lunedì 31 maggio 2010

UN TERREMOTO DI COLLERA, UNO TSUNAMI DI LOTTA. NELLA SECONDA GIORNATA SOTTO LIBERAZIONE, SOMMERSI DALLA PALESTINA




Aggiornamento della protesta contro Liberazione e il PRC.


Oggi però pensiamo soprattutto a tornare a combattere con maggiore vigore il mostro nazisionista, le SS da mare, gli emuli di Marzabotto, i rinnovatori di Auschwitz, quelli talmente fascisti e corrotti che se la sanno prendere ormai solo con gente inerme e appena hanno di fronte ccombattenti se la danno a gambe. Vedi Hezbollah. E stiamo con i palestinesi che lottano. Al diavolo quelli che tradiscono, rinnegano, collaborano, vendono se stessi e il loro popolo. Al diavolo i cerchiobottisti all'acqua santa che ancora li sostengono in Italia. Da Morgantini in giù. Comunque, coraggio, stavolta hanno davvero pisciato alla grande fuori dal vaso, pazzi di rabbia per la perdita della loro immunità-impunità nascosta dietro a un olocausto orribilmente strumentalizzato, e per il sorgere di un altro quadro geopolitico, dove l'asse Iran-Turchia-Siria-paesi antimperialisti latinoamericani sta cambiando tutto. In meglio. Oggi si deve stare con chi si oppone, in qualunque modo ritenga opportuno, ai sadici serialkiller planetari. Il Sud ci salverà. Anche dalle miserie dei bulimici opportunisti di Liberazione.
Anche dai parrucconi tanto eurodogmatici quanto provincialotti che vivono contemplandosi l'ombelico avvolto nelle vecchie carte e non si ricordano di Maria Montessori che ci insegnava come non contassero tanto i fatti, ma le relazioni che li collegano, dalle quali, come dai puntini dei giochini della Settimana Enigmistica, sorge il quadro complessivo senza il quale non si capisce nulla, si gira a vuoto e si fa dell'onanismo. Fedayin di tutto il mondo unitevi!
E poi questi infingardi, utili idioti, intimano di non bruciare le bandiere di questo stato canaglia. Non c'è fuoco migliore.

IL GIORNALISTA FULVIO GRIMALDI INCATENATO SOTTO “LIBERAZIONE” E LA DIREZIONE NAZIONALE DEL PRC

Lunedì, 31 maggio.
Il giornalista ex-Rai-Tg3 e poi inviato di Liberazione, ha completato il primo giorno di protesta in catene sotto la sede di quello che fu il suo giornale. La protesta riprenderà domani, 1 giugno, e proseguirà fino a un incontro con il segretario nazionale del PRC, Paolo Ferrero e a una soluzione equa. Grimaldi protesta contro la legge bavaglio che sta per essere varata dalla maggioranza di governo e, in questo quadro, contro il licenziamento subito a suo tempo per la pubblicazione di un articolo su Cuba, non gradito all’allora segretario Fausto Bertinotti. Vinta la causa contro Liberazione per ingiusta interruzione del rapporto di collaborazione e la negazione della libertà d’espressione, in secondo grado, rovesciando il primo giudizio, il giudice ha condannato il giornalista a restituire a Liberazione la somma di 100.000 euro percepita come risarcimento del danno. Una sentenza che Grimaldi giudica iniqua e in violazione dell’articolo 21 della Costituzione e delle norme che regolano i rapporti di lavoro. Nonostante l’attuale direzione del partito abbia modificato la linea di Bertinotti, assumendo quella per la quale Grimaldi fu estromesso, essa insiste sulla pretesa della restituzione, pena l’esecuzione forzata sui beni del giornalista.
Dopo alcune ore si è presentato il direttore amministrativo del giornale, Mauro Belisario, e ha offerto a Grimaldi la seguente transazione: restituzione al giornale di metà della somma stabilita, ma prosecuzione della vertenza in Cassazione, al fine di poi ottenere la totalità della somma in caso di vittoria del giornale. Liberazione rasenta il fallimento. Se questo dovesse verificarsi, in caso di vittoria, Grimaldi non otterrebbe nulla dai liquidatori fallimentari, non essendoci probabilmente residui da liquidare ai creditori. In caso di sconfitta di Grimaldi, i liquidatori esigerebbero da lui i restanti 50.000 euro. Il giornalista considera l’offerta una trappola e ha insistito per la cessazione totale della vertenza, una volta che Liberazione abbia ricevuto metà della somma, anche alla luce del fatto che si tratterebbe comunque di una misura punitiva nei confronti di un giornalista che si è limitato a sostenere il diritto alla propria libertà d’espressione. LA PROTESTA DI GRIMALDI INCATENATO PROSEGUE DUNQUE FINO ALL’INCONTRO CON FERRERO E UNA SOLUZIONE SODDISFACENTE.







SEGUIRANNO AGGIORNAMENTI PERIODICI

Lunedì 31maggio: IN CATENE SOTTO LIBERAZIONE

lunedì 31 maggio ore 11,00






SEGUIRANNO AGGIORNAMENTI PERIODICI


sabato 29 maggio 2010

DA GAZA A VIALE DEL POLICLINICO


No le tenemos miedo de la muerte. Hemos aprendido de vivir con la vida y con la muerte. Si acà tenemos que caer com un martir por defender la democracia, el libre pensamiento y la libertad de expresiòn, tendremos que hacerlo para defender a este pueblo y que este pueblo tenga voz y pueda tener voto.
Hay muchos mercenarios de comunicacion. Venden las noticias, son serviles a sus amos y su patron. Ellos son mercenarios por que permanentemente le mienten y mienten al pueblo diciéndolo solo lo que les conviene a su patron. Pero no dicen la verdad. Por que tienen miedo y son cobardes y son dispuestos de renunciar un trabajo recibiendo dinero esangrentado de sus jefes. Hay que ser independiente y defender el pueblo y no dedicarse a agachar (abbassare) la cabeza y someterse al Patron... Podran asesinarnos pero no tendran nuestra obediéncia, no tendran nuestras convicciones.
(Luis Galdames, direttore del programma "Dietro la verità" di Radio Globo. Honduras)



Sta navigando verso l'epitome di tutti gli orrori, di tutti i dolori e di tutti gli onori del conflitto tra una elite di cavernicoli e il resto dell'umanità. Sta navigando verso Gaza la flottiglia di otto navi da cinque paesi europei, con 800 persone a bordo, tra cui - togliamoci il cappello - Angela Lano, direttrice del sito Infopal, Fernando Rossi, unico in parlamento con Turigliatto a trafiggere con il voto contro la guerra le vergogne dei sinistri. Sta navigando con aiuti a chi è vittima di un mostro che in sè riunisce tutto il male mai fatto o concepito: dallo stupro all'infanticidio, dal razzismo alla tortura, dal fanatismo teocratico alla pulizia etnica, dalla menzogna ontologica al genocidio striscante. Non naviga solo verso Gaza la flottiglia del Free Gaza Movement. Naviga verso il mondo. Scaturisce da un Nord che, metaforicamente e neanche tanto, è tutto come è oggi il Golfo del Messico: un'immensa palude fangosa che, come la crisi prima causata e subita e immediatamente trasformata in arma letale contro gli ultimi sopravvissuti al trentennale sterminio capitalista, si alimenta di rigurgiti occulti, capitati o costruiti, per proclamare emergenze da governo mondiale totalitario. Bertolaso ne è la caricatura locale.

Il mostro, non sapendo come sostenere uno tsunami del bene che si sta abbattendo sulle coste delle sue vittime e, con ancora maggiore forza, su quelle della coscienza umana universale, va minacciando sfracelli, blocchi, affondamenti, arresti, incarcerazioni, in continuità con quella pratica di fuorilegge che lo Stato ebraico va perseguendo dalla sua nascita dal ventre tossico della terza dottrina di sopraffazione e morte del '900: dopo fascismo e nazismo, sionismo.

Qui sotto metto una lista di indirizzi israeliani da mitragliare di messaggi di sostegno e solidarietà a quegli 800 da Irlanda, Grecia, Turchia, Spagna, Algeria, Cipro, che, con la loro navigazione, comunque vada tra le fauci del mostro, hanno riscattato complicità, ignavie, codardie, omertà, cerchiobottismi, panciafichismi, che tutti hanno contribuito ad affilare le zanne del mostro.
In prima linea quelli che hanno taciuto e tacciono sulle quotidiane nefandezze inflitte a un popolo reso in gran parte inerme dagli squallidi epigoni della sua dirigenza e traditori della sua epica resistenza. Non datemi dell'immodesto se mi ritengo idealmente un mozzo a bordo di quelle navi.
Ha mille braccia come Shiva la lotta contro le fetecchie che guardano da altre parti, magari all'Isola dei Famosi - vero Sansonetti?- o raddrizzano i quadri quando il terremoto sta per far crollare la casa. O quando Gaza, la Palestina, l'Iraq, vengono nascosti dietro le lapidi dell'altro olocausto. O quando un ciclone di mefitici venti della diffamazione cerca di far sprofondare Cuba negli abissi dell'oblio e dell'abbandono. Ha mille e mille braccia e se i naviganti coraggiosi dei mari di Afrodite e Odisseo ne sono l'arto con la cornucopia di ogni bene, io, incatenato qui sotto le finestre di "Liberazione", organo comunista che, per essere dalla parte di Cuba, Palestina, Iraq e Serbia, le catene del silenzio vorrebbe impormi, con tutti voi che mi avete dato il conforto della vostra condivisone, ne sono un'unghia.

Il tempo stringe e vi evita le mie inondazioni verbali. Perciò vi accludo, in fondo, un paio di significativi contributi di saggi osservatori. E, prima, qualcosa che ho scritto, adolescenziamente perdonate, quando i capi della Palestina permettevano a quel popolo di stare in piedi. Olimpiadi '72 e con i fedayin sulle rive del Giordano.



Monaco '72
Olimpiadi, fratellanza, in Germania, coesistenza / pace, marchi e gioventù.
Noi non siamo più nazisti / guerra sol di concorrenza / per il resto coesistenza / è lo sport degli affaristi / ci s'intende lì per lì. / Democratiche bandiere / per fascisti e colonelli / oggi anch'essi sono belli / squadre bianche, gialle e nere / Indonesia e Paraguay.
Uno sbirro a ogni porta / raggi X e infrarossi / elettronici occhi mossi / da spioni d'ogni sorta / che non scordano mai più. / Uno stadio futurista / mille braccia e schiene rotte / da fatica e poliziotti / immigrato fuor di lista / t'ho pagato, testa in giù.
Noi veniamo dalla guerra / stadi e campi ci hanno tolto / ci hanno cancellato il volto / dalla storia e dalla Terra: / Palestina, fedayin.
C'è rimasta un po' di vita / dietro a quel reticolato / la fiducia, il cuore, il fiato / per gridar "non è finita" / Palestina, fedayin. / Pace, marchi e coesistenza / voi ci avete massacrato / ma gli oppressi han capito / che vittoria è Resistenza / Palestina si sarà.

