardo alla
questione iraniana, negli ultimi tempi. Ma sono soprattutto in
disaccordo sulla opportunità di partecipare ad iniziative dirette
contro il governo e lo Stato iraniano proprio adesso, partecipando
così di fatto alla contestuale campagna dell'asse europeo-statunitense-
sionista.
Ti spiego perchè.

L'unico strumento valido di cui disponiamo per interpretare il mondo
correttamente, e soprattutto per interpretare i fatti politici ed
agire di conseguenza, è il materialismo dialettico.
Il materialismo ci insegna di guardare alle cose per coglierne le
ragioni strutturali - sociali, storiche, economiche.
La dialettica ci impone di individuare, tra le numerose contraddizioni
che sussistono - e che di per se ci porterebbero su tante piste
diverse e tra loro contraddittorie - quale sia la contraddizione
principale, quella la cui soluzione ci consente di fare passi in
avanti, e quali siano invece le contraddizioni secondarie, quelle che
vanno sciolte successivamente.
Criteri diversi da questi, che sono dettati dal materialismo
dialettico, prima o poi ci portano a prendere cantonate devastanti. In
particolare, è pericolosissimo porre questioni di principio senza
considerare il contesto, come se fossero date per sempre, sempre
identiche a se stesse, dunque idealisticamente. Nella "sinistra"
questo atteggiamento è prevalente, purtroppo, da anni, e tu che hai
vissuto con noi il dramma jugoslavo lo sai bene (es.
"autodeterminazione").

Allora, in questo caso specifico, ti dico che la prima teocrazia
contro la quale è necessario battersi qui ed ora è quella israeliana.
Battersi qui ed ora contro la teocrazia iraniana è un sostegno dato
direttamente alla teocrazia israeliana, cioè al sionismo, ed al
sistema di potere globale - l'imperialismo - di cui il sionismo è un
pilastro.
Ti dico anche che porre la questione dei diritti delle donne in Iran
adesso non ha senso, perchè rispetto ai tempi dello Shah le donne
iraniane hanno fatto passi da gigante. Io guardo la televisione
iraniana (ho il satellite), vedo donne in continuazione - donne nelle
delegazioni ufficiali, donne che esprimono le loro opinione e hanno
incarichi di responsabilità, molto più che in Italia, dove, lo sai
meglio di me, la donna è veramente oggetto. La donna in Italia è tanto
più visibile quanto più è nuda. Quindi, per cortesia, qui ed ora, non
mi porre la questione del velo, su cui pure io sarei d'accordo in
linea di principio, e non mi porre la questione dei diritti ereditari
delle donne in Iran, se in Israele - lo sai meglio di me - gli arabi
non possono acquistare beni immobili, figuriamoci se possono ereditarli.

Partecipare adesso alla campagna dell'asse europeo-statunitense-
sionista contro l'Iran, anche qualora si adduca una propria diversità
(ad es. vedo che nel vostro appello dite "no ai bombardamenti"), è
politicamente deleterio e mi ricorda troppo il modo di schierarsi di
settori trotzkisti negli ultimi decenni. Nessuno noterà mai la vostra
opposizione ai bombardamenti, tutti noteranno invece che, secondo voi,
il primo problema del Medioriente è il governo dell'Iran.

