venerdì 30 agosto 2019

Ab uno disce omnis (Da uno capisci come sono tutti. Virgilio)----- IL COSMOPOLITA DI VOLTURARA APPULA ------ PICCOLI SOVRANISTI CRESCONO?



 Sequitur clades, forte an dolo principis incertum” “Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo del principe”. (Tacito, Annales, Libro XV)

 E tu, onore di pianti, Ettore, avrai, / Ove fia santo e lagrimato il sangue /Per la patria versato, e finchè il Sole / Risplenderà su le sciagure umane. (Ugo Foscolo, I Sepolcri)

Ho fatto un sogno.
Non è quello di Martin Luther King, che non mi ha mai ispirato, come nemmeno quello di Nelson Mandela, o di Mahatma Ghandi, tre personaggi che sono riusciti, grazie al loro consociativismo con l’esistente, a combinare in sé, per le sedicenti sinistre, un martirio da nonviolenti per la libertà e, per l’élite, la conservazione nell’ordine delle cose garantito dal divide et impera sociale del capitale. Preferivo i sogni di Malcolm X, Lumumba e della guerriglia comunista antibritannica in India.

Comunque ho fatto un sogno. Poi diventato un incubo. E dato che il vissuto capita che si riversi nel sognato, ecco che in braccio a un Morfeo malevolo s’è ripetuto l’incubo a occhi aperti della standing ovation tributato al premier bis, in parallelo ,dalle volpi PD e dai gattini tafazzisti 5 Stelle, fino a ieri decisi a escludersi vicendevolmente dal globo terracqueo. Da fuori penetrano i cimbali, le fanfare, i tamburi della festa di Borse, rendimenti Btp, spread, tassi d’interesse, mercati tutti, l’intero establishment mondiale, addirittura Satana nelle vesti di Bill Gates.

Il mondo (di sopra e anche di mezzo) sorride a Conte
Questo inciucio con il PD, che è sempre quello dei regali alle banche, di Mafia Capitale e di Bibbiano, mi fa schifo…. No grazie, meglio le urne”. (Davide Barillari, consigliere regionale del M5S)

Viva viva il presidente del Consiglio! Un premier sfornato dai grandi studi legali al servizio delle élites finanziarie e, dunque, vindice e chierico di UE, Usa, Trump, Nato, von der Leyden, TAV, Guaidò (e perciò Cia), Bergoglio e Padre Pio (lo stimmatizzato squadrista mena-socialisti del 1922). L’avevamo preso per sprovveduto, invece grande il colpaccio, il 1. marzo 2018, fatto dall’astuto Di Maio.Tutti in grande euforia dietro al pifferaio di Volturara Appula, verso il costone sotto al quale si intravvede il vasto e variopinto paesaggio di una gran bella colonia tricolore, animata da mafie, guerre, migranti, cemento, alte e altissime velocità per affari, uomini e merci e uomini-merce. E’ la famosa democrazia diretta? Come no? Non c’è forse il mitico Rousseau e il relativo gioco dei ruoli “uno vale uno”, a sacralizzare le decisioni dell’uno vale tutti? Dal governo “dei sì” salviniano contro il governo “dei no”, eccoci riscattati dal Conte pinto (diffidare da quelli che si tingono i capelli, ricordare Lama) con il governo “del per”, contro i governi “del contro”. Rivoluzionario paradigma. Pare ispirato da Milton Friedman, quello dei Chicago Boys. Guai ai “contro”, sarebbero quelli  che spargono “odio, rancore, paura”. Insomma, i dominati.

I dubbi della Cupola
  
Resta un’anomalia. Lucia Annunziata, che ha casa virtuale a Tel Aviv come a Washington, sul bollettino dello Stato Profondo “Huffington Post”, non gradisce Conte, inaffidabile avvocato  prima degli uni, poi degli altri italiani. Lo liquida come “figura debole”. Troppo UEista? In perfetta sintonia, la locale versione fumettistico-enigmistica dell’ordine del giorno dello Stato Profondo (strumento principe della Cupola), “il manifesto”, fa l’antipatizzante con “l’ambiguo” Conte che ha addirittura “glissato sul tema immigrazione”, ovviamente una priorità assoluta per questo bollettino dei naviganti Ong. Se ne fa vessillifera  la nota corifea del Giuda greco, Tsipras, l’augusta Luciana Castellina.  Non le fa specie, anzi, il cinismo che lascia senza fiato, col rastrellamento di minori, bambini e donne regolarmente tutte incinte,  con cui le Ong sorosian-merkeliane si lanciano contro resistenze al nuovo colonialismo sfasciapopoli. Gretista quanto il più fanatico apostolo del capitalismo rinnovato dalla Green New Economy, “il manifesto” arriva poi a bombardare Sergio Costa, il ministro dell’ambiente migliore che si sia visto in tutta Europa, per essersi permesso, prima di  venire segato dai grandoperisti, di nominare una nuova Commissione VIA-VAS, finalmente composta da esperti rigorosi e di alto livello.


Sorrisi e ghigni
In somniu veritas

Ho fatto questo sogno. Eravamo al ristorante, un Giuseppe Conte molto cordiale e amichevole e io. Stacco. Apro la porta di casa mia è mi trovo davanti uno, carico di valigie e fagotti, che dice di essere stato mandato da Conte e di doversi installare a casa mia. Allibito, oppongo che non c’è posto, ma alle spalle del tizio appare un Conte, ora truce e minaccioso, che intima al suo socio di entrare: “Basta che metti un piede in casa e la casa è tua!”. Stacco. Mi ritrovo in camera da letto, dove Conte sta soffocando con un cuscino mia moglie. Mi butto sll’ex-commensale, provo a fermarlo, ma perdo le forze, forse nel sonno vado in apnea, la scena si disintegra, restiamo a terra la mia compagna quasi esanime e io, tramortito. Sento che stiamo per soccombere, annaspo, mi sveglio.La sveglia segna le due e mezza. Corro a prendere appunti. 

