giovedì 29 febbraio 2024

LIBERA MENZOGNA IN LIBERA GUERRA--- --- Mentre c’è chi vive per uccidere e chi muore per la libertà, come sa chi per lei vita rifiuta

 

 


Byoblu-Mondocane 3/16 in onda domenica 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00

Mi sono permesso, nel titolo, di parafrasare, fino a cambiarne il riferimento ma non il senso, il verso di Dante sul sacrificio di Catone per la libertà sottratta da Cesare. Riferimento cambiato fino a un certo punto, però, visto che l’aviere dell’aeronautica USA proprio per la libertà di vivere del popolo palestrinese, si è ucciso, facendosi liberare e purificare dal fuoco della sua involontaria, ma subita, complicità col male.

Non mi va di usare il termine cuore, per quella roba zuccherosa e scipita che s’è fatta di questo muscolo nelle mille e mille canzonette che ci avvelenano da Sanremo e da tutti i facili e ipocriti sentimentalismi letterari, cinematografici o formulati a voce. Così è diventata molesta, perfino e soprattutto e non da mo’, la parola amore e, per dirla tutta, la triade, abusata come nessun’altra mai, di cuore amore dolore. Alla larga! E’ l’abuso che si fa di certi elementi del linguaggio, pur integri alla nascita, che li degrada fino a svuotarli di senso. O a invertirlo. Pensate a cosa è stato fatto di “Bella ciao”…

Ma quella scelta, quella camminata decisa, inesorabile, quasi trionfale, di Aaron Bushnell (un ebreo!) verso il nemico da incenerire moralmente, peggio di come lui ha incenerito il suo corpo, strumento di liberazione, mi sono entrati dentro e ci rimarranno finchè mi sarà dato di ripetere al mondo che alla resa dei conti, accanto e oltre e sopra e per sempre, sono gli eroi che seppelliscono i draghi. Sennò non saremmo neanche più qui, dopo 200.000 anni di confronto con gli antivita.

Mentre camminava, questo ragazzo di vent’anni, per pochi metri di strada qualsiasi che pareva i Fori Imperiali, poi con una lattina e un accendino in mano e le fiamme addosso, diceva parole che dovrebbero percuoterci come fossimo sotto le campane del campanile di Giotto a mezzogiorno. Tanto da vibrarne come corde di violino a ripensarci, e ripensandoci sempre, per il resto della vita. E fino all’ultimo giorno dell’aberrazione sion-statunitense e al primo giorno, almeno, della Palestina libera, sovrana, in pace. E se vi pare retorica, peggio per voi.

Ci diceva, Aaron, chi lui fosse e, in quanto militare dell’apparato di morte al quale avrebbe dato fuoco con il proprio corpo, cosa questa sua identità significasse di supremo e definitivo, nel momento in cui con l’uniforme in fiamme, si sarebbe lanciato contro quell’apparato con la forza di un ordigno nucleare.

Avete visto la muta di prestatori di servizietti giornalistici? Un trafiletto qua e là. Buio pesto in TV. Silenzio di tomba tra i morti viventi della politica. Aggricciati dal terrore a vedersi riflessi, finalmente veri, in quel rogo come in uno specchio, affannosamente si precipitano a doparsi di menzogne (“Il 7 ottobre, i terroristi, bla bla bla…”) e a dopare di silenzio un mondo che li avesse scoperti ad attizzare quelle fiamme. Pensate al confronto tra le paginate e le schermate su Navalny, le fiaccolate onnipartisan e il soldout dei parlamenti e delle massime istituzioni, e avrete un’idea del panico che questo ragazzo ha suscitato.

In Israele Netaniahu, i suoi sgherri nazisti e l’82% della popolazione che ne approva le azioni, hanno cacciato la testa sotto la sabbia per poter pensare di non sapere, di non vedere. Che almeno sia la sabbia, lì sotto, a impedirgli di continuare a evacuare infamie tipo “era un ragazzo disturbato… aveva dato segni di squilibrio già in passato…”. Infamie come quelle con cui continuano a tenere in piedi il menzognificio del “7 ottobre”, dentro al quale far soffocare 2,3 milioni di palestinesi.

Se non ce ne siamo accorti è solo colpa nostra. Richiudendo la sua vita in un gesto di epocale fine del mondo-inizio di quello nuovo e in un grido, Free Palestine”, in cui ha impegnato, fino al rantolo estremo, in una sofferenza inimmaginabile, l’ultimo dei suoi respiri, Aaron ha assicurato ai palestinesi la vittoria e, a noi, una via di salvezza.  E va corretto Bertold Brecht: felice la Terra che produce simili eroi. Felice l’umanità che ne riceve il dono. Israele che è esistito nonostante turpitudini quasi secolari, esiste sulla carta e nelle bombe. Nella realtà non fittizia è morto e sepolto. Le resurrezioni, in quella terra, riguardano altri soggetti.

Lo dico perché s’è già visto. Ci vorrà del tempo, sempre meno, oggi si va più veloci, ma succederà anche stavolta.

1.dicembre 2023, una donna mai identificata, avvolta in una bandiera palestinese, si è data fuoco davanti al consolato israeliano di Atlanta. Le autorità si sono rifiutate di rivelarne il nome

Giugno 1963, a Saigon il monaco Buddista Thich Quang Duc si brucia vivo in protesta alle persecuzioni del regime filo-Usa del dittatore cattolico Diem. Il regime cade dopo pochi mesi. 

Cinque cittadini statunitensi si immolano col fuoco contro le guerre USA. Alice Herz, 82 anni, 16 marzo 1965, a Detroit “contro la guerra al Vietnam”; Norman Morrison, 31, padre di tre bambini, 2 novembre 1965, si dà fuoco davanti al Pentagono, “contro l’uso del napalm che brucia vive le persone”; Roger LaPorte, 22 anni, operaio, 9 novembre 1965, si incendia in Piazza Nazioni Unite a New York, “contro tutte le guerre”. Florence Beaumont, 56 anni, madre di due figli, il 15 ottobre 1967, si brucia viva davanti al Palazzo Federale di Los Angeles, “contro i massacri nel Vietnam”; George Winne, 23 anni, figlio di un Capitano della Marina, 10 maggio 1970, si dà fuoco all’Università di San Diego, California, accanto a questo cartello: “In nome di dio, ponete fine a questa guerra”.

Sei giorni prima la Guardia Nazionale dell’Ohio aveva mitragliato una protesta all’Università di Kent, uccidendo 4 studenti e ferendone 9. Fu, negli Stati Uniti, la protesta più vasta mai vista nella storia delle università americane. E fu l’inizio della fine della guerra yankee.

