
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-fulvio_grimaldi__cisgiordania_libano_siria_kashmir_da_manuale_gaza_a_libro_di_testo_del_colonialismo/58662_60716/
Dove
si nota come il primo ministro indiano Narendra Modi e Bibi Netaniahu siano accomunati
dalla stessa metodologia “provocazione-reazione-guerra”, ereditata da storiche
tirannie, dal colonialismo europeo, dal nazifascismo e dall’anglo-imperialismo.
E dove si scopre anche una matrice ideologica comune: il suprematismo etnico e
quello religioso, o tutte e due insieme, che tutto giustificano.
Narendra
Modi, fanatico sciovinista razzista indù, in Netaniahu, nel suo traino a due dell’apocalisse,
Smotrich e Ben Gvir, tragicamente in quasi tutta una comunità locale e
internazionale, individua il modello teologico e metodologico per una pulizia
etnico-religiosa che, se non ne ha ancora le dimensioni, contiene la promessa
di un futuro alla Gaza.
Al
pari del sionismo, la teoria estremista induista dell’Hindutva, pretende di
porre alla base della gestione politica della società il suprematismo di una
sua componente, anch’essa sciovinista, nativista e islamofobica. Ne derivano lo
“Stato degli ebrei” e lo Stato degli indù. Implicita è la rimozione delle
popolazioni altre, con conseguente scambio di eccidi tra chi esclude e chi
viene escluso. Dove i primi agiscono in base alla pretesa di essere le istituzioni
legittimate da “democrazia” e, nei casi in questione, dalla divinità
autoassegnatasi, mentre i secondi sono legittimati dall’effettivo diritto
internazionale alla resistenza e alla liberazione.
Ma
sono sacrificabili in quanto “terroristi”. E questo lo dobbiamo a un altro paradigma:
quello tratto dagli accadimenti dell’11 settembre a New York e posto a principio-guida
dell’Occidente politico nei suoi rapporti con il resto del mondo.
Il
nulla osta che Modi si è assegnato per i suoi progrom antislamici sia in India
e nel Kashmir diviso (ma al 90% islamico nella parte pakistana e al 70% in
quella indiana), gli è stato concesso dalla cosiddetta “comunità internazionale”,
che gli prospetta la stessa impunità riservata da 80 anni al colonialismo
sionista di insediamento, poi diventato di genocidio tout court.