Non ci vuole certo l’Interpretazione dei sogni del vecchio Sigmund per spiegarvi la connessione qui tra reale e onirico. Ci riuscirebbe il bassotto Ernesto, tanto è elementare il sequitur.  Verbo che, nel contesto, ci riporta al Tacito degli Annales: “Sequitur clades, forte an dolo principis incertum” (“Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo del principe”).

Odiatori, rancorosi, paurosi: antisovranisti

L’uomo di Stato che tutti ci invidiano per la grandezza della sua visione e le formidabili risorse umane che le articolano sul piano dei programmi concreti, Nicola Zingaretti, ha trionfalmente annunciato  la fine della “stagione dell’odio, del rancore, della paura”. Che è poi il meme di tutti, da Berlusconi al “manifesto”, dalle Ong della tratta ai sociologhi di corte. Un capovolgimento logico con il quale provano a spaventarci e a ridurci all’ordine coloro che ontologicamente praticano l’odio, il rancore e diffondono la paura nei confronti di chi ne contesta il dominio, di solito i subalterni, deboli, poveri, lavoratori, offesi e sfruttati, colonizzati. Vecchio trucco: il carnefice che si pretende vittima. Scolpita nella Storia resta l’esempio di una persecuzione che i cristiani dicevano subita, mentre culminò con lo sterminio del mondo pagano. Nella congiuntura, è lo stratagemma di tutti quelli che si sono levati contro la rapina della sovranità, di popolo, Stato, comunità, individuo, implicito nel processo di globalizzazione  condotto da organismi sovranazionali del tutto privi di legittimazione democratica.

Sovranità e sovranismo: li dileggia chi li ruba

Già, la sovranità. Non è stata la sovranità un concetto forte, cruciale, strategico, del MoVimento, fin dalla nascita, per poi morire infilato dagli stessi sovranisti sotto ai tacchi 15 di Frau von der Leyen? Sovranità negata dalla Nato, dall’UE, dalla BCE, dal FMI, dal TTIP, dagli stupratori della Val di Susa, dai trivellatori in terra e in mare, da coloro che ci costringono al mercenariato in Afghanistan, dai taxi del mare che fomentano la distruzione della sovranità degli africani, arabi, asiatici, latinoamericani e via desovranizzando.
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Non v’è il minimo dubbio che è questione fortemente sentita in tanta parte del mondo che non si è fatto abbindolare dalle sirene del mondialismo. In particolare da coloro che se ne sono serviti per troncare le catene del colonialismo. In Italia è stato fattore importante nell’avanzata dei 5 Stelle fino al 33% e anche nella crescita vertiginosa della Lega quando, con l’abbaglio Salvini, dava l’illusione di ergersene a paladino. Storicamente e con evidenza scientifica sono gli Stati nazionali che hanno unificato nel segno della sovranità e sono gli imperi, gli imperialismi, ad averne perseguito la frantumazione. Nulla è cambiato. E siccome libertà e sovranità sono come Eurialo e Niso (Eneide), o Castore e Polluce (Iliade), amici o fratelli inscindibili, non sono nemmeno sradicabili dall’immaginario e dalla volontà.





Perdita della sovranità = Apocalypse now

Ed ecco che in Italia, a dispetto del martellamento di tutti gli interessati allo status quo, l’idea della riconquista della sovranità nazionale e popolare, del resto sancita, prima ancora che dalla Costituzione, da una realtà territoriale, culturale, linguistica, progettuale di un paio di millenni. Che ci è costata sangue e sofferenze inaudite e che ha prodotto una civiltà che oggi le oligarchie degli incivili e i loro utili idioti del cosmopolitismo indifferenziato vogliono minare e contaminare fino a dissolverla e costruire sulle sue macerie una realtà senza volto e senza nome, principi costitutivi l’algoritmo e il denaro. E’ l’orrore di Apocalypse Now.

Essendo convinto di tutto questo, anch’io, come tanti, mi sono guardato attorno, superando le sabbie mobili dei trasformisti a 5 Stelle, alla ricerca di idee e forze che volessero impegnarsi contro questo gigantesco furto con scasso delle élites occidentali. Qualcosa si muove, serpeggia, si manifesta. Inevitabilmente lo spazio abbandonato da chi evidentemente non possedeva gli strumenti culturali per portare a fondo l’istanza della liberazione da un quasi secolare inquinamento coloniale, inflitto e subito, tornerà ad essere occupato, “ove fia santo e lagrimato il sangue / Per la patria versato, e finchè il Sole / Risplenderà su le sciagure umane.




Tra i siti che esprimono quanto sopra e che si propongono con appelli, iniziative pubbliche, convegni, associazioni, movimenti e ai quali tutti dovrà essere fatta l’analisi del sangue prima di parteciparvi, data la lunga pratica delle infiltrazioni, manipolazioni, diversioni che il sistema vanta, ne ho scoperto uno al cui appello ho prestato la firma. Vi ho trovato pure Diego Fusaro, non che sia proprio una garanzia, visto le sue frequentazioni anche con Casa Pound. Al sito “Liberiamo l’Italia” si affianca una web tv e una pubblicazione, non so quanto omogenea, intitolata “Sovranità Popolare” contenente alcune pregevoli analisi economiche, ma anche aberranti elucubrazioni evangelico-papiste sullo sciocchezzaio collateralista che è la dottrina sociale della Chiesa, e sulla mirabolanti genericità, pure quelle sottilmente di sistema, di un papa che prosegue nei confronti dei poteri lo stesso collateralismo praticato con i generali argentini dei desaparecidos.

