giovedì 6 febbraio 2025

BULLSHIT

 

BULLSHIT



Sull’esplosione di demenza, stavolta precoce, di Donald Trump relativamente all’occupazione di Gaza per farne la Riviera del Medioriente (e, non detto, una prolifica fonte di gas in mare da rapinare ai palestinesi), il governo saudita, per bocca del Ministro degli Esteri, evidentemente ispirata dal principe ereditario bin Salman, ha dichiarato:

L’Arabia saudita non cesserà il suo instancabile lavoro per assicurare la creazione di uno Stato palestinese indipendente con per capitale Gerusalemme Est. Il Regno non stabilirà reazioni diplomatiche con Israele senza che questo non si verifichi…. Il regno condanna categoricamente la violazione dei diritti legittimi del popolo palestinese mediante insediamenti di coloni, annessione e deportazione… La comunità internazionale ha il dovere di alleviare la crisi umanitaria che il popolo palestinese sta soffrendo, ma che non gli impedirà di restare radicato nella sua terra con determinazione incrollabile”.

L’Arabia Saudita è quella che è, ma la reazione di questo paese – dovuta? voluta? - in perfetta sintonia con tutto il mondo arabo e islamico, nonché della metà del mondo che si riconosce nei BRICS e, perfino, della solitamente conforme “comunità internazionale”, ha fissato un altro chiodo nella bara degli Accordi di Abramo, dopo quelli dell’Alluvione di Al Aqsa del 7 ottobre e dei 15 mesi di resistenza vincente del popolo di Gaza e dei suoi combattenti.

Bullshit è il termine felice che gli anglosassoni utilizzano per definire il colmo assoluto della cretineria. Non male come esordio di MAGA.

mercoledì 5 febbraio 2025

Palestinesi e altri 120 milioni, è tempo di migrare --- ELITE CONTRO TUTTI --- E’ colonialismo, bellezza

 

 

Canale Youtube di Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=17uxIKn19TY

https://youtu.be/17uxIKn19TY

 

“Premio Attila” a chi distrugge la terra. Premio “Jack lo Squartatore” a chi fa sparire 2,3 milioni di esseri umani – merce ingombrante – dalla loro terra, per costruirci un resort per genocidi.

Premio “Piano Mattei” a chi si salva da un’invasione di migranti affidandoli alla custodia di chi, appena sottratto a giudici che si permettono di perseguire criminali, li incarcera, tortura, stupra, uccide.

1.    Trump-Netaniahu, mercenariato d’eccellenza dell’Occidente dollarizzato al tempo del suo disfacimento nell’ignomia e nel raccapriccio: E, da noi, un postribolo di papponi e mignotte, abusivamente chiamato governo, che si precipita a reggergli lo strascico insanguinato.

Ma cos’è questa emigrazione? Un fenomeno, o un’operazione? Una delle emergenze create nel famigerato laboratorio di armi biologiche, tipo clima, Covid, terrorismo? O l’ammodernata versione della tratta degli schiavi?

Ma stavolta, tra andare e venire, non solo tra Italia e Albania, Texas e Messico, Nigeria o Bangladesh e Ghetto Mezzanone (Foggia), è una tratta che può anche riavvolgersi su se stessa. Il boom è finito, tanto più lo sviluppo detto sostenibile, siete troppi, non ci servite più, sparite. Resti quanto contribuisce alla disgregazione sociale: ci offre il pretesto per scatenare sui sudditi i Nordio e i Piantedosi

Qui il lavoro è fatto. Dovevano sgomberare le loro terre e lasciarle alla predazione delle multinazionali. Fatto. Dovevano fornire manodopera da 16 ore a tre euro l’una per ingrassare grande distribuzione, grande ristorazione, grande ricezione, grandi cooperative,  grande mafia, grandi Sant’Egidio. Fatto. Dovevano disumanizzarsi lasciandosi dietro e perdendo per sempre radici, ambiente, famiglia, comunità, cultura, presente e futuro, identità, per qualcosa che chiamano integrazione e che non è altro che una mano di bianco su un fondo nero, bruno, giallo. Che ti stia bene, o no. Fatto.

Dovevano scomporre, nei luoghi d’arrivo, armonie sociali, compromettere identità culturali, mescolare e amalgamare a forza, disgregare comunità nella prospettiva di un grande indistinto brodo primordiale dove nessuno più abbia coscienza di sé, di chi è, da dove viene e dove va.Fatto.

Una pacchia per il pastore e i suoi cani.

MA SEMBRA CHE, STAVOLTA, IL MONDO ABBIA DETTO FUCK YOU

lunedì 3 febbraio 2025

L’asse terrestre spostato dai palestinesi --- --- HA PERSO CHI HA VINTO

 

 Zakaria Zubeidi, leader delle Brigate di Al Aqsa, fondatore e direttore del “Teatro della Libertà” a Jenin, nel momento della sua liberazione.