Andrea

Torniamo a escrementi e tappi. Chi è merda che trascina, chi è sughero che si fa trascinare? Non è questione risolutiva, perchè, appunto, alla fine tutti metaforici stronzi sono. Ma può servire ai confusi e agli ingenui per separare il grano dall’oglio. Il delinquente dall’utile idiota, cosa utile anche ai fini di distinguere la graduatoria delle contraddizioni. Obama, che, per recuperare piantagioni di oppio, manda orde di killer a far fuori popolazioni innocenti in Helmand, (restando ridicolmente bloccato da una Resistenza di popolo nel chilometro quadrato dove aveva fatto piovere i suoi), è escremento o tappo? Che sono coloro (tipo Ida Dominjanni del „manifesto“) che ancora oggi, fuori dalla voragine di idiozia in cui li aveva sprofondati l’inconsulta esaltazione dell’"uomo del cambio", assegnano il belluino e neonucleare ambientalista pacifista allo schieramento mondiale della sinistra? E la Bonino, inghirlandata a sinistra, proprio come dal sionista Pirani di „Repubblica“ nel quarto corsivo in quattro settimane, da taumaturga della fogna laziale dopo aver appena mandato un suo scherano parlamentare a redigere il decreto che sopprime quanto restava della libertà d’informazione televisiva e dopo una vita spesa a massacrare lavoratori in casa e a far massacrare popoli all’esterno (ovvio che a radio Radicale Tremonti mantenga il lauto guiderdone, negato a tutti gli altri mezzi di comunicazione non di regime)? E il buriname italiota, pseudocomunista a oltraggio al termine più nobile di tutti, che si frantuma in infinitesimali detriti, ognuno dei quali, che attorno al gallo vi siano due o venti polli, emerge dal solipsismo solo per reclamare una prelazione sul „nuovo partito comunista“? E cosa sarà mai chi marcia inquadrato nelle retrovie degli eserciti imperiali unendo il suo fischietto „di sinistra“ alle trombe fasciste dell’assalto all’Iran? E il „manifesto“ che, in perfetta sintonia con gli ululati Cia-Mossad ansiosi di irachizzare la regione, accredita i finti „Al Qaida nel Maghreb Islamico“ o „nella Penisola Arabica Islamica“ e plaude al colpo di Stato in Niger contro un presidente che aveva preferito fare affari di uranio e infastrutture con la Cina piuttosto che con terroristi bombaroli dei paesi Nato?

Mossad all'opera
Ce n’è per tutti i gusti e a me prudono i tasti, per cui vado avanti. La consorteria antiberlusconide e anticamorra travagliesca e savianina c’è o ci fa? Quando stende tappeti di gigli ai piedi di potenze democratiche che sfasciano il mondo, degli umani e di tutto il resto, che stanziano per i necrofori in divisa il più ampio bilancio della storia Usa, che avanzano (anzi no, per fortuna) in Afghanistan, Pakistan, Yemen, Somalia, America Latina, Africa, sfracellando bimbetti e congiunti? C’è, c’è. Quando si aggira nelle retrovie di un Mossad che da sessant’anni è la più spaventosa macchina assassina di ogni tempo, che sostiene ogni nefandezza fascista in America Latina, che con passaporti gentilmente forniti dai colleghi britannici e irlandesi spedisce sicari a torturare, avvelenare, sopprimere il dirigente di Hamas in Dubai (occhio, è cosa che può capitare a chiunque di noi, critici del monoteismo giudaico-cristiano, il più sanguinario di tutti, e dei suoi carcinomi poitici), che stermina i portatori dei saperi iracheni, gli scienziati iraniani, che fa saltare alberghi a Mumbai e altri contenitori di vite un po’ dappertutto, compresi i propri correligionari, per poter sventolare le minacce "Al Qaida" e "antisemitismo"? C’è, c’è. E c’è o ci fa quella congrega di ginocrate Usa, Code Pink, che imperversa nel solidarismo per Gaza, all’insegna dello storico appello a Obama: „Meno bombe sui civili afghani, chè altrimenti nascono più terroristi“? Già, quel Code Pink al quale nel Freedom March per Gaza si sono accodati al Cairo, a Capodanno, vari nostri solidaristi. Avevano trascinato a questa spuria iniziativa autocelebrativa bravi e ignari compagni, solo per farli nonviolentemente menare dai poliziotti egiziani e farli pugnalare alle spalle da quattro dame di Code Pink e dalla nonviolenta Luisa Morgantini. Pensate, queste furbastre l'hanno messa in quel posto a tutti: spedizione fallita e bastonata, ma grazie a uno sconcio accordo con la consorte del satrapo Mubarak, licenza per Gaza solo alle Code Pink e alla benemerita del dialogo tra vittime e carnefici, l'ex-eurodeputata bertinottesca Luisa Morgantini. Gli altri mille e più? Abbandonati alla loro sorte in concerto con la first lady del regime più schifoso del Medio Oriente, dopo il bubbone sionista. Cornuti e mazziati. Intanto quelli della spedizione di George Galloway sfondavano a cazzotti le barriere degli sbirri egiziani e facevano entrare a Gaza 150 camion di aiuti.

