lunedì 2 ottobre 2023

PULITORI ETNICI E VENDITORI DI PESCHE

 

PULITORI ETNICI E VENDITORI DI PESCHE

 


 

Fulvio Grimaldi: in Nagorno Karabakh (Artsakh in lingua armena) si è consumata una pulizia etnica

https://www.youtube.com/watch?v=qg3yCbj5O6w

 

In Artsakh, piccola nazione democratica armena millenaria, dal ’91 isolata all’interno dell’Azerbaijan autocratico, da trent’anni sotto il tacco chiodato della stessa dinastia, si è consumata una nuova “soluzione finale”. Gli ebrei si risentiranno del termine che vorrebbero riservato alla Shoah e allora chiamiamola “Nuova Nakba”, in parallelo con la catastrofe che ha colpito il popolo palestinese al momento dell’invasione /occupazione del 1948, estinguendone la nazione al pari di quanto ora è stato fatto agli armeni del Artsakh.

 

L’Occidente, altro nome per la NATO, aveva assistito cieco, sordo e muto al tentato genocidio degli ucraini russi da parte di un regime neonazista ucraino, installato con un colpo di Stato a guida USA, denominazione Obama-Clinton e manovalanza terroristica nazista. Poi si era svegliato di colpo, all’atto del salvataggio dall’estinzione di tali russi da parte di Mosca, ma solo per inveire contro “l’aggressione” da parte di una Russia assediata tutt’intorno ai propri confini da basi USA e per  portare in giro sugli scudi l’eroe di un nuovo nazismo da proiettare sul mondo intero.

 

In cambio, la parte europea della NATO, quella subordinata, aveva ottenuto di essere rescissa dalla Russia, dai suoi mercati di esportazione e dalle sue forniture energetiche che alla stessa Europa avevano garantito decenni di una prosperità ora avviata verso il baratro della recessione.irrimediabile.

 

Irrimediabile nonostante i 30 denari pagati all’Azerbaijan dittatoriale e violatore sistemico dei diritti umani in cambio di forniture di gas e petrolio, a parziale sostituzione di quelli persi nei fondali del Baltico grazie al botto CIA su quei gasdotti.

 

I silenzi e le spalle voltate sul Donbass si sono ripetuti pari pari nel genocidio, culturale e sociale, operato in questi giorni dal tiranno azero Aliyev, con il concorso delle armi israeliane, la potenza militare NATO della Turchia e la benedizione degli antropofagi di Washington. Zitte le ONG impegnate a salvare solo chi naviga, zitta l’ONU dei famigerati Caschi Blu, zitto il papa, davanti a questa Lepanto a rovescio dove i mori si mangiano i cristiani (a partire dalle loro terre e dai loro beni). Quelli che 100.000 profughi armeni (su 140.mila dello statarello dichiaratosi indipendente (con ragioni mille volte più fondate di quelli del Kosovo, strappato alla Serbia per impiantarvi la più grande base USA d’Europa), hanno dovuto lasciarsi dietro: case, scuole, ospedali, chiese, orti, campi, memorie.

 

Ma che fortuna che noi ci troviamo dalla parte illuminata della luna, quella della democrazia, dei diritti umani e bla bla bla.

 

Denn die einen sind im Dunkeln Und die anderen sind im Licht. Und man siehet die im Lichte, Die im Dunkeln sieht man nicht. “ Bertolt Brecht (copiate e incollate su Google)

 

L’altro tema, la pesca della bambina, marcia di zuccherosità, ruffianeria, intimidazione, trash. Cresciuta sull’albero nutrito dalla schiavitù di migranti accolti per garantire prezzi accessibili alla Grande Distribuzione e innaffiato dallo sfruttamento dei lavoratori (per il quale, questa qui, è sotto inchiesta).

 

Detto che, secondo le statistiche ci sono anche separati che stanno meglio di prima, compresi i figli, e che ci sono famiglie unite in cui ci si sbrana dalla mattina alla sera, la normalità oggi è quella dei separati e divorziati, circa la metà delle famiglie, compresi tutti quei nostri governanti che hanno lacrimato sulla bimbetta  e sul trio recitante, sciropposo quanto ricattatorio.

