sabato 28 dicembre 2019

Erdogan: la Libia val bene un’Idlib siriana ----- NATO – ONU – FRATELLI MUSULMANI UNITI CONTRO LA LIBIA ----- Ma noi abbiamo Di Maio l’Africano!



Il Talleyrand di Pomigliano e il Sultano neottomano
Venendo alla Libia e al grandissimo casino che abbiamo contribuito a scatenare in quel paese, fino a ieri prospero, unito, giusto e felice, viene in questi giorni infausti anche da pensare a Luigino Di Maio ministro degli Esteri. Tipo Stenterello che si veste da Metternich. Dopo aver già dato prova di scarso senso delle proporzioni assommando in sé, in successione o contemporaneamente, gli incarichi di mezza dozzina di accademici, o tecnici del CNR, o politici a 24 carati, ora si occupa di quel pantagruelico pasto per avvoltoi che è la Libia. Resta il dato che, in ogni caso, Di Maio, pur rinnegando le premesse di politica estera dell’ottimo M5S d’antan, resta un mezzo visir tra i buffoni di corte che lo hanno preceduto su quello scranno.

Ci avessero mandato qualcuno che di mondo ne ha visto, come un Alessandro Di Battista, o di giusto e ingiusto capisse, come un Bonafede, o sapesse scrivere sulla lavagna i buoni e i cattivi, come un Fioramonti, o, ancora meglio, che sapesse di traffici mafiosi come un Morra… Ma spedire da quelle parti, o da qualunque parte, Luigi Di Maio, è come mandare il Pinocchio di legno a spegnere gli incendi della California (e mi viene in mente il burattino perché ho visto la bella trasposizione cinematografica di uno dei massimi capolavori della letteratura mondiale).

 
Di Maio da Serraj


Sapete cosa si dovrebbe chiedere a un Di Maio ministro degli esteri, o a un Giuseppe Conte premier? Di fare l’Erdogan. Ve li immaginate? Eppure, ragionando in termini coloniali, a me ostici, ne avremmo avuto le migliori ragioni perché siamo i dirimpettai, le zampe sulla Libia le abbiamo messe noi, prima o meglio dei turchi, con i romani, con Giolitti e, infine, con Berlusconi che la bombardò e aiutò il premio Nobel per la Pace Obama e l’onesto Sarkozy, eletto grazie ai fondi libici, a raderla al suolo. Ora se ne occupano il Talleyrand di Pomigliano e il Coniglio Mannaro pugliese, fan di Padre Pio.


Dall’Italia alla Libia sono 355 km. Dalla Turchia 741, ma dopo le nuove Zone di Esclusione Economica (ZEE) proclamate dal sultano neo-ottomano e dal governatore di un Hotel di Tripoli, Serraj, Turchia e Libia sono praticamente appiccicate via mare e quanto a giacimenti di gas e petrolio, non ce n’è più per nessuno. Né per Creta, né per Cipro, né per Libano-Palestina, né per l’Egitto. Figuriamoci per l’Italia, che già ha ricevuto le bacchettate di Erdogan sulle mani, anzi, sulle navi, quando l’ENI s’è azzardata a pescare dalle parti di Cipro! Mentre il famigerato, ennesimo, gasdotto di merda con cui, dopo il TAP, assalire e devastare l’Italia, l’Eastmed Israele-Cipro-Creta-Grecia-Puglia, per la maggiore gioia dei motori e delle caldaie nordeuropee, viene messo in quarantena dalle cacciatorpediniere di Erdogan.


Quale governo legittimo?
Magari credendoci, il nostro ministro degli Esteri, fatto un po’ di spola tra Serraj e il generale Haftar, se ne esce col mantra di tutti gli ipocriti, tipo Chamberlain a Monaco, “La soluzione deve essere politica, non c’è soluzione militare, dialogo!” Intanto lui e tutta l’accolita atlanto-israeliana insistono ad accreditare una ONU-tappezzeria di Wall Street nel dare del premier libico a Serraj, sovrano golpista su alcuni quartieri di Tripoli, con associato il pozzo nero di nequizie razziste e stragiste che è Misurata. Dove, non per nulla, stazionano 500 militari italiani. E da cui magari sono partiti i droni italiani che Haftar è riuscito ad abbattere. Il Governo di Accordo Nazionale di Fayez al Serraj non è né legittimo, né rappresenta un popolo che, con le sue tribù e il suo territorio, è invece schierato all’80% con Haftar. Nessuno, né, figurati, l’ONU, ricorda che fu un golpe dei Fratelli Musulmani, 2015, a prendere il potere a Tripoli e a costringere all’esilio a Tobruq l’ultimo parlamento regolarmente eletto. Unico parlamento democratico e legittimo, sia nel suo presidente, Aquila Saleh Issa, sia nel suo premier, Khalifa al-Ghweil, sia nel suo ministro della Difesa, Khalifa Haftar.



Gente che ha fatto a pezzi la Libia, pacifica e nemica di nessuno, se non dell’imperialismo, che ha linciato Gheddafi tra lo sghignazzo di Hillary Clinton e che, con i suoi capibastone e sguatteri, persegue i propri interessi riducendo alla fame e alla morte popoli interi a forza di bombe, terroristi e sanzioni. Gente che blatera da mane a sera di dialogo e soluzione politica, ma che da nessuna parte ha preferito il dialogo, o rinunciato a opzioni di forza quando se lo poteva permettere. C’è stata soluzione politica in Iraq nel 1991 e nel 2003? C’è stata soluzione politica col colpo di Stato narcofascista degli Usa in Honduras? E’ in corso una soluzione politica in Siria, o Afghanistan, mentre si inceneriscono villaggi e si difende con i marines l’oppio che serve a neutralizzare il sacrosanto odio dei dominati? Di cosa diavolo spapagalli, Di Maio? E’ solo la soluzione militare che, dopo averla fatta sopravvivere, ha avvicinato la Siria alla vittoria. Non le hanno lasciato scelta. Non lasciano mai scelta.

Giocare alla pari, stare a guardare, o andarsene?


Ho scandalizzato qualcuno quando ho detto che Di Maio o Conte, o chi per loro dovrebbero fare gli Erdogan? E’ un paradosso limitato alla situazione sul terreno e in mano a poteri che, in qualsiasi caso, sono criminali e perseguono l’assalto occidentale al Sud del mondo. Se questo è il gioco, Erdogan insegna che ti servono almeno due o tre carte, una russa, l’altra statunitense e la Nato, come un tempo a Cavour tra Francia, Austria e Inghilterra. Lo sta imparando perfino la Grecia, paese Nato come noi, ma che si schiera con il fronte libico di Tobruk. Noi le altre carte le abbiamo buttate settant’anni fa. Giochiamo con una sola. Cioè stiamo a vedere.

