giovedì 10 ottobre 2024

REGALO DI MAZZUCCO A ISRAELE--- --- Un video del giornalista investigativo denuncia Hamas creatura consapevole di Israele. Peccato che i file di Wikileaks e l’evidenza politica e materiale dicano il contrario

 


Massimo Mazzucco è un valido giornalista-regista investigativo. I suoi lavori, Il presunto allunaggio, l’autoattentato dell’ 11 settembre, il mega-imbroglio Ucraina, meritano le nostre standing ovations. E’ un amico, per quanto distanziatosi, forse in seguito ad alcune divergenze su interpretazioni dei fatti. Con il video sul 7 ottobre dell’attacco di Hamas ha, a mio avviso, indebolito la sua credibilità. Volente o nolente, il suo è stato il ricorso a uno dei classici sistemi messi in campo per demolire l’onorabilità e la verità di un protagonista della lotta contro il Potere.

E aggiungo una considerazione cruciale. Fosse anche fondata la tesi di un Hamas prezzolato a suo tempo e poi lasciato fare il 7 ottobre e quindi spinto nella trappola – e NON lo è - , diffonderla ora, per amore di scoop alla Fracassi, a detrimento dell’onorabilità e dell’integrità del cuore della resistenza palestinese e umana, significa assumersi una pensate responsabilità

Lo si è fatto molte volte e io ne sono stato testimone, in particolare al tempo delle guerre all’Iraq. Saddam Hussein, da sempre l’antagonista più coerente e pericoloso per americani e Israele, andava distrutto moralmente ancora prima che militarmente.

Si fece credere a un’opinione pubblica, che ne stava sostenendo la causa antimperialista e antisionista e costituiva massa critica nell’opposizione internazionale a contrasto della guerra (ricordate i milioni in piazza detti “La Terza Potenza Mondiale”?), che, dopotutto, il presidente iracheno aveva delle vergogne da occultare: era stato “l’uomo degli americani” i quali lo avevano armato per decenni e, in particolare, contro l’Iran. Quindi, agli occhi del suo popolo e dei suoi sostenitori internazionali, doveva risultare un inaffidabile doppiogiochista, al quale non andava concessa nessuna solidarietà

La storia degli armamenti USA forniti a Saddam si dissolse presto e sotto i miei occhi: né a noi inviati sul campo, né dalle tante riprese dei giornalisti embedded in onda sulle tv di tutto il mondo, risultò mai una sola arma statunitense in mano all’esercito iracheno. Neanche una colt. Era tutto, dal Kalashnikov al mortaio, antiquato materiale sovietico. Mosca aveva cessato di rifornire Baghdad fin ai primi anni ’90, epoca gorbaciovian-eltsiniana della “convivenza pacifica”.

Chi veniva invece rifornito dall’Occidente, perfino di armi israeliane, era l’Iran: ricordate lo scandalo “Iran-Contras”? Con i soldi ricavati da quelle vendite si pagarono e armarono gli squadroni della morte utilizzati dagli USA contro il Nicaragua sandinista (per fortuna oggi ancora in piedi a dispetto di Washington e Vaticano).

Presentatosi e risettatosi con la denuncia delle condizioni dei palestinesi di Gaza, prima e dopo il genocidio in atto, Mazzucco ricorre a un esempio tirato crudamente per i capelli: l’attacco giapponese a Pearl Harbor, provocato, come è ormai ammesso e documentato da sopravvissuti e ricercatori, dalla minaccia di un’aggressione statunitense fatta pervenire a Tokio. I giapponesi ci credettero e decisero un’azione “preventiva”, Roosevelt sacrificò navi e uomini, ma potè dichiarare guerra all’Impero del Sol Levante.

In Palestina le cose sono un po’ diverse, a dispetto dello sforzo di farle apparire affini. Sforzo che Mazzucco non è il primo a fare. Subito dopo il 7 ottobre, sono spuntati come funghi coloro che provarono, nel nome dell’infallibilità degli apparati israeliani e della bassezza morale dei loro nemici, a giurare che è tutto un lavoro, per quanto cinico e brutale, dei diabolici israeliani.

Dunque, per Mazzucco, Israele s’è fabbricata Hamas, fine anni ’80, per contrastare Fatah del vecchio e pacificato Arafat (quello del grande imbroglio di Oslo), che stava veleggiando tranquillamente verso la senilità e, superate le intemperanze giovanilistiche della Prima Intifada, verso un quieto convivere con i vari Barak, Rabin, Netaniahu (il primo), Olmert. L’idea era quella di ridurre l’ancora percepita minaccia potenziale di Fatah ad ancora più miti termini, facendogli balenare un rivale, Hamas.

Bastava, si calcolava, lasciare passare i soldi che i Fratelli Musulmani del Qatar passavano ai fratelli di Palestina per vedersi spaccare in due il movimento. Lo ribadivano gli “Israel Files” di Wikileaks, esibendo gli scambi tra intelligence e ministeri degli esteri di Washington e Tel Aviv. Ne veniva fuori un moderato malumore verso Fatah, tuttavia temperato da compiaciuti riferimenti alla sua disponibilità ad acconciarsi, un qualche pensiero su quell’entità ambigua di Hamas e, nell’evolversi della situazione, una sua netta identificazione come nemico.

Tutto qui: l’idea che Israele si fosse creato Hamas, l’avesse coltivato, promosso, pagato, non ha la benchè minima base. Ci hanno provato a utilizzarlo come cuneo per fossilizzare il movimento, lasciando passare aiuti e soldi dal Qatar. Poi, vista la piega delle cose, cioè visto un’partito-organizzazione combattente che aveva guadagnato l’egemonia, anzi il monopolio della resistenza, grazie alla sua identità genuina e alla sua determinazione a riprendere e rafforzare il filo della lotta per la liberazione, è iniziata la guerra, strisciante prima, poi genocida.

Con Hamas vittorioso delle elezioni in tutti i territori occupati, ma non impedito da Fatah-Abu Mazen e dai loro conviventi-conniventi israeliani a imporsi al governo di Gaza, parte la strategia dello sterminio progressivo: il carcere a cielo aperto, la riduzione degli spazi e mezzi per vivere, la confisca degli aiuti, finanziari e altri, le incursioni, i raid.

Siamo agli inizi del secolo. Nel giro di tre lustri si succederanno cinque aggressioni, un po’ via mare e aria, un po’ via terra, un po’ tutto. Strano trattamento per una creatura che viene detta tua. Io ne ho visto e vissuta quella che, prima dell’8 ottobre, è stata la più feroce e distruttiva: “Piombo fuso”, dal dicembre del 2008 al gennaio 2009. Quando, incendiata dal fosforo bianco, la gente si inceneriva sull’asfalto, lasciandovi una sagoma nera; quando una ragazzina di 12 anni mi raccontò che i suoi famigliari, 27, usciti di casa con il fazzoletto bianco levato alto, vennero mitragliati da Tsahal; quando le tre bimbette, figlie di un giornalista di Gaza che era in collegamento diretto con una TV israeliana, vennero disintegrate nella stanza accanto, centrata da un missile perfettamente consapevole.

Torniamo al teorema di Mazzucco. La sua descrizione, anche grafica, del Kolossal  di sorveglianza intorno a Gaza, di barriere elettroniche, meccaniche, fisiche, a innesco automatico e, magari, a raggi ultravioletti e infrarossi, palloni aerostatici, deve essere tratta dal rendering di qualche progetto ultracibernetico. Perché non risultano a chi ha giracchiato da un lato o dall’altro della linea di separazione. Esistono barriere di reti elettrificate di cemento, torri di osservazione, radar, Quelle che Hamas ha sfondato con le ruspe e sorvolato con i parapendii, mentre l’apparato umano del comando militare principale, Erez, dormiva. Si fidavano dei dispositivi di sorveglianza che Hamas aveva neutralizzato e poi superato. Erano anni che nessuno aveva provato a passare. Del resto, nell’era dell’Intelligenza Artificiale, si sa, basta un cavetto tagliato per mandare in tilt il sistema.



Del resto, nei lunghj mesi della precedente operazione di Hamas, “La Grande Marcia del Ritorno”, nel 2018, l’architettura descritta da Mazzucco non esisteva, se non nelle forme più o meno perpetuatesi fino al 7 ottobre. Migliaia di palestinesi di Gaza si avvicinavano alle reti di recinzione e da lì lanciavano sassi e aquiloni incendiari. I due schieramenti si distanziavano di non più di 200 metri. L’IDF e la polizia di frontiera rispondevano sparando: 234 morti.

Per quel che vale, io stesso, durante l’operazione “Piombo Fuso” contro Gaza, mi ero avvicinato alla linea di separazione tra Gaza e il resto della Palestina occupata. La presenza israeliana visibile era costituita da torrette di controllo con soldati che, all’occorrenza, uccidevano i contadini che si avventuravano a lavorare nei loro campi.