 

Detto anche che un commerciante evasore del fisco e spietato sfruttatore di lavoratori non ha titoli per fare la morale a nessuno, resta il dato terrificante dello sfruttamento di bambini. Per recitare e vendere cose che non pensano e che non hanno, né capito, né deciso, si prostituiscono bambini. Complementi ai genitori prosseneti. Ottima lezione a una politicamente corretto (e moralmente abietto) dove il bambino è indotto a fingere, recitare, mentire, a favore di tutto, anche di pesche marce. Sarà un ottimo adulto dell’era Schwab. Ma noi siamo a posto: ci preoccupiamo dei feti. Sarà pure giusto, ma dei bambini manipolati e corrotti no?

sabato 30 settembre 2023

CHE ESTATE, RAGAZZI! La mia, la vostra, la loro

 


MONDOCANE-ECOMONDOCANE, prima puntata della terza serie

In onda domenica 21.30, lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00

Ci risiamo, anche questa è fatta e siamo ancora qua, io, voi, gli altri, il mondo bello o brutto e, ahinoi, soprattutto quello degli imbroglioni. Siamo ancora qua, tutti tranne Napolitano, detto Re Giorgio, e di tutti sicuramente non il migliore e neanche il meno peggio. Se ne parla malissimo in Mondocane, a dispetto dell’armata di corifei, celebranti, chierichietti, paggi, soci e conniventi che ne hanno impestato le onoranze funebri, a dispetto di quello che l’uomo ha fatto a Stato e popolo.

Quanto all’Italia, abbiamo continuato a farci ingannare, comandare, punire, sorvegliare, e, in parte, a resistere e contrattaccare, in alcuni casi con formidabile efficacia (vedere cosa si è combinato a Trento, pro tempore capoluogo della controffensiva, a dispetto del presidente problematico orsicida e lupicida e del sindaco origliante, spiante e devastante)

Quanto all’ospitalità offerta a giovanotti migranti, furbi o bisognosi o, perlopiù, istigati e illusi, tutti agilmente manovrati da chi vuol male alla terra loro, come alla nostra, e lo fa passare per accoglienza di potenziali naufraghi attratti dal pull factor ONG, non ci siamo fatti mancare niente. Fino a 2000 al giorno, compresi gli sberleffi di Germania e Francia, i cui gendarmi ci spernacchiano dalle loro frontiere serrate.

E’ stata una grande estate dell’informazione, maschere dei mercenari mediatici tirate giù da un capo all’altro del paese, da Palermo a Trento passando per Gambassi Terme. Sì, proprio Gambassi Terme, angolo antico d’Italia, ma vispissimo sul pezzo, di cui racconto le meraviglie umane e politiche.

 



A Trento, vera capitale dell’informazione libera – AlterFestival e Festa di Visione TV e rivista,.ma anche della lotta a uno dei ceppi che ci vuole mettere il Grande Reset, quello della sorveglianza/sudditanza a fini di dittatura tramite dati.

Il sistema ha reagito come il serpe pestato sulla coda: sputando il veleno della disinformazione e della censura. Esempio agghiacciante la RAI in camicia nera che taglia la lingua a uno – su tre – che ha azzardato accennare alla valanga di disastri provocati dal siero sperimentale. O il WWF, quella cosa carina fondata dai reali d’Inghilterra a proprio uso e consumo, che, tramite una sua addetta al clima, abbaia sui media contro i “negazionisti” che rifiutano di farsi fo infinocchiare da chi, esaurite le frodi tradizionali, ne inventa di nuove per fregarci una volta per tutte.

Nel mondo, scontata la farlocca controffensiva dei nazisti ucraini, ladroni, serialkiller e mercanti d’armi, abbiamo visto la sedicente “comunità internazionale” (NATO + Bergoglio) guardare dall’altra parte, quella del petrolio, quando un dittatore azero, con l’assist di turchi e israeliani, si è fatto consegnare. da un premier armeno rinnegato e venduto alla NATO, la millenaria comunità armena del Nagorno Karabak. 100.000 profughi su una popolazione di 120.000 in fuga da un nuovo genocidio. Si chiama pulizia etnica, nuova Nakba. Kosovari sì, armeni no. E la Russia sta a guardare.