Questo se si vuole fare il gioco dei farabutti del colonialismo. Se invece si sta al giusto e al morale, noi occidentali non dovremmo avere altra scelta, altro imperativo storico, politico e morale, di scomparire dalla Libia per sempre. Con armi, bagagli multinazionali e Ong facilitatrici. Fino a quando non tornano a invitarci a prendere il tè. Significherebbe riprendersi un po’ di sovranità nel rapportarci al resto del mondo, da sotto il tappeto rosso che abbiamo steso sulle nostre teste e sotto ai piedi dei nostri “alleati”. Ubbie? Per ora ci accontentiamo di mandare bacini e incoraggiamenti ai “rivoluzionari” colorati che stanno lavorando ai regime change tentati dai nostri “alleati” in Iraq, Iran, Sudan e Algeria. Arabi che insistono a non marciare in riga.

Il pokerista ottomano

 
Zona di Esclusione Economica (ZEE)vantata da Erdogan


La Turchia che sta dall’altra parte del Mediterraneo, s’è impadronita di praticamente tutto il mare tra Istanbul e Tripoli. Alla faccia della Grecia (subito precipitatasi a fare fronte con Haftar e con tutti i nemici dei Fratelli musulmani) e delle sue isole, di Cipro, di Creta e, ovviamente, dell’Italia. Che non sta dall’altra parte, ma virtualmente a contatto di gomito con la Libia. Recep Tayyip Erdogan fa quello che vuole e che gli serve. Noi facciamo quello che vogliono gli altri e che non ci serve. Lui, padrone della sua politica, gioca tra i due giganti del pianeta, li mena per il naso, li blandisce, li ricatta, ci si allea, li contrasta, li serve. Ha in mano il pallino.

Tiene per il bavero gli Usa che senza le gigantesche basi militari in Turchia e il più forte esercito alleato Nato si troverebbero in braghe di tela di fronte alla Russia, alla Siria, all’Iran. Tiene al guinzaglio i russi, il cui gasdotto Turkish Stream resta uno dei pochi sbocchi energetici di Mosca verso Occidente e i cui interessi in Siria si devono contemperare con quelli turchi. Fino a quando non si consolidi una Libia amica della Russia e finchè l’Egitto traccheggia tra Usa, molto presente, e Russia, appena affacciatasi; finchè solo a Incirlik sostano gli aerei e i missili nucleari dell’Air Force e a Kurecik funziona il massimo radar Usa che copre Medioriente e Asia e finchè Ankara compensa l’antiaerea russa S-400 con gli F-35 americani, Erdogan può ricattare gli uni e gli altri.


E se facessimo come i greci?
Noi, Italia, saremmo in una posizione addirittura di maggiore forza. Sempre immaginando di giocare quella partita coloniale di ladroni di roba altrui. Molto più strategicamente centrali nel Mediterraneo, tra tre continenti segnati da risorse naturali e industriali e movimenti coatti di masse, ospitiamo, oltre ad Aviano, da dove abbiamo squartato la Serbia, non una, ma 90 Basi e presidi Usa, una novantina di bombe atomiche, ora in procinto di ulteriore potenziamento a B61-12, tutta la Sesta Flotta, Il MUOS che da Niscemi, oltre a irradiare la popolazione, governa operazioni militari in mezzo mondo.

Se ci fosse un ministro degli Esteri che, oltre a conoscere, facesse gli Esteri, nel senso di perseguire gli interessi italiani nel mondo, magari del popolo, più che della sola ENI (ma manco di quella), magari con un pizzico di morale, ora staremmo accanto ad Haftar, al popolo libico e al legittimo parlamento e governo di Tobruq. Haftar che, oltre ad aver recuperato la migliore e più onesta classe dirigente e di quadri mai vantata dalla Libia, quella della Jamahirija, ha il consenso della maggioranza della popolazione e sta per eliminare dalla ricattatoria scena allestita dal colonialismo il mercenariato jihadista di quest’ultimo. E gli americani? Gli diremmo, guardate che, senza di noi, nel Mediterraneo, ma anche nei Balcani e oltre, fareste poco.

 
Rosso, area controllata da Tobruk. Viola, area controllata da Tripoli. Verde Tuareg e tribù alleate di Tobruk.


Mamma, li turchi!
Quello dei jihadisti assoldati dai Fratelli Musulmani è un mercenariato ultimamente infoltito dall’afflusso di truppe turche, per le quali Erdogan dice di aver ricevuto richiesta dal fantoccio Serraj. Quali truppe turche? Le solite, dette proxies in inglese: quelle adoperate da Nato, Israele e Golfo contro l’Iraq e la Siria e vari paesi africani. Anche contro l’Egitto, liberatosi dai Fratelli musulmani e perciò punito con la sceneggiata Regeni. Arriva da Idlib l’abominio degli abomini Isis e Al Qaida-Al Nusra. Da Idlib, dove, tra le lacrime del “manifesto” sui “civili uccisi dai bombardamenti siro-russi”, sotto l’avanzare delle forze di Assad, stanno fuggendo a migliaia i terroristi della Jihad. Ora che Tripoli e il pozzo nero di Misurata rischiano di cadere, il trasferimento da Idlib dei tagliagole chiamate “truppe turche” viene ufficializzato nel nome del governo libico riconosciuto dall’ONU. In Libia, dove Tripoli già impone la Sharìa, si vorrebbe tornare alle crocifissioni, decapitazioni, scuoiamenti, ai “matrimoni a ore”, popolarissimi nelle parti di Siria e Iraq sotto controllo Isis. Le donne libiche si aspettino stupri a migliaia. Che hanno da dire le “Non una di meno”?

Per neutralizzare l’effetto poco simpatico che sull’opinione pubblica ha l’immagine di questi decapitatori, ecco che le spore nostrane dei tentacoli imperiali s’inventano la presenza, già ventilata in Siria, e poi dissoltasi al sole per totale mancanza di prove (ne avessero catturato uno!), di mercenari russi di una ditta privata, “Wagner”. Ditta ovviamente “vicina al Cremlino”, quando non guardia del corpo di un Putin minacciato, secondo il premurosissimo Yuri Colombo del “manifesto”, da una rivolta di popolo che sta incendiando tutta la Russia e che solo lui vede e lo Stato Profondo auspica.

Sapete qual è il colmo - uno dei tanti assegnabili al “manifesto” - in questa congiuntura? Che ieri Erdogan era il brutale assassino, mica dei siriani contro cui da nove anni scatena i suoi terroristi, no no, dei curdi, eterne vittime, femministi, ecologici, confederalmente democratici, anche se, ma chi se ne impippa, impegnati nella pulizia etnica di un terzo di Siria e nel fare da guardia, per i ladri USA, al bidone del petrolio siriano. Oggi Erdogan, che corre in aiuto al Fratello Musulmano sotto assedio a Tripoli, riconosciuto dalla “comunità internazionale”, mentre il “rinnegato generale, potenziale dittatore”, Haftar, sostenuto dai russi, sauditi, Emirati, francesi, bombarda – è fisiologico – donne e bambini, per i nostri progressisti, difensori dei diritti umani, risulta quasi umano.