Per il “Ringhio del bassotto” Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

https://youtu.be/G4TbIgcBGNo

Medio Oriente: ha perso chi ha vinto - Il ringhio del bassotto, con Fulvio Grimaldi

 

Partiamo dalla constatazione del trionfo registrato da Hamas, a nome, nel segno e per merito del popolo palestinese di Gaza e dalla speculare sconfitta strategica di chi si era assegnato ottant’anni di vittorie. Poi vedremo che cosa c’è da prendere e cosa da buttare delle smargiassate della coppia di bulli che va ora riunendosi a Washington per organizzare una qualche soluzione B.

L’evidenza della vittoria di Hamas è abbagliante. Partito politico che nasce e si sviluppa con crescente consenso popolare, al punto da vincere, 2006, le ultime elezioni che ANP e Abu Mazen hanno permesso nei territori occupati. Poi forza armata di Resistenza sostenuta quasi esclusivamente dal proprio popolo, in condizioni di sostanziale isolamento politico per quanto riguarda la dimensione internazionale, araba e islamica. Ciò che arrivava dal Qatar e che l’Egitto lasciava passare non cambiava nulla sul piano strategico.

 Una forza politica e sociale ridotta a operare come talpe sottoterra, ma che resiste, opponendosi in termini validissimi, dolorosissimi per un esercito pure abituato a fare da rullo compressore incontrastato (salvo in Libano nel 2006, cacciato da Hezbollah nel giro di un mese). Un’aggressione dai caratteri apocalittici, armata da buona parte dell’Occidente politico, ha ridotto a suolo lunare lo spazio vitale del suo popolo, facendo ricorso a tutti gli strumenti – bombe, fosforo, fame, negazione di sanità, inquinamento, carcerazioni di massa - per un genocidio che imponesse la resa e l’annientamento delle sue difese.

E, a fronte, un paese che sta in piedi grazie alle continue trasfusioni fattegli dal fratello grosso. Un paese la cui capacità operativa mantiene una certa efficienza grazie alla facoltà, garantitagli dal fratello grosso, di far piovere morte e distruzione illimitate dal cielo. Ma anche un paese  la cui superiorità è stata profondamente compromessa, sul piano materiale come su quello morale, dai rovesci subiti, a Gaza come in Libano, nel confronto militare sul terreno.

La situazione di Israele, che ha dovuto rinunciare a quanto si era ripromesso di ottenere dallo scatenamento di una guerra senza limiti e senza scrupoli, è segnata da una crisi esistenziale dello Stato e della società. Il regime si regge a fatica contro un rifiuto di massa che si manifesta in un interrotto assedio alle sedi del Potere. Un potere anche inseguito, nella figura del suo capo, da ineluttabili esiti processuali. Fuggono a centinaia di migliaia gli immigrati, fuggono gli investitori, si inceppa una delle più floride e avanzate economie in seguito al passaggio coatto nell’esercito, da uffici, officine e centri di ricerca, delle sue forze professionali più qualificate.

L’operazione “Alluvione di Al Aqsa” del 7 ottobre, prescindendo dalla ricostruzione mediatica israelo-occidentale, dimostra, alla luce degli esiti, la grande intelligenza politica di chi l’ha ideata. Donald Trump, che ora ci riprova, nel suo primo mandato era riuscito ad avviare, dopo decenni di tentativi non risolutivi (Camp David, Oslo), quella sparizione della questione palestinese, nodo cruciale del postcolonialismo globale, che doveva costituire l’abbrivio della normalizzazione regionale. E la ripartenza della marcia verso Eretz Israel.

I suoi Accordi di Abramo con quattro importanti Stati arabi (Emirati, Bahrein, Sudan e Marocco) che, sullo sfondo della paralisi della Siria invasa, avrebbe dovuto avviare questo processo e perfezionarsi a breve con l’ingresso, strategicamente determinante, dell’Arabia Saudita, sono saltati per aria insieme ai centri di comando israeliani ai valichi di Gaza assaltati da Hamas.

Con il 7 ottobre, una Palestina alla quale si era pensato di aver tagliato voce, capacità di iniziativa, riferimenti esterni, presenza nella coscienza collettiva, al punto da ridurla a un residuo della Storia, più vittima per cui penare caritatevolmente che soggetto cui riconoscere diritti di lotta e di riscatto. è ripiombata con forza incontenibile sullo scenario mondiale. Più di quanto era riuscita a fare con due sollevazioni di massa pluriennali, le intifade. L’eco che questo evento cataclismatico ha suscitato, è riverberato di continente in continente. Il grumo criminale al potere aveva creduto di superare l’affronto alla sempre vantata sicurezza, trasformandolo in occasione per la “soluzione finale”. La soppressione fisica del suo protagonista.