Ho visto la targa dedicata a quei cinque cittadini americani nella sede dell’Associazione di Amicizia Vietnam-USA, Ogni scolaro vietnamita impara una canzone scritta dal poeta To Huu, dal titolo “Emily, bambina mia”, dedicata alla piccola figlia che Norman Morrison teneva per mano istanti prima di immolarsi davanti al Pentagono. L’aviere Aaron era troppo giovane per avere figli. Era un figlio lui stesso di questa America. La canzone che ha scritto con il suo corpo l’ha dedicata a lei.

Quello che è successo in Indocina e nel mondo, poco tempo dopo il sacrificio di questi 5 santi laici statunitensi, conferma che anche per la Palestina, per tutti noi “palestinesi, vietnamiti, libici, siriani, iracheni, yemeniti, afghani, russi del Donbass, serbi del Kosovo, africani del Sahel e della Somalia” e anche gente senza salario minimo e gente con la testa spaccata dai gendarmi, la vittoria si avvicina.

Altre parti di questo Mondocane parlano di cose meno rilevanti. Tipo: per chi è perché i pestaggi dei ragazzi per la Palestina; o come si fa morire di fame un intero popolo cui non si è riusciti a tagliare la gola.

Anche senza la mordacchia NATO, l’Italia meloniana e fascista viene fatta entrare in guerra accanto a Kiev (e ancora nessuno si è dato fuoco, o ha dato fuoco…)-

Voci russe? Addirittura un film!  Anatema! Chiamate Piantedosi e i suoi rottweiler. Film su Navalny? Manca fossimo all’Elevazione in San Pietro.

Giornalismo: come eravamo, come siamo.

E altra cosa invece davvero rilevante: OMS e Piano Pandemico per farci fare la fine, dolce, dei palestinesi.

lunedì 26 febbraio 2024

Per far sopravvivere il Potere --- ASSANGE (e WIKILEAKS) DEVE MORIRE

 


Per “Il ringhio del bassotto”, Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

Il ringhio del bassotto: Assange e i pericoli per la libertà di espressione (con Fulvio Grimaldi)

 

Qui si parla in lungo e in largo della vicenda Assange, omicidio bianco programmato, e della spaccatura tra due mondi in contesa strategica e definitiva: quello di Assange e il l’antimondo di Navalny.

 Altri ne hanno trattato, anche meglio e sotto le più varie angolazioni. La stampa mainstream, dal canto suo, che si trova nel secondo dei due mondi citati, del primo non sa, non vede, non dice, se non per ripetere l’arzigogolo dello spione – altro che giornalista - al servizio di Putin. Il giornalismo lo concepiscono così, essendo della razza di quelli che si beccano uno stipendio e buffetti da mane a sera per ogni servizietto fornito, cioè per fare i ragazzi di bottega di assassini in marsina, truffatori, mentitori, rapinatori. E, dunque, per ignorare e diffamare Assange ed elevare sugli altari il qui pro quo russo.

 A me pare che l’imperdonabile, lo scandaloso, l’irrimediabile anche, del lavoro che ha portato Julian alla tattica della morte strisciante durante 14 anni di reclusione, senza un raggio di sole o uno spicchio di cielo, non sia stato evidenziato a dovere. C’erano stati i Pentagon Papers del 1991, le 7000 pagine delle infamie del Dipartimento della Difesa USA; c’era stata la Commissione Frank Church, nel 1975, che svelò i fantastici crimini di CIA e FBI contro nemici, amici, alleati. Ma erano altri tempi. La sconfitta del Vietnam, agevolata da milioni di persone nelle strade, scuole, università, fabbriche, di tutto il mondo, perfino le solitamente ligie Chiese, la tuttora incombente memoria del nazifascismo orrido e stravinto, avevano creato le condizioni. Favorite anche da un’informazione della quale si poteva ancora dire con apprezzamento: “E’ la stampa, Bellezza!”

Lavoratasi ben bene quella, sfoltendola e concentrandola per toglierla dalle mani di chi la faceva per il gusto di farla, gli editori, e metterla nelle mani di chi preferiva produrre  bugiardini di accompagnamento ad armamenti, cementificazioni, intossicazioni ambientali e sanitarie, cibi OGM, automobili e altri generi da plusvalore, il sistema si è garantito una stampa che si riconosce in Navalny e non conosce, o disconosce, Assange.

 Ma siccome gli è rimasta la fissa dello scoop, il piacere di epater le bourgeois, che ancora assicura vendite ed introiti, certi media si sono potuti fare belli con ciò che gli arrivava da Wikileaks sotto forma di dispacci, cablo, Sms dell’imperatore. Notizie bomba, ma rivestite della vernice correttrice dei commenti di chi le pubblicava: giornalacci patentati come il Guardian, il Washington Post, Le Monde. Organi di servizio con la pretesa dell’obiettività, grazie all’astuta alternanza di un colpetto al cerchio e un colpo micidiale alla botte, che se lo potevano permettere, anzi ai quali era permesso. Giacchè nel conto costi-benefici presentavano pur sempre un bilancio positivo.

 Ma a Assange no, non si poteva consentire. Assange era andato oltre. Assange aveva davvero ripetuto, potenziato, il grido del bambino di Andersen che spogliava il re delle sue sfolgoranti vesti immaginarie: “Il re è nudo”. Come? Facendo arrivare direttamente a tutti noi e a chi di dovere i fatti nudi e crudi. I LORO fatti, senza nulla aggiungere, in termini di interpretazione, commento, condanna, approvazione, qualcosa di esterno, di ideologico. Fatti irreversibili, irrimediabili, non cosmetizzabili.

 I video di chi mitragliava per divertimento giornalisti Reuter e passanti, il numero di quanti venivano fatti fuori, a migliaia, perché s’erano avvicinati troppo al posto di blocco,  chi a Guantanamo era dentro per niente e per niente per anni veniva orribilmente torturato, Hillary Clinton e del suo direttore di campagna John Podesta, che, con interlocutori sovrani in Qatar o Arabia Saudita, organizzavano un’armata di terroristi Al Qaida-ISIS con cui  pretendere di combattere orribili dittature e, invece, da usare per abbattere governi e distruggere paesi. Proseguendo nella strada aperta dai Neocon a partire  da Ground Zero. Strumento fondamentale per la riconquista del mondo all’insegna della “Guerra al terrorismo” radicata in quella medaglia d’oro di tutte le False Flag

 C’era poco da sfrucugliare: quelle erano le chat di Hillary, quello il cablo del Pentagono, quella la direttiva del presidente del Comitato Elettorale Democratico, quello l’ordine di assassinio extragiudiziale di Obama, quella la descrizione di come operare il waterboarding a Guantanamo, quello il documento sulle regole d’ingaggio per i massacri di civili in Afghanistan, quelli tutti i dispacci diplomatici che ordivano intrighi, complotti, delitti da occultare sotto le apparenze.