Valle del Giordano, aprile 1970
Abbiamo messi i piedi borghesi / molli di marcia / in un'acqua veloce / e abbiamo guardato i monti / viola e vicini / pieni di bocche feroci. / Stanotte vogliamo andare / a chiuderne una / o due. / Con me, coi piedi nell'acqua / c'è George / dagli occhi affilati / che fa il capo ridendo / un contadino palestinese / che ha fatto anni di galera / e mostra i segni dell'odio / come un bimbetto mostra le biglie. / Gli furono spente / cicche sul corpo / gli apersero il cranio / a colpi di ferro / gli spinsero in gola i denti. / E con noi c'è Abu Suleiman / che ha il sangue palestinese / e l'anima marxista e leninista / e tutta la famiglia nel Fronte / (un fratello è caduto) / e mi mostra le gente nei campi: / "Buoni proletari, buoni proletari" / e dice che Mao è il meglio. / E c'è Abu Khaled il vecchio / sceicco di cuoio / guida guerrigliera / che ha lasciato la terra sicura / e i giorni sereni / e offre il suo sangue ogni notte / sulle piste minate / e nei boschi di fuoco. / Nelle ore del sole / Abu Khaled si piega alla Mecca / e gli altri fan conto di niente / e dicono "Khaled / brav'uomo".
E ora si va oltre il fiume / dove c'è un ufficio di cambio / dove paghi ogni cosa /

che hai racattata / e ti danno valuta senza corso legale / ma che il mio amore potrà spendere ovunque. / Io vado, amore / a guadagnarci la vita / e mi sembra di andare / a giocare a pallone / con George, Suleiman e Abu Khaled / e la gente nei campi / scintilla di forti colori / e saluta ridendo: / buoni proletari, buoni proletari. / Non è difficile amore / guadagnarci la vita / tra quei monti di cenere e viola / la terra è promessa / andiamo sicuri. / Vi voglio portare dal fiume / una cosa che vi faccia felici.
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mancal@justice.gov.il,pniot@moh.health.gov.il,
sar@moin.gov.il,lishka.sar@moital.gov.il,sar@mot.gov.il,

sar@mops.gov.il,info@moia.gov.il,info@ng.pmo.gov.il,
pniot@mni.gov.il,pniot@sviva.gov.il,ministerts@most.gov.il,
minister@most.gov.il,mankal@moag.gov.il,sar@moch.gov.il,
dorital@molsa.gov.il,sar@tourism.gov.il,
dovrut@moc.gov.il,ifat.aloni@pmo.gov.il

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Ma che crisi!
Cari compagni,

mi preme sottolineare un aspetto riguardante l'economia che è indispensabile
chiarire
in questo momento di gravissimo attacco alle condizioni di vita dei popoli
europei

Anche la CGIL ha accettato l'assunto che c'è una tormenta speculativa sui
mercati europei
e che sotto attacco sono proprio gli Stati, a causa dell'elevata esposizione
del loro debito pubblico
e che quindi i sacrifici sono necessari per fermare il pericolo di
bancarotta degli stessi Stati.
Poi magari fanno finta di azzuffarsi su chi deve pagare un po' di più o un
po' di meno.

Ma è proprio la premessa che è sbagliata!

Limitiamoci al caso Italia, il paese che ha il più svantaggioso rapporto tra
debito pubblico e PIL.

Nessuno può credere che il debito italiano debba essere pagato, nè ora né
mai.
Nessun paese al mondo è privo di debito pubblico.
Il problema è che esso stia in equilibrio, ossia che ogni volta si possa
rifinanziare il debito
in scadenza e pagare gli interessi correnti che su tale debito insorgono.
Naturalmente sarebbe stato auspicabile che tale debito fosse stato investito
in modo produttivo.
Ma non è questo oggi il problema.

L'Italia ogni trimestre emette titoli del debito pubblico che servono a
coprire i debiti in scadenza e
pagare gli interessi.
Negli anni scorsi il sistema è stato portato in equilibrio, nel senso che
riusciamo a pagare gli interessi
senza far aumentare la massa del debito.
Con questo governo abbiamo un po' sforato, ma non in modo disastroso.

GLI INTERESSI CHE LO STATO ITALIANO PAGA SU QUESTA 'ENORME' MASSA DI DEBITO
SONO QUASI NULLI
I TASSI IN TERMINI REALI SONO ADDIRITTURA NEGATIVI!

Questo perché l'Italia ha un risparmio privato che è molto superiore al
debito pubblico e quindi,
se i risparmiatori hanno fiducia nello Stato, hanno ben di che coprire
questo debito.
In realtà questi tassi così bassi dipendono dal fatto che la gente non sa
proprio come investire
i soldi a causa delle sberle prese negli anni precedenti con borsa, bond,
edge fund, fondi ...
e quindi si accontentano di investirli in qualcosa di sicuro che almeno
metta al riparo parzialmente
dall'inflazione, come i Buoni del Tesoro Italiano.
Il fatto che il rendmento di quelli tedeschi sia ancora più basso, vuol dire
solo che in Germania
il problema è ancora meno rilevante - e quindi completamente inventato -
rispetto all'Italia.

Gli speculatori internazionali potrebbero far saltare il banco di un Paese,
solo se non esistesse altra
possibilità di racimolare capitali per coprire le scadenze del debito, ma
non è affatto così.

Lo stesso Prodi ha dichiarato che il problema greco (un Paese che
rappresenta il 2,3% del PIL europeo)
si poteva risolvere in una battuta, impegnando i Paesi europei a coprire il
suo 'enorme' (per quel Paese
ma non per l'insieme dell'Europa) debito. La speculazione sarebbe cessata
immediatamente.
Il prezzo di qualcosa può salire solo se c'è qualcuno che gioca al rialzo,
ma se qualcun altro dice 'a quel prezzo lo compro io', la speculazione si
ferma immediatamente

Quindi smascheriamo questa solenne bugia della crisi!
La crisi finanziaria semplicemente non c'è
E' solo la scusa per stornare ancora maggiori profitti REALI spremuti
dall'economia reale ai lavoratori europei
verso la fornace insaziabile degli speculatori internazionali, di cui i
nostri governanti sono servi ubbidienti.

Un caro saluto a pugno chiuso

Alberto (Università di Palermo)
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Video sull'8 per mille alla Chiesa cattolica
http://www.youtube.com/watch?v=o44loprfxKA&feature=player_embedded

giovedì 27 maggio 2010

VI ASPETTO A VIA DEL POLICLINICO 131, ROMA




PER COLORO CHE AVESSERO LA VOGLIA, LA GENEROSITA', LA SOLIDARIETA', IL TEMPO, L'ODIO DEI CENSORI DELLA LIBERTA' D'ESPRESSIONE, PER VENIRE A TROVARMI INCATENATO A ROMA, SOTTO LIBERAZIONE, VIALE DEL POLICLINICO 131, DA LUNEDI' 31, ORE 11.00, NON SAREBBE MALE PORTARE CARTELLI, FISCHIETTI, CASSERUOLE, MEGAFONI.


Vedi post precedente

mercoledì 26 maggio 2010

DA LUNEDI' 31 MAGGIO IN CATENE SOTTO LIBERAZIONE




Cari amici e compagni, il dado è tratto. Ho ascoltato il suggerimento della maggioranza di voi, che consiglia l'incatenamento piuttosto che lo sciopero della fame, per ora, e mi troverò in catene sotto Liberazione, Viale del Policlinico 131, Roma, il 31 maggio dalle ore 11.00. Chi vorrà venirmi a trovare è grandemente il benvenuto. Qui in calce c'è la lettera che ho mandato ai direttori e alle agenzie che hanno firmato l'appello della FNSI contro la legge-bavaglio. Vi aspetto!



AI DIRETTORI DEI GIORNALI E DELLE AGENZIE CHE HANNO FIRMATO L’APPELLO DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA CONTRO LA “LEGGE BAVAGLIO”


LIBERTA’ D’ESPRESSIONE: DAL 31 MAGGIO, ORE 11, IL GIORNALISTA FULVIO GRIMALDI SI INCATENA SOTTO LA SEDE DI “LIBERAZIONE” , ROMA, VIALE DEL POLICLINICO 131,



Cari Direttori,

siete impegnati in questi giorni contro la famigerata legge sulle intercettazioni, detta “legge-bavaglio”, che intende inibire ai mezzi d’informazione di svolgere il loro diritto di cronaca e che così pone un limite anticostituzionale alla libertà d’espressione e di stampa.

Vi potrà interessare, in questo contesto, che il quotidiano del PRC “Liberazione” ha anticipato nel 2003 questa legga liberticida e persiste tuttora nel medesimo atteggiamento, nonostante il conclamato cambio di linea politica successivo alla fine della segretaria Bertinotti.



Giornalista professionista dal 1970, nel maggio 2003, collaboratore a contratto dal 1999 di Liberazione con una rubrica fissa, “Mondocane” e con reportages sulle situazioni di conflitto in varie parti del mondo, venni licenziato su due piedi, con interruzione immediata del rapporto contrattuale, comunicatami unicamente con una telefonata dell’amministratore Belisario, per aver pubblicato un articolo su Cuba che risultava non gradito all’allora segretario Bertinotti. Alla mia richiesta di una comunicazione ufficiale scritta, con le motivazioni del provvedimento, non venne data risposta. Alle proteste di migliaia di lettori, iscritti e dirigenti del partito, la direzione del giornale e lo stesso Bertinotti risposero con giustificazioni assolutamente false: non mi sarei attenuto al tema ambientalista affidatomi. Un assurdo, alla luce di cinque anni di articoli che di tutto trattavano, oltreché di ambiente, dalla guerra nei Balcani, ai conflitti in Palestina e in Iraq.



Mi rivolsi alla magistratura del lavoro e ottenni che in primo grado il giornale venisse condannato a pagarmi le retribuzioni dovute e a risarcirmi il danno morale, di immagine, professionale ed economico, con 100.000 euro. In appello, con Bertinotti presidente della Camera, tale sentenza venne contro ogni consuetudine giurisprudenziale rovesciata nel suo contrario e “Liberazione” pretende ora il pagamento di quella somma, di cui non dispongo, e mi ha già fatto pervenire il precetto esecutivo, pena il pignoramento dei miei beni. Tutto questo porta al soffocamento di una voce che da oltre mezzo secolo ha potuto esprimersi liberamente su testate come la BBC, Paese Sera, Giorni Vie Nuove, Il manifesto, Nouvel Observateur, The Middle East, L’Espresso, La Repubblica, il Tg1 e il Tg3. In questi ultimi due telegiornali ricorderete forse che svolsi un lavoro, risultato assai popolare, di giornalista ambientalista e inviato di guerra.



Il PRC e “Liberazione” allora sostenevano la lotta in difesa dell’Art.18 e oggi sono impegnati in prima linea nella difesa della libertà di stampa e di espressione minacciati dal provvedimento legislativo attualmente in discussione in Parlamento. E’ paradossale che, su questo sfondo, il partito e il giornale insistano nell’imporre a un collega, di nulla colpevole, ma vittima di un inequivocabile abuso, una sentenza e un’ inaccettabile punizione finanziaria che concretizzano proprio quella censura che oggi si combatte. Dov’è la coerenza? Vi sarei grato per un’attenzione a questa vicenda nelle vostre pubblicazioni. Da lunedì 31 maggio, ore 11, intendo incatenarmi sotto la sede di Liberazione.



Fulvio Grimaldi

visionando@virgilio.it

lunedì 24 maggio 2010

LA LEGGE BAVAGLIO DI LIBERAZIONE DIVENTA ESECUTIVA

Sinnedoche: la parte per il tutto, ovvero i licenziamenti di Liberazione e la legge sulle intercettazioni. Una misera vicenda mia che riflette, con grande anticipo, quello che il regime repressivo e poliziesco di Berlusconi-Alfano sta infliggendo a quanto ci resta di democrazia: l'assalto finale alla libertà d'espressione attraverso una normativa punitiva nei confronti di giornalisti ed editori. Un assalto al quale la sinistra, il PRC e Liberazione, hanno dichiarato di voler resistere con tutte le forze. Tranne con quella che onorerebbe il debito di giustizia e libertà che Liberazione ha nei mie confronti.
Oggi mi è arrivato il precetto esecutivo per il pagamento a Liberazione di 110.000 euro, come determinato dalla sentenza d'appello. Se non pago avviene l'esecuzione forzata, pignoramento.

