domenica 30 maggio 2021

Con Paolo Villaggio e Gianmaria Volontè --- ALTRO MEZZO SECOLO TRA IL LUSCO E IL BRUSCO --- Dalla tessera, al mosaico di un tempo che vogliono far sparire


https://www.youtube.com/watch?v=amH1_gFXv94  

https://comedonchisciotte.org/sancho-17-fulvio-grimaldi-il-secolo-con-gli-occhi-di-fulvio-2a-parte/ 

A teatro con Paolo Villaggio e Gianmaria Volontè

Le reazioni arrivate a commento della prima puntata su "Sancho" ("comedonchisciotte"), "IL SECOLO", in cui si narra del mio attraversamento del secolo che corre dal 1934 al 2034 (dove per fortuna nostra non siamo ancora arrivati), mi hanno liberato da un timore. Che i miei, più o meno benevoli/malevoli, interlocutori potessero interpretare questa storia centrata sul personale come un narcisistico esibizionismo in cui tutto è inteso a illuminare l'ego del sottoscritto  Non era questa l'intenzione. L'intenzione era di utilizzarmi come filo, con gli amici di "Sancho" realizzatori dell'intervista, filo prima nero pallido poi rosso intenso, che si snoda lungo ambienti e momenti storici di rilievo generale, politico, sociale, culturale.



Fasi del nostro passato recentissimo che costituiscono il patrimonio mnemonico certamente mio, ma dovrebbero anche infrangere l'annichilimento della memoria di tutti, come è oggi accanitamente perseguito  dagli imbonintori dell' "innovazione". Il Grande Resettaggio necessita di oblio, di incomprensione del presente e di esproprio del futuro. Insomma, questo nostro è un modo un po' dilettantesco di riattivare una memoria che pare essere la cosa più sgradita e funesta degli operatori di un presente sul quale ci muoviamo come su un aquilone. Che appare in balia dei venti, ma è saldamente ancorato e manovrato da un quasi invisibile giocololiere a terra. 

Pare, dalle risposte degli amici, che questo sia stato compreso. Non per nulla sono "cittadini liberi e pensanti" coloro che seguono "comedonchisciotte".

Al lungo racconto, seconda parte, che ci porta più o meno ad oggi, voglio però aggiungere un paio di episodi, curiosi, ma significativi per lo spirito del tempo, lo Zeitgeist, e ciò che lo disegnava e vi si agitava.dentro. A dispetto di Scelba, Andreotti, Nixon Boia, o Cossiga.

Villaggio, io, la Compagnia Goliardica Mario Baistrocchi 

 

Correva il 1913 a Genova, quando Mario Baistrocchi, studente di Giurisprudenza, raggruppò la sua "Allegra Brigata". Lo scopo di ieri, rinnovato anche oggi, era mostrare il meglio della propria follia, liberarsi per qualche giorno dei doveri universitari, civici, borghesi, per calcare lo stesso palco dei grandi del Teatro, ma con una maschera di impertinenza e  perfino insolenza. La Baistrocchi ha visto passare sul suo palcoscenico giovanissime promesse diventate poi celebrità nel mondo dello spettacolo e della musica: Paolo Villaggio, Enzo Tortora, Popi Perani, Umberto Bindi, Fabrizio De Andrè, Maurizio Crozza, Ugo Dighero, Maurizio Lastrico, Enzo Paci. E, uno che celebrità dello spettacolo e della musica non è diventato, Fulvio Grimaldi.

Non ricordo se fosse il 1953, o il 1954. La guerra e il seriosissimo dopo democristiano avevano fatto cadere in disuso quella geniale goliardata che era lo spettacolo scritto e interpretato da studenti dell'ateneo genovese in Via Balbi, perlopiù di giurisprudenza. Io lo frequentav da un anno. Mi ritrovai nella vasta sede del Movimento Sociale Italiano, in piena Via XX Settembre, dove i postfascisti, non sapendosi cosa stavano facendo, avevano affittato un'ampia sala a Paolo Villaggio, per uno scopo misterioso, ma inoffensivo, si riteneva. Invece se ne è avvalso per elaborare e realizzare con i compagni una Baistrocchi rinata, più esplosiva ed eversiva che mai.

 


La faccio breve. L'allora già genialissimo attore e creatore della storica maschera dell'impiegato vessato, radunò una banda di incoscienti, volenterosi di rompere un po' i cristalli e, tutti insieme, scrivemmo il copione per uno spettacolo che riprendeva la gloriosa tradizione dell'irriverenza e dello sberleffo, in ispecie agli uomini (e donne) di panza e di rispetto. La "commedia" andò in scena nell'ambitto intellettualmente più prestigioso, "Il Piccolo Teatro di Genova" e già questo era uno sketch. Ricordo poco, ma certamente che Paolo impazzò in tutte le scenette, fintotragiche, musicali, sganascione, paradossali, assurde e trascinò il lavoro a un grandissimo successo, poi perpetuato in giro per l'Italia. 

Ho chiara memoria di un mio ruolo femminile. Seduto, scosciato e in calze di rete su un barile, facevo Marlene Dietrich nell' Angelo Azzurro di Von Sternberg e strepitavo indecentemente la sua sensualissima canzone: "Da capo a piedi sono disposta all'amore..." Meno bene mi ricordo di una recita biblica in cui mi alternavo a un bravo compagno vestito da Mosè di nome Cocco, sui sacri testi della Grande Fiaba .

Dallo sberleffo al pugno nello stomaco con Gianmaria Volontè

La televisione, nell'inconsapevolezza del carattere potentemente eversivo del film, continua a mettere in onda il capolavoro di Elio Petri e Gianmaria Volontè "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" (1970). Succede che alcuni riescano a guardare oltre l'attuale intrico di rughe e prolassi e riconoscere il sottoscritto nel ruolo del giornalista Patanè, confidente del commissario assassino e impunito, al di sopra della legge.

Il vostro cronista da "Patanè" in "Indagine..."

Non so se fosse per darci una mano in tempi di squattrinamento diffuso (eravamo in piena sovversione sessantottina), ma il gentile, generosissimo Gianmaria volle diversi di noi a fare parti e particine in quel grandioso smascheramento del potere, nel caso della polizia,  come andava configurandosi nell'Italia di Andreotti e Piazza Fontana. Ci eravamo incontrati qualche tempo prima nel giro del centro storico, di Piazza Navona, dove, ancora per affitti incredibilmente bassi, si rintanavano e si incontravano i "nemici del Sistema". Io abitavo per 20.000 lire in un quartierino stupendo sopra la trattoria di "Bombolo" che, prima di fare l'attore comico, cucinava, vendeva piatti da un carretto e grandinava battute ai coinquilini.. 

 


Gianmaria aveva da anni lasciato uin cinema che al suo genio aveva riservato inadeguate parti nei Western. Ci vedevamo perlopiù a casa mia, o di Lorenzo Magnolia a Trastevere. Affittato un quartierino dalle parti di Campo de' Fiori, ci si riuniva per discutere e programmare un progetto che chiamammo "Teatro di Strada" e che doveva essere il corrispettivo spettacolare e culturale delle contestazioni militanti di piazza. Si trattava di provocazioni finalizzate al confronto e alla presa di coscienza. Esempio: andavamo in due o tre nell'atrio della stazione Termini e iniziavamo una discussione sul divorzio, la cui legge era allora in ballo. Si univano altri, nostri "attori", la cosa si faceva rumorosa, attirava persone, le coinvolgeva, a volte finiva in quasi rissa. Ma la miccia era stata accesa.

 

Volontè fermato

Altro tema, la guerra del Vietnam, pacifismo, violenza, nonviolenza, colonialismo, liberazione, il Terzo Mondo che ci deve riguardare, oppure non riguardare. A volte succedeva il patatrac, specie quando agivamo dalle parti del Palazzo. A volte il gruppazzo, con tanto di Gianmaria, finiva in guardina per la notte. Poi arrivò Elio Petri e, per nostra fortuna nazionale, Gianmaria tornò al cinema. Mi ricordo una persopna per la quale non so inventare che queste parole: dolcissimo, sensibile, modesto, intenso, fraterno, giusto. Come attore, profondissimo. 