 Attivando il filo diretto tra criminalità organizzata politica e umanità inconsapevole, ma con il pieno diritto - e la massima opportunità – di sapere, per regolarsi, Assange con Wikileaks aveva stracciato il velo di Maia, l’immunità che garantisce l’impunità dell’élite e, quindi, la sua licenza autoconcessa di dominare il 99% dell’umanità a tutti i costi e con qualsiasi mezzo. Aveva inflitto un colpo mortale a un sistema rivelato pronto a tutto, tutto, tutto, pur di tenere in piedi l’aberrazione contronatura del dominio di pochi delinquenti sulla totalità di noi tutti. Colpo mortale che merita la morte.

 

sabato 24 febbraio 2024

ASSANGE PER NOI, NAVALNY PER LORO E REGENI PER L’MI6

 


https://www.youtube.com/watch?v=lmaf7rSqlHY

https://t.me/debitoedemocrazia/3137

https://youtu.be/zZrYXZ3xyZ0

Byoblu-Mondocane 3/15: “DEMOCRAZIA, MA CHE, DAVVERO?!”. In onda domenica 21.30. Repliche, lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00 (e poi provate a dire che non capita un giorno utile!)

Un Mondocane corredato da qualche mia riflessione video in occasione del presidio all’ambasciata britannica in difesa e per la salvezza di Julian Assange, della Palestina e della verità.

Che sollievo per i gazzettieri embedded della nostra (Occidente politico) stampa potersi armare e partire, al comando del demente senile Biden, contro l’assassino Putin  - apoditticamente tale, a prescindere -  del più importante, amabile, maestoso, invitto, oppositore dello zar. Oltre alla malvagità intrinseca del tiranno, se ne poteva rilevare anche la cretinaggine per aver ucciso uno che, da morto, gli si sarebbe ritorto contro mille volte più di quanto non abbia mai fatto in vita. Un eroe ignorato in Russia, ma resosi paladino dell’Occidente per aver opposto al salvatore di tutte le Russie (un terzo di Ucraina compresa) la sua qualità di integerrimo malvivente e lestofante, orgoglioso razzista, intrinsecamente fascio, come usa oggi, ladro di 400 milioni dalla società francese di cui era rappresentante e di altri 350 milioni dei donatori alla sua “fondazione”, usati per lo shopping personale. Un mercenario come più idealmente vicini ai nostri ideali la CIA non avrebbe potuto trovarne

Che sollievo, per Mentana, Molinari, Fontana, Skynews, Rainews, Vespa, aver potuto mettere il coperchio Navalny sul pentolone nel quale è stato messo a bollire un intero popolo. Che liberazione dalla ricerca spasmodica di sostegni alle balle relative al 7 ottobre di Hamas (poi 7 ottobre del fuoco amico). Panzane divenute vie via più difficili da avallare perfino di quelle che gratificarono di brevetti da piloti di Boeing un’allegra brigata di viveur sauditi pieni di soldi, donne e whisky, incapaci di manovrare perfino un ultraleggero, ma nominati martiri per Allah poiché necessari ad avviare la guerra mondiale al terrorismo (leggi a Russia e dintorni). E che lenimento sulle piaghe inflitte alla propria etica professionale da una moltitudine di impertinenti che da noi, giornalisti mainstream (flusso principale), pretende di dichiararci solidali col rompiballe rinchiuso nel carcere londinese di Belmarsh e possibilmente presto toltoci dalla coscienza che, opportunamente, abbiamo lasciato in custodia allo sportello “Stipendi e bonus di merito”.

Si passa dalla carneficina sionista a Gaza, osservata girando i pollici da chi pretende di contare, ma partecipata da chi conta per davvero nello spazio e nel tempo con mille e mille manifestazioni per le strade del mondo, a costo di farsi spaccare la faccia dagli emuli del 1922 (con Padre Pio in testa), di Scelba, che amava sparare a operai e braccianti per tornare alla normalità dopo la sbronza partigiana e costituzionale. Emuli anche, in una nostra storia agita da pezzi di merda, a galla sempre nella stessa ideologia, dei Cossiga, o Taviani, o Rumor, che ci pestavano e sparavano per conto di chi si sentiva a disagio nel rumoreggiare delle piazze, scuole, fabbriche, periferie, carceri. Eredi di chi, più recentemente, al G8 di Genova, pensava che, buttandoci tra i piedi il corpo trafitto di Carlo Giuliani e quelli lacerati della Diaz (stesso questore di Pisa l’altro giorno), avrebbe spianato la strada, intralciata da barboni e marginali, verso i tempi e gli ordini nuovi ed elitari.

A proposito di marce bi-tri-quadri-deca-omni-partisan al Campidoglio, con l’inestinguibile fiamma d’antan, al lancio tra i piedi di un cadavere a fini di osso da spolpare, ci stiamo facendo l’abitudine. Dai 3000 delle Torri Gemelle a uso di sterminio globale, siamo arrivati a quelli a destinazione più specifica. A cosa sia servito l’osso Navalny ce lo siamo detti. Tempi perfetti: lui muore e, alla conferenza della Sicurezza a Monaco finalizzata a rinverdire Nato e guerre, spunta, soffusa di glamour e di condoglianze sentitissime, la Navalnaja. Del resto, l’incastro diventa sempre più facile da capire, alla luce della rozzezza  a cui si stanno lasciando andare questi falseflaghisti. Si autoconvincono che le menti del popolino, offuscate dal Covid o dal gender o dal clima o da Zelensky, o da Lollobrigida, siano pronte a conformarsi a qualsiasi puttanata. Le piazze, a dispetto dei manganelli spaccafacce, dicono altro.

Ma c’è un altro osso che, in mancanza di novità, torna spolpabile ed è quello del pur sempre ingiustamente morto giovane Giulio Regeni.

Visto che, tolti di mezzo, o lasciati in mezzo, quelli grossi del mondo arabo, ingombranti e imprevedibili, soprattutto in merito a Israele e Palestina: Iraq, Libia, Siria, trattenuto nel caos il Libano, sistemato nei bagni di sangue civili il sempre infido gigante Sudan, soggiogati i valletti monarchici di Giordania e Marocco, tenuti assieme dalla comune cassaforte quelli del Golfo, restano da sistemare l’Algeria, che si è scrollata di dosso i bacherozzi colorati dell’ennesimo regime change, e l’Egitto.