Tutto il male NATO che viene a nuocere ha preso un formidabile testacoda davanti al muro alzato su una robusta base di mattoni pre-esistente: I BRICS, da cinque (Russia, Cina, India, Sudafrica, Brasile) a 11 e, presto, a 40., oltre metà del mondo. Bye bye NATO. Non saranno il Sol dell’avvenire, ma sono una pietra d’inciampo grande come il pianeta contro la marcia globalista e unipolare di una banda criminale e criptonazista, che da troppo tempo è stata lasciata fare

Amici spettatori, con i quali, in parte, quest’estate, ci siamo incontrati per le vie del mondo e ci siamo sorrisi e fatte le foto, c’è molta altra roba nella puntata. Ma, in chiusura, buttate l’occhio su una formidabile avventura che abbiamo vissuto io e il mio nipotino Milo di 14 anni. Vi verrà voglia di viverla anche voi, Ma tocca tenersi forte!

 



 

giovedì 28 settembre 2023

IL GRANDE IMBROGLIO CONTRO L’ITALIA

 

I

Grazie ai servizi di complici subalterni italiani, politica, media, magistratura, con un grottesco processo basato esclusivamente su propaganda e testimoni costruiti, e autorizzato illegalmente dalla solita Corte Costituzionale, in mancanza degli element4i giuridici richiesti, riparte l’offensiva contro l’Italia dei nostri concorrenti, in questo caso proprio nemici.

Ancora una volta, dopo essere stato utilizzato da vivo, Giulio Regeni, ucciso dai propri mandanti che ne avevano constatato il fallimento di provocatore e destabilizzatore, viene messo in campo dai servizi segreti britannici (e italiani subordinati), tramite la storicamente alleata  Fratellanza Musulmana egiziana, per infliggere un grave danno al nostro paese.

L’operazione di queste forze a noi avverse, che, dalla caduta del regime integralista islamico di Morsi, contro l’Egitto si esprime anche attraverso il braccio terrorista della Fratellanza, specialmente nel Sinai, aveva lo scopo di neutralizzare, a vantaggio delle solite Sette Sorelle di memoria matteiana, la collaborazione tra ENI e il Cairo nello sfruttamento di ZOHR, il più vasto giacimento di idrocarburi del Mediterraneo al largo dell’Egitto.

La missione affidata dai britannici e dai loro agenti della Fratellanza a Cambridge a Regeni, già dipendente dalla multinazionale dello spionaggio Oxford Analytica e introdotto alla collaborazione con l’intelligence occidentale da un lungo corso negli appositi “Istituti del Mondo Unito”, aveva lo scopo di individuare, attraverso una dote iniziale di 10.000 dollari, di individuare entità in grado di scatenare una nuova destabilizzazione del più importante paese arabo (con Al Sisi sottrattosi al controllo anglosassone).

Incappato in un interlocutore egiziano al quale affidare la missione eversiva, un sindacalista che, insospettito, si era rivolto alle forze di sicurezza, Regeni aveva commesso l’imprudenza di rivelare attraverso un video i dettagli del “piano politico”.

Regeni viene trovato morto e torturato in piena Cairo nel giorno esatto dell’incontro tra Al Sisi e un’ampia delegazione governativa e industriale italiana, finalizzato a definire una serie di accordi di investimenti e cooperazione che includevano la gestione di Zhor.

Logica, retroterra formativo e occupazionale di Regeni, tutto il percorso tra Londra e il Cairo, mostrano l’evidenza di un’operazione di destabilizzazione dell’Egitto a danno dell’Italia e a beneficio dei suoi concorrenti.

A questi dati, di una concretezza inconfutabile e che sono stati ripetutamente illustrati sui mezzi di informazione e su un ineccepibile documentario egiziano (razzisticamente non preso in considerazione), l’apparato mediatico-politico italiano non ha mai voluto – e saputo – rispondere,. Con il solito Mentana e il suo foglio di pro



scrizione “Open” a suonare il piffero, si è limitato a ripetere all’infinito la narrazione del “martire umanitario della dittatura egiziana”. Ora l’operazione, della quale si è resa complice perfino la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, riparte. Interamente a danno del nostro paese. Una consuetudine, storica e attualissima, per i nostri gruppi dirigenti.

martedì 26 settembre 2023

DAL LAVROV ANTINAZISTA AL NAPOLITANO DELL’IMMORAL SUASION

 


Visione TV , “Dietro il Sipario”, Francesco Toscano e Enrica Perucchietti con Fulvio Grimaldi e Giammarco Landi

https://visionetv.it/rigurgiti-nazisti-in-italia-germania-e-giappone-dietro-il-sipario-talk-show/

https://youtu.be/6bBmnfGoUZo

Dove ci e vi intratteniamo partendo dall’invettiva del ministro degli Esteri Lavrov contro i rigurgiti nazisti in Italia, Germania, Giappone, la famigerata “Asse”, per completare il discorso sul totalitarismo dei “Quattro Cinici” che sempre ci riprovano e, di questi tempi,nell’Occidente NATO iniziano a ritrovarsi nelle vele venti non proprio favorevoli.