L’evidenza del fallimento dell’apparato di contenimento israeliano era l’assoluta sorpresa che ha caratterizzato la reazione israeliana. Il comando di Erez era stato fulmineamente occupato da Hamas e i suoi membri ridotti a rifugiarsi nei bunker sotterranei, incapacitati di organizzare le difese. Soprattutto grazie a questa defaillance, Israele dovette reagire in misura improvvisata, scoordinata, avventata. Con tanto di precipitarsi di carri armati e ben 29 elicotteri d’assalto che, data l’adozione della famigerata direttiva Hannibal (uccidere gli ostaggi piuttosto che farli portare via), spararono non solo sugli incursori gazawi, ma su tutto ciò che si muoveva. Figuraccia incancellabile per il “terzo o quarto esercito più potente del mondo”. Umiliazione letale.

Mazzucco avrebbe fatto bene a corroborare, con la sua perizia, le tante versioni, basate su testimonianze, prove, immagini, che israeliani onesti e altri ricercatori hanno prodotto su quel massacro da fuoco amico. Anche quelle sulle decapitazioni di neonati e sugli stupri di massa via via inventati da Tel Aviv e dai suoi portatori d’acqua per rimediare allo scacco e giustificare la mostruosità di Gaza,

Oltre all’incrinatura del grande artificio propagandistico dell’invincibilità e invulnerabilità del più efficiente esercito e della più avanzata potenza mediorientale inflitta da Hamas e per la quale hanno pagato con ignominiose  dimissioni forzate tutti i responsabili di esercito e intelligence, lo spot pubblicitario di un Hamas coltivato e lasciato fare dallo Stato ebraico trova una smentita incontrovertibile negli esiti militari e, soprattutto, politici del presunto complotto di Netaniahu e sodali.

Sarebbe grazie ad esso che Israele è andato precipitandosi in una fase declinante che ne avvicina un credibile epilogo? Grandi strateghi davvero! Gaza, dopo un anno di aggressione con tutti i mezzi di sterminio e distruzione a disposizione, Hamas, presunto prodotto di Israele, non è stata debellata, continua a colpire Israele a Gaza e fuori e l’obiettivo di sollevare la popolazione decimata di Gaza contro Hamas è risultato onirico. Nessuno degli obiettivi fissati è stato raggiunto. La guerra dei tunnel neanche iniziata, la città sotterranea di Hamas (qualche cantina di ospedale fatta passare per bunker di Sinwar), su 250 ostaggi in un anno liberati appena 6.

In compenso Israele ha suscitato una rivolta di popoli tutt’intorno a sé e l’indignazione e l’isolamento di tre quarti dei paesi del mondo. La statura morale, fondata su un vittimismo, storico e attuale, che ne occultava il ruolo di carnefice sistematico, è stata disintegrata. Israele è percepito come protagonista mondiale del terrorismo contro i civili. La misura del suo impazzimento sta nella risposta all’isolamento planetario consistente in un’esasperazione di quello stesso isolamento: i paesi del mondo, riuniti nell’assemblea generale delle Nazioni Unite, insultati come “palude di antisemitismo”, il suo Segretario dichiarato persona non grata nello Stato sionista, le basi dell’Unifil in Libano attaccate a cannonate.

Per quanto se ne celino i risultati, Israele è colpito in profondità, ma sempre su obiettivi militari o infrastrutturali, da una crescente schiera di nemici che ne moltiplicano i fronti di impegno militare e la dimensione critica sul piano economico. Tra Sud e Nord, 250.000 persone, coloni anche quelli arrivati 80 anni fa e loro prole, hanno dovuto essere evacuati. La crescita del paese, privato della maggior parte degli investimenti si avvicina allo zero, Nell’apparato produttivo sono venuti a mancare sia la componente matura, tecnologica, richiamata alle armi per una guerra che non finirebbe mai, sia la bassa manodopera dei palestinesi. L’immigrazione, indispensabile per contenere l’irriducibile vitalità demografica palestinese e araba, si va trasformando in un poderoso flusso emigratorio.

La fine dello Stato del razzismo e della violenza non sarà vicina, ma non è neanche lontana. Comunque è inesorabile e autoinflitta. Un bel argomento per un’eccellenza del giornalismo d’inchiesta come Massimo Mazzucco.

martedì 8 ottobre 2024

Metodo False Flag + Fake News 11 SETTEMBRE, CAPACI, 7 OTTOBRE… FUNZIONA COSI’

 

Metodo False Flag + Fake News

11 SETTEMBRE, CAPACI, 7 OTTOBRE… FUNZIONA COSI’

(E stasera alle 20, puntata di “Mondocane…punto” su

QTv • Qui Radio Londra TV live)

 


Spunti di riflessione di Paolo Arigotti: Il ringhio del bassotto: a 90 secondi dalla mezzanotte nucleare (con Fulvio Grimaldi)

https://www.youtube.com/watch?v=MhGLjuKuAaw

https://youtu.be/MhGLjuKuAaw

 

Dove si guarda dietro alle Fake News sul 7 ottobre sparateci addosso da Netaniahu e compari, divorati e rivomitati su di noi dall’imperial-colonial apparato politico-mediatico, sulla falsariga dell’11 settembre, delle nostre stragi di Stato, degli attentati terroristici in Europa, dell’ Al Qaida di Hillary Clinton… e andare. Tutta roba utilizzata come trampolino perché i carnefici  possano precipitare sulle loro vittime facendolo passare per vendetta, rappresaglia, ritorsione, giustizia.

Dove si fa il confronto fra due manifestazioni, una per la Palestina e contro i genocidi, il 5 ottobre, l’altra, per finta, di cagasotto e collaborazionisti (pure qualche venduto palestinese) il 12. La prima proibita dal Pavolini di turno, Piantedosi ministro di Polizia, la seconda benevolmente autorizzata e, sotto sotto, pure benedetta dal capo dei pretoriani di regime.

E pensate che faccia come il culo devono avere quelli che si sono dileguati dalla prima, quella vera, dal regime servosionista proibita e da loro sabotata, quando nel pubblicizzare la loro, quella dei rinnegati, interni al meccanismo Fake News, scrivono che fanno questa cosa “contro i divieti del governo”. Divieti del 5 ottobre ai quelli si sono prontamente associati, contro i palestinesi e filopalestinesi autentici.

Quella dei pacifinti (visti ad Assisi il 21 settembre) e finti-antiNato, e finti-anti vittime civili e fintitutto, è una tara di questa società intrisa di clericalismo e relativa ipocrisia, un tumore da estirpare attraverso una costante opera di disvelamento e sputtanamento. Whatever it takes, costi quel che costi, stavolta lo diciamo noi.

Di altro si parla qui. C’è molto da dire sull’universo della menzogna e dell’occultamento come manovrato dalla comunicazione di Sistema. Quella che pretende un Israele invincibile, che deve indurci alla rassegnazione, se non alla sottomissione, rispetto all’impazzimento criminale della strategia di domino dell’aberrazione sionista (che poi è, in fondo, di sopravvivenza nel razzismo, nella ferocia colonialista e nel conseguente isolamento morale dal mondo degli umani, affannosamente accusato di antisemitismo).

Vale per la negazione delle punizioni inflitte dall’Asse della Resistenza, delle sei basi militari in Israele colpite dai missili iraniani che hanno sfondato l’Iron Dome e non stati fermati neppure dalla contraerea USA; delle decine di soldati sionisti fatti saltare in aria dalle trappole esplosive di Hezbollah (presuntamente decapitato e disarmato), al loro primo ingresso in Libano (Libano che ha saputo dimostrare quanto poco invincibile sia il “più forte esercito della regione”, quando non arriva dal cielo, ma devo combattere sul terreno), dai missili balistici e ipersonici arrivati da Yemen e Iraq.

E qui si impone una constatazione sulle famose regole d’ingaggio. Nettamente diverse le une dalle altre. Quelle osservate da Israele contemplano la facoltà di bombardare agglomerati urbani a Gaza, in Libano, in Cisgiordania, zeppi di civili, mirando con particolare fervore a donne e bambini (42.000 ammazzati dalle bombe a Gaza, ma 118.000, secondo i medici USA sul campo, sotto le macerie, uccisi da malattie croniche non curate, da fame, da epidemie). Quelle dei palestinesi, iraniani, Hezbollah, yemeniti, iracheni, invece, colpiscono centri militari, strutture aeroportuali e portuali, sedi dell’Intelligence, con effetti collaterali vicini a zero. Quante vittime civili dalla recente incursione iraniana in Israele? 180 missili e zero vittime. Autentici virtuosi.

Resta da decifrare cosa si potrà verificare a seguito della minaccia israeliana di colpire l’Iran, centrali nucleari o petrolchimiche che siano. La quale minaccia viene presentata come “risposta”. E’ la risposta alla risposta alla risposta alla risposta all’attacco terroristico contro l’ambasciata dell’Iran a Damasco, col corredo degli assassinii mirati di leader della Resistenza e di portatori di cercapersone e walkie talkie e loro dintorni civili. Chi ha cominciato? Nessuno se lo chiede. Neanche per il conflitto in Ucraina. E’ sistematico, come le False Flag e le Fake News.