Nonostante le tante firme sotto l'appello che chiedeva a Liberazione e al PRC di rinunciare a un provvedimento scandalosamente iniquo, come il pagamento di quella somma per me inarrivabile, per essere stato cacciato su due piedi da Liberazione nel 2003 per un articolo su Cuba, con motivazioni false, nonostante le pressioni esercitate da tanti compagni su partito e giornale, questi non desistono.

Alla faccia della libertà d'espressione e della libertà di stampa, palesemente violati in anticipo perfino sul provvedimento berlusconiano che oggi sta suscitando tante reazioni, con il brutale licenziamento per un articolo (sul cui contenuto oggi il PRC sostanzialmente concorda) che si opponeva alla propaganda di menzogne e diffamazioni su Cuba, Liberazione e il PRC mandano avanti una procedura che per me significa la fine dell'agibilità in quanto documentarista. Infatti i miei documentari di controinformazione sono basati sulla mera militanza, senza alcuna componente commerciale, sono autoprodotti e autofinanziati. Quello che il giudice di prima istanza mi aveva concesso per risarcimento dei danni subiti sul piano dell'immagine, della professione ed economici, si può ritrovare nei lavori che ho fatto in giro per il mondo per diffondere un po' di verità in un ambiente intossicato dalle falsità e mistificazioni.

Grazie alla pervicacia e alla grettezza del comportamento di chi si presenta come "combattenti contro ogni censura e ogni negazione del diritto alla libertà d'espressione", queste verità io non potrò cercarle e diffonderle più.
Vorrei che voi, che in tanti vi siete espressi in solidarietà, scrivendo a Liberazione, al PRC e firmando il mio appello, mi diceste la vostra opinione circa l'ipotesi di un mio sciopero della fame ad oltranza sotto la sede di Liberazione. Ne terrò conto nella decisione. Nel frattempo conto sull'attivazione anche del mio sindacato, la Federazione Nazionale della Stampa che, consapevole del significato della sineddoche, nella sua encomiabile battaglia contro i provvedimenti liberticidi del governo non può non vederne la connessione a questo episodio, singolo, personale, ma di significato generale.
Grazie a tutti.


P.S. Chi volesse firmare l'appello segnalato qui nel blog, lo faccia per favore due volte. Spesso la prima non viene registrata.

sabato 22 maggio 2010

IL CARDINALE GOLPISTA CONTESTATO A ROMA


A seguito della campagna di informazione e mobilitazione che, con i compagni honduregni, abbiamo lanciato da questo sito per smascherare l'infame operazione di propaganda golpista allestita dalla Comunità S.Egidio in Italia, con la promozione del peggiore arnese clericofascista manifestatosi in Honduras in occasione del Colpo di Stato, condotto da Obama in complicità con squadroni della morte israelo-colombiani sotto il comando dell'oligarchia e dei militari honduregni, è successo quanto segue.


Il 20 maggio, all'Istituto Italo-Latinoamericano di Roma Annalisa Melandri ha contestato con grande efficacia la scandalosa presenza e l'inaccettabile intervento del cardinale Rodriguez Madariaga, arcivescovo di Tegucigalpa, presidente della Caritas Internazionale, cocco di Ratzinger, sostenitore del colpo di Stato yankee, del regime fascista e della sua repressione assassina, indecentemente accolto dagli affini della Comunità di S. Egidio nello stesso momento in cui in Honduras il regime, disconosciuto dalla maggioranza degli Stati latinoamericani, proseguiva con l'eliminazione dei quadri della resistenza democratica. Plauso, grazie e onore ad Annalisa! Grazie anche a Geraldina Colotti che, sul "manifesto", ha dato conto di questa vergogna e della coraggiosa risposta di Annalisa.
Ci chiediamo al tempo stesso dove erano, in occasione di questa scadenza cruciale, tutti gli antimperialisti, i sinistri, le associazioni solidali con l'America Latina.
Fulvio.





Il Cardinale durante la conferenza - Foto di Lauretta Pilozzi

COMUNICATO DI ANNALISA MELANDRI
Questo è il testo (più o meno) che avevo preparato per il mio intervento all'IILA e che ho letto dopo aver ascoltato per più di un'ora la conferenza del Cardinale Maradiaga sul tema: "Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l'America Latina". E' di oggi la notizia dell'omicidio da parte di alcuni sicari di Olayo Hernández Sorto, membro del COPINH e del FNRP. Aveva moglie e 5 figli il cui sostentamento dipendeva dal suo lavoro.

Si è parlato qui di Diritti Umani e di povertà. Quindi volevo condividere una riflessione con voi.

Per quanto riguarda i Diritti Umani io credo che si debba aver ben chiara in mente una cosa, e cioè che rispetto alle violazioni dei Diritti Umani esistono sempre due attori: chi commette la violazione e chi la subisce. Generalmente commettono violazioni dei Diritti Umani lo Stato e i suoi apparati (esercito, polizia, magistratura…). Se io sequestro una persona e la torturo verrò incriminata e condannata presumibilmente per sequestro di persona, violenza privata o tentato omicidio. Uno Stato che sequestra, tortura o uccide persone viene condannato dagli organismi internazionali preposti, ammesso che ciò accada, per tortura, sparizione forzata o per esecuzioni extragiudiziali che sono reati permanenti e imprescrittibili proprio perché rientrano nell’ambito delle violazioni dei Diritti Umani e vengono considerati crimini contro l’umanità.

A questi due attori ne va aggiuno un terzo e cioè chi legittima le violazioni dei diritti umani, chi le benedice e legittimandole si rende complice dell’IMPUNITA’ dei criminali.

Ora parlando invece di violazioni dei diritti umani rispetto alla povertà spero sia sufficientemente chiaro a tutti in questa sala, che gli Stati commettono violazioni dei diritti umani per mantenere dei privilegi a danno delle masse popolari e quindi ci sembra particolarmente strano e paradossale l’invito che è stato rivolto al Cardinale Maradiaga che come è noto ha benedetto fin dal primo momento il colpo di Stato in Honduras. … (rumori in sala) …Posso ora presentarmi, sono Annalisa Melandri, collaboratrice della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani e sento di poter dire che sono qui a parlare anche a nome di alcuni settori della società civile italiana informati sui fatti che accadono e sono accaduti in Honduras e a nome di tanti amici indignati come me per questo invito. Il colpo di Stato in Honduras è stato portato avanti per mantenere i privilegi economici di quell’oligarchia che temeva di perdere il suo potere grazie alle proposte progressiste del presidente legittimo Manuel Zelaya.

Manuel Zelaya con la proposta di installare una Quarta Urna e di formare un’Assemblea Costituente stava cercando di restituire un po’ di dignità ad un paese che è uno dei più poveri del mondo, con un tasso di mortalità infantile del 48% entro il 5° anno di età, con una disparità tra classi ricche e povere tra le più alte del mondo.

Lei, Monsignore prima parlava del “20% della popolazione nel mondo che gestisce l’80% del PIL mondiale”. In Honduras vige un sistema sociale in cui 10 famiglie possiedono la totalità della ricchezza e del potere, controllano le istituzioni e in combutta con le gerarchie cattoliche ed ecclesiastiche, amministrano ogni aspetto della vita sociale ed economica. Il golpe è stato realizzato per difendere questo sistema sociale e il cardinale Maradiaga ha benedetto questo sistema sociale e tutte le violazioni dei diritti umani che sono servite a mantenerlo. (Richiesta di formulare la domanda da parte del Presidente dell’ILA. Non ci sono domande gli ho detto, volevo solo leggere un comunicato e proseguo…)

Ricordiamo che soltanto nei giorni immediatamente successivi alla cacciata di Zelaya si sono registrati 50 morti, 500 feriti e un migliaio di arresti e detenzioni arbitrarie mentre oggi c'è uno stillicidio continuo di omicidi di leader comunitari, membri del Fronte di Resistenza, militanti e attivisti.

La consideriamo pertanto complice dei crimini commessi durante e dopo il colpo di Stato (ooohhh generale) e la dichiariamo pertanto persona non gradita nel nostro paese.

(un po’ di confusione generale…)


Annalisa Melandri
www.annalisamelandri.it

http://boicottaisraele.wordpress.com

La rivoluzione è un fiore che non muore
La revolución es una flor que no muere

L'uomo è nato libero ed è ovunque in catene
J.J. Rousseau

mercoledì 19 maggio 2010

S.EGIDIO: UMANITARISMI, GOLPISTI CLERICOFASCISTI, SGOMBERI







E' qui che si dividono le vie degli uomini: se desideri impegnarti per la pace dello spirito e per il piacere, allora credi; se vuoi essere devoto alla verità, allora indaga.
(Friedrich Wilhelm Nietzsche)

Ardisco, non ordisco.
Gabriele D'Annunzio

La fiducia dell'innocente è lo strumento più prezioso del bugiardo.
(Stephen King)

Alleanza: in politica internazionale l'unione di due ladri che hanno le mani così profondamente infilate nelle tasche l'uno dell'altro da non potere sacheggiare disuniti un terzo.
(Ambrose Bierce)

Ciao a tutti.
Sempre sull'onda di fango che nelle prossime ore, con la venuta a Roma del CardiMale honduregno, arcivescovo golpista di Tegucigalpa e presidente della Caritas Internazionale ((sic!), Oscar Rodriguez Madariaga, invitato dal corpo diplomatico parallelo di Chiesa e Imperialismo, Comunità d S.Egidio, e mandato con entusiasmo dai falloni sanguinari che ora tiranneggiano l'Honduras in resistenza, propongo tre contributi che in proposito mi sono arrivati da occhiuti compagni . Ci illustrano come la sacra congrega da "operazioni speciali", S. Egidio, si muove sia sul territorio nazionale, sia a livello di collateralismo con golpisti fascisti installati dalla Cia e dal Mossad. Coerenza piena, purchè a essere colpiti, repressi, cacciati o ammazzati siano i poveri, i "selvaggi" interni ed esteri e i diversi.

Permettetemi di inserire, fuoritema ma mica tanto, un'annotazione di mia diretta pertinenza e che potrà far sorridere i tanti solidali che mi hanno accompagnato nella lotta per i miei diritti contro il diktat bulgaro di Bertinotti-Curzi-Liberazione.

Il governo-canaglia del guitto mannaro sta per calare un'ennesima mannaia sui diritti dei lavoratori con una legge che consente ai padroni di licenziare " a parole". Tipo "E ora fuori dai coglioni!" Senza neanche una riga scritta, come impone la legge in vigore dagli anni '60. Va ammirato il ruolo di preveggente e antipatrice avanguardia assunta da Liberazione e Bertinotti e Curzi nel 2003 quando la mia cacciata mi fu comunicata con un colpetto di telefono dell'amministratore Mauro Belisario. Più o meno così: "Pronto, sono Mauro, ciao. Ti devo dare una brutta notizia, viene dall'alto: da oggi è finito il tuo rapporto con il giornale, mi dispiace, va via anche la rubrica..." Non erano passate 24 ore dall'uscita sul giornale del mio articolo intolato "Cuba" e che trovate nel post "Il corpo del reato". Mai avuto la dovuta comunicazione-motivazione dal direttore, nè orale, nè, come imponeva la legge ai dipendenti e per traslato anche ai titolari di contratto di collaborazione fissa, per iscritto. Quando si dice che la "sinistra" prepara il terreno alla destra..