Di sicuro tappi sono i compagnucci che, a occultare la propria irrilevanza. battono freneticamente le mani a chiunque salga su un tetto per salvare un mutuo o un pezzo di pane, invocano la classe operaia „soggetto rivoluzionario“ e sorridono con sufficienza alle turbe plebee che, a due passi, oppongono carni o armi al moloch, Paiono tanti spermatozoi che, sbattendo contro il preservativo, gridano „aprite, aprite!“ Dove scorrono cloache, dove fluiscono corsi d’acqua pura? Non lo sanno e fra un po’, tolta di mezzo, da Berlinguer e definitivamente dalla Gelmini, la geografia nelle scuole, la chiave di volta di ogni conoscenza, non lo saprà più nessuno. Non sapremo perchè siamo lì e perchè là stanno altri. E come. Penseremo, e questo è un vizio cristiano sussunto pari pari da certo terzo o quarto internazionalismo, di essere il centro del mondo e che hic sunt barbari. Non capiremo cosa ci capiterà a forza di sparare agli uccelli tutto l’anno, o di spargere veleno in code d’automobili lunghe da qui a marte. Torneremo a credere che la luna sia un buco nel cielo e che l’estetica di Prassitele sia nata da un Centro Benessere. Non ricorderemo da dove siamo arrivati e perchè e penseremo che i pellerossa sono lombrichi da pesca. Calzeremo tacchi a spillo con la falcetta e il martellino e saremo convinto che così cammineremo sui flutti.

Chiudiamo sollevandoci dalla nausea allo sghignazzo. C’è Bertolaso che si descrive „nel fango, peggio di un alluvionato“. Stupendo sberleffo, visto che nel fango gli alluvionati il capo di una Protezione Civile, disossatrice della democrazia, ce li ha mandati lui, mentre a nuotare nella cloaca ci si è buttato da solo. La migliore della settimana, in ogni caso, addirittura la migliore di tutte le sue barzellette, è quella del guitto mannaro quando annuncia una pantomima legislativa „anti-corruzione“. E’ Goebbels che garantisce libertà d’espressione. E' Jack lo squartatore che fa il sindaco di Ciudad Juarez. Poi c’è il tacco a spillo delle donne di classe di Rifondazione. Ma de minimis non curat pretor……..

All’uscita, tutti stronzi sono.

giovedì 11 febbraio 2010

HONDURAS, SEMI DI VERITA'










Esly Banegas, dirigente del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare, consegna la bandiera del Fronte ai compagni del Circolo della Tuscia
Un altro mondo non solo è possibile. Sta arrivando. Nei giorni tranquilli, lo sento respirare.
(Arundhati Roy)
Portare la luce a chi sta nell'oscurità, nell'ombra della morte. Avviare i passi sul sentiero della verità.
(Bibbia)

Dice il superstizioso che il 17 non porta bene. Noi che superstiziosi non siamo abbiamo confermato la fallacia dell’assunto: il 17 porta benissimo per un’informazione che non sia serva o complice delle balle dell’Impero. Specie se si tratta di 17 su 20. Infatti, in 20 giorni, con Esly Banegas, dirigente sindacale e membra del direttivo del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare in Honduras, abbiamo percorso qualche migliaio di chilometri per portare a quanta più gente possibile la storia di un colpo di Stato, della conseguente dittatura, della straordinaria resistenza di un popolo a questo inizio della controffensiva Usa tesa a recuperare ciò a cui, a partire dalla rivoluzione cubana, l’imperialismo aveva dovuto rinunciare nel Continente. Una storia pervicacemente occultata o deformata dall’informazione ufficiale e dal mondo politico. E siamo orgogliosi del fatto che di queste 17 iniziative, dal Nord al Sud del paese, ben dieci erano state volute e magnificamente organizzate dai circoli di Italia-Cuba. Segno che in questa trincea, presieduta dai compagni dei nostri circoli, la coscienza internazionalista e la determinazione a stare accanto ai grandi movimenti di liberazione ed emancipazione dell’America Latina è viva più che mai, a dispetto di abbandoni, perdite di memoria, ignavia.