Egitto dall’improntitudine intollerabile, 120 milioni di abitanti, padrone dell’arteria ombelico del mondo, vincitore dei terroristi ISIS da noi coltivati nel Sinai, capace di cacciare un premier nostro fiduciario Fratello Musulmano e di consegnarsi a un generale che sostiene i nostri nemici in Libia e arriva a scambiarsi doni e carinerie con Putin. Come non pensare a gettargli tra i piedi un cadavere al fulmicotone, sponsorizzato dalla Fratellanza e dai Servizi a Londra, munito di cospicua dote finanziaria da offrire a chi - come dice al sindacalista, presunto eversore, nel famoso video – gli presenti “un bel progetto”.

Oggi, visto che all’Egitto, al suo bilancio statale in forte difficoltà da boicottaggio terroristico del turismo e taglio dell’acqua del Nilo da diga etiopica, il compare Netaniahu vorrebbe indirizzare 2 milioni e passa di palestinesi, regalo a cui Al Sisi ha risposto mobilitando le sue forze corazzate, da noi un sollecito tribunale riesuma la povera salma. Uccisa da Al Sisi, proprio come per Navalny “ha stato Putin”. C’è qualcuno, a questi due agnelli molto vicini, che se la ride della grossa.

 

 

 

domenica 18 febbraio 2024

TUTTO IL MONDO STA ESPLODENDO….

 

TUTTO IL MONDO STA ESPLODENDO….

 


Byoblu-Mondocane 3/14 in onda domenica 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30,domenica 09.00

 

Ricordate, voi vegliardi come me, la canzone che Lotta Continua aveva tradotto da “Eves of destruction” di Barry McGuire e che si cantava a gola spiegata un po’ dappertutto in Italia nel famoso decennio di quello che è stato il miglior tentativo in Italia per sbarazzarsi dell’inutile, del pernicioso e del mafioso?

C’erano versi significativi come questi: “Tutto il mondo sta esplodendo / dall’Angola alla Palestina, / l’America Latina sta combattendo,/ la lotta armata avanza in Indocina… L’America dei Nixon, degli Agnew e Mac Namara / dalle Pantere Nere una lezione impara; / la civiltà del napalm ai popoli non piace,/ finchè ci son padroni, non ci sarà mai pace…

Beh, Angola e Indocina, Pantere Nere e napalm non appaiono più sul proscenio.  Oggi vanno Black Lives Matter, anzi andavano, finanziati da Soros, e le profezie di Isaia. Però, guarda un po’, la Palestina è ancora lì, più che mai, alla faccia di Isaia e di chi dice che tutto è incominciato solo il 7 ottobre. E se Nixon e soci sono inghiottiti dal tempo e da ricordi di zozzerie, c’è chi imperversa anche peggio, molto peggio. Da allora è stato un precipitare, ai termini della legge dell’Antropocene secondo cui non c’è mai fine al peggio. Reagan, Bush Sr, Clinton, Bush Jr, Obama…

Fino al punto che chi conta, dispone e fa, non ha neppure bisogno di qualcuno che lo rappresenti con un minimo di glamour. Meglio terrorizzarci con la percezione di chi ci comanda davvero: basta tirare fuori dal baule dei figuranti uno affetto da demenza senile. Insediatosi alla Casa Bianca con i soldi dei donatori (quelli che contano e dispongono), fottendosene delle apparenze, gli hanno perfino permesso di arrivarci con la truffa.

Quella canzone è dei tempi che qualcuno dice dell’illusione, ma che a me sembrano, anzi, risultano, il primo vero cambiamento dal 1945 partigiano, tempo della fiducia in noi, della forza e del coraggio. Quella canzone d’allora, con tutto ciò che ne è seguito, alternando Zeitgeist e tendenza generale, mi ha rivalutato per l’ennesima volta il nostro migliore filosofo (con Leopardi e Gramsci), Giambattista Vico. Quello dei corsi e ricorsi, una specie di Storia circolare, come quella dei Pellerossa.

Stiamo oggi come stavamo allora. O ci stiamo arrivando. Dubitate? Fate bene, così s’impone una riflessione. C’era stata una vasta liberazione di popoli e di formazione di nazioni indipendenti, uscite a cazzotti dal colonialismo: Vietnam, Algeria, tutta l’Africa, Indonesia, mezza America Latina in quanto “cortile di casa yankee”. Si ripetè quella che nel 1848 fu chiamata “Primavera dei Popoli”, fiorita da noi con la Repubblica Romana.

Ma quelli, quelli della lotta di classe dall’alto, della guerra dei ricchi contro tutti, fidandosi dei corsi e ricorsi, ripartirono. E fu l’Operazione Condor, e furono Pinochet e Videla, e fu Lumumba assassinato, e fu il colpo di Stato dei colonelli greci, e da noi furono, a tappe successive, le stragi di Stato e di mafia, e sempre Gladio e la P2, la Milano da bere, Cossiga e i suoi “Falchi” (con licenza di ammazzare: Giorgiana Masi, non solo), recupero delle Repubbliche delle Banane, l’esercito dalla Regina in Nordirlanda (Bobby Sands e 10 compagni devono morire di fame; Netaniahu ha generalizzato il concetto), false flag a gogò e riconquista del vecchio ordine Mondiale, ora chiamato “Nuovo”.

Le due fasi, azione-reazione-azione si intersecano nel corso degli anni, non sono periodi nettamente separati.  Così l’Unione Sovietica si dissipa e si sfascia, ma in America Latina arriva il Venezuela Bolivariano, Cuba si ammorbidisce, ma resta ancorata lì, colpi di Stato avvengono (Bolivia, Honduras, Haiti) e rivoluzioni colorate vengono e passano.

Ora parrebbe che si possa avvertire, pur nel clamore delle armi, degli schianti di bombe su 2,3 milioni di palestinesi, della macelleria pro-NATO in Ucraina, delle pandemie fatte e promesse, dell’apocalisse climatica minacciata, della guerra dall’alto fatta combattere tra donne e uomini qualunque, una nuova brezza di “primavera dei popoli”. Brezza-uragano fortissima nelle vele di Gaza, ma potente anche in giro per il mondo. Succede quando quelli là tirano troppo la corda, fanno il passo credendo di avere gli stivali delle Sette Leghe pur avendo solo il 40 di scarpa.

Quanto ai ricorsi, se, come dice la canzone, ai popoli non piacevano il napalm e Nixon, oggi manifestano lo stesso disgusto, al limite del conato di vomito, rispetto a Netaniahu, Ursula, Biden, Klaus Schwab, al dollaro, all’OMS, al FMI, alla Lagarde e a tutti coloro che vanno a petto in fuori con delle stellette sul bavero.