Sovranisti a Testaccio

In  netto contrasto con quanto sostiene la rivista fin dal titolo, vi appaiono scritti inqualificabili sia per il contenuto, sia per chi ne è l’autore. C’è per esempio una Lidia Menapace, celebrata dal complesso militarindustriale per aver votato a favore della guerra in Afghanistan, che propone un pastrocchio di Europa Federale dei Popoli - “libere regioni sovrane federate” (sic) - basata nientemeno che sul pensiero di Altiero Spinelli, colui a cui gli Usa raccomandarono di far fuori gli Stati antifascisti europei e fomentare un’Europa a-democratica, sovranazionale, burocratica. C’è anche un inno all’interetnicità e interconfessionalità del tirolese Alex Langer, convertito dall’ebraismo a un cattolicesimo integralista, che ha speso la sua vita, fino al suicidio nel 1995, a combattere le istanze di liberazione della colonia Sud Tirolo-Alto Adige sottratta al mondo germanico, oltreché a condurre processi bigotti a chi, come me, in Lotta Continua non risultava del tutto ligio ai voleri del capo. Furono pacifisti fondamentalisti come lui a invocare, insieme a Sofri, i bombardamenti Nato sulla Serbia con il falso pretesto dei bombardamenti sul mercato di Sarajevo, dimostrati invece una provocazione sulla propria gente del despota bosniaco Izetbegovic. Una macchia nera su chiunque ne esalti la figura.

Si parte dalla segheria



Vabbè. Vista la locandina,  constatato che la cosa sta sotto gli auspici rispettabilissimi di Paolo Maddalena, presidente emerito della Consulta, sono andato a vedere. 23 agosto, Roma Testaccio, riunione preparatoria per la manifestazione nazionale del 12 ottobre a Roma, guarda caso in coincidenza con l’evento nazionale dei 5 Stelle a Napoli, dove qualcuno si augura ancora che saltino fuori voci avverse all’autodafè di Di Maio e company. Un seminterrato minuscolo occupato da una segheria, una ventina di persone, salvo un’eccezione, dalla mezza età in su. Il tavolo della presidenza, per intero occupato da Luca Climati, mia vecchia conoscenza in quanto protagonista di alcune iniziative politico-sociali vernacolari in Tuscia, alto Lazio, aveva, ai margini, un signore che in 120 secondi ci ha illustrato il programma economico. Applausi. Climati parla della manifestazione del 12 ottobre come dell’evento catartico da quale deve partire la liberazione. Illustra la piattaforma che è quella che leggete sul volantino. Nulla da obiettare. Applausi.

Partono gli interventi. Uno sgrullone di parole, invettive, invocazioni, vaticini, recriminazioni, da sfidare concentrazione e memoria. C’è la matura dissidente 5 Stelle, in tempi remoti candidata a Rieti, che rimpiange i valori perduti e dei 10 anni di stelle non rimane neanche uno sbrilluccichio. Come Pizzarotti, confluito in Bonino, o i grillini fichiani, mi conferma che peggio dei 5 Stelle ci sono di gran lunga i dissidenti  5 Stelle. Un piccoletto dagli occhi che ti trafiggono come punte di carbone si fionda al centro e, agitando le braccia intorno a se stesso come un mulino a vento, intima a manetta: “Andare nel popolo, siamo col popolo, per
il popolo, dal popolo, si sollevi il popolo!  E giù applausi. Qualche intervento un tantino meno irruente e semplicistico.

Freme alle mie spalle una bellina riccioluta, la mascotte, chiede di saltare la lista degli iscritti e prorompe in un peana all’amore infiorettato da citazioni da Pound, Hoelderlin, Majakovsky, con alle spalle papà che plaude, suggerisce, conferma. Freme di passione incontenibile con tutta la persona. Inneggia a Ghandi, ignara dei suoi omaggi epistolari e diretti a simboli dell’amore come Mussolini e Hitler. Corona questa volo new age invocando un’Europa basata sull’amore, le arti le scienze, e, come no, la poesia. Si siede totalmente soddisfatta di sé, col babbo che freme di orgoglio. Lo sgomento non nasce da questo vaniloquio di chi si presume dovrebbe contrastare la deriva orwelliana della società. Nasce dal compunto silenzio e dall’ammirata attenzione con cui viene accolta questo predicozzo, assolutamente fuori tema, di adolescente che rifà il mondo. E dall’evidente riprovazione che le espressioni riservano al mio ghigno e ai miei scotimenti di capo
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Sovranisti dal local al global



I link che vedete ci mostrano Luca Clivati, attivista di punta della neonata “Liberiamo l’Italia”, in tutta la sua espansione carismatica, del resto collaudata e comprovata in innumerevoli mobilitazione sociali nell’Alto Lazio. Dal rosso PRC del proletariato che non ha nazione, al tricolore della nazione, libera e sovrana. Se ne sono succedute, a ritmo implacabile, le imprese, spesso proposte su Radio Radicale, via via dimensionate su scala geografica sempre più vasta: dai vernacolari “Cerveteri Libera!”, “Comitati Uniti di Cerveteri in lotta contro la discarica e per la Cantina Sociale”, “Incamminiamoci per la riscossa etrusca”, alla dimensione nazionale con  “PRC-Eurostop”, “Italia ribelle e sovrana”, “Movimento Popolare di Liberazione”, fino all’infelice listarella elettorale del duo di fantasisti Giulietto Chiesa-Antonio Ingroia “Lista del Popolo per la Costituzione”. In questa, finita allo 0,02%  Climati, dopo aver rassicurato il bacino elettorale di Lazio 2 con la promessa del “voto Arcobaleno” (LBGTQ) e dopo decenni di infaticabile impegno sociale, si è visto prescelto da 25 elettori. Per cavarsela meglio contro l’Europa, si dovrà fare attenzione a chi si iscrive in questa militanza.

Hanno detto tante cose condivisibili, semplici, un po' alla rinfusa, lì, nella segheria. Ma mancava qualcosa, m’era parso. Forse l’imperialismo Usa, forse la Nato? Quelle travi dell’architettura globalista sulle quali, per garantirle una cornice politica “democratica”, hanno messo il tetto UE? Quello copiato dai piombi di Venezia? Beh, quando  ne ho accennato io, dopo  aver indicato negli Usa la levatrice, fin da Ventotene,  di una comunità sovranazionale antidemocratica e subimperialista, mi sono sentito guardato in cagnesco. Mi sbaglierò, gli farò torto, farò torto anche a Fusaro e Paolo Maddalena, ma, a parte la segheria, quello 0,02 che ha premiato l’exploit di Chiesa-Ingroia-Climati, mi lascia un po’ perplesso. Forse la questione della sovranità richiede qualcosina in più.








lunedì 26 agosto 2019

Pupari, pupi, fatine dai capelli turchini, gatti e volpi------ E I BAMBINI FANNO OOOH------ Il nondetto della crisi di governo



Con una considerazione di Mario Monforte


Al momento in cui finisco questo pezzo, non si sa ancora che quadro uscirà e con quali personaggi. Ma non importa. Si sa a quale parete il quadro verrà appeso.