Nell’oceano gelato del silenzio su ciò che non aggrada ai grandi media e ai loro padrini, il nostro tour ha avuto la funzione del rompighiaccio, portando ovunque le immagini e la viva voce della testimone di uno degli accadimenti più drammatici e geopoliticamente significativi verificatisi nello scenario latinoamericano. Il 28 giugno dell’anno scorso, in Honduras, si è tornati di colpo all’11 settembre del 1973, giorno che segnò per l’America Latina, con l’uccisione di Salvador Allende e l’installazione in Cile del dittatore Augusto Pinochet, l’inizio della nixoniana e kissingeriana “Operazione Condor”, accompagnata da dittature filo-yankee in tutto il Cono Sud. Dittature sanguinarie che, con le successive oligarchie pseudo democratiche, dovevano imporre nel “cortile di casa degli Usa” la predatrice economia neoliberista ambita della multinazionali, dal FMI e dalla Banca Mondiale. Al termine di quell’operazione, nei paesi dell’America Latina la ricchezza si era in media polarizzata in questi termini: il 20% della popolazione possedeva l’80% della ricchezza, l’80% di arrabattava ai margini della sopravvivenza con il residuo 10%. Un quadro tragico, di oppressione, fame, miseria, devastazione economica, sociale, culturale, morte, nel quale la sola Cuba resisteva indefessa, sia nella sua lotta in difesa delle grandi conquiste della rivoluzione, sovranità e giustizia sociale, sia nell’intervento, ovunque nel mondo ce ne fosse il bisogno, per la promozione di sanità, istruzione, benessere.

Ciò che il mio documentario, girato nell’immediato dopo-golpe, in piena esplosione di rivolta delle masse honduregne, e il racconto di una testimone, impegnata in prima fila nella resistenza alla dittatura, portavano al pubblico italiano era la storia dell’esordio di una nuova cospirazione alla Kissinger, un’ “Operazione Condor II”, lanciata da Washington in risposta alla travolgente avanzata, nel segno del modello cubano e della nuova spinta bolivariana del Venezuela, di milioni di persone del Cono Sud verso la sovranità dei loro paesi e l’uscita dall’esclusione e dallo sfruttamento. La cacciata del presidente Manuel Zelaya, colpevole di aver attuato riforme economiche e sociali a vantaggio dei ceti emarginati (l’Honduras è il secondo paese più povero del Continente, dopo Haiti), di aver ripreso rapporti di amicizia con Cuba (i cui medici e insegnanti erano presenti a centinaia nel paese), di essere entrato nell’Alleanza Bolivariana dei Popoli della Nostra America (ALBA), era stata seguita dalla piena cilenizzazione dell’Honduras. Esly ha commentato le immagini della brutalità repressiva del regime sotto l’usurpatore Roberto Micheletti, parlandoci delle cariche alle insopprimibili manifestazioni di protesta, giorno dopo giorno per 7 mesi, degli quadroni della morte composti anche da paramilitari colombiani e guidati da esperti del Mossad israeliano, degli assassinii, sequestri di persona, torture, stupri di prigioniere politiche, sparizioni, violazioni di tutti i diritti umani, tutti compiuti nel silenzio omertoso di quella che si permette di definirsi “Comunità internazionale”, pur rappresentando meno di un ottavo dell’umanità.

Ha smascherato il complotto progettato per una cosmesi “democratica” del golpe, attraverso finti negoziati, però sistematicamente sabotati dai gorilla della giunta e dagli inviati di Hillary Clinton, e finte elezioni (29 novembre), alle quali, sotto la minaccia delle baionette e dei licenziamenti, aveva partecipato appena il 30% degli aventi diritto. Ne è uscito un nuovo fantoccio dell’oligarchia, Porfirio Pepe Lobo, dell’ultradestro Partido Nacional, ma la risposta del popolo si è vista in un boicottaggio elettorale, indetto dal Fronte della Resistenza, che ha visto la stragrande maggioranza rifiutare il ricatto e la frode imposti dalla dittatura.

Ma Esly ci ha anche esaltato alla narrazione dell’incredibile resistenza di massa, del tutto inattesa in un popolo che, dalle stragi Contras degli anni’80, quando un’intera generazione era stata annientata, non era più apparso sulla scena della politica nazionale e internazionale. Il 28 giugno 2009 è esploso quanto si era accumulato di collera e presa di coscienza in genti, indigene, creole, meticce, lasciate ai margini della vita e oltre quelli della dignità, da quando la “repubblica delle banane” dell’United Fruits, oggi Chiquita, era servita, oltre alla depredazione multinazionale e oligarchica di tutte le sue ricchezze, come base d’assalto Usa contro Cuba (Baia dei Porci), il Nicaragua dei sandinisti, il Salvador del Fronte Farabundo Martì, il Guatemala degli inenarrabili massacri dei regimi fascisti istigati dagli Usa. Ci ha spiegato come ci fosse stato un precedente della rinascita. Nel 1998 l’uragano Mitch devastò il paese e produsse migliaia di vittime. Lo Stato, detto “delle 10 famiglie” che depredano il paese, rimase inerme e inetto davanti al disastro. Si mossero invece una miriade di organizzazioni locali o di categoria, fino allora impegnate nelle rivendicazioni di settore, che si unirono in un unico sforzo coordinato, di riparo ai danni, di soccorso ai feriti e a senzacasa, di riconnessione dei fili di una comunità nazionale frantumata dalla strategia padronale e dalla furia naturale. Un’unità di interesse e di visione che è rimasta e dalla quale è fiorito spontaneamente quel gran concorso di uomini, donne, associazioni, sindacati, collettivi, lavoratori, contadini, indigeni, artisti, insegnanti, femministe, studenti, che ha saputo opporre ai golpisti e alle mene imperialiste una forza che ha sorpreso il mondo e che, perciò, gran parte del mondo ha taciuto.