Poi Gianmaria continuò a fare un film più importante dell'altro. Io, per somma di reati di stampa da direttore responsabile di "Lotta Continua" finii latitante e all'estero. Poi seguii varie guerre da inviato. Ci perdemmo di vista. E' un rimpianto che non passa.

 


venerdì 28 maggio 2021

Palestina, intervista di Massimo Mazzucco, Contro TV, a Fulvio Grimaldi https://www.youtube.com/watch?v=fNhqHxJpS4M --- Il trionfo della Siria e di Assad, il rientro in scena dell'Egitto

 https://www.youtube.com/watch?v=fNhqHxJpS4M

Palestina, intervista di Massimo Mazzucco, Contro TV, a Fulvio Grimaldi

Allego, e integro qui con qualche riflessione, un’intervista che, se la ritenete riuscita e utile, lo si deve eminentemente alla preparazione e agli interventi precisi e consapevoli di Mazzucco, uno dei migliori giornalisti internazionali su piazza, irrinunciabile nel quadro di un’informazione vera e demistificante, e alla ricchezza grafica, estremamente esplicativa, che Massimo vi ha aggiunto.


PALESTINA RESISTE

SIRIA VINCE

L’EGITTO SI AFFERMA

Le immagini si riferiscono alle celebrazioni per la vittoria di Bashar el Assad alle presidenziali di Siria

 

Piazza Omonya, Damasco, celebrazioni per la vittoria di Assad

Scrivo qui, a fianco delle immagini e parole che nella videointervista ci parlano del quasi secolare dramma palestinese, della Siria che ha appena fatto trionfare col voto il suo presidente Bashar el Assad. 

Le immagini che accompagnano queste righe mi riportano al 2011 quando, da inviato di guerra, ebbi modo di riferire dal campo la criminale aggressione dei genocidi USA-NATO-SION, dall’aria e dei loro  mercenari jihadisti e curdi, da terra. Un’aggressione che si inseriva nel disegno israeliano, adottato su formulazione di Odet Yinon nel 1982,e che prevede la frantumazione delle realtà statuali arabe per linee etnico-confessionali.

 


Piano sostanzialmente fallito. In Egitto, clamorosamente, con la cacciata di popolo del regime consociativo dei Fratelli Musulmani e, sostanzialmente, anche in Siria, Iraq, Libano, Algeria. L’unico successo, ora messo in causa dall’insurrezione palestinese di queste settimane, lo Stato degli Ebrei  lo può registrare grazie all’artificio del “Patto di Abramo” con i regimi di Emirati, Bahrein, Marocco e Sudan. Patto di classe nel senso più proprio della parola, nel quale gruppi dirigenti autocratici, oppressivi e segregazionisti si accordano sulla pelle di masse soggiogate, quando non pulite etnicamente.

In Siria, Assad per la terza volta ha vinto le elezioni, regolari come quelle sancite tali dagli osservatori dell’ONU nella precedente tornata, ma statutariamente ridicolizzate e dichiarate inattendibili dai cani da guardia e dai cagnetti da salotto degli sbirri del mondo (metafora che non tocca un infinito rispetto e affetto per tutti i cani). Un mondo che, a dirla tutta, ha come garanzia di illibatezza l'incredibile imbroglio delle presidenziali statunitensi (e non solo delle ultime). Se servisse una prova, oltre ai milioni di donne, uomini, ragazzi, anziani, dalla felicità incontenibile, che si sono visti ieri nelle piazze della Siria, basta un giro per villaggi e città della Siria libera e democratica. A me, come a tanti onesti e volenterosi osservatori, senza le lenti del condizionamento, lontani dalle tastiere degli zerbinisti, è occorso ripetutamente. Serve a sentire il battito del polso di un popolo che per il leader del suo progresso e della sua resistenza, eroica da oltre un decennio, nutre una stima che gli straccioni morali e gli sciacalli necrofagi dell’Occidente si sognano.

 


La Palestina, innesco di quanto è andato succedendo nella regione da oltre settant’anni, dalle prime razzie stragiste delle bande terroristiche Irgun, Stern, Haganah negli anni Trenta, contro inermi centri abitati palestinesi, ha attraversato fasi di silenzio e apparente rassegnazione. Questo è successo in virtù, più che di una repressione senza scrupoli legali o umanitari, di una dirigenza palestinese gerontocratica, affaristica e corrotta, compiacente e, anzi, connivente, con le sevizie e gli abusi dell’occupante, insediatasi a partire dal declino di Yasser Arafat. Dirigenti che pretendevano di affidare la soluzione delle istanze del loro popolo al massimo sponsor e armatore dell’invasore e che, in combutta con esso, sono riusciti a neutralizzare le istanze di liberazione come, intorno al Duemila, si sono espresse nella nuova dirigenza di Fatah, quella della Seconda Intifada, quella dei giovani di Marwan Barghuti.

I conti, per quanto calcolati in termini di bombardieri, carri armati, esseri umani uccisi, bruciati dal fosforo, case polverizzate, uomini e donne liberi carcerati, torturati, terre sottratte, servilismo e complicità geopolitiche, non portano sempre al risultato programmato. Oggi la Siria di Assad, per quanto derubata dal mercenariato curdo di un terzo del territorio nazionale, di altri brani di patria dai tagliagole di Erdogan, derubata del suo patrimonio idrico ed energetico dallo Stato più ricco del mondo e con ferite che buttano sangue da dieci anni, è in piedi. E’ stato l’osso più duro da affrontare per gli espansionisti israeliani in tutte le guerre che li hanno opposti agli arabi. E lo sono oggi in virtù di due attributi mai abbandonati: dignità e unità. Il 95% per Assad ne è un frutto.

 


E poi c’è l’Egitto, non per nulla il più diffamato e mediaticamente assediato paese arabo. Lo Stato che della comunità di 450 milioni di arabi resta, al di là delle varie contingenze feudali di satrapi e fantocci, il centro storico, politico, morale. Ha svolto il suo compito, l’Egitto di Al Sisi. Per quanto oscurato dai latrati dei cani metaforici di cui sopra, l’Egitto è stato l’artefice di una treguaa che ha impedito agli israeliani di andare oltre il massacro di quasi 300 civili a Gaza, ai pogrom dei suoi coloni su inermi contadini arabi, all’esproprio di famiglie dalle genealogie millenarie, alla caccia all’arabo all’urlo “morte agli arabi” (che mi continua a riecheggiare nelle orecchie da quando lo udii gridare nell’avanzata di Tsahal nella Guerra dei Sei Giorni).

Uscito dall'impasse reazionario e oscurantista del governo di Mohamed Morsi, capo di quella Fratellanza Musulmana che è sempre stata la quinta colonna dell'Occidente (con riserva sulla variante Hamas in Palestina), l'Egitto ha potuto riprendere il suo ruolo di potenza regionale.e di portavalori arabo. Ruolo non per nulla insidiato da una stampa per la quale ogni spia, infiltrato, farabutto di paese fuori dall'ambito occidentale diventa dissidente e martire. Propaganda alla quale si aggiunge anche qui il braccio armato della Fratellanza, sotto forma di mercenariato jihadista, con la guerra civile in Sinai e gli attentati terroristici in tutto il paese. Guerra civile e attentati che condividono gli sponsor con tutti i paesi disobbedienti all'unico sovranismo consentito.

 


Al di là della mediazione vincente nel conflitto di Palestina, il Cairo è rimasto l'unico paese arabo a soccorrere con alimenti e forniture mediche (compresi i vaccini negati da Israele) la popolazione di Gaza, a offrire il proprio contributo alla ricostruzione e ad accogliere nei propri ospedali i feriti e mutilati dell'assalto di Netaniahu. Questo, sullo sfondo di un Egitto che si era ripreso  sovranità e libertà nella scelta nei rapporti internazionali. Morsi nel 2013, Fratello Musulmano dei Fratelli Musulmani di Hamas, quando Gaza era stata sottoposta all'ennesima devastazione bombarola israeliana ("Pilastro di Difesa"), aveva chiuso il valico di Rafah tra il suo paese e Gaza.