Nel giro dei complici dal masskiller israeliano ci si sta strappando i capelli all’idea che questi mentecatti del culto della morte attacchino l’Iran, con conseguente catastrofe economica mondiale (già il prezzo del petrolio è salito del 13% in tre giorni). Dal Golfo Persico passa il 50% del petrolio e gas usato nell’Occidente tormentato da inflazione e recessione. A Tehran basta bloccare gli stretti di Hormuz con qualche nave, a galla, o affondata.

Ne vedremo delle brutte. Forza e coraggio.

 

 

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mercoledì 2 ottobre 2024

ISRAELE, GRANDI RIBALTONI, GRANDE CRISI --- E OMS e ONU per tenerci al guinzaglio

 


Marzia di Sessa su 9MQ intervista Fulvio Grimaldi

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Partendo dai 200 missili iraniani che hanno fatto il contrario di quanto gli inattaccabili signori di tutte le guerre e di tutti i terrorismi ci vogliono far credere, cioè hanno colpito pesantemente nel segno, ci occupiamo dei ribaltoni e ribaltini della realtà, con annessa verità, che qualcuno di molto riconoscibile pratica da ottant’anni in Medioriente. Capovolgimenti, tuttavia, che sono diventate le colonne portanti nella nostra parte del mondo, la conditio sine qua non per esercitare il fascismo del terzo millennio. Tutto questo, grazie essenzialmente al supporto dei cantori uniti della turlupinatura.

Pescando nella teca delle favolerie antiche, la turlupinatura del colto e dell’inclita inizia qualche millennio fa e parrebbe destinata a inquinare sistematicamente la nostra specie a vantaggio di chi se l’inventa. Fino a quella finaccia del mondo che tutti i monoteisti ci prospettano (incrociamo le dita e tocchiamo tutti i ferri di cavallo rimasti).

E’ successo che una tribù egizia di menacapre del deserto si sarebbe fatta irretire da quel pazzoide di Akenaton e dalla sua stramba invenzione di un dio unico. Svaporato, nell’indignazione generale e nell’intelligenza diffusa, quel progetto faraonico, nient’affatto innocente, di ridurre tutto, possesso, dominio, comando, a un unicum e tornati alla democratica pluralità di gusti e dei, quella tribù di pastori si trovò spiazzata. Malvista dalla gente di buonsenso e delle sane tradizioni, decise di lasciare il paese e avventurarsi al di là del mare. Rosso. Dove trovare nuovi pascoli e su nuove cime ventose far incontrare il proprio capo unico con quel dio unico. A dispetto dei nostalgici, nella piana desertica, riuniti attorno al vitello d’oro che questi qua, in vista della sopravvivenza hic et nunc, insistevano a preferire al dio delle compensazioni vaghe e venture.

Inutile dire di quanto, della turlupinatura, è stato logorato e, addirittura, lacerato dall’uragano della realtà: aggressori strutturali e secolari che apparivano sul proscenio come lacere vittime, costrette di malavoglia a difendersi, loro, da terroristi. Tanto vittime a prescindere, quanto sorretti dai padroni della materia vivente e inerte, perché facessero alla specie cose che mai nessuno nell’intera Storia, da Zeus incazzato a Jack lo Squartatore.

Praticavano la lotta al terrorista sparando sulla propria gente purchè non venisse rapita, o fulminando con tiri alla testa ventimila bambini, o, ancora, assaltando, per la terza volta in 42 anni, un paese vicino perché osava impegnarsi in difesa di quei bimbi. Senza parlare degli assassinii mirati a gogò di coloro che, da Obama in qua, considerati sospetti, sono terroristi da eliminare. Specie se sono i capi di popoli di troppo.

Tutto questo è possibile grazie ai chierichietti che, in coro, cantano quella liturgia, moralmente valida e storicamente vera quanto le bizzarrie di Akenaton. Vanno compresi, ne va della loro fortuna e delle loro fortune, come elargite da quel fortilizio della lotta al terrorismo che sono i soprannominati padroni di ogni cosa, quali gnomi di Zurigo, quali gnomi in banche e Fondi d’investimento USA. L’essenziale è che siano vampiri giganti travestiti da bonari gnomi. Fa parte della turlupinatura.

Questo è quanto riusciamo a vedere di grande, anzi di colossale, basta scostare un tantino il Velo di Maia. Poi ci sono le turlupinaturine, piccole, ma fetentine: Quando bombarda Israele, non rimangono che le ossa e i cocci da esibire al mondo intero: fa lezione. Quando sparano gli altri, finisce tutto sull’Iron Dome e non turba neppure il sonno dei bimbi d’Israele. Non centrano mai niente questi ottenebrati barbari. Proprio come il popolo eletto del librone delle turlupinature primigenie era immune a genti invisi a Jahvè, amaleciti, cananei e tanti altri che fossero, fino ai palestinesi.

Poi ci pensa la realtà a individuare, nel mattino israeliano di mercoledì 2 ottobre, crateri enormi, macerie di basi militari (come già il 14 aprile scorso, nella prima risposta iraniana), giganteschi bagliori da impatto, incendi lungo interi orizzonti. Per capire meglio cosa rivelino non guardate La 7, o il Corriere, o il cucuzzaro di Palazzo Chigi. Basta una qualunque fonte fuori dall’arcipelago NATO.

E così vedreste finire come un castello di sabbia l’immunità, l’invulnerabilità, l’inviolabilità del Mazinga insediatosi in Palestina. Verreste a sapere delle centinaia di obiettivi colpiti dai missili Hezbollah, da quelli ipersonici degli yemeniti (altro che “ribelli”, sono la nazione), da quelli balistici delle forze patriottiche irachene, delle basi USA colpite in Siria. Tutta roba occultata a difesa del mito della superiorità insuperabile, quello che deve paralizzare e far rassegnare. E intanto bruciano il Porto di Haifa, l’aeroporto di Tel Aviv, la sede centrale dell’unità terroristica di élite “8200”, il quartier generale del Mossad a Glilot. Ne girano le immagini.

Un NonStato in agonia

Le vittime dello Stato-nonStato (per mancanza dei requisiti di diritto internazionale e umano) e chi gli resiste sanguinano come non si è mai sanguinato in così poco spazio e tempo. Ma il NonStato corre verso l’autodistruzione. Gli occupanti, più che sangue, perdono linfa. Nei primi tre mesi dell’anno lo hanno già abbandonato 500.000. Mezzo milione su 9, soprattutto giovani, la classe tecnocratica, indispensabili all’efficienza militare e terroristica (e i palestinesi nel mondo sono 12,5 milioni, 5 aspettano di rientrare)).

La sicurezza, economica e sociale, è compromessa. Moody’s, l’agenzia di valutazione del debito, ha abbassato il rating di Israele da A2 a Baa1 e dichiara “il rischio è alto e le prospettive rimangono negative”. La manovalanza palestinese che teneva in piedi l’edilizia, vitale per la colonizzazione, è bandita o fatta fuori. Erdogan nega il cemento, l’unico che arrivasse ai costruttori. L’industria cede quadri e forza lavoro all’esercito, ricerca e manifattura ne sono spedite in crisi.

Dal 7 ottobre della mattanza da fuoco amico la crescita economica ha subito un crosso calo. Il PIL è calato del 21% già nei primi tre mesi dell’anno scorso. Gli amici di JP Morgan hanno fissato la crescita all’1,4%. Gli investimenti esteri si sono dileguati e non sono certamente compensati da una spesa per la “difesa” fuori controllo. Decine di migliaia di aziende hanno chiuso perché non c’è da fare e con chi fare, visto che i dipendenti devono sterminare palestinesi e arabi. Domani iraniani, chissà. Quanto resta nel forziere, va ai coloni negli insediamenti, ma l’élite economica funziona alla libanese: via da qui, i quattrini, verso depositi sicuri.

Ilan Pappè ha scritto “Il crollo del sionismo”. Crollo che potrà essere ritardato da Biden, Trump, Larry Fink, Elon Musk., Jahvè… Ma fino a quando? Di sicuro costoro stanno facendosi il calcolo dei costi e benefici. Anche se non lo dicono. La turlupinatura deve reggere.

 

sabato 28 settembre 2024

E’ L’IMPERO CHE FA LA LOTTA DI CLASSE --- AFD, Hezbollah, Kamala Harris, Israele, Schlein, Meloni… Chi sono i neonazi? “ E cos’è la destra, cos’è la sinistra”

 



Fulvio Grimaldi con “Il ringhio del bassotto” in “Spunti di riflessione” di Paolo Arigotti

https://youtu.be/BbJYFKpSKe4

https://youtu.be/BbJYFKpSKe4                

La mazzata è terribile. Sia per l’ Asse della Resistenza che si vede decapitata e privata della direzione della sua principale forza di combattimento; ma sia anche per il tumore sionista. Gli azzeccagarbugli che si divertivano a definire il male maggiore, il male minore, il bene e il male, si ritrovano seppelliti da un mostro terrorista, questo sì epitome del male che cova nei recessi oscuri dei disumani, che ha superato ogni forma di abominio in precedenza praticato. Qui si tratta di malvagità, nequizie, scelleratezze, compiute effettivamente. Non a costruzioni della propaganda, o della Storia manipolata e adulterata.

