martedì 20 maggio 2014

AFRICA: nuovi richiamini dell'11 settembre.



Un impero fondato dalla guerra deve mantenersi con la guerra” (Charles de Montesquieu)

Coloro che non si muovono, non si accorgono delle loro catene. (Rosa Luxemburg)

E’ compito di coloro che pensano di non stare dalla parte dei giustizieri” (Albert Camus)

E c’è pure la Pinotti con gli anfibi
Grandi manovre del neocon Obama e dell’imperialismo franco-anglosassone per riprendersi l’Africa sfuggita nel secolo scorso ai predatori colonialisti. Madame Pinotti in orgasmo, già eccitata dai preliminari con i nazisti di Ucraina, è pronta a fornire al prosseneta-capo i suoi gigolò in uniforme.

Dopo l’eliminazione dalla scena del faro della libertà africana, Gheddafi, viene spedito In avanscoperta in Mali e Centrafrica lo sguattero Hollande. Il Mali sarà il primo paese del Sahel da ricondurre al guinzaglio di Parigi. Viene utilizzato l’inquinamento islamista della lotta dei Tuareg per la libertà del loro paese (l’Azawad) come pretesto contro un popolo amico di Gheddafi, in lotta storica per l’indipendenza. Vi si dovrà costruire una piattaforma per la destabilizzazione dell’Algeria. Nella Repubblica Centrafricana, invece, lo sherpa apripista francese ricorre alla Legione  a protezione di stragisti cristiani, attivati per strappare agli anticolonialisti musulmani uranio e petrolio. Ora si va sul sul bersaglio grosso, Libia e Nigeria. Entrano in campo direttamente (nella prima per la seconda volta) le armate imperiali. E per riprendersi il continente è necessario iniettare del botulino tra le rughe dell’islamofobia euro-atlantica, il cui volto, liftato dall’11 settembre, è andato un po’ disfacendosi davanti all’evidenza che, alla faccia dei migliaia presuntamente ammazzati da Al Qaida nelle Torri Gemelle e nei trasporti pubblici di Parigi e Madrid, quei macellai sono stati, in Siria e in Libia, la soldataglia di ventura agli ordini dell’imperatore. Come se le SS di Hitler si fossero precipitate  a spianare la strada per Stalingrado all’Armata Rossa.

giovedì 15 maggio 2014

Il Nazicapitalismo alla Seconda Guerra Mondiale 2.0


La vera mappa della presenza russa

C’è un tempo in cui l’azione della macchina diventa così odiosa, ti rivolta nel profondo, che non puoi più farne parte. Non puoi prendere parte neanche passivamente, devi mettere il tuo corpo sui pedali e sulle ruote, sulle leve, sull’intero macchinario, e devi fermarlo. E devi dire a coloro che lo dirigono, alla gente che lo possiede che, finchè tu non sarai libero, alla macchina verrà impedito di lavorare”. (Mario Savio, rivoluzionario di Berkeley, 1964)
“Il mondo è un posto pericoloso, non tanto per coloro che fanno il male, ma per quelli che vedono e fanno nulla”. (Albert Einstein)
“Quando la verità è sostituita dal silenzio, il silenzio è una bugia”. ( Yevgeny Yevtushenko, poeta sovietico)
 Vittoria a Homs

Siria, Ucraina, tutto il terrorismo è paese
La luce arriva da due sorgenti: dalla bandiera siriana issata su Homs, terza città siriana, liberata dai ratti Nato-Golfo dopo tre anni di devastazione e saccheggio e che potrebbe essere, insieme alla quasi-liberazione di Aleppo, l’inizio della fine dell’aggressione; e dalle repubbliche popolari dell’Est Ucraina, tragicamente sole, ma gloriosamente impegnate a ricordare al mondo che per la libertà si deve essere pronti a morire. A parte il sostegno diplomatico di Mosca a Donetsk, Lugansk, Slaviansk e alle altre città proclamatesi indipendenti e pronte a entrare a far parte della Russia, i rivoluzionari dell’Ucraina russa sono più soli dei Sioux a Wounded Knee. Nessun appello, stavolta, di Rossana Rossanda, sinistra intellettuale della criptodestra imperialista, a quelle brigate internazionali tipo Spagna da spedire contro Gheddafi, a mescolarsi con i missili Nato e i tagliagole dell’Islam mercenario.

sabato 10 maggio 2014

BASTONE E CAROTA. E Santoro passa la mano a Soros.

