giovedì 13 maggio 2021

VIDEOINTERVISTA A DAVVERO Tv (BYOBLU) --- vittime, boia, bari, equilibristi e doppiopesisti --- PALESTINA, ARABA FENICE --- La globalizzazione in crisi dove la religione si è fatta Stato

 


https://www.davvero.tv/byoblu/videos/grimaldi-12-05-21-web 

 Gli "attaccanti" stanno arrivando ai 100 morti, i "difensori" a una decina

Lo Stato Canaglia imperiale al 100% dalla parte dello Stato Canaglia in Seconda. L'Intendence UE suivra. La presstitute sono pronte sul marciapiedi

Un pezzo forte della globalizzazione

La globalizzazione è realizzabile soltanto attraverso una procedura alla schiacciasassi. Dunque affronta sassi, li rompe e uniforma. Deve rendere tutto liscio e piatto. Pochi stanno sul rullo compressore, pochissimi lo guidano, tutti gli altri finiscono sotto. Le strade all’antica sono fatte di irregolarità bene incastrate, pietre con un’identità, a volte c’è uno spigolo. Se l’identità è ben definita e solida, lo spigolo diventa un ostacolo e lo schiacciasassi si blocca. Magari, si rompe o, almeno, si lesiona. E allora il conducente scende e prende quell’ostacolo a mazzate, o lo disintegra con l’esplosivo. E’ il caso della Palestina. La marca del bulldozer è “Apartheid”, made in “Stato degli ebrei”. 

 

Rachel Corrie e la ruspa che l'ha schiacciata. Gaza, 16/3/2003

In questi giorni, tra la Colombia, Stato della Droga e protettorato USA, e Israele, lo schiacciasassi della globalizzazione sta procedendo al massimo dei giri. Ma più rompe per livellare, e più spigoli si formano. Così si scontra anche con il massimo delle spigolosità. Si tratta di pietre formatesi e conformatesi nei secoli e quindi di una durezza particolare. Irriducibile alla piattezza di un lastricato. 

Uscendo dalla metafora, qui i padroni del mondo hanno trovato qualcosa di particolarmente ostico e, prima di risolversi a un'alternativa, danno colpi di mannaia all’impazzata. Per vedere se riescono a schiacciarli tutti e, soprattutto, se li sostiene un’opinione pubblica che, alla faccia dei virusiani e dei media di complemento, qualcosina conta ancora.

Bilance tarate male

Conta ancora, alla faccia  degli equilibristi che pensando di cavarsela parlando di guerra civile, di opposti estremismi (logora formula, sempre efficace), di radicali dell'una e dell'altra parte, ma con uno pseudoequilibrismo nel quale il piatto della bilancia con la stella a sei punte pesa sempre di più. Tanto che, balzellon balzelloni sopra distese di cadeveri e macerie, la cronaca arriva prima ai 1000 razzi arrivati da Gaza su Tel Aviv e dintorni e ai meno di dieci israeliani uccisi, per passare molto dopo ai quasi 100 morti e mezzo migliaio di feriti palestinesi, "perchè Israele deve difendersi". Palestinesi che, come per legge di natura, da civili, anche bambini, diventano comandanti di Hamas. 

La globalizzazione - un tempo detta colonialismo e, poi, imperialismo (ma Bertinotti li aveva aboliti) -  campa grazie all'inversione linguistica di cui in "1984" di Orwell. Con le parole cambiate nel loro contrario, cambiano anche i pensieri e, dunque, la realtà si tramuta in propaganda. Chi attacca sono quelli che da 70 anni sono  stati espropriati e cacciati  - per cui meritano di essere definiti terroristi. Chi si difende sono coloro che il terrorismo l'hanno inventato e da 70 anni occupano, espropriano e cacciano. E così  abbiamo detto di boia e vittime.

Diritti umani come camaleonti



Campioni di ipocrisia sono i doppiopesisti, di cui il massimo specialista è "il manifesto", a partire dalla testatina "quotidiano comunista". Nel Nicaragua sandinista, sfuggito alle grinfie yankee, trasforma in sostenitori dei diritti umani le bande di golpisti incendiari e assassini, a guida clericale e degli infiltrati Cia, mentre chi si oppone in nome della solidarietà sociale, della sovranità e dell'autodeterminazione non è che un manutengolo della coppia di tiranni, Ortega e moglie. Così in Myanmar, a Hongkong, Messico, Libia, Egitto.... a seconda degli ordini del giorno arrivati dal Deep State.

Altri pesi e altre misure in Palestina dove, per una volta il giornale, che noi,  a nostra insaputa, sovvenzioniamo insieme alle grandi multinazionali, si impegna dalla parte dei giusti. Glielo consente metà del Partito Democratico USA  che dissente dai suoi vertici e un'imponente opinione pubblica mondiale. Tanto glielo consente, che si tratta dell'unica voce in Italia  a potersi permettere di denunciare violenze e abusi israeliani senza essere tacciata di antisemitismo. Del resto, da agitprop per tutte le altre canagliate imperiali in giro per il mondo, otrechè per essere antenna per tutte le altre comunicazioni della comunità talmudista, anche culturali, se lo può permettere.

Erdogan al poker che nessuno va a "vedere"

Il campo dei bari ha, accanto ai vari che formulano pii voti perchè la violenza non sia esagerata da "entrambe le parti " (ONU, Biden,. UE, Draghi) annovera anch'esso un primatista. Il Fratello Musulmano a capo della Turchia, che briga con Hamas per la comune appartenenza e cui sta a cuore che non emerga un qualche protagonista regionale nazionalista e laico (tipo  Gheddafi, Assad, Saddam, o Marwan Barghuti), ha raccolto plausi per aver condannato i pogrom israeliani. 