Metafore
I bambini fanno oooh nella canzone di Povia,  davanti al teatrino dove i cavalieri si menano, le donzelle si rapiscono, gli innamorati si incontrano, i draghi si trafiggono, qualcuno fa le voci e il burattinaio muove tutto e incassa. Ma i bambini, per non dire “noi”, non lo vedono, credono, seguono, parteggiano, si spaventano, si consolano, berciano, ridono, pagano e vanno a casa soddisfatti dello spettacolo. Arte popolare. Poi c’è l’alta letteratura, tipo l’Iliade, l’Odissea, Pinocchio…Le vicende dell’eroe paiono frutto del caso, degli incontri, della fortuna, delle qualità o carenze sue e degli altri. Troia brucia perché piè veloce Achille è più forte di Ettore, Ulisse si scorda di Penelope perché affascinato da Nausicaa glaucopide (dagli occhi azzurri).  A Pinocchio succede di tutto, perlopiù di brutto, perché è uno scapestrato con la scuola, un buono col babbo, un boccalone con il Gatto e la Volpe, un coraggioso, uno sfaticato, un fatina-dipendente.


Omero lo ammette: a governare tutto sono gli dei, un po’ si accapigliano, un po’ si accordano. Si divertono un mondo a vedere darsele i burattini. Ed è Atena che, a dispetto di Afrodite, fa prevalere Achille su Ettore. La proprietà sulla donna, di Menelao su Elena, deve prevaricare i di lei amore e libertà. Collodi, che pratica i travisamenti del Giallo, ce lo fa intendere tra mille depistaggi. A fatica. Ma poi  ce lo spiega chiaro e tondo Carmelo Bene col suo “Pinocchio, ovvero lo spettacolo della Provvidenza”. Il taumaturgo, cinico, autoritario, ipocrita, ricattatore, è la fatina. Potente, ricca, in un palazzo con tanta servitù e, ai suoi ordini, medici (per il controllo del corpo) e direttori di circo (per la gestione dello spirito). Per inserire Pinocchio nella società (quella borghese protocapitalista, detestata da Collodi)  gliene fa passare di tutti i colori: lasciato alla mercè degli assassini, attaccato alla macina come un somaro, minacciato di morte da conigli neri. Tutto per normalizzarlo.

Un film di sole comparse

Nonostante tutti questi disvelamenti (e ne dovremmo aggiungere tanti altri, noi bambini continuiamo a fare oooh. Gli dei non si vedono, il burattinaio è nascosto, la fatina si traveste. Zingaretti, Renzi, Del Rio,  Di Maio, Salvini, Giorgetti, Grillo, Conte, Fico, Orlando….  La nazione è un San Sebastiano dall’intelligenza trafitta da questa ininterrotta mitragliata di manichini, guitti, passanti, comparse, figuranti, cartonati, fatti passare per protagonisti, attor giovani, prime donne, comprimari. Se ce n’è uno che conta, per i suoi ascendenti, precedenti, presenti (guerra alla Serbia, UE, Nato, Usa, finanza), è quello assediato dalla captatio benevolentiae di tutti i figuranti, a dispetto del fatto che non gli tocca che trasmettere degli aut-aut.

E le teste d’uovo, i guru, vecchi malvissuti del bla bla bla, si precipitano nella fiera della visibilità, a dare peso, corpo, significato, rilevanza, a questa turba di ombre cinesi. La prestigiose criminologa (c’entra?) discetta sulla sindrome di Stoccolma di certi grillini nei confronti del GDQP (Grande Disturbatore della Quiete Pubblica) ; l’illustre sociologo con barbone bianco d’ordinanza misura a spanne e millimetri le distanze tra 5 Stelle e PD, superabili purchè l’imberbe Di Maio frequenti per 4 anni la Harvard Business School and Administration di Boston. Un macrosciocchezzaio che, però, serve a occultare gli autentici progettisti, registi, produttori. I naif  manco si accorgono di prendere lucciole per lanterne e don Abbondio per Alessandro Manzoni.

Il nondetto della crisi
A questo proposito riporto qualche riga da un commento di Mario Monforte (“Il Ponte”) sul quale, vale la pena meditare. Monforte va più in là e più a fondo di quanto, negli insopportabili martellamenti sul fondo del mortaio di saltimbanchi di media, di bar, di istituzione, NON ci viene spiegato su cosa provano a combinare quelli che si pretendono protagonisti degli eventi, dal Colle in giù. Un ruolo di protagonisti che gli viene concesso in virtù dell’ inguaribile provincialismo degli utili idioti e dei depistaggi dal reale degli amici del giaguaro, i PR mediatici della Cupola. Come se gli affari riguardanti un architrave del mondo, come è l’Italia nel Mediterraneo, fossero lasciati ai nanetti da giardino che il signore vi ha installati.


La situazione è grave ma non seria : Decisiva la duplice pressione estera sull’Italia, da un lato quella “atlantica” (Usa “trumpiani”, e anche UK) e dall’altro quella “ueista” (Ue, ossia Germania e Francia); spaccatura della «classe politica» interna al servizio dell’una o dell’altra pressione; sfascio dell’assetto governativo e ricerca di una nuova «stabilità» (cosí il presidente della Repubblica), impossibile da trovare sotto tale duplice pressione…

Ma si ha la politica in quanto guerra condotta con altri mezzi. E si ha la politica degli Usa (con l’UK) sempre piú contrapposta a quella dell’Ue (Germania e Francia), che si traduce nelle fratture dentro la «classe politica» (vecchia e nuova) italiana: la posta è imporre o piú adesione all’Ue pur restando nella Nato (con gli Usa) con filo-globalismo scatenato gestito dall’Ue (e dallo Stato in quanto esecutore), o meno adesione all’Ue e piú adesione agli Usa (e alla Nato), con filo-globalismo gestito dallo Stato (non dall’Ue) - comunque nella subalternità a questo o quell’imperativo dell’una e dell’altra parte della «classe politica» presente.
Mario Monforte

In principio è la Cupola
Il merito di queste osservazioni è di attirare il nostro sguardo sulle direttrici lungo le quali corrono i treni, trenini, le carrozze, carrozzelle, che tanto ci impressionano con i loro sbuffi e fischi. Direttrici  tracciate in un apparente groviglio di binari e scambi, ma che, alla fin fine,  risultano tutte confluire verso la stessa destinazione. Se vogliamo proseguire con la metafora burattinaia, si tratta delle mani  che muovono i fantocci.