Forse non è una coincidenza che in questi stessi giorni l'Egitto sia stato, dalla Procura di Roma, trascinato sul banco degli imputati nelle persone di quattro esponenti della Sicurezza egiziana,selezionati perchè indicati da alcuni testimoni anonimi. "Testimoni oculari", sebbene reclusi, delle sevizie e dell'uccisione di Giulio Regeni, prodigiosamente scovati dall'emiro Tamim bin Hamad al-Thani, Fratello Musulmano e illuminato sovrano dell'amico Qatar..



 


mercoledì 26 maggio 2021

Webinar R2020 --- IL COVID MALATTIA SENILE DEL CAPITALISMO --- Regressione al feudalesimo in chiave bio-tecno-fascista

 

https://www.youtube.com/watch?v=0YrFcRKohwE  

 


Vecchi di mille anni

 


Nell'incontro con gli amici del Webinar di R2020, condotto dalla brava Elena Tioli, si parla di un sacco di cose relative a come, invecchiando, il capitalismo, seppure in aumento di ferocia, dia chiari segni di senescenza. L'evidentissimo ritorno a formule di sopruso e dominio di secoli or sono, seppure innervate su dispositivi tecnologici inediti e miracolosi, rivela una perdita di tono psicofisico impressionante. La famosa forza propulsiva è venuta a mancare anche al capitalismo, chi l'avrebbe detto. Se ne potrebbe trarre che, stavolta, il paradigma, costituendo una chiara regressione al già provato - e superato - in altre circostanze stroriche, sia destinato a fallire. A perdersi come uno smarrito attempato che vagola di qua e di là - in effetti mena colpi all'impazzata sfracassando qualsiasi cosa attorno a lui - e non ritrova la via per casa.

In preda a un delirio di onnipotenza (il vecchio matto che si ritiene Napoleone, è un classico) di paura e di odio sanguinario, scampato al manicomio criminale, questo manipolo di Golem ultracentenari è riuscito a mantenersi alla guida dell'Occidente solo in virtù di un gravissimo accidente: la nostra inconsapevole condivisione della malattia senile di cui sopra. Da tempi remotissimi ci è stata instillata la stralunata idea che chi esercita il potere se lo merita, rappresenta il modello, la sa più lunga di noi "per grazia di dio e volontà del popolo" (al quale nessuno l'ha mai chiesto). Ne consegue che irrazionalità, assurdità, nonsense, che segnano la demenza senile dei gerontocrati, sono arrivate a infettare le masse. Perfino più dell'ultima invenzione di tale demenza: il Covid. Anche perchè è venuto a mancare quell'antidoto di lucidità e logica che le masse avevano riposto nei propri rappresentanti, purtroppo inaffidabili e  che, fino a qualche tempo fa, ci aveva trattenuto dal rincoglionimento.

Medioevo prossimo venturo


Si dice che i vecchi, molto vecchi, tornano bambini. Qui il ritorno è al Medioevo. Rispettabiliissimo per Dante, Giotto, le cattedrali, i liberi comuni. Deprecabilissimo per il feudalesimo e le scorribande guerresche. Dove c'erano, in alto nel castello, il principe con tanto di clero e, in basso, nei tuguri, la plebe e i servi della gleba. Questo lasciavano fare in virtù di due principi: la Fede, che imponeva di vedere tutto in verticale e la Sicurezza, che il Principe diceva di garantire al popolo rispetto alle incursioni di nemici. Sicurezza assicurata dai mercenari che lui andava rastrellando da futuri amici e nemici e che, prima di essere mercenari erano quella plebe da tuguri di un altro principe. Il sistema ha retto per parecchi secoli. E' perciò che coloro che se ne vogliono eredi, oggi vi si rifanno sulla base degli stessi identici pilastri: Fede e Sicurezza. Solo che sono cambiati, parzialmente, divinità e nemici.

Dal panno al colera al farmaco infettivo

E solo così che si assiste inerti, date le sinapsi sbrindellate, alla pulizia etnica che un aggressore spietatissimo conduce da 70 anni contro un popolo nostro vicino e amico da millenni. Allo stesso modo ci si fa sparare in corpo e si fa sparare in corpo a figli e genitori, un qualcosa che frutta trilioni a pochi e non offre ai tanti la più pallida idea di cosa gli succederà dopo. Nessuna meraviglia. Non siamo noi, popoli millenari dell'Occidente, coloro che si sono dati per guida e taumaturgo quella nazione che per prima inaugurò il sistema di sostituire se stessa, costi quel che costi, a chi c'era prima e ai suoi diritti inalienabili? C'è da meravigliarsi che ora costoro infliggano la stessa pratica a noi e,.nella fregola senile dell'autodafè, a se stessi, sostituendo ai roghi dei villaggi, ai cannoni, al 7°Cavalleggeri, alle vesti intrise di colera e al whisky, un po' di organismi geneticamente modificati?.



 Sei immune? Beccati questo! Te lo dice il punteggio.

Nel Webinar ho parlato di "guerra dei vecchi (dopo eliminati altri vecchi, quelli chiusi in case senza parco e piscina) ai bambini, ai ragazzi" e ne ho menzionato alcune forme, a partire dall'annientamento dell'istruzione. L'intervento anti-giovani avviato con le mascherine, ora si esalta con il vaccino che Pfizer ha fatto e che, ovviamente, la Federal Food and Drug Administration negli USA e l'Agenzia del Farmaco Europea (Direttrice Omer Cooke, ex-lobbista di Pfizer e Moderna) hanno approvato. E' provato che tra gli zero e i 18 anni si è immuni alla nota infezione per il 99,980%. Quale sfaccettatura della demenza senile ha determinato - e a noi ha fatto accettare - che questi bimbi e ragazzi debbano essere iniettati e radiati dall'immunità donata dalla natura? Stupisce allora che la proposta di Letta, fatta così, per darsi un tono, di una tassarella di successione sulle eredità dei satrapi, per farne una dotazione ai diciottenni dispersi nel vuoto, sia stata polverizzata da Draghi con queste parole: "Non è l'ora di prendere agli italiani" ( intesi come miliardari) ?



Vi offro una guida. Già illustrata nel Webinar. Traete voi le conclusioni. C'è questo criterio di valutazione degli scienziati, in testa quelli che si occupano di salute. Si chiama "Indice H", dal nome, Jorge Hirsch, del suo inventore, è universalmente riconosciuto è basato sul numero e sul valore delle ricerche e sul prestigio professionale delle pubblicazioni. Chi supera la valutazione 100 può dirsi membro dell'élite scientifica. Chi supera 150 nè costituisce il vertice, come i francesi Luc Montagnier (contestatore del virus e del vaccino e Premio Nobel), o Didier Raoult. O come i primi firmatari della "Great Barrington Declaration" negli USA, contraria all'attuale gestione dell'infezione, cui hanno poi aderito decine di migliaia di medici. 

Sotto i 100 si mantiene una certa rilevanza. Intorno ai 50 si entra nel girone dei meschinelli. Ecco, allora, il punteggio degli autorevoli e televisionissimi che, sia nel Comitato Tecnnico Scientifico, sia fuori, hanno determinato per noi vita e salute: Rezza 59, Galli 51, Crisanti 49, Capua 48, Ricciardi 39, Burioni 26, Brusaferro 21, Pregliasco 14. Poi si scava.

A Roberto Speranza, che ci ha negato le cure domiciliari preferendo imporci "la vigile attesa" (dell'ospedale e della terapia intensiva) va riservato un altro tipo di valutazione.

Buonanotte.

 


lunedì 24 maggio 2021

Videointervista di "Sancho" ("comedonchisciotte) --- UN LUNGO SECOLO BREVE


https://youtu.be/gd_zwpFJ4vs 

https://comedonchisciotte.org/sancho-16-fulvio-grimaldi-il-secolo-con-gli-occhi-di-fulvio-1a-parte/ 

Amici, interlocutori, contatti silenti e pazienti, non è per un futile, sciocco e improduttivo narcisismo che qui, nella videointervista fattami da Massimo Cascone per "Sancho" ("comedonchisciotte"), faccio la storia, a volo d'uccello, dei miei primi quarant'anni, da zero al '68. Se ho camminato su quel filo sospeso tra due mondi, quasi due pianeti, è perchè l'ho ritenuto buona occasione per riferire di quanto intorno a me, a noi di quelle generazioni, c'era, non c'era, si muoveva, stava fermo, ci faceva male, ci faceva bene. Diventando così, a partire dal mio sguardo, dai miei passi, una storia collettiva che, in tempi in cui provano a cancellarci il passato per non farci capire il presente e condurci a un pessimo futuro, o a nessun futuro, potrebbe anche essere utile. 