Male che vada, ci sono sempre i Fratelli Musulmani (e Giulio Regeni)


Tanto più che il principale alleato di Haftar è Al Sisi, presidente egiziano. Già, quello di Regeni. Mica quello del cui popolo fanno quotidianamente strage in Sinai, e non solo, i Fratelli musulmani di Al Serraj, di Erdogan, di Morsi, del Satrapo al Thani del Qatar, di tutti i terrorismi dai colonialimperialisti affidati a vari agenti tipo Osama, Al Zarkawi, Al Baghdadi. Quei Fratelli Musulmani che, da circa cent’anni, servono il colonialismo occidentale nella guerra all’unità, all’intelligenza e all’emancipazione degli arabi.

Ma c’è un altro colmo dei colmi in cui, con il “manifesto”, sinistra mosca cocchiera, indulgono tutti gli altri sinistri, con tanto di padre spirituale in Vaticano. La giaculatoria da decenni fondata sui fatti, veri quanto quelli recitati nelle novene, è che i migranti tocca assolutamente accoglierli perché sopravvissuti alle condizioni atroci in cui verserebbero tra i diecimila e i cinquecentomila (a seconda di chi giacula), rinchiusi nei lager dell’orrore libici: torture, stupri, assassinii. Molti di questi campi sono sorvegliati da personale dell’ONU (UNHCR o OIM), che di conseguenza assisterebbe, non si sa cieco, sordo, o compiaciuto. Altri sono governativi, del regime Serraj, dunque in mano ai Fratelli Musulmani, braccio politico dell’Isis e affini, ma Serraj è uomo dell’ONU e nostro amico, quindi non contano. Altri ancora sarebbero in mano a milizie al limite del cannibalismo, sempre jiahidisti, cioè Fratelli musulmani, amici del “liberatore Erdogan”

Aisha Gheddafi, leader della Resistenza

Ora arriva, con i suoi soldati dell’Esercito Nazionale Libero (LNA), il generale Haftar, nemico di Serraj, nemico dei Fratelli musulmani, riabilitatore dei gheddafiani e, dunque, fortissimamente nemico e liquidatore militare dei bruti che gestiscono quei campi e vi compiono quelle cose orrende. Ci sarebbe da levarsi in massa in una standing ovation dalle Alpi alla Sirte: non più stupri, non più torture, non più omicidi, non più commercio di schiavi; viva, viva il nostro Generale! E tutte le Ong che estraggono le vittime dei carnefici dai lager libici, dovrebbero rendergli onori.

Avete sentito niente? E’ che, se Haftar libera i migranti, e magari una nuova Libia li fa pure lavorare, come al tempo di Gheddafi, le ONG e tutto il relativo codazzo dell’accoglienza, cosa ci starebbero a fare?

A proposito di Libia, Obama e Hillary Clinton, i fari di quanti nel mondo si dichiarano di sinistra, sono ancora a piede libero. Julian Assange, che ne ha rivelato al mondo i crimini, sta in galera e lentamente è fatto morire. Così va il mondo. Lo sapevi, Luigi Di Maio? Lo sapevi quando Beppe Grillo ti ha ordinato di metterti con il partito italiano di Obama e Hillary?












mercoledì 25 dicembre 2019

Da Saverio Saltarelli alle Sardine: quale odio? ----- L’ALTRO 12 DICEMBRE --- Scritto e cantato



Amici, lettori, ciò che mi auguro leggiate qui sotto e ricordiate non c’entra niente col Natale, col suo bambinello e i suoi re magi (pastori e sovrani insieme ai piedi di un neonato che insigniscono di divinità: interclassismo e monarchia assoluta ante litteram); non c’entra con il disgustoso panzone con cui la Coca Cola ci ha corrotto le feste e neanche col capodanno. Ma c’entra col solstizio e con il ritorno della luce celebrato dai nostri avi meno dediti a strumentali superstizioni. E il ritorno della luce può essere anche inteso come ritorno della verità. Una verità riabilitata dal ricordo. E io questo ricordo me lo voglio portare nell’anno venturo e in tutti quelli successivi, finchè occhio e cuore saranno in grado di ricevere luce. Poi gli occhi si chiuderanno, ma la luce non si spegnerà.

https://www.youtube.com/watch?v=eWgJUdln3wg  Compagno Saltarelli, un mio amico e compagno, cantato da Pino Masi

L’altro 12 dicembre. Quello dimenticato. Quello quando in piazza non c’erano Sardine ben vestite, benparlanti, sorridenti, applaudite con standing ovation dall’universo  del comando perché “moderate” e ostili a ogni conflitto (che non sia con l’opposizione). Quando in piazza, a fare una denuncia non gradita agli autori della Strage di Stato dell’anno prima e tantomeno gradita a chi stava alle spalle dell’anarchico innocente Giuseppe Pinelli, quando volò da una finestra della Questura di Luigi Calabresi, c’erano decine di migliaia di manifestanti contro quella strage e quella “caduta”. Tra loro Saverio Saltarelli, 22 anni, studente abruzzese, facchino a Milano, rivoluzionario. Un poliziotto gli spacca il cuore con un candelotto lacrimogeno, “arma non letale”.

Saverio Saltarelli

La canzone ci parla di Saverio, ma pensa anche agli altri martiri di Lotta Continua e del’68 e seguenti. Martiri, quasi sempre inermi, di una strage di Stato che non si limita a Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, Bologna, Via dei Georgofili, Falcone e Borsellino. Ci parla di una strage strisciante durata dieci anni: Saverio Saltarelli, Franco Serantini, Mariano Lupo, Tonino Miccichè, Alceste Campanile, Walter Rossi, Francesco Lorusso, Piero Bruno e tanti altri. Strage che comprende vittime di propria mano, mano guidata dalla sconfitta e dalla disperazione, dalla vergogna per i traditori. Vittima per propria mano di chi ha assunto su di sé il ruolo del poliziotto sparatore, di chi ha immerso la sua angoscia nei rimedi tossici ai labirinti della disperazione creati dal Potere. Labirinti che avevano il compito di complementare le varie bande assassine dello Stato, quelle ufficiali, le fasciste, le travisate.

 


Ci sono coloro che, per raccontarci il ’68-‘77, fanno facile leva sui traditori e rinnegati di una generazione. Rivoluzionari poi ravvedutisi, alcuni infiltrati fin dall’inizio, reclutati dal Sistema e introdotti nelle sale profumate del prestigio e privilegio, benemeriti della conversione e del reinserimento come Sofri, Manconi, Erri De Luca, Lerner, De Aglio, Langer, Boato, Capuozzo, Crainz, Liguori, Mieli, pochi altri, detriti di quegli anni.  

 
Francesco Lorusso


Detrattori e mistificatori che interpretano la vendetta di classe per le sconfitte subite e la Grande Paura ancora non metabolizzata, estendendo a una generazione intera, a milioni, oltrechè di studenti, quella volta, di donne, di operai, sottoproletari, intellettuali, soldati di leva, gente occultata nelle periferie urbane e relegata lontana dal benessere, una punizione collettiva. Punizione politica attraverso la deformazione storica praticata da ogni vincitore per nascondere nell’oblio i propri delitti. Rielaborazione in termini di stravolgimento e falsificazione. Il messaggio deve essere: “Tutti figli della borghesia (vedi la cantonata di Pasolini), cialtroni, millantatori, violenti per cause perse; non provateci mai più”.