Ha voglia Piantedosi a spaccare, sul modello Sion o Zelensky, teste dei manifestanti, ha voglia Salvini a chiedere il Daspo per chiunque esprima un pensiero che superi il recinto amore, cuore, dolore, ha voglia Valditara a criminalizzare le occupazioni, a disseminare nelle scuole dispositivi di sorveglianza e riconoscimento e a installare generali, ammiragli e questori in cattedra per insegnare la bellezza della guerra e uno Stato come lo voleva Fouché.

Ragazzi, eccesso di ottimismo? Nel Sud politico, che comprende il Nord di noialtri e dove ci si è accorti che siamo tanti, ma tanti, di più, si sente il passaggio dalla resistenza alla controffensiva. Il corso, anzi, il ricorso c’è. Io, che ho un naso temprato dalla primavera di mezzo secolo fa, ne sento il profumo.  

 

 

 

giovedì 15 febbraio 2024

TUCKER CARLSON DA PUTIN. CHE NON GLIELA MANDA A DIRE

 

TUCKER CARLSON DA PUTIN. CHE NON GLIELA MANDA A DIRE

Cosa ha detto e cosa non ha detto

Intervista di Francesco Capo per “L’Identitario” con il sottoscritto F.G., Gigi Lista, editore dell’”Identitario”, Mauro Belardi, russista.

https://youtu.be/hJ6j0aR09bE

 


Grazie al più popolare e alternativo giornalista e conduttore statunitense, non per nulla cacciato dalla CNN, di sinistra finta e con le zanne, e dalla Fox, di destra trumpista, abbiamo ascoltato un uomo pensante, come natura vorrebbe che fosse e né un burattinaio, né un burattino, né una prostituta, né un lenone, né uno stracciarolo, né un mazziere con la baionetta tra i denti. Esperienza inedita e gratificante.

Quando i media falsi, bugiardi e venduti ti dicono che la guerra in Ucraina è iniziata il 22 febbraio del 2022, con l’ingresso dei russi in Ucraina, come a me, da Floris, asserì Pierluigi Bersani, e non nel febbraio 2014, colpo di Stato USA-Nazi e attacco al Donbass, come gli risposi io, coltivano l’inganno di tutta la strategia dell’imperialismo terrorista. Tolgono di mezzo il contesto e annientano la memoria che lo tiene in piedi,

Il lungo excursus storico di Vladimir Putin nell’intervista di Tucker Carlson a dimostrazione della russità storica dell’Ucraina e delle manovre di attori esterni – polacchi, asburgici, tedeschi -di eliminarla, ha suscitato gli sghignazzi e il sarcasmo del sistema idiotico-criminale politico-mediatico. Invece, come ha osservato all’impaziente Carlson, si trattava di fare una conversazione seria, piuttosto che il solito talk show. “Discorso serio” che rivaluta la memoria per costruire il contesto. Contesto senza il quale si vagola nelle nebbie delle mistificazioni e delle strumentalizzazioni ad usum delphini. Come fece Bersani e come fan tutte le presstitute.

Putin ha detto molto e ha taciuto qualcosa. Consiglio a chi non lo avesse ancora fatto e si volesse fare un’idea corretta del mondo in cui viviamo, di andarselo ad ascoltare. Verrà impressionato e convinto dal racconto dei ripetuti, perfino disperati, tentativi di Putin di aprire un dialogo e evitare la mattanza in corso con un ragionevole accordo, del resto basato su quanto i presidenti USA alla Russia avevano garantito: nessuna espansione della NATO oltre alla Germania. In cambio, Mosca aveva acconsentito alla riunificazione della Germania. Accordo tradito con colpo di Stato, aggressione alla popolazione russa renitente al fascismo, nazificazione dell’Ucraina.e missili nemici a 5 minuti di volo dal Cremlino.

L’offerta di Putin, subito rozzamente affossata dagli angloamericani e dal loro sguattero Stoltenberg: neutralità dell’Ucraina senza NATO e rapporti costruttivi e collaborativi sia con Unione Europea, che con la Russia, autonomia alle regioni di etnia e lingua russa. Cosa avrebbe comportato questa soluzione, disponibile sia a Minsk, sia a Istambul ad appena un mese dall’inizio della guerra? La salvaguardia della pace e la fine della corsa suicida al riarmo, al rischio nucleare, di una costante fibrillazione geopolitica in termini militari, economici, di tensione psicologica, e un rilassamento della contrapposizione tra blocchi datata dal dopoguerra. Infine e soprattutto, per il bene globale, il risparmio di una spesa pazzesca che comporta l’impoverimento di grandi masse in tutto il mondo,

Il nondetto di Putin, in ben due ore di domande e risposte, riguarda, a mio avviso, una condizione molto delicata interna alla Russia: l’equilibrio che faticosamente quest’uomo ha dovuto costruire per mantenere coeso uno Stato uscito ammaccato dalla fine dell’URSS e dalle torbide manovre di Gorbaciov ed Eltsin. Quando Carlson gli ha chiesto chi abbia fatto saltare il gasdotto Nordstream e sia la forza che determina la politica degli USA verso la Russia, compreso la lacerazione del rapporto euro-russo, la risposta è stata evasiva e monosillabica: la CIA.

Io penso che se l’intelligenza di Putin non abbia voluto dispiegarsi, indicando nei pupari degli USA e dei regimi occidentali la coppia dominante degli apparati militar-industriale e finanziario (quest’ultimo ad assoluta egemonia ebraica), è per ragioni di equilibri interni. Questi hanno visto negli anni un progressivo riequilibrio tra potenze economiche, dette da noi “oligarchi”, e autorità politica, a vantaggio di quest’ultima. Non siamo a una neutralizzazione definitiva del potere condizionante degli oligarchi. Ma non sono poche le potenze economiche a cui Putin ha saputo tagliare le unghie.

Potrebbe essere, in qualche modo, il fisiologico rapporto tra entità finanziarie planetarie a frenare eccessi distruttivi in una direzione o nell’altra e, nell’immediato, a bloccare il ventilato congelamento delle cospicue disponibilità russe a rischio confisca nei forzieri occidentali.

Si comprende anche, in questa luce, la notevole tolleranza che un paese impegnato militarmente nella difesa della Siria, attaccata da Usa, Israele e dal loro mercenariato jihadista, continua a mostrare rispetto allo Stato sionista che, un giorno sì e l’altro pure, bombarda la Siria.