In questa trasmissione ci siamo occupati di due concetti, destra e sinistra che, fin dai tempi di Giorgio Gaber (uno acuto, ma anche un tantino qualunquista) andavano precipitando verso l’agonia di senso. Agonia che, con l’ormai sistematica inversione dei rispettivi significati, è oggi giunta alla fase finale.

Ecco, dunque, Israele, entità celebrata su vasta scala come presidio di democrazia in una regione formicolante di dittatori e integralismi. Questo, per una creazione di laboratorio, del tutto artificiale, ladra di territorio, che ha consolidato il suo forzato inserimento nella regione e su terra altrui a forza dell’ efferata lotta di classe dall’alto di una cricca di colonialisti estremi, operativi della massima potenza finanziaria mondiale. Un costrutto da scienziato pazzo che ha perfezionato l’approccio razzista e crudamente dispotico, dalla pulizia etnica e sociale fino al genocidio, di cui si andava affermando l’unicità assoluta, addossandone l’esclusiva ai carnefici del ghetto di Varsavia e di Auschwitz.

Si era pensato, sperato, che questo manicomio criminale, definito Stato democratico, avesse superato ogni limite di umana depravazione con lo sterminio di un’intera popolazione mediante bombe, fame, sete, epidemie, tortura. Di portata tale da oscurare, viste le misure e i tempi in gioco, l’eliminazione dalla faccia della Terra dei nativi americani praticata da spagnoli e anglosassoni con sicariato storico d’appoggio. Ma di ancora più perversa vigliaccheria si deve parlare, di assassinio con il pugnale brandito dall’ombra, alla vista degli strumenti adoperati in questi giorni nel Libano contro chi si opponeva, generosamente, allo sterminio dei palestinesi, con i suoi consapevoli e programmati effetti “collaterali” su civili inermi, donne, bambini, bersagli particolarmente ambiti dal mostro.

Lo psicopatico ertosi alla guida di un olocausto senza sopravvissuti, nel suo delirante discorso dell’odio (chi ne censura l’uso, c’era?), ha mostrato due carte geografiche. Una, intitolata “benedizione”, mostrava un ponte via mare e terra dall’Oceano Indiano a Israele che, con l’apertura del Canale Ben Gurion inteso a far seccare il Canale di Suez in mano all’Egitto, avrebbe fatto dell’abominio sionista il chiavistello militare e commerciale dei traffici tra Est e Ovest. L’altra, “maledizione”, univa popoli e Stati autoctoni, Iran, Iraq, Siria (di striscio Turchia), in una nera minaccia contro l’unico popolato da allogeni (e con lo stivale sul collo dei nativi, alla George Floyd). I primi, totalitari e sprofondati nell’oscurantismo integralista; l’altro, bastione di democrazia e civiltà. Destra e sinistra…

Sono convinto che le azioni innescate e le parole pronunciate da Netaniahu a New York, compresa la scenetta da Dottor Stranamore di lui nella camera d’albergo che ordina la carneficina del Libano, segnino il solidificarsi dell’inizio della fine di questo scandalo chiamato Stato. Inizio della fine germogliato dal massacro dei propri concittadini il 7 ottobre 2023 (qualitativamente assai simile a quello dell’11 settembre 2001, pure esso celebrato in diretta da agenti israeliani) e arrivato al parossismo con gli stermini a Gaza e nel Libano.

Destra-sinistra? Israele è diventata il cattedratico supremo di una differenziazione che, oltre a menar il can per l’aia, mena noi per i fondelli: ha ucciso perfino Il cartonato della classica contrapposizione. Quello che, dopo l’uccisione delle ideologie, l’Occidente aveva provato a mantenere in vita in forma adulterata. Da noi, si parva licet comparare magnis, Schlein, Conte e tutto il sicariato di sguatteri e chierichietti in fiera marcia nel corteo funebre condotto da  Netaniahu e Biden-Harris. Con tutti i non trascurabili pezzi di società che costoro si tirano dietro (vedi, in questi giorni di vertici di orrore e di oceani di sangue, l’impennata del Likud del premier sionista).

Ci consola, sempre si parva licet, che da noi le cose circa destra e sinistra sono state definitivamente chiarite dalla ricomposizione in unità dei due contrari. Abbiamo semplificato: c’è rimasta solo la destra. Tra mille, ne citiamo due manifestazioni: La maggioranza, de sinistra, che vota le armi per colpire la Russia e aprire all’armageddon finale; e il DDL detto “di Sicurezza”, passato alla Camera e che, col parlamento de destra che ci ritroviamo, passerà al Senato. Dei gesti criminali che ci verranno attribuiti, dopo i benefici a lorsignori con regali tipo la corruzione legittimata dalla fine dell’abuso d’ufficio, o la seconda arma, privata, ai pretoriani di regime fuori servizio, ne basta citare un paio: i 7 anni di galera se resisti alle loro mazzate, o i cinque anni di galera se metti il tuo corpo di traverso a una Grande Opera, tipo il Ponte sullo Stretto, o a un tratto stradale occupato contro chi ti butta in mezzo a quella strada.

Curioso il ricordo che mi germoglia al leggere dei 7 anni da comminare allo sciamannato per essersi fatto un Rave sul terreno, o nel capannone abbandonato, di un padrone. Quando gli ex-neo-post fascisti della Meloni inflissero questo ukase ai partecipanti al Rave Party di Modena e ai loro eventuali successori, mossi, in Mondocane su Byoblu, un fiammante attacco ai questi antesignani delle successive operazioni contro i filopalestinesi. La reazione dell’editore, Claudio Messora, fu immediata e di duro rimbrotto: Ma come, questi debosciati, drogati che devastano luoghi e forniscono un pessimo esempio ai giovani che invece lavorano, si impegnano…

Destra? Sinistra? Oggi Byoblu nella sua nuova veste, che ha disperso al vento Mondocane, ce lo spiega meglio…

 

Neonazi o disturbo al sistema nazi?

Sulla vexata questio dei due modi di guardare al mondo e di starci, un bell’approfondimento ce lo forniscono le elezioni nella vecchia DDR, oggi componente del tutto indisciplinata della Repubblica Federale. Arrivando primi in Turingia e secondi per un punticino in Sassonia e Brandeburgo, assumendo una forza parlamentare che può bloccare qualunque governo, con verdi e liberali eliminati dalla scena e democristiani e socialdemocratici in forte affanno, quelli dell’AFD (Alternativa per la Germania), spuntati dieci anni fa e cresciuti vertiginosamente, sarebbero l’ultradestra. Anzi più coloritamente neonazisti. Al punto che perfino la Corte Suprema tedesca ha voluto esaminarli, ricavandone la proposta di un provvedimento di divieto al “ritorno del neonazismo”.

Proposta travolta dalla crescita dell’assenso popolare (per quanto oggi eminentemente nell’Est tedesco, nell’Ovest sono sopra il 10%) in quella che fu la DDR, poi depredata e letteralmente spogliata del suo apparato produttivo e di welfare dopo l’Anschluss.

“Neonazisti” che diventano la maggioranza assoluta nel voto dei giovani. Quelli invisi all’establishment in Germania, più ancora che nel Regno Unito e negli USA, soprattutto per le scorribande “antisemite” ce fanno a sostegno della Palestina e dei suoi abitanti originari, questi sì semiti.

In parallelo ad AFD è comparsa, poco dopo, la BSW (Alleanza Sahra Wagenknecht) che, sorta da una scissione del partito “Linke” (Sinistra), era più difficile qualificare di neonazi, per quanto di AFD dicesse più o meno le stesse cose. Solo un po’ più morbide su UE, NATO, migrazioni orchestrate.

Quali sono queste cose? No alla Germania Stato vassallo degli USA; no alla guerra USA-Ucraina alla Russia e dei sionisti agli arabi; no a Ursula von der Leyen e alla su armata diretta dalle lobby dei potenti (armamenti, farmaceutici, energetici, banchieri, ecc.); no alla globalizzazione politica, economica, culturale, a favore delle oligarchie occidentali e degli enti transnazionali; no all’immigrazione incontrollata, manovrata a fini neocolonialisti e di destabilizzazione sociale. Sì ai rapporti multilaterali, alla sovranità nazionale, all’amicizia con Russia e Cina, al superamento dello sfruttamento neoliberista e via asserendo.

E’ gente che deraglia, è ovvio. Da un po’ si è preso a chiamare terroristi tutti i popoli e Stati che non accettano il giogo anglosassone ed eurocentrico. Ora si dà dell’ultradestra e del nazista a chi esce dal quadro tratteggiato una volta per tutte nel 1945 e seguenti da coloro che nel frattempo si sono evoluti da Hiroshima e Nagasaki a impero globale della guerra perpetua. Guerra, come è sotto gli occhi di tutti, ai propri popoli come a quelli altrui.