 


Quanto lente e poi rapide, fulminee, storditrici, si sono mosse le cose in questo scorcio di vicenda umana! Dal carro dei buoi, dal trotto del cavallo eravamo passati alla quarta di un'Alfa, tanto da perderci la testa. E il ricordo. "La bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna..." notava frastornato Eugenio Montale nella "Casa del Doganiere". Nella mia esperienza tutto, a dispetto dei mutamenti politici, era rimasto più o meno uguale,  persino a un decennio dalla guerra, con la mia prima moto Guzzi, m'aggirai per l'Italia, da cima a fondo.Di Amerika c'era ancora poco, quasi niente. Era diversa solo la Germania, nella quale tornavo di tanto in tanto, adolescente, a ritrovare gli amici della guerra, per autostop, clandestino sui treni o carri bestiame, tra macerie e cupezze ancora smisurate. Un'atmosfera da "Portiere di Notte", o "Il Terzo Uomo", o Germania Anno Zero", se questi tre grandissimi film li avete visti. Quelle macerie, di cose e di umani, sarei andato poi a ritrovarle in giro per il mondo. Alla faccia di Norimberga.

 


Fine anni '50 e saltò tutto, più che nella e dopo la guerra. Il capitalismo industriale spiegò le ali nel vento Marshall a stelle e strisce che  da Occidente soffiava sulle nazioni e, per razionalizzare i rapporti di lavoro, tranciò esistenze, costumi, culture. Qualcuno decise che era bene copiare da chi le colonne di Pestum non l'aveva ancora nè concepite, nè costruite (e non lo avrebbe poi fatto mai). Una civiltà che, a vedere l'oggi, aveva più pregi che difetti. Più libero arbitrio e più scelte. Più comunità. In Calabria scomparvero le donne col fazzoletto nero in testa e i tanti grembiuli colorati sul vestito. Dai paesi scomparvero i rastrelli e i forconi. Nei miei giri in moto più tardi non mi capitò più che, a vedermi sboconcellare un panino sul muretto, una donna sconosciuta mi chiamasse dalla finestra che la pasta era pronta. Accadeva nel Sud. Le città si cingevano di catene di montaggio. Pensate, tra i miei venti e trent'anni, sempre alla ricerca del mestiere ambito, cambiai datore di lavoro come si cambiano i calzini: 9 volte in 8 anni. E non si trattava di mestieri occasionali: Mondadori, Bompiani, Itamco e Radar (agenzie di pubblicità), Alitalia, Ford, RCA, BBC... .Il lavoro c'era, ma pesantemente di classe, secondo l'impostazione scolastica di Giovanni Gentile. Filosofo grande, ma mussoliniano. Non per questo andava giustiziato. E in quel modo.

 


Direi che l'adesivo che ci legava al passato, in tutte le sue forme, abbigliamento, riti e tradizioni, produzione, istruzione, ma anche ideologia, teneva più dell'Attack. Trascinarci fuori dal fascismo, per chi non era passato per il trauma dell rottura partigiana, non era stato facile. E neanche arrivare a quella catarsi che prospettava il comunismo. Ne arrivava il polline nel vento. Ai padroni dava l'allergia e, per uscirne, acceleravano con i ceppi agli operai e le scuole dei preti (ecclesiastici o laici, poca differenza). A noi portava il profumo di nuove fioriture. Entrammo nella Storia. Personalmente nel 1967, per la prima volta inviato di guerra. In Palestina, guerra dei Sei Giorni, Dayan contro Nasser, sulla pelle dei palestinesi. Per tantissimi come la "Storia siamo noi" incominciò nel '68. Ma qui siamo al capitolo successivo. 


domenica 23 maggio 2021

Covid e Palestina: Facebook punisce chi non mente.

 


 

Cari amici e interlocutori questa è la copertina di una mia intervista a "Sancho" (“comedonchisciotte") nella quale si parla di guerre a noi e ad altri umani: Palestina e Covid-19.

Facebook, nella sua infinita ipocrisia censoria, ha eliminato da profilo e pagina pubblica l'intera videointervista, asserendo che conteneva notizie false e dunque "violava le regole della comunità". Ovviamente potrete trovare la trasmissione sul sito di "comedonchisciotte" e verificare quali sarebbero le notizie false che avrei diffuso. Resta solo un interrogativo: i vigilantes-sceriffi di Zuckerberg hanno eseguito l'ordine di rimozione per soddisfare i risentiti vaccinari, o i seccatissimi bombaroli di Tel Aviv? O per gli uni e gli altri? Conto sulla protezione legale e della Federazione Nazionale della Stampa. Come no!

Fulvio

martedì 18 maggio 2021

Quando la sovranità si paga--- --- PERCHE' I PEGGIORI GUERRAFONDAI, DIRITTOUMANISTI E RAZZISTI CE L'HANNO CON L'EGITTO


Unire i puntini. Capire meglio

Una collega documentarista, sciocchina, giustamente tutta presa dal male assoluto che imperversa sulla Palestina, peggio che ai tempi di Erode, si è risenIita perchè io, in queste temperie, ho osato allontanarmi dal tema Palestina per occuparmi e scrivere di Egitto. La signora ignora che di Palestina mi occupo ininterrottamente da 54 anni, da quando ero inviato alla Guerra dei Sei Giorni (1967), attraverso le intifade, le sconfitte subite dagli israeliani in Libano, le aggressioni a Gaza, fino alla mia lotta a fianco dei fedajin. E' un suo diritto ignorare. Ma la signora soffre dello Zeitgeist  col quale quelli del male assoluto, in Israele e in tutto l'Occidente, riescono a neutralizzare l'intelligenza umana. Spirito del tempo costruita nelle provette del vaccino:  la restrizione nella gabbia del presente e di ciò ohe si ha sotto gli occhi. Niente contesto, niente prima, niente dopo, niente altrove.

La signora non unisce i puntini e si perde il contesto per il quale ciò che viene inflitto all'Egitto in termini di aggressione terrorista ISIS, diffamazione, calunnie e vituperio, ha un suo parente stretto in quanto stanno facendo ai palestinesi. E' la globalizzazione che deve rimuovere gli ostacoli: identitari, sovrani, non omologati. In Palestina siamo al genocidio. Ma cosa pensate possa capitare a 100 milioni di egiziani se, con il consenso internazionale, o il famigerato silenzio-assenso, l'Etiopia, padrona delle sorgenti, taglia l'acqua ai paesi a valle? La vita dell'Egitto, popolo e coltivazioni, cioè cibo, ne dipende al 90%. Ora, se il premier etiope Abiy Ahmed, uscito con le mani insanguinate dal massacro del Tigray e da altre stragi nella terra degli Oromo, persiste nel procedere al riempimento della nuova diga del "Rinascimento",  colosso iperdimensionato che trattiene milioni di metricubi d'acqua, per l'Egitto, nazione della più antica civiltà del mondo, sarebbe la morte per sete. 

Gli arabi sono da secoli una spina nel fianco dell'Occidente colonialista (al netto delle satrapie del Golfo, la cui massa umana è essenzialmente importata). Appena alzano la testa, manifestano una loro volontà, immaginano che il concetto di sovranità popolare e nazionale spetti anche a loro, riescono a farsi protagonisti della regione e sullo scenario geopolitico, cala la mannaia, degli F35, dell'Isis-Al Qaida, delle sanzioni, dell'acqua del Nilo negata. Sono puntini da collegare, non vi pare? E mettiamoci anche il Covid che, per noi, è un po' come i missili sulle case di Gaza, o la chiusura del rubinetto all'Egitto. 