E ora, le cose serie, che però tutte rientrano nella dimensione "verità e libertà". Quando scompare la prima, muore la seconda.
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Sant'Egidio story. Il grande bluff .
Fanno i demiurghi della pace. Sono candidati al Nobel. Sono nelle grazie del papa. Sono i cattolici italiani più celebrati al mondo. Ma sono strutturati come una monarchia assoluta. Storia non autorizzata di una comunità tutta speciale

di Sandro Magister

[Da "L'Espresso" del 9 aprile 1998]



ROMA - Hanno la loro cittadella a Roma Trastevere, in piazza Sant'Egidio, in un ex convento di monache carmelitane con la chiesa. Ma non tengono nessuna targa sul portoncino. Lì a fianco c'è una caffetteria snob, "Pane amore e fantasia", con l'insegna tipo pellicola da cinema e la foto di Gina Lollobrigida, ma non c'è scritto che è della comunità. Anche la loro messa del sabato sera è da qualche tempo clandestina. La dicono a porte chiuse dentro la vicina basilica di Santa Maria, che raggiungono attraverso un labirinto di locali e cortili interni. Perché ormai sia la basilica, sia quasi tutti gli edifici attigui sono loro dominio, compresi i due palazzi antichi sulla piazza grande. In uno c'è un mercatino di cose vecchie e curiose, "La soffitta". Anche di questo non c'è scritto che è della comunità.

Sant'Egidio si vede e non si vede. Si sa che servono minestre calde ai barboni e aiutano i vecchi rimasti soli. Si sa che in Mozambico hanno messo d'accordo governo e guerriglieri e che nel Kosovo fanno la spola tra il despota serbo Slobodan Milosevic e gli albanesi maltrattati. La segretaria di Stato americana Madeleine Albright, quando all'inizio di marzo è passata da Roma, ha speso più tempo da loro che dal papa. E uscendo li ha beatificati: "Wonderful people", meravigliosi. Sono candidati al Nobel per la pace. Hanno un efficientissimo servizio di pubbliche relazioni e tutti ne dicono un gran bene.


TRA OPUS DEI E DALAI LAMA


Ma per il resto sono come la leggendaria Opus Dei. Impenetrabili. Nemmeno in Vaticano sanno bene che cosa fanno quando sono tra loro. Neanche il papa lo sa, nonostante sia loro amico. Se sapesse che quelli di Sant'Egidio hanno praticamente abolito il sacramento della penitenza sostituendolo con i mea culpa pubblici nelle assemblee di gruppo, li redarguirebbe severo. Se conoscesse le loro stranezze in materia di matrimonio e procreazione, sobbalzerebbe sulla cattedra. Se sapesse che nelle loro messe l'omelia la tiene sempre Andrea Riccardi, il fondatore e capo, che prete non è e quindi non dovrebbe predicare (divieto assoluto ribadito di fresco da un'istruzione vaticana), li richiamerebbe subito all'obbedienza.

Questioni interne di Chiesa? Sì e no. Perché quella che oggi è detta "l'Onu di Trastevere" non è un'organizzazione laica tipo "Médecins sans frontières", ma è nata come comunità cattolica integrale. E tuttora si presenta così: come cittadella di Dio in un mondo invaso dai barbari. È in forza di questa identità e della benedizione papale che Sant'Egidio si offre ´urbi et orbi´ come peacemaker sui fronti di guerra. Oltre che come ponte di dialogo tra le religioni.

Sono stati quelli di Sant'Egidio a organizzare il meeting interreligioso del 1986 ad Assisi, con il papa in preghiera fianco a fianco col Dalai Lama, con metropoliti ortodossi, pastori protestanti, monaci buddisti, rabbini ebrei, muftì musulmani, guru e sciamani d'ogni credo. Da allora, Sant'Egidio replica il modello di Assisi ogni anno: l'ultima volta a Padova e Venezia, altre volte a Roma, Firenze, Milano, Bari, Varsavia, Bruxelles, Malta, Gerusalemme. Con un crescendo di coreografie spettacolari. Con cerimonie ritrasmesse in mondovisione. Con un roteare di ospiti insigni, chiamati dai cinque continenti, spesati, coccolati. Minimo mezzo milione di dollari per meeting, coperti da sovvenzioni governative e private.

Con questi precedenti, Sant'Egidio non avrà rivali per il prossimo Giubileo. Sua sarà la regia dell'Assisi bis, questa volta di nuovo col papa, già annunciata dal Vaticano.


IN PRINCIPIO FU CL


Eppure, nonostante queste credenziali e le sue suggestive liturgie, il profilo cattolico della comunità di Sant'Egidio resta sfuggente. I suoi percorsi tortuosi. La sua data di nascita ufficiale è il 7 febbraio 1968. Ma a quella data non succede proprio niente di nuovo. I futuri membri di Sant'Egidio fanno semplicemente parte di un raggio, di una cellula di Gs nel liceo Virgilio di Roma. Gs è la sigla di Gioventù Studentesca, l'organizzazione fondata da don Luigi Giussani che più tardi, passata la bufera del Sessantotto, prenderà il nome di Comunione e Liberazione. Riccardi vi si era avvicinato negli anni di ginnasio, a Rimini. Dopo di che, tornato a Roma, aveva legato con i ´giessini´ del Virgilio, del Dante, del Mamiani. Tra quei compagni di liceo c'è già il nocciolo duro di Sant'Egidio d'oggi. Ma con loro ci sono anche Rocco Buttiglione e la sua futura moglie Maria Pia Corbò, che rimarranno con don Giussani. Se il gruppone si disfà, tre, quattro anni dopo, è perché se ne va via il prete che l'aveva tenuto assieme, Luigi Iannaccone. È solo a quel punto, inizio 1972, che Riccardi e i suoi si mettono in proprio. Con astio nei confronti dei fratelli separati di Cl, che infatti spariranno per sempre, anche in memoria, dalle storie autorizzate di Sant'Egidio.


MONACI DEL NUOVO MILLENNIO


Manca ancora una sede. E per un poco Riccardi e compagni, tutti di famiglia bene, meditano di traslocare in baracche di periferia. Ma poi per i poveri scelgono solo di lavorare, senza conviverci. Nel settembre del 1973 fissano finalmente il loro quartier generale a Sant'Egidio, a Roma Trastevere. Sparite le ultime monache, l'edificio era rimasto vuoto. È di proprietà del ministero degli Interni, che lo cede a loro in cambio d'un affitto di poche lire. Chiavi in mano compreso il restauro, eseguito prontamente a spese del ministero.

Segue la fase monastica. Con una spruzzata d'orientalismo. In vacanza, quelli di Sant'Egidio vanno in Belgio, a Chevetogne, un monastero che celebra raffinate liturgie bizantine, e se ne innamorano. Di ritorno a Roma, arricchiscono le loro liturgie con tocchi orientali e alla loro vita comune danno un'impronta monastica. Anche per via della giovane età, nessuno di loro è sposato. E allora s'immaginano "celibi per il Regno dei cieli" e "monaci nel deserto della città". Danno ai loro capi i nomi di priore e priora, con i rispettivi vice. Abitano in piccoli gruppi divisi per sesso. Vestono tutti in modo austero, riconoscibile: gonne ampie e lunghe, maglioni abbondanti e colori castigati le donne; giaccone blu scuro i maschi; borsa di pelle a tracolla per tutti, modello Tolfa. Le giornate sono all'insegna dell'"ora et labora", dove il "labora" sono il pasto ai poveri, le pulizie ai vecchi, il doposcuola ai monelli di periferia.


LA SCOPERTA DEL SESSO


Ma anche la fase monastica si spegne presto. Nell'estate del 1978, in un ritiro collettivo nelle Marche, nell'eremo di Macereto, un po' tutti svuotano il sacco. E confessano di condurre tra loro una vita sessuale sin troppo movimentata. Da lì in poi cade il silenzio sul "nuovo monachesimo" e prendono il via i primi matrimoni. Resta l'obbedienza assoluta a quello che era di fatto l'abate indiscusso, Riccardi.

Il quale, intanto, s'è laureato in legge, ma si è subito dopo tuffato, da autodidatta, negli studi di storia, in particolare di storia della Chiesa, fino ad aggiudicarsi rapidamente una cattedra in università. Come per incanto, si danno agli studi di storia anche gli altri membri importanti della comunità, maschi. Ma quello che li distingue è che la storia non vogliono solo studiarla, ma farla. Specie la storia presente della Chiesa. Il 1978 è l'anno dei tre papi: muore Paolo VI e dopo l'interregno di papa Albino Luciani sale al trono Giovanni Paolo II. Nei due preconclavi, specie nel secondo, Sant'Egidio è tutto un via vai di cardinali d'ogni continente, di conciliaboli, di manovre elettorali.

La comunità fa campagna per il cardinale vicario di Roma, Ugo Poletti. Ma il conclave li delude. A vincere è il polacco Karol Wojtyla, per loro uno sconosciuto. Bastano poche settimane per ribaltare la sconfitta. Quelli di Sant'Egidio studiano a puntino la mappa della prima uscita del nuovo papa, alla parrocchia romana della Garbatella. Sul tragitto c'è una scuola materna, con un'aula che dà proprio sulla strada. Per una settimana occupano quell'aula e insegnano ai bambini canti in polacco. Li tengono lì dentro a cantare anche la domenica, col papa che arriva. Finché il papa passa, sente, si ferma, entra, vuol sapere. L'idillio tra Giovanni Paolo II e Sant'Egidio sboccia così. L'innamoramento è l'estate dopo a Castelgandolfo, una sera di luglio, in giardino, con le lucciole. Cantano e ballano con lui. Fanno ´serpentone´ tra le aiuole. Non si lasceranno più.


ALLA CONQUISTA DELLA CHIESA


Gli anni Ottanta sono la fase della conquista della Chiesa, posizione dopo posizione, fino ai più alti gradi. Il riconoscimento canonico Sant'Egidio l'ottiene nel 1986. Ma più importanti sono i legami diretti stabiliti con alcuni personaggi chiave del Vaticano.

Tre di questi sono tuttora i più grossi sostenitori della comunità. Uno è il segretario personale di Giovanni Paolo II, Stanislaw Dziwisz, onnipotente factotum. Un altro è il cardinale Roger Etchegaray, ambasciatore volante del papa sui fronti caldi del globo. Il terzo è il cardinale Achille Silvestrini, curiale di prima grandezza. Anche le parentele pesano. Una nipote di Silvestrini, Angela, è dentro la comunità. Mentre altri due membri di spicco di Sant'Egidio, don Matteo Zuppi e Francesco Dante, sono a loro volta nipoti di due porporati defunti: rispettivamente dei cardinali Carlo Confalonieri ed Enrico Dante. Quanto a Riccardi, il suo albero di famiglia è ancor più dotato: ha come zio non un cardinale ma un beato "che fu maestro del futuro cardinale Ildefonso Schuster", un monaco di San Paolo fuori le Mura di nome Placido, elevato agli altari nel 1954. Ed è già lui stesso un santo in terra, per i suoi fan.


MARTINI FOLGORATO


Altro cardinale protettore di Sant'Egidio è Carlo Maria Martini, gesuita e arcivescovo di Milano. Martini lo dicono addirittura loro membro onorario, perché nel 1975, quando era a Roma come rettore del Pontificio istituto biblico, li incontrò, ne restò folgorato e per quattro anni fece la sua parte nella comunità: accudiva a un vecchietto di Trastevere e andava a dir messa in un locale della borgata Alessandrina. Ad accompagnare Martini passo passo era stata incaricata una giovane della comunità, Gina Schilirò. Un'altra, Maura De Bernart, aveva a sua volta conquistato alla causa pochi anni prima un sacerdote, Vincenzo Paglia, che oggi è assistente ecclesiastico ufficiale di Sant'Egidio e aspirante vescovo. Sfortunatamente, sia Schilirò che De Bernart hanno poi avuto storie tormentate. La prima è uscita dalla comunità e poi rientrata con la cenere sul capo. La seconda, che all'inizio era leader di spicco, finì presto retrocessa con l'etichetta di donna traviata. "La nostra Maria Maddalena", la definivano i suoi censori.