 
Giorgiana Masi


Certo che c’erano figli della borghesia, ma meno male che ci siano stati. Come nei movimenti secessionisti, che si vedono oggi in varie parti, è il progetto che conta, più che i suoi protagonisti. Se sia di emancipazione, o regressivo. Quando sono capitalisti e reazionari a gestire a proprio vantaggio di classe il frazionamento e la separazione, come credo che sia nelle nostre regioni del Nord e in Catalogna, è un conto. Quando si tratta del popolo nordirlandese, o dei baschi, la questione è opposta. Nel caso dei curdi, poi, è una rivolta di retrogradi feudatari, a volte tinteggiati di femminismo ed ecologismo, costantemente, nell’una versione o nell’altra, pronti a farsi quinta colonna del nemico di nazioni libere, laiche, multietniche e multiconfessionali, progredite, antimperialiste. Parole, queste mie, che comunque non tolgono nulla alla complessità della questione.

 
Piero Bruno


Ai detrattori, o cultori dell’irrilevanza di quel decennio va tappata la bocca e sottratta la parola, non con i bavagli che di questi tempi svolazzano sulle nostre teste nel cielo del neoliberismo postdemocratico, impegnato nella globalizzazione del comando, e calano sempre più sulle nostre di voci; e nemmeno con il pensiero unico e totalizzato che vuole inquadrati i nostri neuroni in formazioni prone al regime, o complici.

Costoro vengano semplicemente fatti ammutolire, invitati a visitare i muri di una città, per ora virtuale, sui quali figurino i murales e le storie dei Sofri, Lerner, De Luca, Viale e compari. Poi, sulle case di un altro quartiere, i volti dei Saverio Saltarelli, Franco Serantini, Giorgiana Masi e compagni. Ognuno dei due fronti, corredato dei rispettivi apologeti e denigratori. Notare chi onora chi.

Per la verità, storica, politica, morale, basterebbe questo.

 
Claudio Varalli e Giannino Zibecchi


Odio sacro
Noi eravamo quelli dell’odio. L’odio che dei legittimi sentimenti umani è tra i più indispensabili, insieme all’amore, quando si tratta di prendere coscienza di chi ci opprime, sfrutta, depreda, inganna, ferisce, uccide. E di chi, per prenderci alle spalle, si finge amico. E’ l’odio sacro dei sopravvissuti ai tre milioni di vietnamiti sterminati; di un popolo, quello palestinese, perseguitato come nessuno mai nella Storia; degli iracheni ai cui tre milioni è stata tolta la vita e a 25 milioni la nazione, la storia, il futuro. E’ l’odio di chi viene indotto, da trafficanti e ipocriti dal cinismo incommensurabile, di lasciare la propria terra per essere straniero sgradito e sfruttato a sangue in quella di altri. E’ l’odio di chi è costretto da secoli a versare sangue, sudore, lacrime perché se ne ingrassino i padroni. E’ l’odio di chi subisce sanzioni, guerre, colpi di Stato, tutte forme di genocidio, per soddisfare la bulimia di risorse e di dominio di antropofagi. E’ l’odio che, contro il dettato interessato di Bergoglio, non perdona, non dimentica, perché se perdonasse e dimenticasse, sarebbe davvero la fine della Storia. La sconfitta definitiva.

Contro questo odio, esorcizzato anche “come “rancore sociale”, “invidia sociale”, fatti passare per strani fenomeni, ovviamente di pura pancia, in una società dove l’1% possiede, rapinando, quanto tutti gli altri, sono state messe in piazza le Sardine. Che non sono altro che i consapevoli e inconsapevoli ammortizzatori del rullo compressore col quale i dominanti passano sulle strade del mondo e sul corpo dei viventi.

Odio sacrilego
Sono loro gli emissari dell’odio di chi, invece, per odiare non avrebbe titoli, dato che si tratta del colpevole che infierisce sugli innocenti. Ma l’odio gli serve per giustificare la sua colpa. Sono gli odiatori che si pavoneggiano negli ampi panneggi dei diritti umani perché questi siano di loro esclusiva pertinenza quando trasferiscono genti da casa loro in campi da due euro l’ora, quando impongono diritti umani a forza di bombe e terrorismi, quando programmano una società in cui ai dominati tutto si può fare per la propria soddisfazione, il proprio profitto, il godimento del proprio odio. Odio sacrilego.

 
Walter Rossi


Oggi, nel brevissimo periodo, è tempo di Sardine. Figli della stessa genìa che allora costringemmo a cedere parti del proprio banchetto e che vide sgretolarsi parti del muro di cinta, per poi rifarsi con l’aiuto di strumenti di morte e intossicazione forniti o suggeriti dai Grandi Vecchi di dentro e di fuori, a stelle e strisce, o a stella a varie punte. La genìa che, per le Sardine, ha sostituito acclamazioni e vezzeggiativi alle mazzate, sbarre, eroina, riservate a noi. I De Aglio, Lerner, De Luca, Sofri, sprigionando peana da gole logorate da anni di sussidarietà nel palazzo dei signori, padri di tante Sardine, non mancano neanche stavolta di dare il proprio contributo. Agitano i turiboli perché pensano di aver ancora troppo da farsi perdonare da quelli sugli altari e sui troni. Dovrebbero chiedere perdono ad altri. Ma sarebbe un’ammissione dannante. E sanno che non lo otterrebbero.

Mariano Lupo

Per la verità storica, politica, morale, basta questo. Noi siamo ancora vivi, ci sarà qualcuno a cui passarla, quella verità.



 




domenica 22 dicembre 2019

Grandi opere, grande ’ndrangheta, piccoli cittadini. Dal 1943. ----- GIALLO-VERDI, GIALLO-NERI, TAV: “CE LA MANGIAMO IO E TE LA TORINO-LIONE”





Da Mario Monforte (“Il Ponte”) ripubblico in calce questa denuncia dei No Tav sulle commistioni TAV-MAFIE-+EUROPA venute alla luce da iniziative della magistratura, fatti di cronaca e episodi già rivelati in passato da indagini degli stessi NO Tav (criminalizzati e perseguitati anche per questo). Commistioni occultate dai media in coerenza con l’etica del giornalismo italiano e dei suoi organi rappresentativi, escluso l’altrimenti malemerito “Fatto Quotidiano”.

Si tratta di fatti sconvolgenti, ma non sorprendenti, relativi agli interessi  e complicità che muovono quest’opera inutile, di spreco spaventoso e dalle conseguenze distruttive sul piano ambientale, sociale e politico. Una Grande Opera, grande esclusivamente per le dimensioni della devastazione e il tasso di cinismo di chi ne trae profitto, contro cui da trent’anni si batte tutta una comunità e la parte migliore del paese, pagandone un prezzo altissimo in termini di mazzate poliziesche, giudiziarie e mediatiche. Grande Opera tentacolo di uno Stato-mafia che ha i suoi consolati, i suoi servizi segreti, le sue forze dell’ordine su ogni lembo del territorio nazionale. Grande Opera di cui i cittadini titolari di quella terra hanno percepito la portata regressiva e delinquenziale, non solo per le comunità e l’ambiente interessati direttamente, ma anche sul piano morale e culturale che caratterizza l’approccio del totalitarismo globalista al pianeta tutto e ai suoi abitanti. Se ne dà testimonianza anche nel mio documentario “Fronte Italia-Partigiani del 2000”.