Non ha alzato mai un sopracciglio sui ricorrenti bombardamenti di Israele sulla Siria (e, recentemente, sui campi profughi palestinesi in quel paese) e insieme a Israele e tanti altri ha nutrito e gestito la marmaglia jihadista che della Siria fa carne di porco. E chi, se non Tel Aviv, ha fornito alla Turchia, nel suo assalto all'Armenia, le migliori tecnologie, le forze speciali, i servizi di intelligence, i droni?

Questo, il quadro degli attori non protagonisti, figuranti e comparse. in un contesto che, attingendo a una sopraffazione antica e a un conflitto mai sopito tra quelli che sono i protagonisti, trova l'occasione per un'accelerazione locale alla globalizzazione. Lo schiacciasassi. Che cosa ne verrà?

La nave ha preso il largo, manca il timone



Frequento quella sopraffazione e quel conflitto dal 1967, Guerra dei Sei Giorni, quando, presa anche Gesuralemme Est, Israele iniziò la lunga marcia verso la de-arabizzazione dell'intera Palestina, fino a scontrarsi oggi, a Sheikh Jarrah, con "l'adesso basta!" di un popolo privo di direzione, ma mai di determinazione. E trovo anche, nelle temperie di allora, l'anticipazione dell'incredibile odio espresso dai concittadini israeliani che in questi giorni, al grido "morte agli arabi", imperversano nelle varie città miste, da Lod a Haifa, a Gerusalemme, suscitando una comprensibile reazione. Me la fece balenare un capitano dell'esercito israeliano che, da me ridarguito per aver commentato la successione di cadaveri di soldati egiziani morti lungo la strada da Gaza con il motto "L'unico arabo buono è l'arabo morto". Ne nacque un alterco che mi rese persona non grata nello Stato ebraico per diversi anni.

 


Da considerevole tempo abbiamo assistito, tranne occasionali risposte di Hamas alle provocazioni, al ripiegamento della lotta palestinese, messa in ombra dalle aggressioni e dagli olocausti imposti ad altri paesi arabi (alle quali, inconcepibilmente, le dirigenze opportuniste di quasi tutte le altre organizzazioni palestinesi, avevano fornito tacita, se non esplicita solidarietà). Il merito di questo favore a governi israeliani sempre più repressivi e espansionistici va per intero ai vertici di Al Fatah con presidente dell'OLP Abu Mazen (Mahmud Abbas), abusivo per aver negato elezioni legislative e presidenziali da 15 anni, da quando le aveva perse contro Hamas.

L'arma di distrazione di massa

 

Marwan Barghuti

L'ennesimo annullamento delle elezioni, previste per le prossime settimane, stavolta ha provocato più esasperazione che sconforto. Uno sconforto mutato in entusiasmo e fiducia dalla canditatura del più prestigioso e amato esponente di Fatah e di tutto il popolo palestinese: Marwan Bargrhuti (in carcere con cinque ergastoli). Il collaborazionista Abu Mazen, la corrotta e imbelle dirigenza di Fatah hanno trovato un interesse comune con il vacillante premier Benjamin Netaniahu. Una rinnovata esplosione del conflitto avrebbe distolto l'attenzione, vuoi da guai giudiziari di un premier dodicennale, inquisito per reati patrimoniali vari, vuoi dalla sua incapacità, dopo una serie di elezioni, di assicurarsi una maggioranza. Ma anche da una dirigenza palestinese rinnegata, corrotta e collaborazionista.

Così, ecco il classico nemico esterno (esterno, seppure sulla stessa terra, secondo la nuova legge che sancisce Israele "Stato degli ebrei" e di nessun altro) a togliere le castagne dal fuoco. Ma forse il passo risulterà più lungo della gamba. Sono in campo anche forze palestinesi con cittadinanza israeliana, il 21% della popolazione dello Stato, che avevano addirittura iniziato a seguire una via partitica di coesistenza. Alla resistenza al pogrom partecipano ragazzi della Galilea. Grande è l'imbarazzo della comunità araba alla finestra, in particolare dei paesi del Golfo, di Sudan e Marocco, che avevano pensato di sistemarsi nella carrozza tutto sommato vincente. Una volta di più il popolo palestinese ha dato la sveglia.

Una terza Intifada?

Ho visto in persona Barghuti, al volgere del secolo, dirigere la seconda intifada, quella dei sassi, e provocare a Israele una crisi addirittura esistenziale: il seccarsi del flusso di immigrati, rovesciatosi in flusso di emigrazione con conseguente collasso economico di immagine e perdita di consenso internazionale. Quell'intifada fu pugnalata alle spalle dai successori di un Arafat ormai insenilito e ansioso di convivenza nella "terra Santa di tutti".

Ho visto gli israeliani occupare due volte il Libano e commettervi devastazioni e stragi.  E due volte (2000 e 2006) esserne ricacciati da Hezbollah, un esercito che si può ben definire in stracci (che, allora, non aveva neppure grandi forniture di armamenti da fuori). Tsahal, le forze armate dello Stato ebraico, le quarte o quinte al mondo, hanno flotta, aviazione, supertank, forze speciali, bombe atomiche, gli alleati più potenti e cinici. Tsahal è bravo contro ragazzi con i sassi e a far saltare le case dei palestinesi. Ma vincere, non vincono più dal 1967. E se alla fine degli anni '90, dai giovani palestinesi scaturirono Barghuti e tutto un gruppo di politici e comandanti  e riuscirono a mettere in difficoltà una potenza come Israele, non è detto che la storia non si ripeta


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