Ai circoli che hanno voluto, con ammirabile impegno e generosità, ospitare la nostra iniziativa, è venuto in cambio la consapevolezza del significato che il golpe ha per l’America Latina tutta e per il mondo. In un momento in cui si rinnova e si rafforza l’assedio Usa a Cuba, ancora una volta soffocata dal blocco, si accerchia il Venezuela bolivariano con sette basi nel colonia Usa Colombia, quattro in Panama, due nelle Antille Olandesi, si provocano movimenti destabilizzanti contro i governi progressisti di Venezuela, Bolivia, Ecuador, Paraguay, Nicaragua, si occupa militarmente Haiti con il pretesto del terremoto, anche per porsi a un tiro di sasso da Cuba, si attiva la IV Flotta Usa contro le coste caraibiche e sudamericane, il complotto contro l’Honduras membro dell’ALBA segnala lo scatenamento dell’offensiva nordamericana per riprendersi ciò che i popoli hanno strappato all’impero. Per gli Usa si tratta di spegnere quella luce in fondo al tunnel che, a partire da Cuba e dal Che, l’America Latina aveva acceso a beneficio di tutti i popoli che soffrono l’oppressione, le rapine, l’aggressione, dei potenti del mondo. Quando, a Bracciano, ha chiuso il suo viaggio con il Circolo della Tuscia, organizzatore del tour, Esly ci ha fatto una richiesta: “Non abbandonateci”. Infatti, non ci conviene.

mercoledì 10 febbraio 2010

IRAN: UNA LEZIONE AGLI UTILI IDIOTI







Quando i dirigenti diventano più stupidi dei sottoposti, si va verso la catastrofe .
(Antonio Gramsci)
Ogni volta che ti ritrovi dalla parte della maggioranza, è tempo di fermarsi e riflettere
(Mark Twain)

Rubo un’altra volta, ma rubo ai ricchi di intelligenza per dare ai poveri di conoscenza. Dunque, qui sotto troverete un appello di Domenico Losurdo e Gianni Vattimo, due delle migliori teste che la nostra disastrata sinistra possa vantare, contro i furbi e i fessi che si precipitano a firmare il solito appello “umanitario” spurgato dalle viscere Cia-Mossad del’impero. Stavolta si tratta dell’Iran e quella di Losurdo e Vattimo è un’eccellente risposta – che mi permetto di integrare con poche considerazioni – non tanto ai furbi, che sanno quello che fanno e sanno altrettanto bene che i due compagni hanno perfettamente ragione, ma ai fessi che insistono a ingurgitare la psyop (“operazione psicologica” secondo i manuali Cia) “rivoluzione verde” come fosse una lattina di Coca Cola (e anche più tossica). Fa impressione sentire esternare le stesse argomentazioni sull’Iran “sotto dittatura, carnefice di oppositori, studenti, intellettuali, riformisti”, da voci che si piccano di essere di sinistra (“il manifesto”, “liberazione”, corifei viola, detriti vari), o perlomeno antimperialisti (Uruknet e altri siti di informazione anti-Usa e anti-israeliani), e da quelle che si sanno dichiaratamente imperialiste o nazisioniste (da Hillary Clinton a Netaniahu, da Angela Merkel a Gordon Brown, dal rumeno che ha appena accettato lo scudo missilistico obamiano al nostrano guitto mannaro). Va incidentalmente ricordato anche come il silenzio, l’ignavia, di questi umanitaristi di sinistra sia stato la migliore copertura al colpo di stato alla cilena allestito dagli Usa in Honduras, con specialisti israeliani a provvedere alla necessaria liquidazione degli oppositori. Chiediamoci come mai tutti questi benpensanti non abbiano denunciato il regime del terrore in Honduras, quanto hanno starnazzato sulla repressione iraniana contro gli agenti della destabilizzazione.