IN GUERRA PER LA PACE


C'è forte contrasto, in Sant'Egidio, tra il proscenio e il retroscena, tra le attività ´ad extra´ e la comunità ´ad intra´. Prendiamo le iniziative di pace, quelle degli anni Novanta, la fase geopolitica della storia della comunità. Sulla ribalta del mondo, Sant'Egidio si batte indiscutibilmente per la pace e la democrazia. Se una critica le viene fatta, è che sceglie i suoi teatri con fin troppa cura di sé. Sì in Burundi, in Algeria, in Sudan, anche a costo di contrariare le Chiese del luogo. No a Timor Est e nel Chiapas. Questione di concorrenza. Il Nobel per la pace assegnato nel 1996 al vescovo di Timor, Carlos Filipe Ximenes Belo, è stato per Sant'Egidio una doccia gelata. Quanto al Chiapas, tra i candidati rivali al Nobel c'è anche lì un vescovo star, quello di San Cristóbal de las Casas, Samuel Ruiz García.

Ma la democrazia vale per quelli di fuori. Dentro la comunità non ce n'è ombra. "Perché anche la Chiesa dev'essere così, non democratica", teorizza con i suoi discepoli Riccardi. La gerarchia interna è rigidissima e in trent'anni di vita della comunità lui solo è sempre stato al comando. Ma rigide sono anche le divisioni per sesso: ai maschi la diplomazia, la geopolitica, il pulpito, la cattedra, l'altare; alle femmine il sociale, le mense, gli anziani, i bambini. E così le divisioni per generazione e per classe.

La struttura della comunità di Sant'Egidio ha al culmine il gruppo dei fondatori, oggi tra i 40 e i 50 anni. Sono 120 circa, ma è come se fossero i dodici apostoli: un ´unicum´ cui nessuno può aggiungersi. Poi, in subordine, viene la seconda generazione. Che è a sua volta divisa in due rami: da una parte la Pentecoste, i borghesi, quelli che hanno fatto gli studi; dall'altra la Resurrezione, il popolino, quelli di borgata. Il reclutamento dei giovanissimi è anch'esso separato: per la Pentecoste nei licei, per la Resurrezione nelle scuole professionali di periferia.


LE SACRE GERARCHIE


La messa del sabato sera, quella del top della comunità, è da sempre una fotografia perfetta delle gerarchie interne. Sull'altare c´è il gruppo dei fondatori, da una parte le donne, dall'altra i maschi, ciascuno al suo posto prefissato. Nella navata ci sono una rappresentanza scelta della Pentecoste più qualche elemento della Resurrezione e gli ospiti di riguardo. Riccardi è alla regia: non solo tiene la predica, ma comandi anche le luci da una piccola consolle. E chi nella comunità cade in disgrazia perde sia il suo ruolo nella messa che il suo posto in chiesa: Claudio Cottatellucci, uno dei capi della prima ora, che per anni aveva avuto l'onore di leggere dall'ambone l'Antico Testamento, si ritrovò di punto in bianco cacciato giù nella navata. La processione d'uscita al termine della messa è anch'essa un rito gerarchico. Tornati i preti in sacrestia, il primo ad alzarsi è Riccardi, seguito in fila indiana dagli altri maschi dell'altare, in ordine d'autorità. Poi ecco Cristina Marazzi, la numero uno delle donne, con le altre dietro in fila. Infine il rompete le righe per quelli della navata.


QUINTA COLONNA AL "CORRIERE DELLA SERA"


Il terremoto più grosso, al vertice di Sant'Egidio, risale a sei anni fa. Riccardi annunciò che avrebbe lasciato a un altro la presidenza per dedicarsi con più libertà alla cura spirituale della comunità. Ma quando si arrivò al voto nel comitato centrale, la sua indicazione non cadde su Andrea Bartoli, che da sempre era stato il numero due e in gioventù era stato di Riccardi l'amico intimo, ma su Alessandro Zuccari.

Di norma l'indicazione di Riccardi è legge. Non si discute, si esegue. Ma quella volta accadde l'inaudito: l'unanimità fu infranta. Zuccari fu eletto, ma anche Bartoli ebbe dei voti. E i suoi sostenitori uscirono allo scoperto: Agostino Giovagnoli, l'intellettuale fine del gruppo, quello a cui spettava tenere le omelie ogni volta che Riccardi era assente; sua moglie Milena Santerini, numero due delle donne; Paola Piscitelli, futura compagna dello stesso Bartoli; Roberto Zuccolini, giornalista al "Corriere della Sera", il primo quotidiano italiano.

Questa fronda non chiedeva maggior democrazia dentro la comunità: perché quanto a dispotismo, Bartoli aveva fama di terribile maestro dei novizi. Il dissenso era di strategia. Bartoli e i suoi contestavano un chiodo fisso di Riccardi: l'idea che la comunità di Sant'Egidio dovesse restare marcatamente papalina e romana, anche nelle sue filiali estere d'Europa, d'Africa, d'Asia e d'America. Volevano più autonomia per le periferie della comunità. Mentre Riccardi era ed è un accentratore estremo.


LA GUERRA DEI DUE ANDREA


La guerra tra i due Andrea durò per tutto il 1992, con i fautori di Riccardi che tenevano i loro conciliaboli al Caffè Settimiano, a Trastevere. E alla fine il gruppo antipartito fu sgominato. Bartoli fu spedito in esilio a New York, dove è tuttora. Suo fratello, Marco, fu cacciato dalla filiale di Napoli, di cui era il primo responsabile. Altre filiali a Genova e in Germania, che erano pro Bartoli, furono commissariate. A Giovagnoli furono tolti il pulpito e la cura delle relazioni con l'Asia. Zuccolini invece lo recuperarono: al "Corriere della Sera" era troppo prezioso e il partito di Riccardi ci teneva ad averlo dalla sua.

Salirono così di grado, assieme a Zuccari, solo i fedelissimi del fondatore. Sono gli stessi che oggi compongono il gruppo dirigente, ciascuno con le sue mansioni: Marco Impagliazzo, Mario Giro e don Vittorio Ianari si occupano di Islam e mondo arabo, dall'Algeria al Sudan; Roberto Morozzo Della Rocca e don Paglia dei Balcani; don Marco Gnavi e Adriano Roccucci dell'Oriente ortodosso, dalla Serbia alla Russia; don Zuppi dell'Africa; Valeria Martano, moglie di Zuccolini, di Istanbul e dell'Asia; don Ambrogio Spreafico, che è anche diventato rettore della Pontificia Università Urbaniana, degli ebrei; Alberto Quattrucci e Claudio Betti degli annuali meeting interreligiosi sul modello del papa ad Assisi; Gianni La Bella di sponsor e sovvenzioni; Cristina Marazzi, intramontabile numero uno delle donne, di assistenza; Mario Marazziti, suo marito, di pubbliche relazioni.

E i preti? Sant'Egidio ne ha oggi una dozzina. Tolti Paglia e Spreafico, venuti da fuori, gli altri sono cresciuti tutti in casa, senza passare per i seminari diocesani. A decidere chi deve diventare prete è la comunità, ossia Riccardi. E a consacrarli basta un vescovo amico, nell'attesa che vescovo lo diventi uno di loro. Paglia è il candidato. Fermo al palo da anni. Se in Vaticano esitano a dare il via libera alla sua ordinazione è perché c'è finora un solo, troppo discusso precedente di comunità con un suo vescovo speciale: l'Opus Dei. Il timore è che Sant'Egidio diventi un'altra Chiesa nella Chiesa.

Ma la spunteranno. Quelli di Sant'Egidio sono pochi di numero. Faticano a reclutare nuovi seguaci e subiscono molti abbandoni. Ma si definiscono "la formica capace di imprese grandi con piccoli mezzi". Sono una lobby potente. Condizioneranno il conclave che eleggerà il prossimo papa. Nessun magnate di Chiesa li vuole avere nemici. Riccardi lo dice spesso ai suoi: "Dobbiamo apparire più di quello che siamo. È il nostro miracolo. Il grande bluff".


Sgomberata a Ostia anche la "Chiesetta". Dietro ai manganelli, gli appettiti del S. Egidio
Comunicato arrivatomi da un compagno.

Leggendo questo fatto della comunità S.Egidio, fatto gravissimo, penso pure a
cosa sta facendo in questi giorni nel territorio romano proprio tale comunità
dispensatrice di "solidarietà" umana. Una breve premessa. Ad Ostia, c'era
un'occupazione della "chiesetta" che sta nella ex colonia Vittorio Emanuele
Dico c'era perché sono stati sgomberati proprio ieri mattina, con
un dispiegamento di forze pazzesco (camionette dei carabinieri a profusione e
150 unità antisommossa), chiudendo un pezzo del lungo mare per tutto il giorno
e la notte seguente (questa mattina non so se siano ancora lì), militarizzando
di fatto il territorio con una violenza simboleggiata preoccupante, perché
siamo consapevoli che possa essere prodotta in concreto. Il presidente del
municipio XIII è tal Vizzani, uomo ex An (un fascista che si definisce
democratico) e che durante un diverbio con gli occupanti che si sono
precipitati subito al municipio dopo lo sgombero (municipio che aveva intorno a
sé un dispiegamento di forze dell'ordine altrettanto incredibile) ha fatto il
gesto classico del "vi romperò il culo". La comunità di S.Egidio ha avuto in
assegnazione la "chiesetta" (che tra l'altro verrà riadibita a luogo di culto
nonostante ad Ostia non manchino chiese). Questo il motivo che ha portato loro
ad esercitare pressioni affinché uno spazio occupato di questo tipo fosse
sgomberato. Ma il motivo più grande di queste "piccole" vicende, sono i poteri
forti che si stanno muovendo, e che prevedono su tutto il litorale romano (da
fiumicino ad ostia) una speculazione edilizia selvaggia senza precedenti: porti
turistici a profusione, raddoppio dello scalo dell'aeroporto fco, atolli
artificiali, casinò e quant'altro. Un centro sociale nel cuore di un progetto
del genere ho come idea che avrebbe stonato ...