Un secondo silenzio, difficilmente comprensibile nell’imminenza di un esito a rischio della vita e dell’enorme valenza simbolica del caso, è quello su Julian Assange, prossimo ad essere estradato negli USA. Forse una dimenticanza. Da comprendere in un uomo che ha sulle spalle la salvezza dell’umanità

 

 

 

martedì 13 febbraio 2024

 

In margine a un giorno dei ricordi… storti
MEGLIO SERBI CHE SERVI

Solobodan Milosevic e Fulvio Grimaldi



 “Novosti”

Il titolo in cima a questo testo è quello che un importante quotidiano di Belgrado mise a titolo di una intervista fattami nella primavera del 1999, sotto le bombe sulla capitale, in piena aggressione NATO alla Serbia, a completamento della disintegrazione della Jugoslavia, portata avanti da Germania, Regno Unito, USA, Francia e Vaticano di Woytila, nel silenzio complice del rinnegato russo Boris Eltsin.


Quel titolo non piacque al segretario di Rifondazione, Bertinotti e, a scendere per li rami, al caporedattore trotzkista Cannavò (oggi a “Il Fatto”) di ”Liberazione”, un giornalista corretto che, senza avvertirmene a Belgrado, cestinava molti dei miei servizi da laggiù perché, a suo avviso, troppo “appiattiti su Milosevic”. Ne gioirono i Comunisti Italiani, secessionisti di Rifondazione, per giustificare il salto dall’opposizione all’ingresso nella maggioranza e nel governo di D’Alema e Mattarella. Ne conseguì che si accreditarono in Occidente contribuendo al bombardamento della Serbia in nome della NATO. Si trattava di Cossutta, Diliberto e…di Marco Rizzo, oggi zio-padrone di DSP.

 Novosti


Meglio Serbi che servi” uscì in coincidenza con la mia visita a un ospedale di Belgrado nel quale il taglio bombarolo di tutta la rete elettrica stava facendo morire i neonati nelle incubatrici. Modello perpetuato in massa a Gaza. Ora l’intervista fattami da “Novosti” che vedete qui esce nell’imminenza del convegno internazionale del Forum di Belgrado per un Mondo di Uguali nel quale si commemora l’inizio dell’aggressione della Nato nel marzo del 1999. Mi hanno chiesto di intervenire e di proiettarvi i due docufilm che ho girato durante l’aggressione: “Un popolo invisibile” e “Serbi da morire”.


Un’altra coincidenza, non voluta, ma estremamente significativa, è che questa intervista esce nel Giorno del Ricordo, quello celebrato in Italia a commemorazione, strumentale e del tutto faziosa, delle foibe e dell’Esodo dei Giuliani dall’Istria.


Di quella parte della strumentalizzazione, che dai media presstitute e dal regime mica tanto post, si arrampica fino al colle del Quirinale e che attiene a un preciso obiettivo di fase, dirò dopo. Ora interessa rischiarare di luce pulita quanto avvenne in Istria tra fine guerra e dopoguerra. A noi quella situazione, di una complessità estrema, militare, politica, etnica, culturale, viene somministra nella brodaglia dell’antislavismo, antisocialismo, antitismo. Si tratta di italiani cacciati dalla loro terra a forza di pressioni, vessazioni, attentati (Pola), infoibamenti nel Carso. Lievemente, di passaggio, si accenna alla possibilità che nelle foibe sia finito anche qualche gerarca fascista.


Facciamo un passo cognitivo avanti e leggiamo il controcanto della ricercatrice triestina Claudia Cernigoi in libri come “Operazione Foibe”, “La memoria tradita”, “La banda Collotti” e ne spremiamo qualcosa di più e di vero sul mito Foibe Titine, dove, nella vulgata di regime, sarebbero finiti italiani semplicemente perché italiani e non disposti a seguire Tito verso il suo particolare sole dell’avvenire. Vi troviamo dati che ci documentano quanti fascisti abbiano infoibato quanti slavi, quanti antifascisti, quanti comunisti. Insieme, certamente, anche a gerarchi fascisti macchiatisi di strisciante genocidio in Jugoslavia. Anche molto prima di Tito.


Facciamo un passo indietro e chiediamoci: chi ci ha parlato, nel Giorno del Ricordo, dell’invasione italiana della Jugoslavia e del relativo campionario di orrori, tali da far pensare automaticamente allo Stato sionista invasore della Palestina? I nazifascisti, assistiti dagli Ustascia croati e a collaborazionisti serbi, occuparono la Jugoslavia dal1941 all’8 settembre del 1943. Spezzettarono il paese in pseudostatarelli (alla maniera di Bush e Clinton, mezzo secolo dopo) e ne assegnarono un terzo all’Italia. Le cui truppe, al comando di un criminale di guerra, paragonabile al capo di Stato Maggiore israeliano di oggi, il generale Mario Roatta, inflisse alla popolazione civile e alla resistenza jugoslava atrocità mai viste prima.


Le conseguenze di questi eventi furono catastrofiche per le popolazioni locali, vittime di violenze sommarie, deportazioni e distruzioni. Si stima che causarono circa un milione di morti nel periodo 1941-1945. Le truppe italiane si distinsero per ferocia, eseguirono rappresaglie, devastazioni di interi villaggi, esecuzioni sommarie e crearono campi di concentramento in cui furono internati circa 100.000 jugoslavi. Roatta lasciò agli jugoslavi un ricordo personale: il motto “Non dente per dente, ma testa per dente”. A Podhum, vicino a Fiume, fece fucilare 91 civili e nel campo di concentramento sull’Isola di Arbe morirono, a forza di violenze, malattie, fame e stenti, oltre 1.400 jugoslavi.


Chi ci ha ricordato, nel giorno a questa attività dedicato, che nelle fosse sul Carso finirono anche – e forse soprattutto – coloro che ordinarono ed eseguirono questo tentativo di genocidio di una popolazione e poi dei massacri di coloro che lottarono per la sua liberazione?  O che genti esasperate compirono vendette per quanto inflitto ai propri congiunti, amici, concittadini, dall’ italianizzazione – fascistizzazione – forzata dei vari gerarchi, amministratori, poliziotti, ai tempi in cui l’Italia era padrona coloniale dell’Istria? Senza nulla togliere alla condanna di chi, nella rappresaglia, ha potuto includere anche nostri concittadini innocenti.


Concludo precisando che ho avuto e ho una grande partecipazione emotiva e politica per i miei connazionali che persero le proprie radici, o perché indotti dalle pressioni dei nuovi poteri, o perché a disagio in una terra abitata da secoli, ma della quale non erano più coloro che ne avrebbero rappresentato e determinato il destino. Gli italiani che hanno vissuto la tragedia dell’esodo e dell’esilio. Anche per come un’irriconoscente Italia ha accolto e trattato questi suoi figli. Me ne sono occupato ripetutamente, visitando quelle terre e incontrandovi chi era rimasto, con articoli, reportage e servizi per il TG3. Raccontando quella vicenda con affetto e indignazione. La stessa indignazione che va indirizzata contro i mistificatori dell’oggi. Dall’Alto Colle in giù.