Ditemi voi: Destra? Sinistra?

giovedì 26 settembre 2024

MONDOCANE MIGRANTE

 



Cari amici, compagni, passanti, simpatizzanti, curiosi, occasionali,

come succede quando ti tocca migrare e cambiar casa, finisce una storia e ne inizia un’altra, magari in continuità, magari ex abrupto. E i vecchi ospiti si ritrovano un po’ spaesati. A volte traumatizzati.

Così con Mondocane, titolo, marchio, sigla da decenni di molti miei lavori e siti, a partire dal blog, a passare per rubriche varie in giornali o su tv.

Molti di voi, mi illudo, hanno conosciuto Mondocane, questo omaggio ai cani (altri animali compresi, ma anche umani perbene e combattivi) e al mondo che loro popolano. Nel quale all’accezione consueta, a mio avviso ingiusta, di mondo ridotto malissimo, ho preferito dare il significato, ispirato dalla bellezza e bontà dei miei bassotti e dei cani in toto, di mondo giusto, amoroso, leale e bello. Ma anche capace di ringhiare, laddove necessario e produttivo.

Dal 2021 Mondocane (con Ecomondocane) imperversava su Byoblu ogni domenica in diretta e ogni giorno in replica. Troppa grazia Sant’Antonio, devono aver pensato gli innovatori della testata che, nella sua rivista e corretta formulazione e, dunque, programmazione, ha ritenuto quel format, non so se ridondante o adirante o agitante o estenuante o evocante o periclitante, magari solo ex-ante. Vallo a sape’. Comunque non più al passo con i passi di Byoblu.

Ebbene, Mondocane, come sappiamo tutti noi che ci viviamo dentro, non muore, non sparisce, da qualche parte rispunta sempre. Nel mio caso qua e là, occasional- o periodicamente. Gli amici che ci stanno a combattere un mondocane brutto e a conquistarne uno bello e giusto, alla Ernesto (nome non solo del mio bassotto…) non mancano. Alla faccia dei rassegnati, ripiegati, appagati. E’ tutto uno scintillio in fondo al tunnel.

Una periodicità accanita, nientemeno che due volte la settimana, barluccica ora su Qui radiolondra tv. Succede il martedì e il venerdì alle 21, rubrica “Il punto”. Delle repliche non so dirvi, ma spero, se vi rimane una punta d’interesse per questo bassotto sguinzagliato, post ante, di reincontrarvi nello streaming live di martedì e venerdì.

SUONO AI TAMBURI, FIATO ALLE TROMBE, VOCE AI LATRATI: SI INCOMINCIA MARTEDI’ 1. OTTOBRE

lunedì 23 settembre 2024

Israele, primo comandamento: odiare la verità PER DIR LE MIE VIRTU’ BASTA IL SILENZIO

 



Hanno assaltato, perquisito, razziato, devastato e chiuso la sede di Al Jazeera, una delle più prestigiose emittenti tv del mondo. Hanno bandito per 45 giorni la tv qatariota e ne hanno espulso i giornalisti. E’ successo sabato a Ramallah, Cisgiordania, secondo gli accordi di Oslo area sotto esclusivo controllo palestinese. Ma Abu Mazen, il quisling leader dell’ANP, dormiva.

Il 7 ottobre 2023, giorno in cui per impedire che Hamas, catturando coloni israeliani, ottenesse la liberazione dei 6.000 prigionieri palestinesi nelle sue carceri della tortura e della detenzione senza accusa, difesa, processo, lo scombicchierato esercito sionista aveva fatto alcune centinaia di vittime della sua stessa confessione. Per coprire la terribile cantonata e provare al mondo che ne erano stati colpevoli i palestinesi, ha poi ammazzato, a oggi, 41.000 donne, bambini e uomini a Gaza. Puntando con particolare fervore a chi di questi faceva il giornalista, a spanne oltre 170, senza contare i famigliari o passanti che vi si trovavano attorno e ne hanno condiviso la sorte.

Sempre a Gaza, tanto per dare un segnale, aveva polverizzato gli uffici di Al Jazeera e ne aveva assassinato i giornalisti e tecnici, estendendo l’operazione alla Cisgiordania, dove, col tiro di un cecchino IDF, ne aveva giustiziato l’ annosa corrispondente a tutti nota, Shireen Abu Akleh (prima che i video lo testimoniassero, l’”esercito più morale del mondo” ne aveva dato la colpa ai manifestanti palestinesi.

La strategia dello Stato più delinquente, dopo gli USA, di occultare quanto di brutto, di orrendo, va facendo da 80 anni a questa parte, era imposta dalla necessità vitale di mantenere nel mondo l’aura di perfezione morale, ammantata di vittimismo, che un’altra storia aveva conferito a tutt’altra gente. Sebbene questa strategia sia andata in frantumi grazie all’eroismo e al martirio di quei 170 e passa giornalisti ammazzati a Gaza, essa

viene ostinatamente e disperatamente perseguita. L’odio e la paura della verità prevalgono.

Nello Stato sionista ci sono stato tante volte, a partire del 1967, Guerra dei Sei Giorni. Visto che mi muovevo, necessariamente, con le loro colonne, mi ritenevano un embedded. Si accorsero, all’ufficio censura da cui la telescrivente inoltrava i miei dispacci a Roma, a Paese Sera e Vie Nuove, che tanto embedded non ero. Intervennero imponendo pesanti bande nere sulle parti di testo che non andavano bene. Ne venne una rissa tra me e un capitano addetto ai controlli, in seguito alla quale mi cacciarono dal paese e per alcuni anni restai persona non grata.

Avevo potuto percepire il lezzo di qualcosa che andava morendo, la libertà di stampa. Israele pioniere come sempre. Ancora non ammazzavano chi divergeva da menzogna o silenzio. Per alcuni anni restai persona non grata.

Altre volte, nel girare per Gerusalemme o Hebron, nell’incontrare i palestinesi nella zona a loro riservata da Oslo, ti sentivi addosso, incessantemente, i passi, gli occhi e le orecchie dei sorveglianti e sapevi che rischiavi, l’apprensione ti frenava penna e obiettivo, dovevi misurare i comportamenti. E ancora non ti sparavano.

Un passo avanti lo fecero nel Libano, quando, scampato alla fucileria della guerra detta civile, ma che era effettivamente tra patrioti antisionisti  anticolonialisti e proxy di Israele (falangisti maroniti), mi accorsi a Roma che le ore di riprese fatte mi erano state cancellate all’aeroporto di Beirut, aprendo ed esponendo al sole tutta la pellicola. Con ogni evidenza, opera degli stessi che poi avrebbero concepito i cercapersone esplosivi. L’aeroporto, come mi assicurarono poi gli amici di WAFA, l’agenzia di stampa palestinese, era notoriamente gestito da elementi fidati, istruiti dal Mossad.

Al tempo di “Piombo Fuso”, 2008-2009, egiziani e Hamas riuscirono a farmi entrare a Gaza. E’ stata la prova generale per la soluzione finale in corso. Una mattanza quasi solo di civili, mitraglia su cortei di gente con le bandiere bianche, ragazzi legati ai blindati in perlustrazione per fare da scudi umani, devastazione di tutto, case, acquedotti, fabbriche, depositi di viveri, campi coltivati, allevamenti, pesca, moschee, scuole, ospedali e loro personale. Averlo visto mi consente di misurare quanto sta accadendo oggi. Non ancora un genocidio, ma una messa in mora delle condizioni per vivere.

Il silenzio sui crimini sostanzialmente ha retto. Al mio “Araba Fenice il tuo nome è Gaza” non si sono aggiunte molte altre storie o immagini. Le cronache su “Piombo Fuso” sono poche e non esaurienti.

A Rafah, qualche mese fa, per una settimana, provai a entrare tra le case e le ossa frantumate di Gaza. Come tutti i colleghi, non ci riuscii. Nessun inviato che rappresentasse la stampa internazionale è mai riuscito a mettere piede, penna o obiettivo a Gaza. Il capolavoro di creatività sterminatrice realizzato dai sionisti a Gaza non deve essere visto, né documentato. Ne verrebbe fuori qualcosa che, rispetto alle scene da orrore e da ribrezzo che già ci hanno atterrito per merito del coraggio e del sacrificio di ragazzi gazawi dotati di cellulare, promette di annientare perfino quanto di servilismo e complicità ancora opera tra i media sicari e i poteri economici correligionari, a salvaguardia del silenzio e della distorsione.

Ci indigniamo di fronte alla quasi assoluta complicità, per manipolazione e, nel migliore dei casi, per astensione, dei nostri organi di stampa rispetto alla vicenda Assange. Abbiamo percepito alla sua liberazione, come una brezza fetida, un vasto sospiro di sollievo. Si percepiva un “ce lo siamo tolti dai piedi” e “dopotutto mica l’hanno sbattuto all’ergastolo”. Questi, ormai, non rischiano più neanche la più lieve tentazione di sputarsi in faccia guardandosi allo specchio.