Tornando a noi, la Comunità S. Egidio ha addirittura presenziato allo sgombero, gioendo assieme alle forze del "disordine sociale", e portato fuori quanto non fosse di loro gradimento
all'interno (gli occupanti hanno dovuto trattare per portarsi via le loro cose
.. visto che l'altra volta gliele hanno letteralmente rubate). La questione
della proprietà non la conosco bene, per cui evito approfondimenti di tale
cosa. So che il parroco responsabile della diocesi si è sempre rifiutato di
fare la guerra a questi giovani per sgomberarli (visto che ha condotto
battaglie assieme a loro), e dunque pare sia stato superato dal vicariato il
quale ha messo un suo uomo a comandare l'intera operazione esautorandolo dalle
competenze previste (ma io di queste cose non m'intendo e dunque non so con
precisione). Ho avuto modo di conoscere questi giovani ragazzi in precedenza,
da un paio d'anni anche se l'occupazione è ripartita dall'estate scorsa. Devo
dire che sono, a mio modesto parere, dei bravi giovani compagni, che hanno
ripreso quest'occupazione (erano già stati sgomberati in passato e hanno
rioccupato) dopo un lungo periodo di degrado del luogo che era diventato più
che altro uno spazio di emarginazione sociale. Loro invece con molto coraggio
hanno riavviato lo spazio occupato rendendolo realmente un luogo sociale,
restituendolo dunque alla popolazione, in particolar modo ai giovani che hanno
ripreso a frequentarlo.

riccardo filesi
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Appello cittadino contro gli sgomberi:
I NOSTRI DIRITTI NON SI PIEGHERANNO AI VOSTRI MANGANELLI
Dopo le famiglie dell'Idroscalo, arriva lo sgombero del collettivo L'Officina
dalla chiesetta dell'ex colonia Vittorio Emanuele. Un enorme spiegamento di
agenti in tenuta antisommossa, ha nuovamente occupato le strade di Ostia,
trasformando il territorio in una caserma a cielo aperto.
La giunta Alemanno inaugura così la stagione post elettorale degli sgomberi,
iniziando da uno spazio di socialità punto di riferimento per il litorale
romano. Una stagione di repressione che non sembra sia destinata a finire.
Stanno uccidendo Roma e hanno iniziato a colpirla dal suo litorale, sempre di
più destinato a rappresentare il luna park estivo della capitale: attrezzato di
porto turistico, isolette artificiali e casinò, secondo i progetti della giunta
comunale . Ma dietro la riqualificazione, si nasconde la cancellazione di un
tessuto territoriale che ha bisogno di risposte a fronte di una crisi
tutt'altro che superata.
In un contesto generale di attacco ai movimenti per il diritto all'abitare e a
tutte quelle realtà che provano a dare una risposta ai problemi dell'esistente,
crediamo sia importante rilanciare un percorso di confronto cittadino sulla
difesa dei diritti e degli spazi di socialità. Invitiamo tutte le realtà
romane ad una assemblea cittadina per dare una risposta all'ondata di sgomberi
che sta per cadere sulla città.
Invitiamo tutti e tutte a costruire insieme la manifestazione di Domenica 23
Maggio, per dare una risposta all'sgombero dell'ex chiesetta di Ostia.

ASSEMBLEA CITTADINA - GIOVEDI 20 MAGGIO ORE 19.00 VOLTURNO OCCUPATO
"STOP KILLING OSTIA"
MANIFESTAZIONE OSTIA - DOMENICA 23 MAGGIO ORE 14.30 P.ZZA ANCO MARZIO

Collettivo L'Officina, Comitato "Riapriamo il Teatro del Lido",

lunedì 17 maggio 2010

VERGOGNE DALL'HONDURAS AD ASSISI






















Due militanti del terrorismo di Stato, mandati a uccidere combattendo contro le forze di pace in Afghanistan, sono stati sacrificati dalla elite di una "comunità internazionale" che rappresenta l'8% dell'umanità. Viva l'Italia. Viva Napolitano, Viva La Russa, Viva Prodi, Viva Bertinotti, viva tutti i mandanti della vostra civiltà.

(Mullah Omar, credo)
Perchè aggredire le tenebre? Basta accendere una luce e le tenebre fuggono.(Francesco d'Assisi)Coloro che hanno il privilegio di sapere, hanno il dovere di agire.(Albert Einstein)
Quando il governo teme il popolo, questo è libertà. Quando il popolo teme il governo, questo è tirannia.(Thomas Jefferson)
Le azioni sono considerate buone o cattive, non per i loro meriti, ma a seconda di chi le commette. Non c'è orrore, tortura, incarcerazione senza processo, assassinio, bombardamento di civili che non muta il suo colore morale se perpetrato dai nostri. Lo sciovinista non solo non disapprova le atrocità commesse dalla sua parte, ha una notevole capacità di neppure percepirle.(George Orwell)

Scrivo questa nota indirizzandola alle sinistre (inutilmente visto il fervore internazionalista che le scuote, ma che almeno gli si increspi un po' la coscienza), e particolarmente ai circoli di Italia-Cuba e ad altre strutture nel Lazio che si occupano di America Latina, perchè si riesca a mettere in piedi un minimo di protesta e indignazione contro il boia con zucchetto rosso e crocifisso d'oro sul petto che conta di nascondere sotto la cotta cardinalizia i corpi delle centinaia di suoi concittadini che ha contribuito a far fuori.

L'esclamazione "vergogna" del titolo mi è venuta di malavoglia. Fa venire in mente la nevrosi disfonica dei Ghedini e Bondi. E' talmente abusata da chi, essendo bue, dà del cornuto all'asino che faccio fatica a metterla in testa a questo post. E' una delle tante parole che ci siamo lasciati fregare da farabutti, sciamani da avanspettacolo e canaglie imbonitrici, come "libertà", "diritti umani", "democrazia", "giustizia", perfino "patria". Si preoccupasse di questo quella teologa farloccona, Adriana Zarri, nel suo sciocchezzaio sul "manifesto", dove ci invita a rifuggire da termini come "cazzo" o" cazzata" ("meglio pene" !), o "bullo" (meglio "sottouomini") o puttana (meglio il "dignitoso prostituta" o "lucciola"), confondendo davvero l'oro col piombo. Che serve anche quello, ma l'oro è un'altra cosa. Cosa vorrebbe, la delicata Adriana, al posto del grossolano "vergogna"? Turbamento? Pudore? Sfacciataggine? Disdoro? Rossore? Scherzo, ma meglio un po' di provocazioni alla Oskar Wilde, che le bambinate da orsoline di questa anzianotta imberbe che si commuove all'amore del papa per i gatti (e detesta i cani, sterotipatamente definiti "servili". La sentisse Nando, che da una vita azzanna caviglie di imbecilli!).
Aspettiamo che questa disarmante fuffarola (ora anche un senile Paolo Villaggio si è aggiunto alla schiera dei manifestaioli ironici con battutine in testa alla pagina degli interventi che documentano lo spappolamento neuronico di un sopravvissuto all'anagrafe), si pronunci con pari cruccio su un suo confratello in Cristo che fra pochi giorni verra accolto e celebrato a Roma dalla nota organizzazione criminale bimillenaria in combutta da sempre con tutti i poteri assassini.


Se ne parla in fondo a questo post, con un messaggio-appello di una compagna italiana che da anni vive e lotta in Honduras accanto ai poveri e resistenti di quel paese, che ogni giorno rischia di finire nelle liste di proscrizione del regime golpista lì installato da Cia e Mossad e che dandomi una gran mano in Honduras ha fornito un contributo decisivo alla realizzazione del documentario "Il ritorno del Condor" sul golpe e sulla resistenza popolare honduregna.
In Honduras, dopo le elezioni-farsa allestite da Usa e golpisti all'ombra delle loro baionette e sotto il regime-fantoccio fascista che ne è sortito, è in atto uno sterminio strisciante: esercito e polizia addestrati dagli Usa schiacciano il popolo sotto la cappa della militarizzazione, squadroni della morte, istruiti dai soliti israeliani, eliminano giorno dopo giorno quadri della Resistenza, giornalisti, sindacalisti, oppositori di ogni tipo; scagnozzi del regime reprimono e liquidano i mezzi d'informazione liberi, aggrediscono contadini su terre legittimamente loro, ma da rendere agli oligarchi latifondisti e alle multinazionali, impediscono ogni manifestazione politica di opposizione. Un paese che, tornato in piedi dopo decenni di abusi schiavistici con una resistenza di massa indomabile, deve essere di nuovo ridotto a repubblica delle banane e a base d'assalto, come negli anni '80 dei "Contras", verso i paesi dell'America Latina, Cuba in testa, che si sono liberati del giogo imperialista e dei predatori neoliberisti.
Trattasi del cardinale, primate dell'Honduras, Oscar Rodriguez Madariaga. Un orrendo ceffo che, in prima persona e trascinandosi dietro la gerarchia cattolica woytilian-ratzingeriana, fiancheggiatrice e benedettrice di ogni rigurgito fascista che gli Usa alimentano nelle Americhe, ha sostenuto e santificato dal primo giorno il sanguinoso golpe alla Pinochet attuato dai soliti noti in Honduras il 28 giugno 2009. Come ha condiviso e benedetto la spaventosa repressione poi abbattutasi su un popolo levatosi in resistenza all'imperial-fascismo di ritorno. Un losco compare di merende dei generali e dei caudilli transitati dal colpo di Stato obamiano, attraverso elezioni disertate dal 65% della popolazione, a un regime di aguzzini e predoni cui tutto l'Occidente, lieto di una "normalizzazione democratica" che gli recupera occasioni di rapina, ha concesso il suo riconoscimento (al quale si sono rifiutati i paesi latinoamericani dell'ALBA). Ebbene questo fulgido rappresentante della Chiesa come piace al pastore tedesco, sarà a Roma (non si capisce se il 20 o il 28, ma ce lo chiariranno), a spargere sull'uditorio delle Suore Guanelliane in Piazza San Pancrazio 9, parole fetide di un incenso che per l'Honduras della libertà e della giustizia è come il sale catoniano su Cartagine.
Cinzia Bottene: Una sfilata di politici che pensano di mettersi a posto la coscienza facendosi vedere alla marcia.

Salto di palo in frasca. Ma mica tanto. "Sempre troppa carne al fuoco" mi rimprovera qualche amico lettore. Abbia pazienza, di sole due bistecche andate a male stavolta si tratta. Della prima abbiamo già sparso il fetore. La seconda è quel detrito di un pacifismo da Disneyland che si è manifestato ieri, 16 maggio, tra Perugia e Assisi. Già, la solita kermesse delle brave e buone... facce da culatta di cannone. Il capo di stato maggiore di questa sceneggiata per gonzi è quel Flavio Lotti, capotavola della pace, che già ha saputo dare un segno preciso alla ricorrenza al tempo dei bombardamenti sulla Jugoslavia quando invitò alla testa della marcia nientemeno che il bombarolo principe e caporale Nato, Massimo D'Alema, ancora imbrattato di sangue serbo. Anche stavolta marciavano, oltre ai candidi sempliciotti buonisti, graditi a ogni stagione bellica, con l'arcobaleno lindo e scevro da ogni denuncia di delinquenza militare e politica, i politicanti italioti da passerella, tutti concordi nell'omaggio a Capitini e alla pace. Marciavano con i camoscini da 300 euro sulle ossa di milioni di morti ammazzati senza colpa e senza memoria, con in tasca buste paga garantite nel loro osceno gonfiore dai voti parlamentari per i genocidii USraeliani e Nato. Voti su cui Lotti e cosca pacifinta varia sorvolano leggiadri, dissolvendo nella fuffa della retorica arcobaleno anche la più minuta traccia delle responsabilità di chi della guerra e del massacro planetario fa la tavola della sua Grande Abbuffata. Non aveva preparato l'allestimento, il Lotti, conversandone il giorno prima con nientmeno che il vessillifero di quei commensali, il capo di stato maggiore delle Difesa? Una controparte? Già, come il bombarolo con i baffetti da muselide. Più o meno nelle stesse ore due militari italiani, mandati da quel generale a regalare la pace eterna a quanti più "terroristi" afghani possibili, magari di due anni o con il burka, hanno terminato la missione loro affidata. Difatti giacciono in pace.
Si sono astenuti da questa colossale presa per il culo le presenza serie e consapevoli della lotta contro le guerre d'aggressione, Emergency, i No Dal Molin (chi cazzo sono costoro?) e pochi altri. Gente fastidiosa ormai ai margini del discorso politico, ridotta al silenzio delle sue verità incompatibili da chi, in un'apoteosi di ipocrisia, marciava affettuosamente inanellato con i più trucidi complici delle guerre, sociali o militari che siano, ai popoli di troppo e alle classi da dissanguare in una notte dei vampiri estesa a guerra infinita ai poveri. Quelli delle decine di miliardi da togliere a scuole, ospedali, giovani e anziani, per sublimarli in gioielli della tecnologia di morte come i bombardieri F35, o la nuova portaerei castigamatti esotici "Cavour", delle nuove basi d'attacco a Vicenza e Sigonella, delle incursioni Nato contro vittime africane o asiatiche riluttanti all'estinzione forzata e perciò chiamate Al Qaida, delle stragi terroristiche, civili o belliche fatte partorire dal ventre tossico dell'11 settembre ingravidato dagli stupratori Ciassad. Tutta questa vicenda è poi stata avvolta in una confezione regalo dal "manifesto", con delirante editoriale di Danilo Zolo in prima e due festanti paginoni celebrativi all'interno, appena ombreggiati da un pezzetto-foglia di fico finale titolato pateticamente "I presidi rimasti chiedono una opposizione".