La dabbenaggine politica di questi sicofanti che guaiscono nel coro di chi prepara l’attacco, probabilmente nucleare, all’Iran, o perlomeno ai suoi siti nuclerari, con gli effetti collaterali alla Cernobyl che ne conseguirebbero, supera la presunzione della buonafede e si colloca nella zona grigia tra infantilismo ideologico e collaborazionismo cosciente. A questo punto, non importa nemmeno se questa gente sia consapevole o ottusa: l’effetto benefico per i papponi che gestiscono il bordello è lo stesso, che entrino clienti, o curiosi dell’arredo. Tutti sostengono l’impresa.
Non ci vuole davvero una laurea in geopolitica per collocare i pezzi sulla scacchiera e ipotizzarne le opzioni e mosse. E non c’è bisogno di tifare per uno dei giocatori, quando entrambi barano, chi in una partita e chi nell’altra. Basta vedere chi bara per cosa. Quando si pronosticavano guerre imminenti all’Iran mentre era in corso quella all’Iraq, con successiva occupazione e nazionicidio operati in armonica congiunzione, per quanto a volte concorrenziale, da Usa, Israele e Iran, si vendevano lucciole per lanterne e si copriva la confluenza di interessi dell’uno e degli altri: degli Usa per il petrolio e l’avanzata geostrategica verso l’Asia centrale, dell’Iran per il congenito espansionismo verso l’ovest arabo. Del resto non erano stati gli Usa di Reagan e Israele ad armare l’Iran e a pretendere da Khomeini, in cambio del suo insediamento a capo e corruttore di una rivoluzione fatta e vinta dalle sinistre persiane, l’assalto al comune nemico, il laico, socialista e davvero antimperialista e antisionista Iraq di Saddam Hussein? Allora gli strepiti di un’imminente guerra occidentale al compare Iran aveva la stessa fondatezza dell’attribuzione di una matrice islamica all’11 settembre e seguenti.
Oggi, invece, dopo che l’Iran ha sostanzialmente soffiato l’Iraq agli Stati Uniti e, nella sua strategia del doppio binario, tipica di qualsiasi potenza che per affermarsi deve giocare su più tavoli, fatto fuori (per il momento e nemmeno tanto) l’ostacolo iracheno, si ritrova a collidere con il colluso di prima: Israele e, dietro, gli Usa. Abbandonato il binario iracheno sul quale correvano la locomotiva Usa con al traino i vagoni iraniani, lungo quest’altro binario corre il sostegno iraniano a Hezbollah che, in Libano, rappresenta il catenaccio nord contro l’espansionismo israeliano, e Hamas, che è quanto rimane a minare la normalizzazione genocida del tritacarne israeliano. Possiamo arrampicarci quanto vogliamo lungo i fili ai quali siamo appesi dalle Parche, per individuare se l’antimperialismo di Tehran nasca da una base antiborghese e popolare e, soprattutto, se sia sincero o strumentale il suo appoggio alle forze che in Medioriente o in America Latina s’infilano negli ingranaggi del rullo compressore imperialista. E’ davvero come discutere del sesso degli angeli, esercizio narcotizzante praticato utilmente dalla Chiesa per duemila anni. Non caschiamoci.
Il dato di fatto è che, apparentemente risolta la questione irachena, ora se la vedono tra di loro, Israele, gli Usa e l’Iran, su chi dalla mattanza irachena debba trarre il massimo beneficio in termini di egemonia regionale. E ora, dunque, anche alla luce dell’ululare bellico sempre più forsennato dei dirigenti israeliani e euro-statunitensi, degli allestimenti logistico-militari in zona, dell’immagazzinamento in Israele di quantitativi spaventosi di armi d’attacco Usa, l’ipotesi di un assalto dei necrofori occidentali all’Iran, preparato dalla rivoluzione verde cara ai coglioni dirittoumanisti, si fa concreto. Non rimane che l’Iran come grande stato nazionale islamico, non domato. Non rimane che l’Iran come trincea tra le armate occidentali e quelle dell’India sionistizzata ai blocchi di partenza, e l’Asia centrale, la Russia, la Cina, il resto del mondo. Intollerabile per i cannibali di Washington, Tel Aviv e Bruxelles.
Per cui non sapere da che parte stare in questa congiuntura, significa davvero non aver capito niente e lavorare per il Re di Prussia. Quanto a veli, turbanti e barbe, lasciamo questi arnesi alle fisime teodem di Giuliana Sgrena e del suo codazzo di ginocrate, vivandiere dei lanzichenecchi.
La parola a Losurdo e Vattimo.