E sapete cosa si intravvede di strumentale e insincero, oltre a quanto ho cercato di rievocare, dietro ai cantori del Giorno del Ricordo? I conti che l’Occidente atlantista e eurocratico vuol fare con la Serbia. In primis perché è amica della Russia, che la copre militarmente e con i cinesi che contribuiscono al suo progresso. In secundis, perché, con 100mila suoi patrioti e martiri assediati e vessati dalla KFOR (NATO) e dal gruppo dirigente banditesco installato in un Kosovo amerikkkano, patrioti sopravvissuti alla cacciata di tutto un popolo, non rinuncia a rivendicare l’identità serba di questa culla della sua storia di nazione. In tertiis, perché, nella frammentazione della Jugoslavia, continua a rappresentarne il cuore slavo, libero e fiero. Slavo come la Russia, ohibò. Non basta? 

 

lunedì 12 febbraio 2024

 

PALESTINA VINCE – VINCE L’UMANITA’

 


 

A Piacenza, sabato 17 febbraio, ore 17, Auditorium S. Ilario: quello che gli sguatteri mediatici del Sistema ci nascondono.

Allarghiamo lo sguardo dalla Palestina al Medioriente, al nostro regime che ci trascina in guerra a sostegno dell’olocausto di Gaza e della pulsione guerresca che punta alla guerra globale, ultima chance dell’impero cadente.

Gli anticorpi alla pandemia militarista ce li forniscono i popoli in resistenza, la maggioranza dell’umanità raccolta nei BRICS, i milioni nelle strade del mondo che marciano contro l’impero dei carnefici.

Primo compito: liberarsi dei regimi complici.

 

 

 

 

martedì 6 febbraio 2024

Intervista all’insegna dell’empatia e del calore… animale --- COMPAGNO E MAESTRO DI VITA, UNO E PLURIMO


https://fb.watch/q1XDVgVQPO/

 

Enrico mi intervista su un argomento che sarà insolito, ma è centrale alla vita di chi ha conosciuto e frequenta uno spicchio di mondo che non conosce il male

L’armonia e la funzionalità del rapporto con l’ambiente, la saggezza di come stare al mondo in ogni frangente, l’intuito vergine, la consapevolezza dei propri diritti e di come difenderli, la coesione, l’antenna che ti dice chi hai di fronte, il saperla più lunga, il riconoscere i propri sbagli, la mortificazione per aver turbato chi ti vuole bene, il bene senza il male, l’ansia dell’attesa, la curiosità ininterrotta a 360 gradi, la desolazione e l’incomprensione dell’abbandono, il fare squadra e il saper stare e fare da solo, il perdonare dove ci vuole, la simulazione difensiva, l’humour, il gioco, il rifiuto della prepotenza, la dignità, la conciliazione dell’autodeterminazione con la volontà altrui, la storia della vita sulla Terra nei propri occhi, movimenti, pelo…

 l’amore costi quel che costi.

Se frammenti di tutte queste cose sono depositati in me, lo devo soprattutto a lui, unico, plurimo ed eterno. Se dio c’è, lui ne è un pezzetto.e io sono nato da una sua costola.

sabato 3 febbraio 2024

Come ti educo il pupo… E’ LA STAMPA, BELLEZZA!

 


 

 Ieri a S-Marinella, con “Araba Fenice il tuo nome è Gaza”, per la Palestina, con un sacco di brava gente.

 

Byoblu (canale 262), MONDOCANE 3/12, in onda domenica 21.30 e, salvo modifiche,  lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00.

GENOCIDI

In Francia ogni due giorni si suicida un agricoltore, A Gaza ogni 8 minuti viene ammazzato un bambino e, quanto ai genitori, siamo a 20.000 orfani, e 27.000 assassinati con non si sa quanti morti o agonizzanti sotto le macerie. Intanto gli Stati civili della Comunità Internazionale (leggi NATO, il 17 % dell’umanità) taglia gli aiuti ONU ai moribondi di Gaza, Cisgiordania e ai 5 milioni nei campi profughi, mentre israeliani dello Stato Sionista,  l’unico democratico della regione, bloccano gli aiuti ai valichi tra Israele e Gaza.

Per non rimanere indietro, gli USA, per bocca del rintronato masskiller Biden, levano il visto d’entrata negli USA  a 4 (quattro su settecentomila nazistoidi) coloni illegali, assassini e incendiari, che hanno contribuito a sradicare 800.000 ulivi palestinesi, che stavano lì da 6000 anni, per metterci le loro piscine e le loro serre di avocado.

E sempre il rincoglionito Terminator USA, mandatario di banche e fondi a egemonia salomonica, bombarda, in Siria, Iraq e Yemen, coloro che hanno provato a porre fine alle imprese di Jack lo Squartatore illuminato dalla menorah (traffica in organi di palestinesi uccisi) e al Charles Manson a stelle e strisce. Per la precisione, i liberatori del Medioriente da questa banda di orchi avevano colpito, tra gli altri sacrosanti obiettivi, in Giordania la base USA segreta di “Tower  22”, dove i sottoposti del Charles Manson rimbambito (ma non abbastanza da astenersi dall’ eliminare fette di umanità) addestrano i tagliagole jihadisti che gli servono per far fuori gli Stati riotttosi senza rimetterci un solo Marine.

Centrale, nella puntata, la guerra ai contadini e al nostro modo di nutrirci da qualche millennio in qua. E tutti siamo d’accordo che si dovrebbe coltivare meglio, fertilizzare meglio, allevare meglio (lo chiedono urlando milioni di bovini, ovini, maiali, galline). Ma non lo dicano a quello con tre ettari di terra e 12 vacche nella stalla. Lo dicano all’oligarca latifondista, quello a cui la PAC, la Politica Agricola UE, non ha mai negato favori e benevolenze, quello al quale l’aumento del Diesel fa un baffo e può benissimo convivere con i signori delle provette dalle quali far scaturire bistecche..