Abbiamo abbrustolito due bistecche putrescenti. Posso aggiungere sulla griglia una salsiccetta? A Roma, il 15 maggio, anniversario di una NAKBA diventata ormai settantenne, la lista civica "Per il bene comune" di Fernando Rossi (con Turigliatto, uno dei due bislacchi che votarono contro la guerra in Afghanistan sotto gli improperi dei colleghi "comunisti" che sentivano traballare il proprio scranno), ha allestito, con validissimi palestinesi laici e islamici e con sostenitori della Palestina senza se e senza ma, una vigorosa e illuminante iniziativa pubblica di denuncia del nazisionismo e di proposta di lotta, a partire dal movimento BDS: boicottaggio, disinvestimeno, sanzioni. O, non è stata capace la Delegazione Generale Palestinese in Italia di assalire questa assolutamente sacrosanta manifestazione con un rancoroso e supponente comunicato-rampogna (indirizzato anche al sottoscritto che nell'occasione ha funto da conduttore)? Sentite.
La Delegazione Generale Palestinese vuole contestare l'impostazione di questa ricorrenza, in cui viene presentato il Sig, Ismail Hanyeh (in collegamento telefonico dall'Auschwitz Gaza. N.d.r.) come Primo Ministro della Palestina, nel momento in cui tutti sanno che questo signore (sic) e il suo governo sono illegittimi e rappresentano solo una forza che strumentalizza la religione e gli interessi del popolo palestinese per fini politici, obbedendo alle direttive di politiche regionali (intendono l'Iran. N.d.r.). Vogliamo ricordare che il popolo palestinese ha la sua unica e legittima leadership, rappresentata dall'OLP e dall'Autorità Nazionale Palestinese, dirette dal Presidente Abu Mazen e dal governo palestinese del Dott. Salam Fayyad, riconosciuto a tutti i livelli arabi e internazionali.

Non ci si crede. Qui, incapaci e probabilmente indisposti a mettere in piedi un'iniziativa altettanto preziosa e dignitosa, questi detriti di un'organizzazione, l'OLP, un tempo gloriosa di coraggio e resistenza e poi sotterrata dai cedimenti, tradimenti, collaborazionismi col nemico pulitore etnico, di quella combriccola di agenti Cia e corrotti trafficoni che è l'ANP, nascosti dietro ai pretoriani di Abu Mazen addestrati da generali Usa, si permettono di stigmatizzare e diffamare chi, dal fondo del disperato buco nero Gaza, fa ancora sentire una voce di dignità e di resistenza. Allineandosi con gli inventori del terrorismo islamico e con i carnefici del terrorismo israeloccidentale, costoro assumono lo strumento abietto della discriminante laico-religiosa e della criminalizzazione dei secondi, utilizzato dagli assassini del loro e di altri popoli. E falsificano una realtà che vede il fantoccio Abu Mazen presidente abusivo, in quanto decaduto dal suo mandato alla scadenza del gennaio 2009 e Islamail Haniyeh, vincitore delle elezioni generali palestinesi nel 2006, legittimo presidente, imprigionato d'intesa con Israele nel mattatoio di Gaza e che fortunatamente prevalse sul colpo di mano tentato nel 2007 dal corrotto satrapo e agente Cia-Mossad, Mahmud Dahlan. Dite, voi signori delle ville e del traffici e della repressione contro le forze patriottiche, che siete riconosciuti a tutti i livelli arabi e internazionali. E' vero. O quasi. Già, siete riconosciuti e apprezzati dai laicissimi democrati sauditi, da quelli egiziani, dagli indefessi sostenitori del vostro popolo a Washington, Londra, Bruxelles. Sicuramente dai nobili ascari della civiltà occidentale Karzai e Al Maliki. Perfino da abbaglianti campioni dell'internazionalismo come Luisa Morgantini, Walter Veltroni, Silvio Berlusconi, Roberto Saviano. Ma da tempo non lo siete più dalla vostra gente che alla faccia vostra, morendo giorno dopo giorno, vive e lotta. E che per voi ha soltanto una parola. Quella del mio titolo. Quale grandiosa occasione per restare zitti. E nascosti.
E ora, Honduras.

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Honduras: Cardinale golpista in visita a Roma
Etichette: DDHH Diritti Umani, Honduras, Italia
Il 28 maggio, a Roma sará presente questo triste personaggio, gran maestro nel coniugare l'essere e l'avere, la fede con le grandi proprietà, la teologia con il golpismo, la religione con la politica illegale. Al gregge ha sempre preferito l'Opus Dei e le élites dell'Honduras.

Il Cardenal Rodriguez Madariaga, meglio conosciuto come cardinal Golpe, teorico ed apologeta del golpe messo a segno contro il legittimo Presidente Zelaya, parteciperà alla presentazione del libro di G. Crea "Agio e disagio nel servizio pastorale", presso le Suore Guanelliane, in Piazza San Pancrazio 9 ROMA.

E' l'occasione per manifestare disprezzo al famigerato gerarca che nasconde sotto l'uniforme religiosa una militante attività politica antidemocratica di promotore del golpismo. Costui, pochi mesi addietro, venne invitato in Francia da una università cattolica per ritirare un premio (sic). Le proteste sorte tra i credenti e in vari settori della società civile portarono alla sospensione di quell'evento, disegnato per ripulire e promuovere questo figuro sulla scena internazionale in vista di incarichi più "prestigiosi".

(vedi comunicato dell’ambasciata francese in Honduras
http://www.ellibertador.hn/Nacional/3493.html)

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CiAO A TUTTI/E

Vi invio in allegato l’invito esteso al reverendissimo golpista cardeMal honduregno per un evento che si terrá a Roma il 20 di maggio. Il titolo dell’evento é “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l'America Latina”. Ma vi rendete conto????? Questo fascistone arriverá in Italia a parlare di cambiamento!!!!

inoltre è invitato a:

la presentazione del volume di Giuseppe Crea "Agio e disagio nel servizio pastorale. Riconoscere e curare il burnout nella dedizione agli altri".

La Presentazione avrà luogo venerdì 28 maggio alle ore 18 presso le Suore Guanelliane, Piazza S. Pancrazio 9 - Roma
Intervengono:
* Card. Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa - Honduras, membro della Pontificia Congregazione per il Clero
* prof. Eugenio Fizzotti, presidente dell’Alæf
* dott. Enzo Romeo, caporedattore esteri TG2
Modera: dott. Fabrizio Mastrofini, giornalista

Sicuramentte in questi giorni, durante la contracumbre AL-UE di Madrid (Enlazando Alternativas) si preparerá il testo per un comunicato di ripudio per questo personaggio talmente nefasto, ma credo che questo non sia sufficiente. Sono appena arrivata in Italia ed appena lo riceverò, vi manderó il comunicato che si fará a Madrid.

Qualche mese fa il reverendissimo golpista fu invitato in Francia da una universitá cattolica per conferirgli un riconoscimento, ma le forti proteste arrivate un po' da tutte le parti hanno fatto cambiare idea agli organizzatori dell’evento ed il reverendissimo fascista dell’Opus dei ha dovuto cancellare il suo volo per la Francia. (vedi comunicato dell’ambasciata francese in Honduras http://www.ellibertador.hn/Nacional/3493.html)

I tempi sono cortissimi e non ho proposte per ora, ma vi scrivo proprio per sapere se qualcuno/a di voi sarebbe disposto/a a fare qualcosa, specialmente quanti vivono a Roma e dintorni …. si potrebbe pensare a qualcosa di rumoroso. Forse il numero non é importante, ma sicuramente la creativitá e la contundenza potrebbero fare un po di scalpore. Sarebbe anche un modo per riprendere la denuncia contro il golpe che continua sfacciatamante (pochi giorni fa hanno assassinato un riconosciuto attivista ambientalista del MAO e ieri altri due compas della resistenza).

Non possiamo permettere che questo personaggio arrivi in Italia senza che nessuno dica nulla!!! Dobbiamo fare qualcosa a nome di tutte le persone che sono state assassinate dal braccio armato dei golpisti (con la benedizione del cardemal), per tutte le violazioni sistematiche che continuano contro il popolo onduregno che, nonostante tutto, continua la sua resistenza forte e determinato piu che mai, lottando per la rifondazione del paese.

Vi allego una foto che spiega solo con un immagine ciò che questo tipo é realmente… un reverendissimo golpista fascista (cosí lo chiamano in Honduras), oltre che dell'Opus dei...

Aspetto una vostra risposta!!!

en resistencia



Segue firma.

venerdì 14 maggio 2010

LA GOGNA AI DIFENSORI DI CUBA, LA PIAZZA AI PICCHIATORI FASCISTI







Inoltro due comunicati di interesse, che in qualche modo, riconducono alla mia vertenza con Liberazione relativa al giudizio rispettivamente espresso su Cuba nel 2003 e per il quale io venni allora licenziato sue due piedi dal giornale del PRC. L'articolo incriminato si trova in questo blog nel post "Il corpo del reato". Come avrete saputo, oggi la dirigenza del PRC e il suo responsabile esteri Fabio Amato esprimono su Cuba una posizione che non è dissimile da quella per la quale allora Bertinotti e Curzi decisero il mio allontanamento. Ciononostante, ignorando la contraddizione e una qualsiasi sensibilità politica ed etica, il giornale insiste a esigere da me i 100mila euro che, nel giudizio di prima istanza, poi rovesciato in appello, mi erano stati riconosciuti come risarcimento del danno morale, professionale ed economico subito. Quei soldi, come hanno potuto constatare le migliaia di persone che hanno visto i miei documentari, si sono trasformati nell'informazione che da allora ho potuto diffondere sulle lotte dei popoli aggrediti dall'imperialismo.


Suscita, sempre a proposito, amara ironia la constatazione di quanto si è verificato in occasione della chiassata fascista a Roma del Blocco Studentesco e di Casa Pound il 7 maggio scorso. Non vi sarà sfuggito l'osceno appello promosso da alcuni ex-rifondaroli, oggi vendoliani, a difesa della "libertà d'espressione e di manifestazione" di questi detriti neonazisti, noti alle cronache sia per le posizioni razziste, sia per la costante pratica della violenza nei confronti di inermi cittadini: assalti alle università, incursioni nelle sedi di movimenti democratici e di sinistra, pestaggi e ferimenti di singoli individui inermi, aggressioni (Piazza Navona) con manici di piccone a pacifiche manifestazioni studentesche. A costoro, che violano il diritto a esprimersi e a manifestare di chiunque non sia succube dei loro rigurgiti autoritari e teppisti, hanno espresso solidarietà, dopo il sacrosanto divieto della Questura a osservanza di Costituzione e leggi, gli stessi personaggi del clan bertinottiano che, accodandosi alle campagne di menzogna e diffamazione contro Cuba, la resistenza serba e quella irachena, condotte dalle centrali della guerra e della rapina infinita, mi cacciò da Liberazione senza neanche permettermi il diritto di replica, violando a sua volta la libertà d'espressione. Due soli nomi: Piero Sansonetti, ex-direttore di Liberazione al tempo del ricorso in appello contro il giudizio di primo grado, Ritanna Armeni e Angela Azzaro, esponenti di punta della direzione del partito e del giornale.