La contesa individuata da Monforte tra i più Usa -meno UE e il loro contrario, si articola ulteriormente tra più Usa-Trump, in calo, e più Usa-Cupola, in ascesa. Dove sotto la Cupola si devono intravvedere lo Stato Profondo  Usa nelle sue varie componenti: servizi segreti, complesso militar-securitar-industriale (che campa sulla globalizzazione militare); complesso finanzcapitalista che campa sulla globalizzazione neoliberista; il complesso comunicazione-intrattenimento che campa sulla globalizzazione (sub)culturale, il complesso high-tech digitale che campa sulla globalizzazione della comunicazione e del controllo (pensiero unico monoteista). Di tutto questo Trump è un sottoprodotto in via di rapida normalizzazione. E, anzi, utile, grazie alle sue bizzarrie, a rivalutare un sistema che aveva deluso e stancato. E già in vista un altro Obama dopo di lui. La Cupola riassorbe le varianti fuori controllo, da The Donald a Salvini, l’uno messo sull’avviso dall’associazione con il puttaniere suicidato Epstein; l’altro dal suo mini-Russiagate.

Il solco? Lo difendono gli Usa

 
I più UE, quelli aggregati come staffieri, stallieri, palafrenieri, neoliberisti, al tiro a due carolingio franco-tedesco, neoliberisti quanto gli altri, ma meno globalisti e sovranisti più (5Stelle) o meno (Lega) veraci, contavano di aprirsi spazi di manovra ai margini dell’atlantismo, in direzione Russia, Cina e alleati. Ma il Nuovo Ordine Europeo l’ha stabilito la Cupola  e Salvini è finito all’angolo. Alla BCE Christine Lagarde, già amerikana capa del FMI, scampata grazie a magistrati amici  a una condanna per favori finanziari allo speculatore Adidas-Tapie; alla Commissione UE Ursula von der Leyen, star dell’austerity e della russofobia; all’FMI  la bulgara Kristalina Georgieva, un Avatar del turbo capitalismo, insignita da George Soros del Premio Open Society per il suo contrasto a quanto si oppone al Nuovo Ordine Mondiale. Tre colonne del Bilderberg che, insieme a Trilateral, Atlantic Council, Davos e Aspen Institute, rappresenta le Frattocchie del mondialismo. Una trimurti che riannoda tutti i binari verso l’unico capolinea.

Gli spazi per la danza della coppia Macron-Merkel non paiono andare oltre qualche ripicca sul piano commerciale (vedi la questione dazi e l’iraniano Zarif accolto a Parigi sotto lo sguardo truce di Trump). L’acquolina in bocca sulle prospettive di business negli immensi mercati euroasiatici di consumatori ed energia  viene prosciugata dai rapporti di forza militari tra Usa e UE, decisivi.

Il contesto che conta e che conta i suoi
Avendo presente il contesto che conta e che conta le idoneità dei suoi agenti e venditori in loco, riusciamo a intuire chi rappresenta cosa nella temperie di questa crisi. Sulla base, ormai chiaramente definita, dell’inversione semantica di destra e sinistra, i temi trainanti della destra mondialista contemporanea sono enunciati dalle sue vedettes “filantropiche”, alla Soros, Bill Gates, o Amnesty International. Temi e tesi ultimamente confermati, con apparente paradosso e agghiacciante ipocrisia,  dal vertice delle più sanguinarie corporations statunitensi, con la celebratissima dichiarazione d’intenti “via dal mero profitto e benevolenza per lavoratori, comunità, ambiente”.

Primum: Russia et Cina delendae sunt



Cancellare ogni residuo di sovranità nazionale, comunitaria, individuale. O sovrapponendole organismi sovranazionali  cooptati, o facendone di finte e fuorvianti, o eliminandola con guerre e rivoluzioni colorate. Di conseguenza guerra su tutti i fronti a Russia e Cina, a loro annessi e connessi, anche per la necessità del mondialismo di controllare l’immenso territorio e le risorse dell’Eurasia, prima che si materializzi la Via della Seta. Sradicamento e deportazione di popoli nell’Operazione Migranti, per lasciare libero campo alle predazioni colonialiste e al  dominio geopolitico, con il corollario della disgregazione identitaria delle comunità di partenza e d’arrivo. Deviazione dalla lotta dei dominati ai dominanti attraverso l’innesco di conflitti artificiali: diritti umani, democrazia contro dittatura, razzismo d’attacco contro “razzismo” di difesa, guerre di genere, LGBT, capitalismo verde, elevazione a centralità di ogni minoranza immaginabile. Elementi di una strategia che ogni giorno vi esplicitano i nostri media, con particolarmente spudorata evidenza “il manifesto”.

Con Prodi e il suo governo “Ursula”, con Zingaretti, cui tocca masticare quanto resta del M5S e ingabbiare un Conte che profuma di Cina (sua la firma sotto il memorandum per la Via della Seta e molto altro), ma che si è ampiamente atlantizzato con Tav, Guaidò e von der Leyen, il PD in tutte le sue costituenti, per quanto in gara tra loro intorno alla tavola, costituisce senza alcun bisogno di controprova, pur nella sua miseria antropologica, l’opzione di destra  del nostro capitale e, dunque, il referente di fase della Cupola. Il peggio del peggio. Quanto a Roberto Fico, che ogni tanto fa capolino nel teatrino per dire cose “opportune”, come Regeni e migranti, più lo dicono “rosso” e più lo si scopre ruotino di scorta del progetto reazionario. Qualunque  “elevato” uscirà dalle stanze di compensazione del Quirinale, a quel progetto dovrà attenersi.