Ma, alla lunga, se il blitz non chiude la faccenda, operazioni di tale portata hanno bisogno di partecipazione politica, morale ed emotiva ad amplissimo raggio. In effetti, questa si è manifestata, ma in senso contrario a quella che si immaginava, assicurata dal vittimismo strutturale costruito sull’olocausto.

Un popolo che, organizzato dalle sue avanguardie combattenti e con esse coincidente, marcia a centinaia di migliaia a riprendersi le sue case e cose, i suoi luoghi, i suoi cimiteri, la sua memoria, per quanto in frantumi, secondo il giornale israeliano Haaretz è invincibile.

La risposta offerta da Trump ai suoi sodali fasciosionisti è di una tracotanza che solo lo smarrimento dettato dagli eventi può aver determinato. “Ripuliamo Gaza di quella roba”. E “mandiamoli in Giordania ed Egitto”. Immaginare che governi possano aderire a un progetto che li renderebbe inconciliabili in eterno con la propria popolazione, con ogni singolo cittadino arabo o musulmano, oltre a destabilizzare ogni prospettiva di coesione sociale e di rispettabilità internazionale.

A Rafah ho potuto vedere a cosa era disposto il popolo egiziano. Chilometri dal valico a Suez con centinaia di Tir allineati in attesa di entrare a Gaza, colmi di aiuti per decine di migliaia di tonnellate che i cittadini di questo paese avevano raccolto, spesso a proprie spese. Tutte le ambulanze del paese erano state mandate a raccogliere i feriti che dalla Striscia erano potuti uscire. Medici e infermieri di primissima qualità per competenza e passione, in ospedali che a noi risulterebbero avveniristici, si impegnavano in turni massacranti per curare centinaia di bambini giunti con amputazioni infette, denutrizione, tumori da mesi non curati. Ricordo le lacrime di un giovane ortopedico che si affannava attorno a una bambina con due schegge nel torace.

Vorrei vedere, con una simile gente, cosa succederebbe a un governo che accettasse di soccombere al ricatto dei responsabili di tutto questo.

E infatti, la risposta è stata immediata, ferma ed univoca. Non è però detta l’ultima parola.

Verranno messe in atto, specie nei confronti dell’ostacolo egiziano, le più sporche operazioni di destabilizzazione degli specialisti della corruzione, dei colpi di Stato, delle rivoluzioni colorate. Si attiveranno ONG, accreditate tra i benpensanti per aver aggrottato le ciglia sugli stermini di bambini a Gaza, ma che su ciò che spiana la strada ai diritti umani come concepiti a Langley sanno come muoversi.

Amnesty International ha tempestivamente diffuso un rapporto sui “gravi limiti alla libertà d’espressione e alle cadute democratiche” che segnerebbero, nell’Egitto di Al Sisi, la sorte degli oppositori. Human Rights Watch, quella del “viagra dato da Gheddafi ai suoi soldati per stuprare meglio le donne libiche”, non è da meno. Ci ricordiamo come siano girevoli le porte tra queste ONG e il Dipartimento di Stato USA? Da Google ce lo evidenzia, per esempio, Suzanne Nossel, collaboratrice di Hillary Clinton. Quella che esultava sul corpo martoriato di Gheddafi. Quella del golpe in Honduras. Quella di Maidan a Kiev.

Noi, intanto, ci siamo portati da tempo avanti col lavoro con il nostro Giulio Regeni.

 

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sabato 1 febbraio 2025

Cosa ci dice lo scontro tra governo e magistratura--- --- REDUCTIO AD UNUM --- --- Amichettismo per tutti

 

Cosa ci dice lo scontro tra governo e magistratura

REDUCTIO AD UNUM

Amichettismo per tutti

Canale Youtube di Fulvio Grimaldi https://www.youtube.com/watch?v=Apb_UuHV9uI&t=48s

https://youtu.be/Apb_UuHV9uI

 

Parlamento, fuori uno. Magistratura, fuori due. Libera stampa, fuori tre. Popolo, fuori quattro. Libertà, fuori cinque.

Assassini e torturatori restituiti agli amici. Innocenti arrestati su ordine degli amici. Carceri italiane piene di tanti piccoli Almasri e di suicidi 2024:88, record europeo e statunitense.

A chi protesta: decreto Sicurezza.

Chi non vuole il Ponte, carcere. Chi non vuole essere picchiato dai gendarmi, carcere. Chi protesta contro il secondino aguzzino, carcere. Chi balla sui prati, carcere. Chi si batte contro i licenziamenti, carcere. Chi osa denunciare o processare uno dei quartieri alti, alla colonna infame. Chi ruba e inganna tutto il paese, celebrazione post mortem fin sul Quirinale. Chi intralcia le regole del ministro di Polizia, del ministro di Giustizia, di Ministro degli Esteri, vituperio e carcere. Chi festeggia la vittoria di Hamas, marchiato a vita di antisemitismo.

C’è un giudice a Berlino?