L'Egitto è il primo paese che si è precipitato a proporre una mediazione che ponga fine al genocidio in Palestina. Ha aperto il valico di Rafah con Gaza, ha fatto entrare massici aiuti, ha accolto nei suoi ospedali i feriti. Altri stanno a guardare. Sono gli "equidistanti", equidistanti tra fuoco e acqua.

Cosa le presstitute hanno saputo fare dell'Egitto per essersi liberato della Fratellanza Musulmana

Nell'area Mediterraneo-Medioriente-Nordafrica, l'Egitto e il suo presidente Al Sisi, ci vengono presentati come un buco nero e il mostro che vi imperversa. Al Sisi, arrivato al potere sull'onda di una rivolta di popolo contro il regime della Fratellanza Musulmana, di cui i militari si sono fatti carico. Il presidente dell'Egitto è peggio di Erdogan, della Giunta di Myanmar, della governatrice di Hong Kong, di Maduro. E' l'ennesimo "Nuovo Hitler". E' l'immagine su cui, con stereotipata ripetitività, si inchiodano una serie di Stati fuori dall'orbita detta "occidentale". 

E' l'immagine e il conseguente trattamento, politico, economico, spionistico, mediatico, colorato-golpista, sanzionistico e, alla fine, militare, che meritano i paesi con la pretesa di un'autodeterminata sovranità, politica, struttura sociale, scelta delle amicizie e alleanze. Tanto più se risultano forti di consenso popolare e capacità di progresso. Sono condizioni che attraggono le destabilizzazioni di CIA, Mossad, NED (National Endowment for Democracy) tramite vari strumenti: mobilitazione di un ceto insoddisfatto, organizzato e finanziato da fuori, mercenariato che finga la guerra civile, sanzioni che strangolino l'equità sociale, divisioni etnoconfessionali, Forze Speciali e relative provocazioni, False Flag. E' soprattutto un'uragano di calunnie e diffamazioni mediatiche, basate sulle collaudate "prove" di organismi legati al Dipartimento di Stato, come Amnesty International,  Human Rights Watch, Medici Senza Frontiere, o Save the Children. 

Ad Al Sisi come a Putin. Fatte le debite proporzioni, l'accostamento non è affatto arbitrario. Entrambi, in tempi quasi miracolosi, hanno tratto dalla rovina un paese devastato, saccheggiato, ridotto in miseria, con tutti i fondamentali dell'economia e della società in frantumi, preda di avvoltoi autoctoni e stranieri. Lo hanno rimesso in piedi, gli hanno ridato autostima e dignità, hanno sconfitto le forze mercenarie agli ordini di chi li voleva cancellare dalla Storia.

Il cavallo di Troia

 


Sconfitto il progetto statunitense della Primavera Araba da consegnare nelle mani del leader, Mohamed Morsi, di una forza politico-sociale reazionaria e integralista, braccio politico del terrorismo jihadista la Fratellanza Musulmana. Una consorteria da un secolo sotto controllo colonialista anglosassone, quinta colonna per il contrasto alla rinascita anticolonialista, sociale e culturale della liberazione araba, laica e progressista. Ha favorito con i suoi militanti il recupero coloniale della Libia, già libera e prospera, faro per l'intero continente; insieme a turchi e curdi ha lacerato la Siria e l'Iraq per conto di USA, Israele e Nato 

Cosa conviene o non all'Italia nei suoi rapporti con Egitto e regione afromediterranea

Vogliamo permettere che la Svizzera costruisca bacini e dighe per, impunemente tagliare l'acqua del Reno a Germania, Lussemburgo, Olanda? O che il Perù, con megadighe sul Rio delle Amazzoni, riduca l'acqua al Brasile nell'Amazzonia e dei suoi popoli minacciati? O che la Germania privi dell'acqua, con megadighe sul Danubio, Austria, Slovacchia, Ungheria, Serbia, e Romania? O che la Repubblica Ceca, con megadighe sull'Oder, asseti i campi e le gole dei tedeschi in Slesia (ora Polonia) e in Germania? O che la stessa Cechia, bloccando l'Elba, tolga l'acqua ancora alla Germania? O pensiamo addirittura che la Cina, nel Tibet, possa erigere gigantesche dighe e ridurre al deserto Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia, Vietnam?

Scrivo dall’Italia, un paese che dell’Egitto è stato per lunghi, fruttuosi anni un partner privilegiato negli scambi e nella cooperazione. Oggi il mio paese sembra aver messo in vendita i frutti di questo vicinato, geograficamente e storicamente così valido, con danni soprattutto per se stesso e la sua popolazione. Tutto questo per una manovra geopolitica condotta da interessi opposti, basata su una gigantesca menzogna. Si tratta di  interessi ostili sia all’Italia che all’Egitto e al mondo arabo in generale, con lo scopo della destabilizzazione dell'intera regione all'insegna di ciò che qualcuno chiama "caos creativo".

Neocolonialismo all'opera: ricuperare i beni perduti

 

Sopra le legge: "Diga della Rinascita" costruita da Salini-Impregilo

Fin da quando, negli anni ’60, ero redattore della BBC e poi inviato di molte testate nazionali e internazionali, fino alla TV di Stato italiana, RAI, il mio campo di massima specializzazione è stato il Medioriente e la nazione araba, allora in fase di grande risveglio e di liberazione dal colonialismo. Un colonialismo che oggi prova a ripresentarsi sotto nuove forme e con nuovi e più subdoli strumenti: oltre a quello delle armi, dello strangolamento economico, della propaganda e della sovversione interna.

L’Egitto, che ho visitato in varie occasioni fin dai tempi del Presidente Gamal Abdel Nasser, sia per lavoro, che per vacanze, è oggi come ieri il cuore del mondo arabo. Con Nasser ne fu l’avanguardia politica e sociale. Un’avanguardia che al suo fianco aveva altri protagonisti della liberazione anticoloniale che ne seguivano l’esempio: Libia, Siria, Iraq, Yemen, Sudan, Algeria. Popoli impegnati per l’unità, il benessere. e la sovranità della nazione e nella resistenza al neocolonialismo. Alcuni hanno dovuto soccombere, altri resistono. Tutti si rialzeranno, tempo al tempo.

Obiettivo Egitto

 


Milioni in piazza contro il presidente islamista Morsi nel primo anniversario del suo governo
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Non poteva non toccare all’Egitto, il paese più popoloso e forte, al centro di un crocevia di regioni, continenti e rotte strategiche e che perciò molti potenti cercano di ridurre in condizioni di dipendenza. L’Egitto laico e nazionale aveva vinto una prima battaglia per la democrazia e l’emancipazione del suo popolo, quando una cospirazione internazionale aveva portato al potere, contro la volontà della sua società, un vecchio strumento colonialista: la Fratellanza Musulmana e il suo totalitarismo oscurantista, religioso e politico. Milioni di egiziani, con in testa le donne, si erano opposti al regime del presidente Morsi, eletto grazie all’astensione di tutti i partiti laici. L’esercito aveva raccolto la loro istanza, come in altri momenti della decolonizzazione.

Un successo di popolo e dei suoi rappresentanti che non poteva essere tollerato da chi si era augurato di ritrovare, grazie alla Fratellanza Musulmana, un Egitto prono e  obbediente, come negli anni prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Un situazione di dipendenza e arretratezza alla quale aveva risposto la Rivoluzione nasseriana. La maggioranza dei media occidentali, facendo leva su quella che deve essere chiamata “Operazione Giulio Regeni”, scatenò una campagna di odio e diffamazione contro il paese e il suo governo. 

Al Cairo non veniva perdonato di esseri riscattato dall’oscurantismo, di aver riaffermato la propria sovranità, di sostenere la sovranità della Siria sotto attacco jnihadista, di volere la salvezza di una Libia distrutta dalla Nato e la sua liberazione dal dominio della Fratellanza Musulmana e delle sue bande jihadiste.

Un paese troppo libero e autodeterminato? Vai con i jihadisti!

 

Raddoppio del Canale di Suez

Non gli veniva perdonato di aver rimesso in piedi un paese, le cui infrastrutture erano gravemente compromesse, raddoppiando il Canale di Suez in meno di un anno, fonte di reddito e progresso per tutta la popolazione; di aver costruito in tempi record una nuova capitale amministrativa per alleggerire la congestione del Cairo; di essere tornato ad attrarre turismo ai suoi tesori archeologici e ambientali, di aver promosso una maggiore equità sociale, dopo la politica settaria e anti-operaia di Morsi; di aver ricomposto una convivenza confessionale dopo l'orrore delle chiese copte bruciate da militanti della Fratellanza col fine di creare lacerazioni interne.