Opera (No Tav Valsusa, No Tav Terzo Valico, No Tav sotto Firenze) che, simbolicamente e sul piano della continuità storica, conferma quello che è, dal 1943, sbarco degli americani in Sicilia in base a un accordo con la mafia, al di là della “costituzione più bella del mondo”, il tratto saliente, malavitoso, della classe dirigente postfascista. Classe di dominanti che carnevalescamente maschera il fascismo postmoderno, biopolitico e tecnologico, suo e delle società occidentali, facendo inneggiare all’antifascismo sardine in piazza, corporazioni e caste varie. Dobbiamo a questa piovra le centinaia di vittime delle stragi da “terrorismo”, ovviamente mai scoperchiate, se non da teorici del “complottismo”, finalizzate a mantenere in piedi uno status quo occasionalmente minacciato da ventate di “odio populista e sovranista” per ladri, ladrocinii e saccheggi. E i militanti No Tav della Valsusa e del Terzo Valico, più che per aver opposto striscioni ai manganelli, e mortaretti agli idranti, anche per aver indicato e documentato i consorzi malavitosi che fanno capo all’impresa, hanno subito indecenti abusi repressivi.


Il tema TAV ha determinato quello che forse è il più radicale fallimento del governo detto gialloverde e la crisi del Movimento Cinquestelle che ora, con l’ulteriormente degradante alleanza con PD e renzismo, minaccia di divenire irreversibile, almeno nei suoi quadri dirigenti. Da una parte la Lega del demagogo Salvini, asservita in ogni sua componente agli interessi del grande capitale mafio-neoliberista nazionale ed europeo, fintamente sovranista e interamente compresa nello schieramento capitalimperialista dei guerrafondai, devastatori dell’ambiente e fautori di un controllo orwelliano su un’umanità di sudditi espropriata, livellata e de-identificata. Dall’altra, in perfetta sintonia strategica, non contraddetta dalle sceneggiate di sardine e altri, il nuovo partner “nero” dei Cinquestelle, propagandisticamente e per puro opportunismo bipolarista definito “sinistra” o “centrosinistra”. Ambedue, nel segno di un bipolarismo finto e di un monopolarismo effettivo, con davanti lo stesso pifferaio.


A questi due schieramenti minoritari, che costituiscono la tenaglia mortale a cui Unione Europea e Nato hanno affidato il controllo e la cattiva sorte degli italiani, guidati in entrambi i casi, gialloverde e giallonero, nella tradizione del migliore trasformismo italiano, da un classico prodotto del clerical-atlantismo democristiano, il Movimento Cinquestelle ha consegnato la sua maggioranza parlamentare. L’altroieri con il grottesco voto a salve anti-Tav in parlamento, che comunque non metteva minimamente in discussione, anzi, la subalternità ai soci e al premier, ieri con lo scandaloso voto all’iperausteritaria Von der Leyen, presidente del consesso di euro-eunuchi (e già sotto accusa per malversazioni da ministro della Difesa tedesco) e oggi, nascosto sotto un ridicolo rinvio, con il consenso al MES, arma-fine-d’Italia.

Vi lascio alla lettura della denuncia dei No Tav (nel link) e del commento sottostante, nonché a una torta per la nascita dell’anno nuovo, con sopra alcune candeline anti-mafia e anti-mafiosità: quella della prescrizione bloccata dal primo giudizio, quella del bavaglio alle intercettazioni strappato all’ex-ministro PD Orlando (auguri, Alfonso Bonafede), quella di un reddito che ha tolto dalla miseria due milioni e mezzo di persone. E teniamo in serbo quella che strappa dagli artigli dei malversatori le autostrade del paese, altrettante forche caudine, a volte mortali. Per il resto ci alziamo sulla punta dei piedi e guardiamo oltre le Alpi, nelle piazze e nelle rotonde di Francia.


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DA MARIO MONFORTE

No tunnel Tav Firenze: per chi ha voglia di brutte notizie un articolo in cui si parla di come emissari delle ’ndrine incontrano candidati di FI e +Europa nella compravendita di voti. Tutto per fare il Tav piemontese. Da NoTav.Info: https://www.notav.info/top/ndranghetav-lincontro-tra-il-boss-e-i-parlamentari-di-fi-e-europa-riprendere-i-lavori-in-val-susa/?fbclid=IwAR2vUWMQ834Xx0ZVZZQAmqWVqGId-p8tG1gHtwyCQgXAsGfXuDTnYKc-YHY, 21.12.2019
Ndranghetav. L’incontro tra il boss e i parlamentari di FI e +Europa: «riprendere i lavori in Val Susa».  Mentre ieri l’attenzione di tutti si concentrava sull’arresto per scambio politico-mafioso di Roberto Rosso, una notizia bomba tichettava nelle carte dell’inchiesta sulla ’ndrangheta in Piemonte. Negli atti dell’inchiesta, ancora secretati ma usciti grazie a una fuga di notizie, non c’è solo l’assessore degli striscioni «sí-tav» in Comune ma si parla anche di un altro incontro tra esponenti politici di altissimo livello e le cosche piemontesi. È il 24 febbraio 2019. A Nichelino si incontrano Francesco “Franco” Viterbo, portavoce del boss Onofrio Garacea, e alcuni onorevoli. Garacea è esponente del clan Bonavota ed è considerato “il reggente dei calabresi” tra Genova e Torino. Come riferirà Viterbo al patron del cosche del basso Piemonte, all’incontro sono presenti esponenti di spicco della politica nazionale, tra gli altri, «Napoli e Bertoncino». Si tratta con tutta probabilità della candidata alle europee per +Europa, Maurizia Bertoncino, e del deputato di Forza Italia, Osvaldo Napoli. Il colonnello forzista è uno dei piú accaniti sostenitori del Tav in Piemonte, da oltre 15 anni instancabile garante degli interessi opachi che si nascondono dietro la nuova Torino-Lione: già sindaco di Giaveno, promotore di uno dei primissimi esprimenti di movimento «sí-tav» nel 2010, non perde occasione per chiedere di arrestare i «no-tav» come terroristi, accoglie con giubilo ogni avanzamento dell’opera, elargisce solidarietà ai poliziotti che proteggono il cantiere, pretende la chiusura dei centri sociali torinesi accusati di dar manforte ai valsusini nella battaglia contro l’alta velocità. Piú importante ancora, l’on. Napoli dal 2013 ha affiancato Paolo Foietta come vice-presidente dell’Osservatorio ministeriale alla realizzazione dell’asse ferroviario Torino-Lione. Quanto a +Europa, il partito della Bonino in Piemonte fa del Tav letteralmente la sua bandiera nella campagna elettorale, arrivando a battezzare la lista per le europee «+Europa-sitav».
In quei giorni, il dibattito sulla seconda Torino-Lione imperversava in tutta Italia. […] l’analisi-costi benefici del MIT ha attestato che l’opera, oltre a un impatto ambientale devastante sull’arco alpino, è in perdita per diversi miliardi di euro. Dopo 20 anni di battaglie, il progetto Tav sembrava ormai arrivato al capolinea. È in questo momento che boss e deputati convengono sulla necessità di «dover prendere il paese in mano». Che significa? Il punto di convergenza tra le parti il 24 febbraio è sulla necessità che «i lavori presso i cantieri della Tav di Chiomonte devono proseguire».
Il resto è storia. Nel maggio 2019 il futuro consigliere regionale di FdI Roberto Rosso compra da Garacea pacchetti di voti dalle ’ndrine calabresi e viene eletto con il record di preferenze nella giunta di Alberto Cirio. Il 23 luglio il governo giallo-verde, per bocca del presidente del consiglio Conte, smentisce l’analisi costi benefici e annuncia che il Tav verrà finanziato. Il deputato Osvaldo Napoli dichiara «la Tav va avanti, come il buon senso vuole è una vittoria per l’Italia con ciò si conferma che l’ideologia della decrescita felice è stata e rimane il piú grande ostacolo allo sviluppo dell’Italia. Con la decisione sulla Tav, Conte si pone come naturale punto di equilibrio fra la maggioranza e le opposizioni». Il 9 agosto, a poche settimane dall’insediamento, Cirio visita il cantiere del tunnel geognostico di Chiomonte in compagnia del direttore di Telt Mario Virano e del consigliere Rosso, e dichiara «l’opera è irreversibile, è venuto il momento di far ripartire i lavori».