Tutto questo, come il suo oscuro culto di morte, da Israele è portato ad altezze vertiginose. Ma non solo Israele, comunque avanguardia. E’ pratica corrente da quando hanno chiuso in pochi pugni stretti la quasi totalità dei media dell’Occidente Politico. Zelensky li ha tutti proibiti e in parte carcerati. Netaniahu replica. Da noi si censura sul metro di come i settori vincenti della Chiesa sistemavano gli eretici. Diffamando, silenziando. A bruciare, per ora, ci pensano solo gli israeliani.

A Belgrado sotto attacco NATO, nei primi giorni dei bombardamenti, 1999, siamo rimasti impolverati dalle macerie della TV di Stato (16 morti). A Baghdad, 2003, con la telecamera da un balcone sul Tigri, ho colto la disintegrazione del Centro delle Telecomunicazioni. A Beirut, nella fallita invasione del 2006, hanno raso al suolo il rione dove le sedi dei media si trovavano e da dove avrei dovuto trasmettere a “Liberazione”. A Tripoli, 2011, mi si è sbriciolato sotto gli occhi l’edificio in cui si concentravano tutte le comunicazioni del paese. Anche quelle di un esercito che non c’era.

Queste fonti di un’informazione che rischiava di demolire montagne di inganni e svelare oceani di crimini occultati, non dovevano funzionare. Non dovevano neppure esistere. La voce dell’altro non deve essere sentita. Le atrocità che gli si infliggono non devono essere raccontate. Tantomeno, nella società delle immagini, viste. La nostra ignoranza è la loro sopravvivenza. Lo sanno tanto bene che ora a New York, i vertici degli Stati, ONU, OMS, Banca Mondiale e FMI, tema “Patto per il Futuro”, faranno in modo che nel nuovo mondo, “sostenibile”, non vi siano parole e immagini sconvenienti. E neppure comportamenti. E neppure voti.

Israele si è portato avanti col lavoro. Come sempre.

sabato 21 settembre 2024

Entrare nelle Istituzioni, rifiutare la Istituzioni, assediare le Istituzioni? MEDIORIENTE, UCRAINA: STIAMO PRECIPITANDO Che ci fanno, che ci facciamo ad Assisi?

 



Su “l’Identitario”: Metapolitica-il fuoriscena del potere

Francesco Capo con Fulvio Grimaldi, Davide Inda, Lillo Massimiliano Musso, Moreno Pasquinelli.

https://www.youtube.com/watch?v=AqgIsrzE-hc&t=75s

 

Secondo i miei lunghissimi ricordi, la situazione non è mai stata così pericolosa. Almeno non dal giorno in cui gli Al Capone di Washington, buttandosi giù due torri gemelle e bucando un Pentagono, dichiaravano guerra al mondo, Europa compresa.

Stiamo pencolanti sul ciglio dell’abisso e c’è chi spinge. Rasentiamo la condizione di quei corpi di palestinesi che i soldati dell’”esercito più morale del mondo” buttano giù a calci dal quinto piano di un palazzo a Qabatiya in Cisgiordania (vedi video https://twitter.com/i/status/1836873862899753100 ).

Le belve di guerra (non cani, i cani non fanno guerre) si sono scatenate: Gaza, Cisgiordania, Libano, Ucraina e missili sul cuore della Russia. Omani Iran, dopodomani Cina. Nel mezzo chissà che altro. Hanno le insegne a stelle e strisce, sopra tutti, a stella di Davide, davanti a tutti, a 12 stelle su fondo blu, a rimorchio. Hanno obliterato le regole d’ingaggio valide fino all’ultimo conflitto mondiale (esclusi fenomeni sporadici come Sant’Anna di Stazzema, o Churchill e Dresda, o Hiroshima). A cannoni, missili, bombe e sostanze tossiche hanno aggiunto, decisivi, gli attentati e le stragi di civili del terrorismo.

Il mondo degli umani soccombe perché le regole d’ingaggio le osserva, non risponde a tono. Nessuno, dalla parte umana del mondo, spara a presidenti USA, o piazza bombe negli ospedali di Haifa, o decima la prima elementare in una scuola di Tel Aviv chiamandola covo di terroristi IDF, o fa esplodere la figlia di Dick Cheney, o il figlio di Netaniahu (riparato in Florida), o chi suona al citofono di Starmer, o fa precipitare a calci quei corpi palestinesi inermi dal quinto piano della loro casa. O fa saltare in aria, insieme al generale Herzi Halevi, i famigliari del Capo di Stato Maggiore dello Stato più democratico del Medioriente.

Tramite il monnezzaro Zelensky e la passeggiatrice Ursula, si offre a Kamala Harris (anzi ai suoi sponsor di banca e fondi) l’auspicata radiazione del popolo ucraino per interposta mano russa. Il lituano Andrius Kubilius, nuovo ministro della Difesa(?) UE, si rende subito attendibile e benemerito lanciandosi nella rosea prospettiva di un “Europa pronta a combattere la Russia entro pochi anni e per questo ci dobbiamo preparare bene e subito” (con ottime ricadute su ospedali, ambiente e scuole europei).

La collega estone (chi più titolato a decidere i destini d’Europa che le grandi nazioni baltiche?), Kaja Kallas, commissario alla politica estera, si è proposta alla guida della prima unità formata dal para-Azov, Ryan Routh, (mancato giustiziere di Trump) che penetri nel Cremlino e faccia a Putin ciò che non gli è riuscito con il candidato USA. L’altra collega omologa, Annalena Baerbock, germanica ministra degli Esteri, si offre da portatrice d’acqua nella marcia su Mosca. Pina Picierno, la nostrana emula in sedicesimo, se ne duole: toccava a lei.

Spostandosi un attimo più a est (o dal loro punto di vista a ovest), Lisa Franchetti, una di queste donne, tutte chiamate a dare e proteggere vita, da ufficiale più alto in grado delle forze navali USA, assicura che “gli Stati Uniti sono pronti per una guerra con la Cina, a dispetto del rischio di scontro nucleare”. Promessa corroborata dal Sottosegretario di Stato, Kurt Campbell, quando sentenzia che è la Cina (hai visto mai che vinca Trump) la sfida più significativa che l’America abbia mai affrontato. Le fa eco Charles O. Brown, Capo di Stato Maggiore, che, riferendosi alla superfetazione di fronti bellici, ambita dal suo complesso militar-industriale, promette: “Questi saranno conflitti enormi, simili a quanto abbiamo visto nella Seconda Guerra Mondiale¸ un dato di fatto del quale dobbiamo farci una ragione”. E magari riderci su.

Tutto questo, mentre il tumore sionista, decapitati i nemici prossimi in Libano, per non essere riuscito a debellare quelli ancora più prossimi, in Palestina, si appresta a prendersi, se non Beirut (dispiacerebbe ai fidati compari cristiano-maroniti che ci campano con banche e turismo), l’ambito Sud del vicino, con tanto di acque del Litani, cui aspirava fin dalle due precedenti invasioni, fallite grazie a un Hezbollah non ancora all’angolo del ring.

In attesa che la Resistenza si riprenda dalla gragnuola di mazzate (piovute su chi non sembra imparare che quel nemico non si fa scrupolo di esplicare, senza il minimo scrupolo mai, tutta la sua natura terrorista di setta di assassini), il Deep State sionista-democratico spera di arriva a un eventuale nuovo inquilino della Casa Bianca, quello scampato alle sue pallottole, con il fatto compiuto della grande guerra partita. Hai voglia, poi, a metterci nel sacco trattando con Putin…..

Nel forum condotto da Francesco Capo di molto altro s’è parlato. A che cosa sembri aprire la campagna di terrorismo lanciata da un Israele infettato dal virus dell’apocalissi, ma assediato da tutti i lati e in piena disfatta politica e morale agli occhi degli esseri umani e della maggioranza dei loro Stati. Quindi portato ai colpi di coda del matto. Della smisurata vergogna di un regime – maggioranza e “opposizione” – che, munito di pannolini mediatici NATO – all’Eurocamera vota no al missile sulla Russia, ma sì al lanciamissile che lo spara.

Di cosa ci rappresentino, nel contesto, i regimi petroliferi e sunniti che assistono, scuotendo lievemente il capo, all’eliminazione dei loro fratellini arabi palestinesi dalla faccia della Terra. Se convenga, o meno, rispondere all’originale, falso e bugiardo, della marciaccia bifronte su Assisi con una copia perbene una settimana dopo. E nella vexata questio su come affrontare il potere, cosa sia meglio: entrare nelle istituzioni, o assediarle nelle piazze. Direi tutti e due. Così ci ha insegnato la Storia.

Quanto basta per un’oretta stimolante in prima serata.

 

venerdì 20 settembre 2024

E’ TERRORISMO, BELLEZ

 

E’ TERRORISMO, BELLEZZA

 

 

Dal canale “Spunti di riflessione” di Paolo Arigotti:

E' terrorismo, bellezza! Il ringhio del bassotto, con Fulvio Grimaldi

https://youtu.be/lYTj1LubQAQ

 

Nella notte tra il 16 e il 17 settembre del 1982 il generale israeliano Ariel Sharon accende le fotocellule per consentire ai fascisti libanesi dei partiti cristiani di tagliare la gola, spaccare la testa, eviscerare gli organi, cavare gli occhi, a bambini, donne, anziani palestinesi nel capo profughi di Sabra e Shatila a Beirut.