La guerra è quando il governo ti dice chi è il cattivo. Rivoluzione è quando lo decidi da solo”. (Anonimo)

“Una delle cose che vogliono è una popolazione passiva e acquiescente. Così, una delle cose che puoi fare per rendere loro la vita impossibile, è NON essere passivo e acquiescente”. (Noam Chomsky)

Tutta la propaganda deve essere popolare e il suo livello intellettuale deve essere adattato all’intelligenza più limitata tra coloro ai quali è indirizzata. Quindi, più grande è la massa da raggiungere, più basso deve essere il  livello intellettuale del messaggio”. (Matteo Renzi, pardon, Adolf Hitler)




Lo so, l’Ucraina incombe sul mondo. E incombono anche la Siria liberatrice di Homs e Aleppo e dove i ratti islamisti si fanno a pezzi tra di loro. E anche la Somalia, la Libia, il Mali, il Niger, la Repubblica Centroafricana, il Sud Sudan, senza contare il colosso nigeriano in via di frantumazione, dove subimperialismo francese e imperialismo anglosassone, usufruendo di surrogati islamisti (in RCA cristiani), hanno iniziato a far carne di gazzella dell’Africa. Qui basti dire che, con ogni evidenza, i tagliagole di Boko Haram stanno a  Obama e Netaniahu, come gli attentatori dell’11 settembre stavano a Bush. Ma su noi incombe anche l’espressione domestica di questa partita, dove tutto diventa spettacolo di grottesque e gli spettatori sono chiusi in sala da porte blindate. Oggi parliamo di questo. Nel prossimo post andremo nel Donbas.

L’11 settembre del bischero
Non so voi, ma personalmente mi sono tenuto fuori dall’immonda ola del vituperio per i fischi all’inno nazionale che, più che a questo scarnificato paese, era diretta alle statue di cera allineate nella tribuna d’onore di Napoli-Fiorentina (poi, non lo trovo neanche brutto, quell’inno, se lo ricordo scritto dal martire Mameli per la Repubblica Romana). E neanche ho condiviso l’ipocrita indignazione sulla maglietta “Spaziale libero” del capo tifoso napoletano che ha tenuto a bada una folla inferocita per l’aggressione a pistolettate ai tre concittadini. Quella condanna del 2007, dopo Catania-Palermo,  puzza di montatura lontano un miglio, come avvertirono, allora, i commentatori meno embedded e come sospetta oggi la Cassazione che dispone la revisione del processo costato ad Antonino Spaziale 8 anni per “omicidio preterintenzionale”. Un sottolavello arrivò dalle parti dell’ispettore Raciti, sul quale piombò anche il “fuoco amico” di un blindato della polizia. Del primo non si vide mai chi lo avesse lanciato, il secondo si dissolse nelle nebbie delle veline questurine. Dal mazzo di carte uscì prodigiosamente Spaziale e la preziosa occasione per un’altra stretta repressiva. Idem di questi tempi, grazie a “Genni ‘a Carogna” e al teppista fascista  romanista Daniele De Santis, quando fenomeni “eversivi” come i No Tav, i No Muos, i mille NO urlati dalle Alpi a Lampedusa, compresi quelli dell’unica opposizione sopravvissuta, quella a Cinque Stelle, rischiano di innescare una specie di grande Valle Giulia (1968) contro i panzer dei valvassini imperiali.