A noi interessa che Pinocchio, rivoluzionario di legno, non muoia per diventare burattino di carne. Un finale che al recalcitrante Collodi era stato imposto dall’editore.

mercoledì 21 agosto 2019

IL SISTEMA CONTRO LE ANOMALIE Bilderberg - Prodi: Crisi e M5S dalla padella alla brace ------- ONG: Hong Kong, Mosca, Lampedusa ----------- L’ANOMALIA CONTRO IL SISTEMA---------Argentina: El pueblo unido TERZA PARTE





“Ridicolo andare a votare a ottobre, ma come si può fare un accordo insieme ai Democratici, cioè il partito più a destra d’Italia?” (Alessandro Di Battista)

I laboratori della Cupola: Italia
Anticipando lo sconquasso civile, culturale, politico e sociale che il salviniano Russiagate – che resta lo strumento strategico della Cupola per volgere a suo favore turbolenze e anomalie - sta gestendo, a controllo della crisi, c’è solo da ribadire con Trapattoni “non dire gatto se non l’hai nel sacco”. Perché, finchè le Ong globaliste, collise-colluse con Salvini, operano in maniera talmente smaccata, da deportatori, pirati, provocatori, sequestratori di deportati, contro esclusivamente il nostro paese, è ancora il panzone da Pieni Poteri nel Papeete a tenere in mano la carta moschicida su cui far appiccicare consensi. Se la Cupola gli permette di andare a elezioni. Ma anche no. Un Salvini mandato all’opposizione dall’ircocervo PD-5Stelle (coalizione che osano chiamare giallo-rossa, mentre non arriva neanche al giallo-rosé), sai come si diverte a vedere sminuzzare la maggioranza degli opposti e contrari in vista della Finanziaria, dell’Iva e dell’arrivo della recessione che già lumeggia dagli Stati Uniti!.



Per il resto, lo spettacolo in Chigi, Senato, Camera, è da Antellane di Plauto. Ne ricordate i personaggi? Maccus (mangione sciocco), Pappus (vecchio stupido), Bucco (il fanfarone e parlatore petulante) e Dossennus (gobbo astuto). Ne riconoscete gli interpreti attuali?
Per sommi capi, ecco gli schieramenti l’un contro l’altro armato: di qua rosari, sangue di San Gennaro, santini di Padre Pio, di là il papa. Nel segno delle più inoppugnabili delle superstizioni. Stato laico!  E poi i borborigmi nelle Camere: una congerie parlamentare che non ci si fa capaci di come possa essere arrivata su quegli scranni. Gente che urla quattro belinate e poi viene abbracciata come fosse Cicerone; una corporazione di cicisbei, toy-boy, pupazzi  che scattano ai fili di capibanda e, pestando da settimane acqua marcia nel mortaio dei talkshow e tg, si fa passare per giornalisti.

Colpo finale all’anomalia
Dal Colle alla Suburra e dal Colle all’Olimpo, dai cripto destri imperiali della “sinistra” (centro-ultra-“manifesto”) ai destri confessi global-papisti, la spinta è una sola: all’inciucio! all’inciucio! Ridotta in briciole dalla Lega l’anomalia 5 Stelle, con le sue fisime sociali e ambientali (insopportabili in particolare ai “sinistri”, con tale Roberto Ciccarelli,“il manifesto”, coerentemente da sempre fustigatore degli obiettori di coscienza sull’11 settembre), si tratta ora di ruminarne i resti nel più storicamente collaudato tritacarne PD.


E quali sono i nomi più significativi che galleggiano su questa morta gora? Nientemeno che quello del Grande Vecchio, l’uomo del “governo Ursula” con qualche detrito berlusconiano (in nome dell’accoppiata Von der Leyen-Lagarde, cui gli sciagurati di Di Maio hanno insufflato la vita), il traghettatore del nostro paese nella Vergine di Norimberga rinominata UE-Euro, colui cui era stato affidato il patrimonio produttivo italiano (IRI, cosa buona fatta dal fascismo: E che ora gli imbecilli finti-antifascisti mi sbranino) e che se l’è giocato alla roulette delle privatizzazioni. E poi addirittura il presidentello della Camera, a rinnovare i fasti acculturati e di spessore intellettuale del vicepremier grillino, “di sinistra” come lo è il giornale che predilige. Uno a cui i dati granitici su migrazioni e Giulio Regeni, che gli ho elencato in una lettera aperta, hanno fatto un baffo, polverizzando una mia fiducia nella sua buonafede che a tutti i 5 Stelle per definizione riservavo. Galleggia anche, più ai margini, l’ormai ex-presidente del Consiglio. Lo tengono in superficie i suoi Si Tav, Si Guaidò, Si Nato, Si Ursula, Si Padre Pio.

Programma PD-M5S? Quale programma?
Programma? “Io credo che dobbiamo entrare in una stagione nella quale dobbiamo avere il coraggio di riaprire stagioni di innovazioni  delle politiche senza nessuna paura di aprire una discussione su dove questo paese debba andare” (Nicola Zingaretti, fine luglio, mentre regalava coste ai balneari e centri storici ai palazzinari)). Ma, secondo voi, uno che si esprime così ha un programma? C’è da rivalutare il livello intellettuale di Antonio Razzi. Sono tutti così da quelle parti. La linea politica gli arriva da gente come Jeffrey Sachs, economista  post-Friedman della Columbia University, dal partito di Repubblica, o, nel suo piccolo, da Stefano Feltri, vicedirettore del FQ e reduce dall’ultima cupolata di Bilderberg: governo PD-M5S e fate quel che volete, purchè si prosegua a prosciugare il sotto e impinguare il sopra. Dunque migrazioni, Grandi Opere, innovazione, Green New Economy rigorosamente turbocapitalista.