Il 17 settembre 2024, esattamente alla scadenza dei 42 anni, generali e governanti israeliani fanno saltare in aria i cercapersone di migliaia di persone, tra militanti della Resistenza antisionista e civili che si trovavano a passare di lì, o a trovarsi nello stesso ambito famigliare. Muoiono a decine, rimangono feriti, mutilati, accecati, squarciati, a migliaia. Anche bambini.

 

Il giorno dopo il terrorismo Sion replica con le radio portatili walkie talkie. Alle belve del delirio millenaristico piacciono i simboli, sicuramente hanno anche tenuto conto del calendario mosaico, o di qualche ricorrenza della Torah (con la quale, paradossalmente, gli immigrati ebrei da ogni angolo del mondo, non c’entrano se non per acquisizione fittizia).

Grazie al sabotaggio degli strumenti per il coordinamento delle operazioni difensive di Hezbollah, ora la tavola è apparecchiata per l’invasione dell’”esercito più morale del mondo”, come l’ho sentito definire fin da “Piombo Fuso” su Gaza, mentre salutavo i corpicini di tre bambine sventrate dalle bombe israeliani proprio mentre il loro papà, medico a Gaza, nella stanza accanto, stava dando un’intervista alla TV dei sionisti (vedi il mio docufilm “Araba Fenice il tuo nome è Gaza”). Era andato sul sicuro l’esercito più immorale, vigliacco e sadico del mondo e della Storia.

E’ perfettamente nella tradizione e nel costume giudaico-cristiano quanto sta succedendo in Libano. Come a Deir Yassin nel 1948, come a Sabra e Shatila nel 1982, come ad Acri nelle crociate di Riccardo Cuor di Leone e Goffredo da Buglione, come a Sant’Anna di Stazzema, come ad Addis Abeba e in Libia col maresciallo Graziani, come con Dick Cheney, Bush Jr e neocon vari l’11 settembre e attentati in Europa e in giro per il mondo che ne sono stati filiati, come in tutte le guerre terroristiche di potentissimi contro inermissimi, come in tutte le False Flag, come con le sanzioni che decimano per fame, veleni e mancanza di cure intere popolazioni tra Iran, Venezuela e altri 40 paesi, come con la tempesta di bombe e cecchini arrapati scatenati su un popolo rifugiato nelle tende in “zone sicure” a Gaza.

Devo continuare? Non mi basterebbero i tanti anni che ho alle spalle più quelli, per la verità scarsi, che mi aspettano. Ma sono sempre loro e, se vi sentite parte della cosiddetta “comunità internazionale”, siamo sempre e quasi solo noi. O nostri sicari travestiti. Primatista mondiale, storicamente, gli USA, entità ontologicamente terrorista, a partire dal genocidio dei nativi e a passare per l’11 settembre, l’invenzione di Al Qaida e le liste settimanali degli assassinandi firmate da Obama. E andare. Primatista assoluto, nell’attualità, la mostruosità sionista.

Sulla quale vanno rettificate alcune rappresentazioni artatamente costruite. Incominciando con la conclamata superiorità della sua forza militare, tale solo per potenza di armamenti (generosamente donati da Washington e non solo) ed efficienza fondata sul cinismo degli apparati di intelligence, capaci di condurre operazioni terroristiche in tutto il mondo.

In quasi tutti i conflitti con i vicini arabi, Israele ha rischiato la sconfitta ed è prevalso eminentemente per il soccorso USA e grazie ad azioni di pirateria contrarie a tutte le regole che, ai termini di convenzioni e diritto internazionale, governano la guerra. Così’ nella Guerra dei Sei Giorni, 1967, quando si assicurò il dominio dell’aria, decisivo nelle guerre moderne, distruggendo di sorpresa a terra tutte le aviazioni dei paesi arabi nemici. Così nel 1973, messa con le spalle al muro dagli eserciti di Egitto, Siria, Iraq, ridotta a ventilare l’uso delle sue armi atomiche, ma salvato dall’intervento delle portaerei statunitensi. Così nelle due guerre al Libano, 1982 e 2006, in entrambe delle quali fu rispedito oltre confine (nel secondo caso in 38 giorni), da una milizia in ciabatte.

Ciò che invece è insuperabile e, ad oggi, imbattibile di Israele è la sua totale mancanza di scrupoli e l’illimitato ricorso al terrorismo, sia nel distruggere popolazioni e interi paesi, sia

per gli assassinii mirati, sia per le violazioni, con la sua tecnologicamente sofisticatissima intelligence, della sovranità altrui.

Si parla sempre di regole d’ingaggio. Il dato evidente da sempre è che, mentre tutti gli avversari dello Stato ebraico le osservano rigorosamente, dai palestinesi all’Iran, dallo Yemen agli Hezbollah, evitando con cura di colpire civili (e includo l’operazione 7 ottobre, mirata a far prigionieri coloni occupanti e finita in strage per il caotico intervento, totalmente privo di scrupoli nei confronti dei propri cittadini, delle forze armate israeliane), Israele se ne è sistematicamente sbattuto. Grazie anche alla complicità della cosiddetta “comunità internazionale”, ertasi a difesa perenne della sua impunità.

Oggi Nasrallah parla di una dura risposta per le stragi degli strumenti elettronici. In precedenza avevano parlato di ritorsione gli iraniani, yemeniti, palestinesi, siriani. Una rappresaglia per l’assassinio di un esponente arabo, una reazione allo sterminio di bambini in una scuola.

Ma qui non siamo di fronte a efferatezze criminali isolate. E neanche a una guerra nella quale uno dei contendenti è trasceso oltre le regole d’ingaggio comunemente accettate.

Qui siamo davanti a uno Stato che ha fatto del terrorismo sui civili il principio sul quale sono fondati la sua esistenza e i suoi rapporti con il mondo circostante. Se di rappresaglia si deve parlare, la corretta rappresaglia sarebbe quella per un bambino fatto a pezzi a Gaza, quanto quella per l’assassinio di Haniyeh, oppure la distruzione dell’unità d’élite israeliana, “8.200”, specialista della cyberguerra, realizzata da Hezbollah (e taciuta dai media) nei giorni precedenti l’operazione cercapersone e walkie talkie.

A conti fatti, una ritorsione Israele se la merita per tutto quello che ha fatto dal 1948 ad oggi. Altro che solo per Haniyeh, o 5000 beeper fatti esplodere.

 

 

 

martedì 17 settembre 2024

GRILLI ARROCCANTI – CONTI ARREMBANTI --- TUTTI E DUE RACCAPRICCIANTI

 


La rissa ha della farsa, visti i due soggetti: una macchietta che dà in escandescenze perché gli hanno rubato la materia prima che gli aveva assicurato, oltre ai 300.000 euri per meriti di fondazione e consulenza, una ripresa di visibilità nel logorio finale della carriera di comico; l’altro, un astuto leguleio, pescato nel vuoto morale di uno studio di avvocati per ricchi.

Ma ha anche della cupa tragedia dove due avvoltoi si sbranano sulla questione di a chi tocchi il privilegio imperiale di spolpare la carcassa di una giovane, onesta, bella e prosperosa donna, trucidata a tradimento con colpi nella schiena.

E dovremmo appassionarci a questo fenomeno, laterale rispetto al centro della scena sulla quale certi ceffi si ritrovano a disputare se si debba far morire tutti in guerra subito, o solo dopo averci tutti avvelenati con vaccini sperimentali a mRNA, al suono titanicico di un’orchestra mediatica con, in alternativa, direttori NATO, ONU, o OMS.

Poi ci sono i colpetti di scena stupefacenti che ci distraggono un attimo dal farsesco dramma: il trasloco di Virginia Raggi dall’estremo positivo Di Battista all’estremo negativo Grillo. Poi di sarebbe Nicola Morra (costui un amico), ex coraggioso presidente della Commissione Antimafia, ora candidato in Liguria per Uniti per la Costituzione, ma detto vicino a Grillo.

Due indiscutibili eccellenze per meriti dei Cinque Stelle vintage (l’altra, Alfonso Bonafede, ministro vero della Giustizia vera, s’era persa di vista mentre vagava per i campi elisi). Trasloco da militanti di prima classe in uno (scomparso) 5 Stelle dal 33% di eccellenti voti, già sottobraccio al tuttora ineccepibile, ma residuale, Alessandro Di Battista (ma dove cazzo sei finito?), a un deleterio e grottesco residuale post o neo-comico. Uno specialista dei botti a salve che, quando gli gira, esce dal covo di Sant’Ilario per sparare cazzate contro Conte e quanto di seguito, nominalmente “Movimento 5 Stelle 1950”, all’ex-premier resta attaccato alla pochette (1950 perché? Poi va in pensione? Al mare? In Ospizio? Torna in Ucraina?).