Iran, un appello che alimenta il fuoco di guerra

di Domenico Losurdo e Gianni Vattimo, «il manifesto» del 9 febbraio, p. 10

«Il manifesto» di sabato 6 febbraio ha pubblicato un Appello «Per la libertà di espressione e la fine della violenza in Iran». A firmarlo, assieme a intellettuali inclini a legittimare o a giustificare tutte le guerre e gli atti di guerra (blocchi e embarghi) scatenate e messi in atto dagli Usa e da Israele, ce ne sono altri che in più occasioni, invece, hanno partecipato attivamente alla lotta per la pace e per la fine dell’interminabile martirio imposto al popolo palestinese. Purtroppo a dare il tono all’Appello sono i primi:

1) Sin dall’inizio si parla di «risultati falsificati dell’elezione presidenziale del 12 giugno 2009» e di «frode elettorale». A mettere in dubbio o a ridicolizzare questa accusa è stato fra gli altri il presidente brasiliano Lula. Perché mai dovremmo prestar fede a coloro che regolarmente, alla vigilia di ogni aggressione militare, fanno ricorso a falsificazioni e manipolazioni di ogni genere? Chi non ricorda le «prove» esibite da Colin Powell e Tony Blair sulle armi di distruzione di massa (chimiche e nucleari) possedute da Saddam Hussein?

2) L’Appello prosegue contrapponendo la violenza del regime iraniano alla «non-violenza» degli oppositori. In realtà vittime si annoverano anche tra le forze di polizia. Ma è soprattutto grave un’altra rimozione: da molti anni l’Iran è il bersaglio di attentati terroristici compiuti sia da certi movimenti di opposizione sia dai servizi segreti statunitensi e israeliani. Per quanto riguarda questi ultimi attentati, ecco cosa scriveva G. Olimpio sul «Corriere della Sera» già nel 2002 (7 giugno): «in perfetta identità di vedute con Washington», i servizi segreti israeliani hanno il compito di «eliminare», assieme ai «capi dei gruppi palestinesi ovunque si trovino», anche gli «scienziati iraniani impegnati nel progetto per la Bomba» e persino coloro che in altri Paesi sono «sospettati di collaborare con l’Iran».

3) L’Appello si sofferma con forza sulla brutalità della repressione in atto in Iran, ma non dice nulla sul fatto che questo paese è sotto la minaccia non solo di aggressione militare, ma di un’aggressione militare che è pronta ad assumere le forme più barbare: sul «Corriere della Sera» del 20 luglio 2008 un illustre storico israeliano (B. Morris) evocava tranquillamente la prospettiva di «un’azione nucleare preventiva da parte di Israele» contro l’Iran. In quale mondo vivono i firmatari dell’Appello: possibile che non abbiano letto negli stessi classici della tradizione liberale (Madison, Hamilton ecc.) che la guerra e la minaccia di guerra costituiscono il più grave ostacolo alla libertà?

Mentre non è stupefacente che a firmare (o a promuovere) l’Appello siano gli ideologi delle guerre scatenate da Washington e Tel Aviv, farebbero bene a riflettere i firmatari di diverso orientamento: l’etica della responsabilità impone a tutti di non contribuire ad alimentare il fuoco di una guerra che minaccia il popolo iraniano nel suo complesso e che, nelle intenzioni di certi suoi promotori, non deve esitare all’occorrenza a far ricorso all’arma nucleare.

lunedì 8 febbraio 2010

RICORDARE COSA!






















La verità sta sempre con la minoranza, e la minoranza è sempre più forte della maggioranza, poiché la minoranza è generalmente formata da coloro che davvero hanno un’opinione, mentre la forza della maggioranza è illusoria, creata dalle bande menzognere che non hanno opinione e che, perciò, nell’istante successivo a quando risulta evidente che la minoranza è più forte, ne assumono l’opinione. E allora la verità riappare in una nuova minoranza.
(Soren Kierkegaard, 1813-1855, filosofo danese)
Cari interlocutori, ben trovati dopo la lunga assenza imposta dal tour che ho fatto in tutta Italia per presentare con Esly Banegas, dirigente del Fronte Nazionale della Resistenza Popolare in Honduras, il mio nuovo documentario "Il ritorno del Condor", che racconta il colpo di Stato, la resistenza e le ripercussioni latinoamericane della nuova offensiva imperialista.