In particolare ha disturbato la dimostrazione di efficienza dimostrata col raddoppio del Canale in tempi brevissimi, anche perchè fonte di maggiori introiti per lo sviluppo del paese. Forse non è del tutto innocente quanto poi capitato con l'assurda mega-portacontainer di Taiwan, Evergreen, che dopo aver fatto stranissimi ghirigori di manovra nel Mar Rosso, alla sua entrata nel Canale è andata dritta a incagliarsi, bloccando 400 navi e suscitando vasti malumori. Anche qui, l'Egitto ha fatto da solo e in sei giorni ha spazzato via migliaia di tonnellate di sabbia e liberato la nave.

 


L’assedio a questo nuovo Egitto, tornato riferimento per i patrioti arabi, viene attuato in vari modi. Quando gli assalitori mediatici dell’Egitto citano cifre di detenuti e uccisi, immancabilmente attribuite tutte alla repressione "politica" del governo del presidente Abdel Fattah Al Sisi. Ciò avviene in mancanza totale di verifica, si riprendono i numeri senza prove di ONG legate a interessi colonialisti e imperialisti, come Amnesty International o Human Rights Watch. Organizzazioni impegnate a preparare il terreno alla destabilizzazione, tramite guerre, sanzioni o sommosse.

Informazione o propaganda?

Così circola da anni la cifra di 60.000 prigionieri, detti “politici”, nelle carceri egiziane. Si parla di torture e uccisioni sistematiche. A parte che per tale numero non è stata tentata nessuna verifica, nessuno vuole ricordare che, dalla caduta di Morsi, l’Egitto soffre una violentissima aggressione terroristica di bande jihadiste, braccio armato della Fratellanza, con migliaia di vittime civili e delle forze di Sicurezza, specialmente nel Sinai. Ma anche con attentati mortali ad alti esponenti delle istituzioni nel cuore del paese. Gran parte di quei detenuti sono prigionieri della guerra mossa all'Egitto dagli islamisti. Mentre i media e i politici dell'Occidente reclamano il diritto e l'urgenza di combattere il terrorismo, peraltro di origini molto sospette, all'Egitto si imputa la colpa la difendere dal terrorismo la propria popolazione.

A questa guerra contro il popolo egiziano si collegano vari altri fattori e scenari geopolitici. Vanno dalla pretesa della Turchia neo-ottomana di assicurarsi il dominio su gran parte del Mediterraneo e dei suoi giacimenti minerari e di imporre il suo controllo sulla Libia araba, al progetto di ridurre alla sottomissione l’Egitto tramite un lento esaurimento della sua risorsa vitale, l’acqua.

Far morire di sete

 Il nuovo Egitto ha saputo neutralizzare la massima parte delle aggressioni subite. Ma sul piano della risorsa fondamentale per l’economia e la vita stessa della sua popolazione, esso sta subendo una minaccia mortale.  E questo nell’indifferenza e nel silenzio di tutti coloro che tanto si adoperano ad aggredire il paese con le calunnie. Io non so come stiano le cose nell’Egitto, sul piano della democrazia e della giustizia sociale, manco da qualche anno. Ma so benissimo che non mi devo fidare, che nessuno deve fidarsi, quando campagne propagandistiche, in difesa di scoperti interessi, cercano di demolire la reputazione di uno Stato. Ne abbiamo esempi a centinaia. L’Egitto è troppo prezioso e importante perché non si cerchi di ridurlo al proprio servizio. Dirò di più: oggi come oggi non vedo nessuno nell'Occidente ex-colonialista, imperialista, sanzionatorio e guerrafondaio, che possa vantare titoli per condannare chicchessia.

La minaccia maggiore è quella della così chiamata Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), “Grande Diga del Rinascimento Etiopico”, diga sul Nilo Blu  E’ diga  colossale, al di là di ogni proporzione necessaria per i bisogni di quel paese, la più grande dell’Africa e la settima nel mondo. E l’Italia ne è protagonista, in quanto costruttrice con la Salini-Impregilo, oggi Webuild, quanto lo è ENI nel giacimento egiziano di idrocarburi Zhor, il più vasto del Mediterraneo. Motivo in più, si direbbe ragionevolmente, per salvaguardare l‘amicizia tra i due paesi. 

La GERD ha visto porre la prima pietra nel 2011, nel nordovest del paese, a una cinquantina di km dal confine col Sudan. La sua dimensione e la capienza dei bacini, una volta colmata, può rappresentare per i paesi a valle, soprattutto per l’Egitto, una tale riduzione del flusso da desertificare un paese che per oltre il 90% ne vive. Un progetto, fruttato a Salini 4,5 miliardi e che dovrebbe non solo soddisfare il fabbisogno energetico dei circa 110 milioni di etiopi, ma anche assicurare al governo di Abiy Ahmed un ricco reddito. Si prevede l’esportazione di un gigantesco surplus ai paesi vicini. A spese degli oltre 100 milioni di egiziani, ai quali infliggerà la desertificazione fino a 4 milioni di ettari dei 10 milioni attualmente coltivabili.

 





L'inutile e pernicioso gigantismo di un'opera

Affetta da gigantismo, la GERD è stata ulteriormente ampliata in corso d'opera. Dai previsti 145 metri di altezza e un volume di 10,1 milionni di metri cubi, si è passati a 155 metrri e a 10,3 milioni di metri cubi. Da una superficie di 1.680 km quadrati si è arrivati a 1.874. Peccato che approfondite ricerche geologiche e ingegneristiche rivelano che la base rocciosa del colosso non è stata studiata adeguatamente e presenta, alla base, un piano di roccia mobile che avrebbe potuto provocare il catastrofico scivolamento a valle di diga e bacino, con conseguenze rispetto alle quali il disastro del nostro Vayont parrebbe la perdita da una piscina. Per rimediare occorrono ulteriori studi e migliaia di tonnellate di calcestruzzo.

Il megaimpianto sul Nilo Blu è successivo ad altre tre grandi dighe, sempre costruite da Salini-Impregilo, che si aggiungono a ulteriori trenta e che hanno comportato lo sradicamento e la deportazione di intere popolazioni, parti delle quali sono giunte in Italia sui barconi. Potenze investitrici in Etiopia, quali gli Usa, la Cina, Israele, Unione Europea e altri paesi, fanno orecchie da mercante su questa causa delle migrazioni, nonchè sulle gravi violazioni del diritto internazionale relativo alle gestione globale delle acque. I ripetuti tentativi di Egitto e, in minor misura, del Sudan, che controlla il corso del Nilo Bianco, sono falliti di fronte all'intransigenza del governo di Addis Abeba.

Un regime violento e guerresco


Intransigenza accresciuta sotto la premiership, dal 2018,  di Abiy Ahmed. Un esponente dell'etnia Oromo, succeduto alla lunga dittatura dell'etnia tigrina e impegnato subito in sanguinose incursioni all'interno del paese. In precedenza si era assicurato la tranquillità del confine Nord, grazie alla riconciliazione con l'Eritrea, ex-colonia italiana annessa da Addis Abeba sotto Haile Selassiè e con la quale l'Etiopia era periodicamente in conflitto dagli anni '60 del secolo scorso, fino all'indipendenza conseguita da Asmara nel 1993. Una lotta trentennale della quale chi scrive è stato partecipe e testimone e di cui ha dovuto constatare, negli ultimi anni, la compromissione degli ideali politici e sociali che avevano caratterizzato la sua lotta e la sua conquistata libertà. 

Nella sua strategia di centralizzazione, sotto il proprio potere, di un vastissimo paese, dalle numerose differenze etniche, religiose e geografiche, Abiy ha provato a distruggere una storica struttura federalista, con autonomia riconosciuta alle varie minoranze. 