Di Grillo e delle sue funambolesche giravolte (ma ottimamente dettategli dal sovrano), tra rivoluzione del popolo retto e buono e restaurazione totalitaria, vaccinista, bellicista e sanguisuga, abbiamo sofferto, fino alla nausea con vomito, le montagne russe. Io stesso davo del mio nel Meet Up del piccolo borgo selvaggio e blaterando supporto qua e là in giro per l’Italia.

L’operazione, in effetti, era raffinata: rastrellare, con magniloquenze gravide di formidabili bagliori in fondo al tunnel capitalimperialista alla vaccinara, quei trequarti degli italiani bloccati a metà tunnel, ansiosi di tornare cittadini prima di essere definitivamente sistemati UE, USA, NATO, Blackrock, mediante sezioni locali di draghi e fasci littori. E poi, belli convinti e pimpanti, farne un fascio (!), strozzarlo con un abbagliante nastro a stelle e strisce e stellone UE e offrirlo in dono al nuovi grillini Draghi e Cingolani. Un’inversione a U che, dal rettifilo a 8 corsie del 33%, ha portato il Movimento alla carrareccia del 10% e andare…

Non solo Grillo, ma anche quello che con lui si accapiglia per gestire i rimasugli di questa grande “festa sui prati” (https://youtu.be/2rHCa6-nq3I e https://www.youtube.com/watch?v=2rHCa6-nq3I ). Festa finita sotto una tormenta autogenerata e autogestita, che il tornado Sandy al confronto è una brezza, per la migliore soddisfazione di chi sulla riva aspettava di vedere passare cadaveri. Ne sono passati tanti quanti ci stanno tra il 33 e il 10%.

Venuto letteralmente dal nulla, inventato da Bonafede su suggerimento di Grillo, Conte diventa presidente del M5S nel 2020. Strabiliante che pochi, o nessuno, si siano chiesti per quale diavolo di motivo si fosse attinto all’avvocato di uno studio per miliardari, senza neanche una foglia di fico di valenza politica, che non fosse l’alta distinzione sociale.

Giuseppe Conte (dal 1 giugno 2018 al 4 settembre 2019) con Lega e Salvini.

Giuseppe Conte II (dal 5 settembre 2019 al 13 febbraio 2021), con PD, Liberi e Uguali, Italia Viva (Renzi).

Come si vede, l’insospettato avvocato di Volturata Appula, uscito da un qualche cilindro di mago che ci vuole male, è uomo per ogni stagione e per ogni disponibilità. Con la Lega, contro la Lega, con Renzi, contro Renzi, col PD, contro il PD, senza il PD o quasi, per le armi alla guerra NATO, contro le armi alla guerra NATO, su Gaza meglio star zitti chè contro Sion non si governa.

L’amico Morra, che ho in grande considerazione, che ho incontrato in varie occasioni di lotta per Assange e che mi fece l’onore di proiettare alla Camera un mio documentario sul TAV e similia, non ne vuole sapere. E pour cause, Gli andirivieni del personaggio che avevo visto, ancora sconosciuto, forse sulla parola di Di Maio (!) incomprensibilmente acclamato alla Festa M5S di Napoli, lo individuano privo di ogni e qualsiasi principio, una tavola vuota su cui chiunque avrebbe potuto mettere e togliere pietanze, senza che poi ne rimanessero tracce. Insomma un prodotto perfetto per la definitiva disgregazione del M5S, come pianificata dal Grillo e dai suoi mandanti.

Ma fosse solo la tavola vuota. E’ che ci ha messo quanto di più tossico la bella compagnia dei nostri capi-regime, dal De Gasperi vendipatria al Draghi venditutto, pace compresa, abbia mai apparecchiato, una volta fallito il Golpe Borghese: I DPCM e i conseguenti lockdown e stronzate repressive varie, al tempo dell’intossicazione pandemica. Il colpo decisivo alle spalle di Costituzione, democrazia, libera scelta, cittadinanza, l’ha dato lui. Con i Cinque Stelle ha sbranato la libertà.

Ragazzi, che dire? Annammo bene, bofonchierebbero nella mia antica Trastevere, sotto lo sguardo ammiccante di Trilussa, uno che aveva capito e detto benissimo tutto. L’unica lezione è che in questo caso non c’è proprio da tifare per nessuno  Il male minore e peggiore si scambiano. Ma non facciamoci dire che è il classico prodotto del trasformismo italiota. Come se fossimo tutti così. Di trasformisti ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno. 😜

lunedì 16 settembre 2024

TI TENIAMO D’OCCHIO… NEL MIRINO

 



 

Stavolta non è come il 13 luglio a Butler in Pennsylvania. Stavolta non hanno lasciato che centrasse il bersaglio, per poi, avendolo mancato, subito fargli fare la fine dell’assassino di Kennedy. Stavolta, dopo l’evidentissima, dimostrata complicità dei Servizi del Deep State nel tentativo maldestro di far fuori la stravaganza imperial-teerrorista, poco allineata sulla cancellazione della Russia dalla faccia della Terra, hanno dovuto dare dimostrazione di fedeltà costituzionale ed evitare l’esecuzione.

Anzi, tanto si sono spinti a rettificare l’immagine, solidificata in cento episodi FBI, CIA e compari, di complici della rimozione del granello di sabbia biondochiomato nel meccanismo della marcia verso l’unipolarismo tramite guerra totale, da aver addirittura individuato e neutralizzato il proprio sicario. Senza ucciderlo, sarebbe stato troppo sospetto.

Anzi ancora: mica hanno scelto il solito “psicolabile” lupo solitario con nessun responsabile di sostanza alle spalle (figura sulla quale si sono subito avventati i nostri media, macchiette colonizzate con la pallina rossa sul naso, in ritardo sulle istruzioni dal Centro). Con l’attentatore, Ryan Routh, bello maturo e padrone di pensiero e azione, dal retroterra Azov, fattosi vedere con la canna del Kalashnikov esibita nel reticolato della recinzione, hanno mandato avanti un figurante credibile.

Il classico bravo ragazzo rigurgitato dal complesso militar-industriale, reclutatore pro-democrazia ucraina (!) di mercenari da spedire a sostegno di una nazione da immolare al sacro impegno di far sparire la Russia. Per un’Ucraina da immolare serviva un credibile espressione del patriottico popolo americano, totalmente omologo alla strategia globalista dei suoi massimi esponenti. Così, il tentativo e il suo autore dovranno essere interpretati e valutati dal patriottico popolo bue.

Come ho già provato a spiegare nell’intervista su “Punti di Riflessione” di Paolo Arigotti, diffusa giorni fa, fallita l’operazione sparo in testa e definitiva rimozione della variabile fuorilinea, si doveva insistere. Non già con una ripetizione, che, a questo punto, copia del precedente, sarebbe stato di natura tafazziana, ma con un avvertimento: “Sei sempre nel mirino, brutto pacifista che non vuoi far evaporare la Russia.

Dall’attentato vero, fallito, all’intimidazione: “Una volta ti è andata bene perché hai voltato il capo: Occhio, che ci potrà sempre essere una prossima…. Siamo noi che manovriamo i fucili, sia di chi spara, sia di chi, poi, deve essere sparato”. Perfettamente consapevole, Trump ha risposto appropriatamente: “Non mi arrenderò mai!”.

Dobbiamo sempre tener presente il livello di frenesia psicopatica che pervade l’oligarchia neocon (oggi tutta democratica e capital-militar-finanziaria, più Cheney padre, figlia e repubblicani convertiti). Uno come Donald Trump, consanguineo nella famiglia dei masskiller, ma con un grado di raziocinio in più, che propone di tener buona la Russia – bestia nerissima, panno rosso davanti al toro neocon– in attesa di aver rimesso in piedi gli USA oggi col culo a terra.

Il meme trumpiano MAGA, “Make America great again”, significa questo: siamo a pezzi, milioni di statunitensi non hanno più casa e poco da mangiare, ponti e ferrovie crollano, sanità e scuola servono a chi fa i milioni, abbiamo 35 trilioni di debiti estero, uguale bancarotta incombente, dobbiamo far mangiare (gatti?) a milionate di migranti. Finiremo col fare una guerra su tre, quattro, cinque fronti, come volete voi, con a casa una turba di affamati in stracci, con tanti cetrioli in mano, altro che Capitol Hill. Limitiamoci all’Iran, alla Palestina, alla Cina, miniamo le periferie, proviamo a sedurre Putin e a staccarlo da Pechino, lasciando perdere quel mangiapane a tradimento di Zelensly e i suoi residui quattro ucraini.  Per la Russia c’è tempo.

Per la Russia, per il mondo intero, secondo chi organizza gli attentati a Trump, il tempo è invece oggi. E’ l’ordalia dei veri psicolabili nelle istituzioni, nelle banche, nel potere sotterraneo, in Silicon Valley e nei fondi di investimento USA. Fanno capo a una ridanciana inanità, assetata di sangue di bambini palestinesi. La partita è questa. Con Trump non l’hanno finita.