Questi fatti sono noti in tutte le redazioni del nostro paese. Nessun quotidiano nazionale né Tg però ne sta parlando, se non su qualche sperduto trafiletto. Per mesi hanno pompato ogni minchiata riguardante il Tav, sperticandosi sui dettagli della cromatura della talpa Federica o il guardaroba delle “madamin”, ma il fatto che la ’ndrangheta ordini a dei parlamentari di continuare con la piú controversa opera pubblica in Italia non è degno di nota. Come definire un’informazione del genere? Distratta? Complice? Collusa? Quanto a questa vomitevole macchina che vuole spolpare il nostro territorio, nota anche come Tav, che pieghino armi e bagagli e non si facciano mai piú vedere. A cambiare i cartelli della Val di Susa in Val di Scusa ci pensiamo noi.

mercoledì 18 dicembre 2019




Con un saluto antagonista del bassotto Ernesto, di Sandra e mio. Saluto anticapitalimperialista, terzomondista, guevarista e per la sovranità.

E qui un pensiero non mio e che adotto perché centra quanto è prioritario capire del nemico che si proclama antifascista; piddino, sardina, fascioglobalista, o euroatlantico che sia.

“L’antifascismo oggi è il grande alibi che usano le sinistre passate dalla lotta contro il capitale alla lotta per il capitale. Usano l’antifascismo per combattere un nemico che non è più e per essere conniventi con il nuovo nemico che è il capitalismo, a cui esse sono funzionali e hanno venduto testa e cuore. E il paradosso è che se tu che sei dissenziente vieni attaccato come fascista e contro il fascista puoi fare ciò che vuoi: è lecito lo squadrismo. Lo squadrismo che sta tornando, lo squadrismo a fin di bene, “manganello a fin di bene” lo potremmo chiamare. Questo è il paradosso. Si usa l’antifascismo per legittimare un nuovo tipo di squadrismo - fuxia/arcobaleno, si intende - le “brigate dell’antifascismo”, che identificano con il fascismo tutto ciò che non rientra nel pensiero unico, sicché diventiamo fascisti perché non siamo allineati e riteniamo che se la sinistra smette di occuparsi dei lavoratori e dei diritti sociali, noi dobbiamo smettere di occuparci della sinistra e continuare a occuparci dei lavoratori e dei diritti sociali”.

Uno scritto arrivatomi in rete, alla cui ultima frase mi permetto di aggiungere, anche in questo caso come augurio per l’anno nuovo e tutti i successivi:



……. Dobbiamo smettere di occuparci di una sinistra finta, che è una vera destra reazionaria e impegnata in crimini contro l’umanità,e continuare a occuparci dei lavoratori, dei diritti sociali e dei nostri fratelli nel mondo che, come noi, vengono sradicati, deportati, aggrediti, sterminati, sanzionati, privati di passato e futuro, deidentizzati, depredati del nome e dell’anima.

lunedì 16 dicembre 2019

LETTERA APERTA A FRATE SARDINA




“Le sardine sono persone che riempiono spazi con i loro corpi e le loro idee. Oggi qui facciamo politica”. (Mattia Santori, caposardina e sostenitore di Renzi per lo Sblocca Italia e le trivelle petrolifere)

Caro Alex Zanotelli,
ti saluto in quanto frate missionario, frate giornalista, frate che fa gli appelli e, visto l’approvazione che hai concesso al nuovo movimento ittico, frate Sardina.
Ti scrivo in questo periodo del Santo Natale – o, se mi permetti – del santo ritorno della luce dopo il solstizio, festeggiato dai nostri avi pagani – in cui tutti dovremmo essere, oltre che più consumatori, anche più buoni e più disponibili verso il prossimo. Mi permetto di sottoporti alcune narrazioni alternative a quelle di cui ti dici con evangelica sicurezza convinto. Ultimamente il pneumadiscorso delle Sardine.

In quanto missionario, cioè incaricato di evangelizzazione, che per sua natura  qualche irrecuperabile anticolonialista afferma essere prevaricatrice e alienante, diffido di te come di tutti tuoi simili, avendo avuto esperienza diretta e indiretta, tra i popoli che tu e io conosciamo, delle sciagure che hanno causato tutti gli invasori, religiosi, militari ed economici. Ingerenze e interferenze religiose giustificate nel nome dell’”unica vera fede” e dell’”unico vero dio” e che, secondo certi critici forse blasfemi, aprirebbero la strada al saccheggio, alla manipolazione, all’oppressione. Costoro prendono a esempio, quasi fosse un destino ineluttabile di ogni evangelizzazione, quanto missionari e relativo seguito (Vaticano, Usa, Israele) hanno combinato provocando con accanimento la secessione del cattolico Sud Sudan. Tu, comboniano, lo conosci bene e sai anche come da allora sia immerso in un lago di sangue in cui nuotano coloro che se ne contendono il petrolio. Anche qualche prete.