Di Russia si tratta
Il tutto nel quadro geopolitico che ha per punto d’arrivo il mondialismo, passando per la conquista dell’Eurasia che esige la distruzione di Russia e Cina. Quindi, Russiagate a più non posso. Chi, per quanto si professi amerikkkano, si avvicina al Metropol di Mosca, è perduto. Chi poi azzarda, illudendosi di piacere contemporaneamente a Trump e Putin, di dire no alla stella polare della Cupola, von der Leyen, quella che vede la Russia come i filistei vedevano Sansone e rimprovera alla sua Merkel il Nord Stream, vede il futuro come Armstrong diceva di vedere la Terra. Vero Salvini?

Hong Kong, mission impossibile di far sparire gli angloamerikani


 
Degli arcobalenghi (copyright Cesare Allara)  di Mosca, Hong Kong, Lampedusa, articolati in battaglioni di milizie di terra, mare e aria, a seconda dei fronti scelti dal mondialismo per togliere di mezzo le anomalie, s’è detto nelle due precedenti parti del “trittico”. Dopo che mezzo mondo s’è dovuto accorgere che gli arcobalenghi di Hong Kong, con le loro esplicite bandiere coloniali e l’inno americano, erano manovrati dal consolato Usa, il “manifesto”, con una paginata del sinofobo Pieranni, e le piattaforme high tech, sono corsi ai ripari: hanno fatto strage di account disobbedienti, ovviamente “vicini a Pechino”, che avevano “osato diffamare i manifestanti pro-democrazia”, hanno ripiegato negli armadietti Cia le bandiere UK e USA fatte svettare dai manifestanti, a ragazzotti sfascia parlamento e aeroporto di HK hanno fatto giurare “Noi gestiti dagli americani? Ma quando mai! La nostra libera stampa plaude. Lo chiamate paradosso? Orwell ci prospettava un Ministero della Verità che, al confronto, è Pulitzer.

Chi l'ha visto?


Basti aggiungere che la logora ripetizione della contestazione pre- e post-elettorale in Russia, è cozzata contro il dato che non esiste nazione in Occidente  il cui governo abbia il collaudato, reiterato, documentato consenso  per colui che ha riscattato il paese dall’ignominia e devastazione (lo dice uno che sulle posizioni di Putin in materia di Medioriente ha qualche riserva). E anche di rilevare una volta di più lo squallore deontologico, morale, e di grammatica politica, di un coacervo mediatico, tutto dello stesso segno reazionario, servilmente atlantista, quando assume e rilancia da Hong Kong la propaganda dei virgulti del consolato Usa che, alla manifestazione filocinese e anti-colonialista di mezzo milione, ha provato a opporre l’indomani il milione e mezzo della risposta arcobalenga. Dal bollettino parrocchiale del TG3 fino allo Spectre televisivo di Murdoch valevano le cifre degli organizzatori, non i 170mila delle autorità, per definizione cinesemente false e bugiarde. Ovviamente nelle cronache che difende la nostra FNSI e cui sovrintende l’OdG, con i No Tav o i Gilet Gialli vale il contrario. Noblesse oblige.

Argentina, un tango per l’America Latina?


Nell’articolo precedente avevamo chiuso così:
La derrota, el fracaso della controffensiva imperialista in Argentina potrebbe indicare un cambio del vento. Fra poco si voterà in Bolivia e Uruguay. Il Venezuela resiste. Il Nicaragua, a dispetto di Cia e “manifesto”, ha vinto, tra alti e bassi Cuba sta lì, il Messico avanza, nel Brasile e nel Honduras degli epigoni dell’Operazione Condor e dei narcogoverni golpisti la terra si scuote sotto il passo di popoli de piè.

 L’Argentina, che nelle elezioni del 12 agosto ha frantumato l’illusione turbo-neoliberista di Mauricio Macri,  epigono dei generali e nuovo Carlo Menem, inventato da Usa, FMI, BM e sponsorizzato dall’UE, ha deciso che 4 anni di interruzione neoliberista e compradora del processo di riscatto, iniziato con la rivolta del 2001, possono bastare. Dal 75% della produzione destinata ai bisogni interni, si era passati a una cifra quasi uguale riservata alle esportazioni e al lucro delle imprese. Macri ha fatto agli argentini, indebitandoli per altri miliardi FMI, quello che Eltsin  aveva fatto ai russi, la Repubblica Federale alla DDR, la Troika alla Grecia, Clinton a Haiti, le Ong al Sud del mondo. Un rinnovato dilagare della povertà, la ricolonizzazione a basso costo da parte delle multinazionali Usa e UE, l’aumento vertiginoso dell’economia informale e della disoccupazione, micidiali aggiustamenti fiscali a favore dei ricchi, investimenti predatori di vampiri domestici ed esteri con conseguente totale svendita di sovranità. E, ciliegina, tentativi alla Bolsonaro e Temer, di incastrare Cristina con golpe giudiziari.

Col popolo de piè hai voglia a mettere in campo Ong e media
 
De piè, vuol dire “in  piedi”


Ma nè le Ong della colonizzazione, nè la guerra mediatica che, qui come in tutto l’Occidente, si conduce contro il popolo, hanno potuto niente contro una mobilitazione di popolo dalle radici profonde e dalla presenza quotidiana in piazza, in fabbrica, nei campi, nell’istruzione. Né è venuto lo schianto  del macrismo, con quasi il 48% al peronismo del “Frente de Todos”, dell’accoppiata per presidenza e vicepresidenza, Alberto Fernandez e Cristina Fernandez Kirchner, contro il 33% di “Juntos por el Cambio” di Macri. Oltre 15 punti. E la vittoria, per la prima volta nella provincia di Buenos Aires di un peronista nettamente  antiliberista, Alex Kicillof, sulla macrista storica, Maria Eugenia Vidal. A Macri, emulo dello svenditore Carlos Menem nel dissanguamento del paese a beneficio di un crocchio di licantropi addestrati nei soliti campi-scuola bancari del Nord, a malapena sono rimaste le roccaforti reazionarie della capitale e di Cordoba. Gli ci sono voluti  meno di 4 anni  per demolire quanto due mandati Kirchner erano riusciti a ricostruire e per  riprecipitare il paese  nella catastrofe menemiana. Un capolavoro FMI-BM-CIA.