Ne parlerò in un prossimo post.
Per l'intanto riproduco il documento in calce pervenutomi in rete, che mi sembra estremamente opportuno alla vista dell'uragano di lacrimose menzogne, colorate di fascismo revanscista, che intossicheranno tutto il paese nella cosiddetta giornata del ricordo, 10 febbraio. Abbiamo appena ripreso a respirare dopo le velenose contaminazioni retoriche che hanno soffocato il paese e il mondo nell'altra giornata dell'ipocrisia, quella della "Memoria", con la nera coltre dell'olocausto ebraico steso sia sugli stermini di altre vittime del nazismo, altrettanto numerose, come gli antifascisti tedeschi, gli zingari, i disabili, gli omosessuali, gli slavi..., sia sui crimini israeliani di oggi, addirittura più cospicui in termini di durata e di dimensioni, ormai planetarie, di quelle che con perfidia strumentale si celebrano. Non c'è angolo di mondo dove delinquenti israeliani del Mossad o dell'esercito non compiano crimini contro l'umanità: li trovate dietro agli squadroni della morte e a formazione e protezione di dittatori fascisti, narcotrafficanti e paramilitari in tutta l'America Latina, sono gli esecutori di assassinii mirati dal Medio Oriente all'Africa, all'Asia, all'America Latina, all'Europa. Sono i massimi esperti di genocidio e pulizia etnica. Sono gli inventori e artefici dei grandi terrorismi di Stato, hanno decimato in Iraq tutto quello che era il mondo pensante di quel popolo. Di conseguenza... tutti ad Auschwitz, nessuno a Gaza. Ce lo insegna anche il nostro guitto mannaro, avvolto nel vessillo grondante morte con la stella di Davide. Il 10 febbraio mettiamoci la maschera antigas. Come nella giornata della "memoria". A difesa di tutte le vittime. Vittime degli assassini originari e dei continuatori.

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e noi RICORDIAMO:

Le 120.000 vittime civili libiche dell'esercito fascista nel 1930 durante la deportazione delle popolazioni cirenaiche.
Le 600 tonnellate di gas asfissianti (iprite e fosgene) lanciate dall'aviazione fascista sulla popolazione etiopica nel 1935/36, le migliaia di civili passate per le armi dopo l'attentato fallito a Graziani nel '37, i 310 monaci cristiani, ma di rito copto, trucidati a Debra Lianos col plauso dei cappellani militari e del Vaticano.
I bombardamenti della Croce Rossa in Etiopia, i 17.000 etiopi deportati e sterminati nel campo di sterminio di Danane (Somalia); i telegrammi di Mussolini a Graziani dove scriveva: "Autorizzo ancora una volta Vostra Eccellenza a condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio".
L'annessione della Slovenia del '42 con la costituzione della provincia italiana di Lubiana e le direttive dei generali Robotti e Roatta: "Si ammazza troppo poco …Sgombero totalitario, dove passate levatevi dai piedi tutta la gente che può spararci alla schiena ... Distruggere i paesi e sgombrare le popolazioni".
I 150.000 deportati iugoslavi nei campi di sterminio di Arbe, Palmanova, Gonars, Renicci ed altri ancora, con più di 4000 morti di fame e di stenti.
Le vittime iugoslave del campo di concentramento fascista di Zlatin, gli abitanti maschi di Srbernovo spediti nei lager, le donne seviziate dall'esercito fascista e poi gettate nelle foibe. Ed inoltre la Risiera di S. Sabba, lager nazista di Trieste, dove furono sterminati comunisti, ebrei e rom con la complicità diretta degli sgherri di Mussolini.
È per tutto questo e per i massacri criminali compiuti dall'esercito dell'Italia monarchico-fascista in Albania, Grecia ed Unione Sovietica che respingiamo ogni forma di conciliazione, di revisionismo storico, di pietà per i "vinti" assassini!

Rivendichiamo la legittimità della giustizia partigiana che ha fatto pagare a gerarchi, criminali di guerra e collaborazionisti, in Italia come all'estero, le loro imprese delittuose!

ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Piattaforma Comunista