Dimentico di aver forse sbagliato tutto su Sarajevo e la Serbia, adottando la vulgata degli aggressori,ti sei lanciato, qualche mese fà, in uno dei tuoi gravi e appassionati appelli. Quella volta era a tutti i giornalisti italiani perché bombardassero i regimi africani, verbalmente s’intende, visto che tu le armi le detesti, specialmente quelle dei “dittatori” ostili agli Usa. In quanto giornalista, con maggiore anzianità addirittura di te, mi sono un po’ risentito del fatto che imprecavi contro la “dittatura eritrea”, come un Bolton qualsiasi, enumerando fattacci di solito dal neocolonialismo occidentale attribuiti a quell’unico paese che non ospita basi né Usa né israeliane e perciò sta sotto sanzioni da trent'anni, e che io sapevo del tutto falsi per aver percorso e ripercorso l’Eritrea in lotta contro chi la voleva e vuole far fuori, dal 1971 a oggi. E per frequentare anche tutta la diaspora eritrea in Italia ed Europa.


Nessun dubbio che la tua coscienza è immacolata grazie a queste tue invettive contro le armi, il loro commercio, i loro trafficanti. Ma, se mi consenti, hai mai pensato di unire a codesti anatemi anche uno contro coloro – i nomi li trovi negli annuari dei capi statunitensi, britannici, Nato e israeliani - che tali armi usano per aggredire, devastare, uccidere in nome dell’Occidente, della democrazia, del dollaro e del suo unico vero dio? Posso suggerire a te e al tuo vicario in Terra qualche nome? Tipo Bush, Obama, Trump, Ben Gurion, Begin, Netaniahu, Stoltenberg…? La maggior parte dei tuoi confratelli e delle tue consorelle in Siria, sapendo da che parte sta la verità e la giustizia, in otto anni di carneficine inflitte a quel popolo dalla civiltà cristiana occidentale e dai suoi mercenari jihadisti, hanno innumerevoli volte fatto sentire la loro denuncia degli aggressori e la loro solidarietà con lo Stato siriano, rispettoso di religioni ed etnie, pluralista e laico, aggredito ed eroico nella sua difesa. Capisco quanto hai da fare a Forcella e per lanciare appelli, ma le hai mai ascoltate?


Hai fatto bene a protestare contro la definizione di “martiri” dei soldati italiani caduti a Nassiriya. Ma forse non hai fatto altrettanto bene a bilanciare tale affermazione di verità, associandoti ai peana per le milizie curde che, uscendo dal loro territorio storico, si sono poste al servizio dei nemici della Siria e hanno dato il loro contributo, con l’occupazione di territori e risorse che non gli spettavano e pulizie etniche dei titolari arabi di quelle terre, allo squartamento di un paese in cui tutti avevano saputo convivere. Un paese che aveva accolto migliaia di profughi curdi dalla Turchia, compreso il loro leader, Ocalan.  Un paese sistematicamente aggredito, mai aggressore. Pensa che grande occasione ti si offrirebbe a impegnarti per evitare altri nostri “martiri” da occupazione e combattimento, in giro per il mondo, nelle 34 missioni militari in 23 paesi, al servizio della NATO, dall’Afghanistan al Niger, tipo quei soldati delle Forze Speciali feriti in Iraq, che combattevano non si capisce bene perché e per chi?ù



Qualche volta, fin dai tempi in cui eri il direttore di “Nigrizia”, mi ritrovavo colpevole di nutrire dubbi che a volte riguardavano la tua vista, a volte la tua buonafede. Dubbi, ahimè, confermati quando ti ho visto sostenere, insieme ai più cinici emissari del colonialismo e dello sfruttamento capitalista, i trafficanti lontani e i traffichini vicini di esseri umani. Agenti dello sradicamento di popoli, spesso finanziati dal brigante della speculazione e dei colpi di Stato in paesi disobbedienti, George Soros, che tu, pure, da amico di ogni indigeno sotto lamiere e nei campi di pomodori, avresti dovuto capire essere il nuovo strumento del colonialismo teso a svuotare il Sud del mondo, quello della povertà dei viventi e della ricchezza della terra. Svuotarlo questo Sud per il profitto di schiavisti spietati, il Sud così ricco e così povero, svuotarlo dei suoi titolari millenari per fare spazio alle multinazionali della rapina e, al tempo stesso, offrire ai padroni del nord un esercito industriale e agricolo di riserva, da nuova lamiera e da due euro l’ora, finalizzato all’annientamento dei diritti, sia di quelli che arrivano, che di quelli che ricevono.


Continui a ricevere il plauso dei nemici dell’umanità. Che poi ne sono i padroni e vorrebbero esserlo sempre di più. Tutti ti vorrebbero santo subito. E non è detto che Bergoglio non ci pensi. Hanno fatto santo perfino Padre Pio e ne hanno trascinato il cadavere per le strade di Roma. Reliquie redditizie, come ai tempi delle indulgenze…. Non lo trovi un po’ imbarazzante? Ne condividi con trasporto degno, secondo me che sono indegno, di molto migliore causa, le più efferate strategie disumane. Quelle che vogliono che tutti gli esseri umani siano uguali, mangino le stesse porcherie, abitino nelle stesse orrende case, si vestano alla stessa maniera, parlino la stessa lingua, a dispetto di culture proprie e stupendamente distinte (pensa a Palmira, Niniveh, Timbuctu) di radici profonde, di storie lontanissime. Che donne e uomini possano essere tranquillamente spostati di qua e di là, mescolati, livellati, possibilmente tutti devoti a quel tuo unico vero dio. Quelle strategie che, spostando le naturali lotte verticali del dominato al dominante, verso lotte orizzontali indotte, donne contro uomini, adolescenti contro le generazioni che li hanno preceduti, migranti contro autoctoni, cristiani contro musulmani, sardine contro cosiddetti fascioleghisti, populisti, sovranisti. A proposito, chi più sovranista del Vaticano e del suo monarca assoluto e infallibile in dottrina (dottrina, si sa, che vuole governare tutto di noi, dal concepimento alla morte), non credi?


 Alex, non ti vengono mai sospetti sul tuo ruolo? Solidarizzi e ti entusiasmi per le sardine cui vengono tributati onori ed elogi dagli stessi ambienti che celebrano te. La loro conclamata umanità antipopulista e il loro veemente antifascismo (contro un fascismo in forma di cartonato), individuato nella Lega e sue appendici, forse ci deve far dimenticare come i padroni abbiano preso i detriti del primo fascismo per ricomporli e integrarli in un fascismo evoluto, finanzacapitalista, tecnologico, multinazionale, globalista, multibellico, colonialista e schiavista, molto più letalmente pervasivo. Forse chiamarlo democratico e per i “diritti umani”, soprattutto contro l’ODIO, deve liberarci dal senso di colpa, magari inconsapevole, per tutti i crimini di guerra e contro l’umanità di cui siamo complici, già soltanto perché non diciamo mai Nato, mai Usa, mai UE, mai Mattarella, mai Woytila e la sua guerra alla Jugoslavia o i suoi soldi investiti nel petrolio in Africa, mai Bergoglio e i suoi generali argentini, mai Trump o Obama o Clinton o Netaniahu? E quando senti quell’ininterrotto rullìo di mille tamburi santi e perbene sul razzismo che imperversa, ti è mai venuto in mente che il razzismo che s’intende sta a quello di chi strappa le genti da casa sua, o le bombarda, o con le sanzioni le priva di cibo e medicine, o ne abbatte i governi per metterci i guardaspalle suoi, o cerca di convertirle, come il picchio sull’albero sta al deforestatore dell’Amazzonia?