Carota e bastone
Erano le primarie dei candidati alle elezioni generali del 27 ottobre. In vista delle quali  ora si tenta un trafelato ricupero con i bonus che Macri, monetizzando la disfatta, distribuisce sotto forma di aumenti salariali, sussidi, tagli di tasse (ricavati da nuovi debiti con il prontissimo FMI: 50 miliardi da spremere poi dalle vene dei cittadini) e con la rappresaglie intimidatrici di un inferocito sistema finanziario internazionale (fuga di capitali, terrorismo mediatico, svalutazione galoppante del peso a vantaggio del dollaro, ovviamente a spese della ricchezza nazionale e dei salari e risparmi dei cittadini che si ritrovano con un 60% di beni in meno).

L’accoppiata peronista di sinistra (Cristina)-peronista “moderato” (Alberto) è stata imposta dalla necessità di costituire un fronte il più ampio possibile per sconfiggere la potenza globalista che ha espresso Macri. Non per nulla gli integerrimi della sinistra non hanno superato il 3%. E’ dovuta anche agli intrighi giudiziari, tipo Sergio Moro (giudice che ha incastrato Lula ed è stato premiato da Bolsonaro con il ministero della Giustizia), con cui Macri ha provato a neutralizzare quelli che molti chiamano la “nuova Evita”:  Come presidente non sarebbe immune da procedimenti giudiziari, da vice sì. C’è da sperare che nella rimessa de piè dell’Argentina, sostenuta dalla mobilitazione popolare (qualcosa che vede paralleli in Brasile, Venezuela e Honduras), possa riaffermarsi quanto Cristina ha saputo fare nei suoi mandati precedenti.

Patria Grande, cambia il vento?


Intanto dovrebbe ricostituirsi quella solidarietà da Patria Grande dell’America Latina che Hugo Chavez aveva innescato e che Cristina aveva sostenuto. L’effetto Argentina non si potrà non far sentire nei confinanti Bolivia di Evo Morales, presidente sempre in cima ai sondaggi, e Uruguay, dove la spinta popolare dovrebbe sostituire le mistificazioni Pepe Mujica (finto sinistro, neoliberista e alleato militare degli Usa) e Tabarè Vasquez, finalmente con una svolta autenticamente antimperialista.  Ci sono paesi latinoamericani nuovamente percorsi da rivolte popolari di grande forza e lunga durata, che nulla hanno da invidiare, tantomeno le ragioni spurie, a quelle di Hong Kong. Ve ne hanno parlato il vostro “manifesto”, il vostro Corriere, il vostro FQ?

Berta Caceres

Il narco-hub di Hillary

In Honduras, l’hub bananiero e narcos imposto col golpe di Obama e Hillary nel 2009 contro Manuel Zelaya (il mio documentario “IL RITORNO DEL CONDOR” lo racconta, insieme a una fantastica resistenza popolare che, in dieci anni, non si è mai intererotta) è messo in crisi fortissima dalla mobilitazione sempre più di massa, a cui il movimento studentesco dell’Università Autonoma (UNAH) ha dato forza fisica, organizzativa e direzione politica. Eletto con brogli scandalosamente scoperti , il presidente, fantoccio Usa, Juan Orlando Hernandez, cerca di tenere un paese che gli sfugge attraverso una repressione militare e assassini in serie di attivisti, sindacalisti, difensori dei veri diritti umani. Ricordo la mia amica Berta Caceres, leader della resistenza indigena e antimperialista, assassinata da sicari delle multinazionali il 2 marzo del 2016. Ne potete ritrovare la bella figura nel mio documentario.


Non sono da meno le manifestazioni contro il deforestatore e genocida fascistoide Bolsonaro in Brasile, mentre in Venezuela siamo a otto mesi dal fallito golpe di Trump, rivelatore essenzialmente solo dell’infimo servilismo della cancellerie europee al pur evidente gangsterismo dei fuoriditesta di Washington. I rapporti di forza non sono cambiati e il presidente Maduro si avvia all’elezione della nuova assemblea nazionale potendo contare su un paese compatto, al di  là delle incredibili sofferenze inflitte con le sanzioni, a un’opposizione smarrita, divisa, in disarmo. Ma anche sulla forse decisiva alleanza militare con la Russia, sancita nei giorni scorsi a Mosca dai rispettivi ministri della Difesa, Padrino e Shoigu, e che sancisce mutua assistenza e l’ospitalità nei rispettivi porti di navi da guerra. Un accordo che dovrebbe far riflettere Trump, quando medita il blocco navale del Venezuela. Le cui motivazioni si collegano però all’altro blocco, che va costruendo nel Golfo Arabo-Persico.

Devastando il sottosuolo e le acque statunitensi con il metodo del fracking per cavare petrolio, gli Usa sono riusciti a diventare autosufficienti sul piano energetico e, addirittura, a permettersi dell’export. Il fracking è la procedura d’estrazione più costosa, per cui occorre che restino artificialmente alti i prezzi di un petrolio che, in altri paesi, emerge quasi spontaneamente dal terreno. Quindi grandi produttori  amici, come sauditi ed emiratini, sapranno conformarsi, mentre quelli non sottoposti, Iran e Venezuela, dovranno smettere di produrre ed esportare. Una delle meno esaminate ragioni dell’aggressione Usa è questa.

 
Nave da guerra russa in porto venezuelano


Aggressioni, colpi di Stato, guerre, sanzioni che, tutto sommato, non è che gli vadano tanto bene. Anzi, sono tutti falliti, o in corso di fallimento, anche se i nostri informatori  provano a distrarci con Hong Kong. Venezuela, Corea del Nord, Iraq, Siria, Egitto, Afghanistan, Yemen, Georgia e dai e dai….. Ovunque gli è andata buca. Forse il vento sta davvero cambiando.
Ma stiamo calmi.