Prima ci fu l'opposizione degli Oromo, ferocemente repressa, con un numero di vittime altissimo e mai calcolato dal regime. Subito dopo toccò ai tigrini che, per decenni, sopratutto con Meles Zenawi, avevano governato in modo autoritario il paese. Nell'attacco al Tigray, che aveva osato tenere le solite elezioni regionali, Abiy fu aiutato dai suoi ex-nemici eritrei, ansiosi di vendicarsi  di coloro di cui avevano subito l'occupazione e poi il tentativo di rivincita. Entrambe le imprese hanno comportato spaventosi eccidi di civili e l'esodo di decine di migliaia di rifugiati.

Guerra dell'acqua come arma strategica



Tutto questo non ha impedito al nuovo governo etiopico di perseguire la sua marcia verso il completamento della GERD, con il rifiuto di ogni ragionevole compromesso, ultimo quello tentato recentemente dall'Egitto con il coinvolgimento nella mediazione, a Entebbe e Kinshasa, dei 10 paesi del bacino e di altri attori internazionali. All'inizio dell'anno, in una conferenza stampa, al ministro delle Acque etiopico era stato chiesto quale insieme di forze interessate avrebbe controllato la diga e il suo flusso. La risposta fu netta e brutale: "E' la MIA diga!"

Per fortuna, l'Egitto non manca di sostenitori importanti, a partire da Russia, settori USA, la Francia, vari paesi arabi e africani, ai quali sfortunatamente non aderisce di questi tempi il governo italiano. Si ricorre a vari pretesti che gli vengono imposti da entità di cui si tenta di occultare l'identità. Per la questione Giulio Regeni, si imputano alla magistratura egiziana scorrettezze, depistaggi, insabbiamenti. Caratteristiche che spesso venivano imputate alla Procura romana in altre occasioni. Di fronte alla recente accusa a esponenti della Sicurezza egiziana, sulla quale non ho elementi per giudicarne la fondatezza, resta l'incredibile riluttanza ad approfondire il passato professionale e formativo della vittima italiana e l'ambiente britannico che gli fa da sfondo.  

Corno d'Africa-Suez, a chi il controllo?

Il confronto è dunque geopolitico e, in particolare, tra un Corno d'Africa, dominato dall'Etiopia, che sovrasta il passaggio per lo stretto di Bab el Mandeb e il transito del 40% del commercio tra Est e Ovest, e il Mar Rosso, con il terminale del Canale di Suez.

Per la legge e le convenzioni, titolari di un corso d'acqua plurinazionale che, oltre tutto, ha un rilievo enorme ai fini di  preservare il patrimonio ambientale ed ecologico di vaste regioni, sono tutti coloro che ne governano la sorgente, il corso e la foce. L'atteggiamento etiopico non tiene conto di questo dato, nè delle norme in proposito e neppure dei danni che si rischia di infliggere ai paesi a valle.

Un ricatto a centinaia di milioni di esseri umani e al loro ecosistema.

Con il graduale riempimento del bacino, che l'Egitto e il Sudan hanno chiesto invano di rallentare, la quota d'acqua spettante all'Egitto si è ridotta del 25%, di circa 12 miliardi di metri cubi rispetto agli originali 55 miliardi concordati nei trattati. L'abbassamento del Lago Nasser, tra Sudan ed Egitto, comporterà il ridotto funzionamento delle turbine idroelettriche e renderà problematico il grande progetto di bonifica della regione Toshka. Solo a ridurre del 2% di quanto gli spetta, l'Egitto rischia di perdere 200mila feddan all'anno. E molte altre sono le conseguenze negative di una mancata equità nella distribuzione delle acque del Nilo. Equità che soddisferebbe ampiamente il fabbisogno etiopico e garantirebbe quello di Sudan ed Egitto.

Chi si accanisce a parlare di violazioni dei diritti umani, qua e  là nei paesi che si vogliono sotto tiro, dovrebbe preoccuparsi del cataclisma che si rovescerebbe sui diritti umani, non solo del paese dei faraoni e del cuore della nazione araba. Tenendo conto dell'analoghe imprese strangolatrici che la Turchia attua nei confronti dell'Iraq, con le sue megadighe sull'Eufrate, si comprende come ne vada di mezzo l'intero equilibrio economico, sociale, sanitario e politico tra i popoli che vivono sulle sponde del Mediterraneo, in Africa e Medioriente.

L'Italia, portando avanti una speculazione politica senza basi e che serve esclusivamente agli interessi di suoi concorrenti o padrini, non certamente ai suoi,  rischia di destabilizzare uno scenario cui tutti dovrebbero concorrere in pace e armonia. La sua è una pesante responsabilità. Uno strumento particolarmente sporco è stato lo sfruttamento della vicenda Regeni per isolare ed esorcizzare l'Egitto. Il recente documentario egiziano su chi fosse Regeni e cosa facesse e avesse fatto, nel quale c'è anche una mia intervista, è stato definito "macchina del fango", punto. Nessuno dei fatti incontrovertibili e delle ragionate considerazioni è stato preso in considerazione o contestato. Se qualcuno volesse  avere una dimostrazione di malafede, dia un'occhiata a questo piccolo campionario delle reazioni di stampa.



 

  

 

 

sabato 15 maggio 2021

Youtube mi censura su Palestina e Colombia.

 

https://visionetv.it/il-mondo-e-in-fiamme-dietro-il-sipario-talk-show/

 

Mi è stato appena comunicato (vedi sotto) che il video di Visione TV del forum su Colombia e  Palestina, in cui Francesco Toscano intervista me e un ex-dirigente dei servizi di sicurezza colombiano, inseguito da minacce di morte e riparato in Canada, è stato rimosso da Youtube. Senza nemmeno le solite ipocrite e criptiche spiegazioni. Le rivelazioni dell’ex-agente, Richard Maok Riano Botina, su quanto sta succedendo in Colombia e quali siano gli attori al centro di una quasi guerra civile, compresi USA e Israele, e sui legami tra gli interventi in Colombia e quanto va succedendo in Palestina, costituiscono un autentico scoop. Intollerabile per i poteri interventisti.

Anche le mie analisi e considerazioni devono aver disturbato gli operativi delle aggressioni e delle violenze in corso, alle cui dipendenze operano le piattaforme..

Credo che valga la pena ricuperare questo documento. Lo trovate al link qui sopra. Alla faccia di una censura che sta rendendo quella fascista uno scherzo.

Fulvio

Videoforum di Visione TV--- --- COLOMBIA, L'ISRAELE DELL'AMERICA LATINA ISRAELE, LA COLOMBIA DEL MEDIORIENTE

Moni Ovadia, ma quale "scelto"!

https://www.youtube.com/13f6d352-d8f3-407c-88ac-f798616d010b   

 


Il video forum di Visione TV, moderato da Francesco Toscano, realizza un autentico scoop. Occupandosi di due casi, particolarmente virulenti, delle grandi tragedie imposte nel nostro tempo da dirigenze a dominati, i pogrom di Colombia e Israele, presenta un ex-dirigente dei servizi di sicurezza di Bogotà, oggi in esilio in Canada rincorso da minacce e sicari di morte. Richard Maok Riano Botina, ci rivela cosa sta accadendo in Colombia in termini di insurrezione popolare e sanguinosa repressione, i retroterra e gli attori, soprattutto statunitensi, ma anche israeliani, dell'operazione in atto, la prospettiva di un'aggressione al Venezuela. A conoscenza del ruolo dei servizi segreti occidentali e rispettivi padrini politici in vari scenari, ha anche qualcosa da dirci su quanto sta avvenendo in Palestina.

A questo si aggiungono le mie analisi e considerazioni. 

Cronache di sicofanti e opportunisti

 


Se siamo nauseati dal doppiopesismo e dal codardo oltraggio di media e politici italiani, abbiamo almeno il grande conforto della risposta della nostra gente, anche giovane, agli eccidi che Netaniahu va commettendo, sostenuto da una popolazione che nella parte maggiore e peggiore si identifica nel motto "morte agli arabi". In Germania, faro d'Europa, se le sognano le decine di migliaia di manifestanti che da Milano a Napoli, da Roma a Torino e in mille altri centri abitati, vanno esprimendo la loro perfetta conoscenza e coscienza - e il ripudio - del genocidio inflitto ai palestinesi, titolari di quella terra. Oggi, come sempre, da 73 anni.