 Hai sentito il programma redatto e proclamato dalla Sardina n°1, Mattia Santori? Sembra il discorso della domenica del parroco, o quello del papa all’Angelus. Tante belle parole, da sorriso e da lacrime, da sentimenti buoni. L’unica concretezza: nelle Sardine, l’invettiva contro Salvini, l’odio, l’antifascismo; nel papa, la reprimenda per la tragedia siriana al solo Assad, in sintonia e in sincrono con Cia, Amnesty International e Stato Islamico. Per il resto, contenuti e proposte che assomigliano all’interno di un pallone aerostatico. E non ti pare che anche questo sia un depistaggio dai delitti che la Sardina n°1 sosteneva con altrettanto vigore: Renzi e il suo Sblocca Italia (e tutte le Grandi Opere che pensano di fare le scarpe perfino alla Grande Opera del tuo Buon Dio), le trivelle petrolifere per terra e per mare, ovviamente il Jobs Act a maggior gloria del lavoro e di chi lo da, o non da (non di chi lo prende, lo cerca, lo perde)?



Non ti pare che tutti questi, Sardine, papa, tuonino contro il clima cambiato, ma non nominano mai chi personalmente l’ha cambiato? E non ti insospettisce il fatto che i mercanti vengano lasciati liberi a mercanteggiare nel tempio? Purchè magari lo tinteggino di verde? Certo, ti può consolare la bella compagnia con cui ti ritrovi nel banco di Sardine: un sacco di PD, Zingaretti, parecchia Italia Viva, Nichi Vendola (quello dell’utero in affitto di chi non si sa), Michele Santoro, Flores d’Arcais, Laura Boldrini (e chissenò), Martina, Gentiloni, la Furlan, Erri De Luca (e chissenò), la Pascale con Dudù, fidanzati di Berlusconi, Mimmo Lucano, che promette di votare per il plurinquisito presidente della Calabria, Oliverio, schifato pure dal PD. And last, but not least, anche Norma Rangeri, direttrice del “quotidiano comunista”, che è tanto comunista quanto Hulk è bello, ma con la quale arriviamo all’estasi di Santa Teresa. E giù contumelie “comuniste” contro sessisti, omofobi, xenofobi, fascioleghisti, odiatori (padroni e guerrafondai non fanno più tendenza), per poi sollevarsi all’apoteosi per aver trovato finalmente in piazza una massa critica che ne condivide “la sveglia a sinistra”… 

E poi i megafoni della “comunità internazionale”: dal Pais che vorrebbe morto Maduro, al Guardian che ha seppellito Assange sotto calunnie a fake news, alla BBC che condivide col papa la rampogna ad Assad e con Washington tutte le guerre, a Mediapart, un consorzio di giornalisti devoti all’atlantismo, Insomma, caro frate, ti ritrovi tra la crème de la crème, quella del ricco obolo alla messa cantata di mezzogiorno la domenica.

Caro Zanotelli, il giorno che avrai il plauso di Bashar el Assad e del popolo che da 8 anni, sotto la sua guida, resiste alla malvagità genocida di mezzo mondo, o di Evo Morales, il cui popolo è massacrato dai golpisti amerikofascisti, degli iraniani, degli afghani, dei venezuelani di Maduro, del popolo No Tav, No Muos, No Tap, il giorno in cui rimpiangerai Gheddafi e il suo popolo libero e prospero, non sarai più popolare tra quelli che ti elogiano ora. Ma sicuramente non si potrà più temere che tu non sia in buonafede.



 Anzi, permettimi di suggerirti uno dei tuoi appelli per i diritti umani, la solidarietà, la vita. Sai niente di Julian Assange? E’ un collega tuo e mio, di tutti noi giornalisti del mondo. Forse non ne sai niente poiché le famose organizzazioni internazionali e nazionali che si piccano di difendere giornalisti e libertà di stampa non ne hanno fatto menzione, pur essendo prontissimi a stracciarsi le vesti per ogni giornalista russo di cui dalle nostre parti si dice che sia stato arrestato, o censurato, o imbavagliato. Neanche il sindacato dei giornalisti italiani, ai quali ti sei rivolto perché s’impegnasse a satanizzare il governo eritreo da trent’anni sotto sanzioni americane, quella FNSI così pronta a scendere in piazza per Giulio Regeni che lavorava con manigoldi, assassini e spie a Oxford Analytica, si è mai curato di spendere una parola per Julian Assange. Un giornalista libero, perseguitato da dieci anni, recluso nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per otto, prima come ospite di un presidente onesto che gli aveva concesso l’asilo politico, poi come prigioniero di un presidente fellone, che lo ha tenuto lontano dalla luce del giorno e poi lo ha venduto agli americani e ai britannici in cambio di un prestito FMI da 1,5 miliardi di dollari.

Ne sai nulla? Sapessi quanto avrebbe bisogno della tua vibrante voce per i diritti umani il governo britannico. Che grande occasione per te! Assange, nostro collega e combattente per la libertà di stampa, da noi già così deperita, è in un carcere di massima sicurezza, in isolamento e sottoposto a uno omicidio strisciante. Gli sono negati i più elementari diritti della difesa, incontri con legali o testimoni, lo studio di documenti. Il responsabile ONU per i diritti umani ha definito tortura il trattamento inflitto ad Assange. Quando è apparso in una prima udienza in tribunale, era ridotto in condizioni psicofisiche spaventose: non ricordava bene il suo nome, né la data di nascita. Paga per gravissimi delitti, caro Alex Zanotelli. Ha rivelato al mondo, con la sua testata Wikileaks, i crimini, le atrocità, le menzogne, dei governi Usa e suoi alleati, con particolare dovizia di particolari agghiaccianti in Iraq e Afghanistan. Chi gli ha fornito molte notizie è Chelsea Manning, già soldato Usa, imprigionata per sette anni e quattro mesi e di nuovo in carcere dall’8 marzo 2019, a tempo indeterminato, perché si rifiuta di testimoniare contro Assange davanti a una giuria segreta. Anche lei trattata in carcere alla maniera di Assange, Forse sarebbe meritevole di uno di quei tuoi appelli. E visto che è una transgender, non si capisce come mai “il manifesto” non la celebri. Tardivamente, qualcuno dei tuoi fratelli ha deprecato i crimini delle Crociate. Su questi crimini tutto ancora tace.

Chelsea Manning



Alex Zanotelli, a proposito di qualche mio dubbio sulla tua buonafede, se tieni conto di una voce altra come questa, vorrà dire che mi sono sbagliato. Mi fermo, anche perché nell’immagine dell’imperialismo qui in fondo è già detto tutto.

Se mi hai ascoltato, ti ringrazio. Buone feste.

Fulvio Grimaldi