Nel frattempo questi soggetti sono usciti dal PRC. Com'è che il PRC e Liberazione si accaniscono ancora contro di me perseguendo un'azione che viene politicamente contraddetta dalle loro posizioni ufficiali attuali?

Permettetimi di chiedervi, proprio nel nome di quella libertà di pensiero e di espressione che ha fatto vincere Santoro addirittura contro la Rai e che non è concepibile che un partito sedicente comunista concorra a reprimere, di continuare a firmare l'appello qui a destra in alto e di scrivere al partito e al giornale. Vi ringrazio.

Fulvio

Ed ecco i due comunicati.
Il primo è un'ineccepibile risposta di una compagna di Italia-Cuba alla campagna di diffamazione dei media italiani, in cui si è inserita con virulenza la Rai. Il secondo è un appello dell'Ambasciata cubana in Italia relativa alla vicenda dei cinque cubani detenuti illegalmente da dieci anni negli Usa per aver indagato e denunciato, nel paese che si vanta di condurre una guerra mondiale al terrorismo, i piani terroristici contro il proprio popolo.


Cari compagni,
stamane pressapoco dopo le 8, su RAI, per Rai Educational, quella diretta da Minoli, è andata in onda la rubrica CitizenReport che ha iniziato (ma guarda che casualità!) un servizio sulla bloggera più pagata del pianeta.
Ovviamente, visto che sono pensionata e ho un po' di tempo, non ho potuto trattenermi dall'inviar loro il messaggio che segue.
Grazie della pazienza
Alma

La RAI continua imperterrita a fare da cassa di risonanza a personaggi
discutibili nonché taroccati. E ciò m´indigna come abbonata e come cittadina.
Mi riferisco allo spazio dato alla blogger Sanchez, smascherata dalla BBC,
dalla Reuters, dal prof. Salim Lamrani della Sorbona, che ha il server in
Germania e linee made in CIA! E che mente sapendo di mentire. Incluso che non è
una giornalista. Un blog non fa un giornalista!!!
L´accesso ad internet a Cuba avviene via satellite, lento e costosissimo in
quanto all´isola è interdetto causa "bloqueo" (che la vostra protetta finge d´
ignorare) l´accesso ai cavi sottomarini.
Tali cavi li sta predisponendo il Venezuela e dovrebbero essere operativi fra
circa un anno, non solo per Cuba, ma anche per altri paesi dell´area.
Invece quest´anno, in virtù del bloqueo del 1962 e successiva legge Helms
Burton del 1996, Google ha chiuso l´accesso ai cubani. Spiego meglio: un
professore, uno scienziato, un tecnico cubano non può usare il motore di
ricerca Google per aggiornarsi. Ma su questo la vostra protetta tace, molto più
comodo infangare l´isola caraibica, altrimenti come farebbe a vivere alla
grande e compiacere i suoi dispensatori di prebende?
E´ molto più comodo e fuorviante sprecare fiato nell´asserire che a Cuba è
proibito internet, da parte di chi dovrebbe fare una corretta e seria
informazione. E allora, come spiegate che in ogni scuola vi siano computer
(anche in sperdute scuolette sulla sierra, elettrificate a pannelli solari),
che persino persone anziane frequentano corsi d´informatica, che dappertutto vi
siano i club de joven computacion (e questo la vostra lo sa bene) se fosse
proibito?
Dal 2005 è in vigore il "plan Bush" che ha stanziato 150 milioni (sì,
milioni!) di dollari per destabilizzare Cuba, Venezuela e i paesi che ne
avessero seguito l´esempio. Una parte di questo fiume di dollari è stata
destinata anche per "comprare" giornali e giornalisti europei. E la signorina
Sanchez è ritornata a Cuba dalla Svizzera nel 2007 (guarda caso!).
Il plan Bush non è stato annullato, prova ne sia il golpe in Honduras del
giugno scorso e le campagne mediatiche nei riguardi dei paesi dell´America
Latina che hanno "osato" scegliere un altro destino, oltre a quello di
"cortile di casa USA".
La RAI, servizio pubblico, si lascia incantare da sirene stonate, senza mai un
contradditorio, senza offrire altre opinioni. C´è un perverso gioco al massacro
di interi paesi (guarda caso quelli inseriti nell´elenco made in USA degli
stati carogna ), come è già successo con Yugoslavia, Irak e attualmente Iran. A
costo anche di taroccare le notizie, senza un minimo di pudore.
Ricordo ancora, quando, dopo l´attentato alle torri gemelle, nei Tiggì dei
compunti giornalisti e giornaliste hanno ripetuto che era stato trovato fra i
detriti il PASSAPORTO DEL DIROTTATORE ATTA!!! Ma come, l´acciaio, il cemento,
il vetro si erano sciolto come burro al sole ed un documento, che si presume
cartaceo, no?
Come se, in virtù di una campagna mediatica (e non mi riferisco solo a Cuba) ,
venisse poi giustificata un´invasione, un attacco militare. Da parte chi non
occorre lo scriva, tanto sono sempre quelli, i portatori di libertà e
democrazia con le bombe
Per concludere, v´informo che la vostra protetta è stata smascherata dall´
agenzia Reuters, dalla BBC e dal prof. Salim Lamrami della Sorbona, tra gli
altri.

Alma Masè


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----- Original Message -----
From: Secretaria Consejeros
To: Secretaria Consejeros
Sent: Friday, May 14, 2010 3:57 PM
Subject: LETTERA INDIRIZZATA A MICHELLE OBAMA PER IL CHIEDERE LA CONCESSIONE DEL VISTO NEGLI USA PER ADRIANA PEREZ E OLGA SALANUEVA


Roma, 14 maggio 2010


Alleghiamo il testo della lettera indirizzata a Michelle Obama che vi chiediamo di diffondere il più possibile e di appoggiare inviando la vostra adesione al Comitato per la Libertà dei Cinque, Svezia, c/o Vania Ramírez, Lidköpingsvägen 30, 2 tr, 121 39 Johanneshov, o alla posta elettronica libertadalos5.estocolmo@gmail.com, con copia all'ICAP (Instituto Cubano Amicizia con i Popoli) e alla nostra Ambasciata.

Un abbraccio rivoluzionario a tutti.

Ufficio Politico
Ambasciata di Cuba in Italia


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Stimata Signora Michelle Obama

Noi, donne della Svezia, le chiediamo che si impegni per la causa di due donne alle quali per più di 10 anni è stata negata la visita ai loro consorti incarcerati negli Stati Uniti. Si tratta di due donne cubane, Adriana Pérez ed Olga Salanueva, alle quali in ripetute occasioni e con differenti argomenti è stato negato la visto d’ingresso negli USA. Per visitare i loro mariti, Gerardo Hernández e René González, ingiustamente condannati a due ergastoli e 15 anni, relativamente, per aver cercato informazioni negli USA sulle attività terroriste in Florida che sono indirizzate contro la loro patria. Fanno parte del gruppo che è noto mondialmente come I Cinque Cubani, prigionieri politici negli USA. Hanno contribuito con la loro azione a salvare molte vite sia a Cuba che negli Stati Uniti.

Le autorità degli USA hanno giustificato il loro rifiuto alle reiterate richieste di queste due donne adducendo che rappresenterebbero una minaccia alla sicurezza nazionale degli USA. Ma nessuna delle due è stata processata per tali imputazioni, e non sono state nemmeno presentate prove della loro supposta colpevolezza. Che le ragioni per il rifiuto manchino di contenuto, si riflette dal fatto che cambiano in un'occasione o in un’altra.

A dicembre del 2009 il Dipartimento di Sicurezza Interna ha rifiutato la richiesta di Olga Salanueva per l’ottava volta. Senza giustificazione, le è stato negato di visitare suo marito, René González. Quando è stato arrestato a settembre del 1998, lei viveva legalmente insieme a lui e alle loro due figlie a Miami, dove è nata la figlia minore, cittadina statunitense, così come suo padre. Quando il marito è stato arrestato, è stata arrestata anche Olga, con l'intenzione di fargli pressione affinché si dichiarasse colpevole dei reati che non ha mai commesso. Dopo tre mesi è stata deportata a Cuba, senza sua figlia di due anni. Ha ricevuto un visto a marzo del 2002, che è stato revocato prima che potesse utilizzarlo. Dopo 10 anni, le autorità degli USA, continuano a castigarla crudelmente malgrado non abbia commesso alcun reato.

Anche ad Adriana Pérez è stato concesso un visto a luglio del 2002, e ha viaggiato negli USA per fare visita a suo marito, Gerardo Hernández. Ma quando è giunta ad Houston è stata fermata all'aeroporto, fotografata, le sono state prese le sue impronte digitali, è stata interrogata per 11 ore, senza permetterle un avvocato e personale diplomatico del suo paese, e poi è stata restituita a Cuba. Con una crudeltà studiata, le è stata data speranza per poi umiliarla e negarle il desiderato incontro con suo marito. L'ultima volta che è stata negata la richiesta di visto ad Adriana è stato a luglio del 2009, in occasione del 21º Anniversario del suo matrimonio.

Il negare ai familiari di visitare i detenuti, implica un castigo non necessario ed aggiuntivo per ambedue le parti e viola le norme internazionali delle relazioni umane. Queste includono il diritto di tutti i detenuti al contatto con le loro famiglie e le visite dei familiari. Ci domandiamo perché tanta crudeltà contro due donne oneste che non hanno commesso nessun reato ed il cui unico desiderio è quello di poter visitare i loro mariti.

Le richieste di visto umanitario di Olga Salanueva ed Adriana Pérez è avallato da un importante numero di istituzioni ed organizzazioni religiose, legali e dei diritti umani, che coinvolgono il Consiglio Mondiale delle Chiese, il Consiglio delle Chiese di Cristo degli USA, il Consiglio delle Chiese di Cuba, l'Associazione Americana dei Giuristi, Amnesty International, fino ad una lunga lista di Premi Nobel, - per la Letteratura e la Pace, - parlamentari, vescovi, sacerdoti, giuristi, scrittori, attivisti di diritto umano ed intellettuali di tutto il mondo. Inoltre, Olga ed Adriana sono state anche ricevute da parlamenti e da governi di molti paesi che appoggiano la loro lotta, ed a febbraio di quest’anno dal parlamento europeo.

Stimata Signora Michelle Obama. Le chiediamo che interceda affinché Olga ed Adriana ottengano i visti e possano visitare i loro mariti, affinché così diminuisca anche l'ombra che ricade sugli Stati Uniti per il trattamento crudele nei confronti dei Cinque e delle loro famiglie.

Stoccolma 17 aprile 2010


• Membro del Parlamento Europeo Eva -Britt Svensson (Partito di Sinistra)

• Ex Commisionaria dell'UE Anita Gradin

• Membri del parlamento di Svezia Anne Ludvigssen (Partido Socialdemocratico), Bodil Ceballos, (Partito Verde), Siv Holma (Partito Sinistra), Helena Bargholtz (Partito Liberale) , Liselotte, Olsson (P. Sinistra), Amineh Kakabaveh (P. Sinistra), Marianne Berg (P. Sinistra)

• Vescovo Eva Brunne, Diocesi di Stoccolma

• Dirigente d’opposizione Ann -Margarethe Livh, Municipio di Stoccolma

• Donne per la Pace, Bibbi Steinertz,

• La Lega di Sinistra delle Donne Svedesi, Stoccolma, Majlis Fridén

Per aderire alla nostra lettera invia il tuo nome, professione/incarico, città o luogo di residenza, paese al Comitato per la Libertà dei Cinque, Svezia, c/o Vania Ramírez, Lidköpingsvägen 30, 2 tr, 121 39 Johanneshov,

o alla posta elettronica libertadalos5.estocolmo@gmail.com



Grazie per il tuo appoggio!