E quando espettorano mistificazioni green sul CO2 e sulle scorregge delle mucche, voltino lo sguardo verso il beneamato-e-schifato Pentagono, massimo inquinatore mondiale di aria, acqua, terra, vita, a forza di guerre, di bombe come se piovesse, di trasporti, di colonne di carri armati, blindati e veicoli del cazzo vari, di esplosioni e spargimento di chimica e particolato, di 500.000 propri edifici sparsi in 900 basi militari sul pianeta i quali, sia che stiano, sia che vadano, lasciano sul posto colonizzato, mai smaltite, milioni di tonnellate di schifezze inquinanti. Pensate cosa hanno fatto alla Terra e a chi ci formicola vent’anni di guerra all’Afghanistan, altrettanti tra Iraq, Libia, Siria, Yemen, quelli che dall’alto dei loro jet privati biascicano intimidazioni e minacce green.

Tutto questo viaggia comodamente e indisturbato su un tappeto volante fatto di carta stampata e schermi che, all’occasione, si trasforma in drone e ci colpisce là dove il radar del Potere gli fa percepire la presenza di una qualche cellula cerebrale ancora si muove. E se è vero che, a forza di balle e riflussi cerebrali del rimbecillito di cui sopra, coloro che ne celebrano le gesta finiscono col perdere copie ed edicole (25mila chiuse negli ultimi 4 anni, e questo è un male), ciò significa che di cellule cerebrali si va scoprendo tuttavia una certa abbondanza e una rinnovata proliferazione.

E questo non è l’ultimo dei meriti per quali è dovuta grande riconoscenza a Hamas e ai palestinesi tutti.

Quanto a noialtri, tutto a posto. Siamo portatori sani del virus del fascismo, in costante rinnovamento e, come tali, possiamo gloriarci di un mazzapicchio, lobbista degli armieri che, a tempo per niente perso, fa il ministro della Difesa-Offesa e ha testè dichiarato guerra a quegli sprovveduti dello Yemen che si sono permessi di provare a fermare un olocausto.

Abbiamo anche di che inorgoglirci su un signore che raramente ha cognizione di ciò che gli succede attorno e, dunque, fa il ministro degli Esteri e ha saputo non perdere l’occasione di fare un salto nel mattatoio per dichiararsi a fianco dei macellai.

giovedì 1 febbraio 2024

ANCHE SE ORA VE NE FREGATE VOI QUELLA NOTTE, VOI C’ERAVATE

 

ANCHE SE ORA VE NE FREGATE VOI QUELLA NOTTE, VOI C’ERAVATE

 


 

https://rumble.com/v4airpu-intervista-a-fulvio-grimaldi.-gaza-e-medio-oriente-si-decide-il-futuro-di-t.html

https://t.me/debitoedemocrazia/3073

Domenico d’Amico di Radio Gamma intervista Fulvio Grimaldi

 

Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti

Dopo essersi schierato con coloro che ci hanno somministrato un mondo dove, grazie a Covid e guerre, i ricchi hanno raddoppiato la loro ricchezza e 5 miliardi sono piombati nella povertà assoluta, il nostro establishment, di qualunque colore sia, ha vinto anch’esso la sua guerra al popolo. Qui da noi l’1% ricco ha una ricchezza 84 volte quella del 20% povero, con 5,6 milioni in povertà assoluta. In compenso abbiamo un sacco di soldi, cavati dagli ospedali e dalle scuole, con in quali ci armiamo e partiamo.

Avevamo dunque tutti i titoli per mandare in Medioriente un Chiacchiere e Distintivo, fatto passare per ministro degli Esteri, a dichiararci dalla parte dei terroristi che dicono di combattere il “terrorismo” di chi non si vuole fare uccidere dai terroristi..

Dichiarata guerra al paese (lo Yemen liberato dagli Houthi) che prova a fermare i terroristi di cui sopra, ci siamo meritati la cittadinanza onoraria nella cittadella del terrorismo. E dunque siamo una volta di più lo Stato del terrorismo di Stato (stragi domestiche dal 1969 al 1993 e andare) e delle guerre a chi non ci ha fatto niente. Sermpre a fianco di coloro che ben sanno individuare il terrorismo, da loro chiamato Hamas, nei pazienti di un ospedale, in 19.000 bambini orfani a Gaza, in 12.000 bambini ammazzati a bombe o fucilate o macerie o fame o sete o diarrea o tifo, nelle mamme in fuga con tre bambini addosso, nei soccorritori ONU (99 uccisi), nei giornalisti /119 uccisi), nei medici degli ospedali, nelle ambulanze, nelle moschee e chiese.

E’ scampato qualcuno? Niente paura, spariamo acqua di mare e gas tossici in 700 km di tunnel che, da quando Gaza è campo di sterminio (2005), hanno permesso l’approvvigionamento alimentare a 2,3 milioni di “terroristi” Hamas. E così avveleniamo le falde e compromettiamo il terreno per generazioni a venire, che i palestinesi si convincano di non avere un futuro, quanto meno biologico.

Ora tutti questi terroristi, giustizieri di “terroristi”, stanno sul banco degli imputati davanti alla massima Corte di Giustizia Internazionale, quella dei 193 Stati del mondo. E in fondo all’aula, si fa fatica a vederlo, ma quello laggiù, quello che si nasconde, non è mica Antonio Taiani? E quella davanti a lui, che si fa piccola piccola e a cui lui regge lo strascico, non vi sembra Giorgia Meloni? E quella col piede tra porta e stipite, come se non c’entrasse niente, non sarà forse Elli Schlein?

Abbiamo visto riunirsi, laggiù nel Medioriente, una proliferazione di Jack gli Squartatori. E stiamo scoprendo che la storia dell’1% ricco e assassino e del 60% povero e innocente ha innescato un repertorio nuovo, in sintonia col canto di De Andrè. Quello dei missili Houthi sul naviglio che traffica con gli assassini di massa, quello degli iraniani e degli Hezbollah che, finalmente stufi di attentati e assassinii mirati, sventrano i covi del Mossad e dell’IDF. Quello delle Forze di Mobilitazione Popolare dell’Iraq che, debellati i mercenari ISIS degli USA a Mosul, ora ne colpiscono i centri di addestramento nelle basi USA in Iraq, Siria e Giordania.

E, su tutti, quello di Hamas, quelli che ci hanno dimostrato che il re è nudo e fa pure schifo quelli che oggi sono l’avanguardia dell’umanità.

Ma anche quelli che almeno, in mancanza di opportunità migliori, da settimane, mesi e, auspicabilmente, per anni, scendono in strada per dare l’udito ai sordi e la vista ai ciechi. con il grido e il vessillo di “Palestina Libera”

Anche se avete chiuso
Le vostre porte sul nostro muso
La notte che le pantere
Ci mordevano il sedere
Lasciandoci in buonafede
Massacrare sui marciapiede
Anche se ora ve ne fregate
Voi quella notte, voi c'eravate