Sarà che, tutto sommato, a dispetto delle leggi razziali e dei treni che partivano dal "binario 21", noi siamo scampati a quella generalizzazione ed eternizzazione della colpa che sono state inflitte all'intero popolo tedesco. Come l'ha proclamato, in un momento di demenza, il giornalista Paolo Barnard - "Il popolo tedesco il nazismo ce l'ha nel DNA" - ma lo condividono molti italiani ed europei, che il loro post-ultra-fascismo ritengono di poterlo mimetizzare con le pratiche a vuoto dell'antifascismo pretestuale. E' gente che non hai mai sentito nè di Marx, nè di Beethoven, nè di Goethe, nè di Hegel, nè di Duerer, nè di Bertold Brecht, o Fritz Lang, nè del milione di tedeschi antinazisti giustiziati dal Reich. Il razzismo assume molte forme. E l'antifascismo anche.

Nakba? Non basta mai!


Nella Palestina israelizzata, dopo che l'ONU, nel 1948, aveva sancito un'iniqua divisione del territorio tra presenza storica e presenza in arrivo, ci fu la Nakba, la "catastrofe". Solo il primo passo per lo sradicamento pressochè totale dei palestinesi, dopo la guerra del 1967, quanto meno dai loro diritti, oltre che dalla massima parte del territorio lasciatogli dall'ONU. Nakba in questi giorni ricordata dai palestinesi e celebrata dagli israeliani e da tutti i giustificatori di uno "Stato degli ebrei" (gli altri, 5 milioni, sono spettri) come recentemente sancito da una legge costituzionale.

Le autorità israeliane - in netto contrasto con lo storico israeliano Ilan Pappè e il suo "La pulizia etnica della Palestina" - affermano che fu spontanea la partenza di quel milione di palestinesi (80% della popolazione), un esodo, mica una fuga dai villaggi bruciati e dai massacri alla Deir Yassin (che vidi ripetersi, pari pari, da cronista di "Paese Sera" nella Guerra dei Sei Giorni (1967). Affermano che non esistono documenti che attestino una preordinata strategia di espulsione da parte di Ben Gurion e altri responsabili del nuovo Stato. Curioso:  coloro che mettono in discussione lo sterminio nei campi di concentramento tedeschi, o almeno la portata della Shoah, dicono la stessa cosa: non esistono documenti a provare le relative disposizioni governative.

E' questa eternizzazione della colpa, qualsiasi ne siano fondamento e ampiezza, che è servita a coprire 73 anni di genocidio strisciante, inverosimili vessazioni, repressioni sanguinose, furti, colonizzazione, espropri. Da tutta la Palestina a quello che ne rimane: le case di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, il campo di sterminio di Gaza e qualche fazzoletto di terra in Cisgiordania, stretto tra fortilizi e scorribande di coloni. 


 
Araba fenice

Chi avrebbe resistito a tanto abuso, dolore, perdite? Con l'unica formazione palestinese ancora combattiva, Hamas e la costola Jihad, isolata nella Striscia e associata alla discutibile e ambigua Fratellanza Musulmana (Turchia, Qatar, Tripoli di Libia), sotto la ferula oppressiva e corrotta dei collaborazionisti di Fatah e Abu Mazen, con Barghuti e la migliore dirigenza palestinese ergastolana nelle carceri dell'occupante, la vicenda palestinese pareva all'epilogo. 

Lo era parsa tante volte nel corso della storia, ma altrettante era stata la rinascita, tentata e, a volte, capace di mettere l'intero Stato in crisi. I 15 anni in cui l'ormai illegittimo presidente dell'ANP e di Fatah ha soppresso la libera espressione della volontà popolare, in perfetta simbiosi politica e pratica repressiva con Tel Aviv, avevano silenziato ogni resistenza. Salvo sparuti episodi di individuale reazione, o l'ostinata risposta a Gaza di un Hamas cui, comunque, la popolazione non ha mai negato fiducia e i suoi immensi sacrifici.

 In questi giorni vediamo le stesse scene della prima e seconda Intifada. Le riconosco perchè le ho vissute, accompagnate dai ricordi di corpi sfracellati da proiettili per aver tirato pietre. E l'enormità del sopruso (strumentale, alla vista di un Netaniahu malfermo che si aggrappa al nemico "esterno") sta scuotendo le fibre e le coscienze di quei milioni di palestinesi che discesero dalla Nakba e si moltiplicarono nei tuguri e nella discriminazione dei paesi ospitanti. Li troviamo ai confini e davanti ai reticolati. E c'è Hezbollah, vincitore due volte su Tsahal e c'è l'Iran. 



Ricatti, vittime e complici

 La Germania è un'avanguardia nel contrasto alla scellerata manovra virusiana, ma in politica estera funziona il noto ricatto e l'opportunismo guerrafondaio dei democristiani, socialdemocratici e, peggio di tutti, dei Verdi, amici del giaguaro dai tempi di Cohn Bendit e Joshka Fischer. Ma nel resto del mondo e in Medioriente c'è da prevedere che per Israele non vada più tutto tanto liscio. Ne sta facendo una di troppo e, dalla mancata vittoria imperialista in Siria, dal ritorno dell'Iraq all'insofferenza verso gli USA, dall'incapacità perfino di domare lo Yemen, dalla prospettiva che in Iran dal "moderato" Rouhani si torni a una dirigenza più ferma e dignitosa, pare si possa desumere che l'equilibrio delle forze possa mutare. Anche se i serpenti daranno tutti i colpi di coda che si possano temere. A partire dell'accusa di "antisemitismo", arrivata a comprendere ogni comportamento non omologato: dal no-vax al no-migranti, al no-Salvini, o Draghi, o McDonald's

Moni Ovadia e la "scelta" di dio, l'ANPI e l'equidistanza tra vittime e carnefici

Vorrei dire qualcosa di accorato a due soggetti che potrebbero salvaguardare meglio il loro indubbio prestigio. Mi riferisco a Moni Ovadia, il bravo intellettuale con la kippa, presente ovunque a difendere con coerenza e onestà valori fuori discussione, diritti umani e civili, "un ebreo contro, dalla parte degli ultimi". In un commento ai fatti palestinesi sul Fatto Quotidiano, detto ciò che andava detto da ebrei liberi, quelli che in Israele definiscono "odiatori degli ebrei", ha ripiegato sulla religione. Non in termini mistici, ma in quelli che si riferiscono al  rapporto col loro dio  che è il "dio dell'intera umanità", ed è già una pretesa che condivide con i cristiani. Ma con "dio degli sbandati meticci, stranieri, schiavi"  siamo a quel vittimismo che non è unico, ma dovrebbe valere per umani d'ogni tipo. Diventa aristocratico, elitario ed escludente, quando si ritorna alla furba formula dei compilatori del libro di leggende intitolato Bibbia: il popolo scelto da dio, il popolo eletto cui tutto è concesso e perdonato. Nel suo breve trafiletto, Ovadia quella parola "scegliere", "sceglie", "scelti", la nomina tre volte. Moni, quando si parla di popolo scelto, si incomincia a guardare dall'alto in basso gli "sbandati, meticci, schiavi..."

L'altro soggetto è collettivo, l'ANPI, benemerito custode del ricordo e della continuità dei valori partigiani di liberazione dal totalitarismo. A parte, la non piccola dimenticanza relativa al totalitarismo in atto sulla nostra pelle, questo ente ha già al suo passivo numerose sbandate rispetto ai suoi presupposti ideali e statutari, (penso alla'Ucraina e alla catena di trasmissione rispetto al PD). Il presidente Pagliarulo, sullo scontro tra oppressione e libertà in Medioriente, auspica una eliminazione delle "due bandiere", la scomparsa delle odiose "tifoserie", e il trionfo di un'unica bandiera "arcobaleno", che faccia vincere la pace sulla guerra. Per Pagliarulo non conta che entrambe le opzioni, pace e guerra, stiano in mano a solo una delle due "tifoserie". E che prima della pace dovrebbe venire la giustizia. Un inno al cerchiobottismo. Chissà cosa ne direbbe la "tifoseria"  dei vecchi partigiani.