In Canada governo e parlamento festeggiano una cariatide nazista ucraina, reduce dai crimini compiuti con addosso la divisa delle SS. A Milano il sindaco piddino Sala celebra con una eulogistica mostra il battaglione nazista ucraino Azov, di cui ancora ieri ONU e OSCE denunciavano, rabbrividendo, le spaventose atrocità nei confronti della popolazione civile del Donbass (poi salvata dagli “invasori” russi). La nuova Madonna Pellegrina planetaria è un despota corrotto e sanguinario, Zelensky, che s’è venduto al padrone straniero un popolo che governa, senza opposizione e senza pietà, come fosse Himmler

L’ autoritarismo con camicia bruna sottopelle è in marcia da Washington a Kiev, da Tel Aviv  alla Roma del neofascista premierato, Totalitarismo politico, istituzionale, sociale, sanitario, culturale, insomma tecnonazista, necessitato da sempre, e oggi più che mai, dall’esasperazione di masse popolari, autoctone e colonializzate, a rischio di esplosione di fronte all’evidenza del proprio annichilimento, anche tramite trasferimento sempre più irrefrenabile di sovranità e ricchezze dal basso verso l’alto.

Non solo.

Il capitalismo divenuto finanziario e a totale egemonia privata, si è gangsterizzato e protegge la sua agonia storicamente determinata attraverso una dimensione senza precedenti di corruzione. Pensate al Nobel che ha massacrato o espropriato milioni mediante una mezza dozzina di guerre d’aggressione a popoli innocenti. E ha iniziato la pratica dell’esecuzioni extragiudiziarie fondate sul proprio “sospetto”. O a Joe Biden, riferimento politico e morale del nostro mondo, e al figlio Hunter, pendagli da forca per quello che hanno sottratto al proprio e ad altri popoli. Autentici delinquenti, corrotti e corruttori, ladri e sterminatori di legalità sono al governo di alcuni dei più importanti Stati dell’Occidente e, nelle periferie, mantengono alle proprie dipendenze vassalli della stessa risma.

Pensate a come in questo contesto programmi ora di inserirsi l’OMS, facendosi dittatore planetario sotto le mentite spoglie della cura della salute, del clima, dell’ecologia, del disagio sociale.

A difesa di un simile grumo di nequizia e abiezione occorre il controllo assoluto sulla parte dell’umanità che ne è vittima. Condizione di cui si sta rendendo conto, come reso evidente dai fatti di Francia, dell’Africa al secondo tempo della sua liberazione, dei BRICS e di certa America Latina.

La puntata si chiude con un giro di considerazioni sull’appena defunto così denominato “Re Giorgio”. Alla luce di quanto discusso prima, non si può che concludere, alla francese, con “tout se tient”. Teniamoci uniti e determinati anche noi. Più di loro, costi quel che costi..

martedì 12 settembre 2023

11 SETTEMBRE, IERI, OGGI. DOMANI?

 


 

VISIONE TV, “Dietro il sipario”: 22 anni di bugie

Enrica Perucchietti con Roberto Quaglia, Gianluca Marletta, Marco De Cousandcer e Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=DLrhD48v_nc

https://youtu.be/DLrhD48v_nc

 

Chiunque avesse una qualche idea di come gruppi dominanti degli Stati Uniti hanno agito storicamente per aprirsi la strada al controllo e alla predazione globali, vedendo in TV l’esecuzione dell’operazione Torri Gemelle e Pentagono, sarebbe sbottato “E anche questa se la sono fatta da soli”.

Sospetto che diventa convinzione a seguito sia delle ricerche, indagini, prove, testimonianze, accumulate da centinaia di esperti onesti, sia da quanto da quell’operazione, utilizzata come pretesto e giustificazione, è stato avviato, nell’immediato, come negli anni a venire, fino ad oggi. E oltre.

I partecipanti al forum sono tra i nostri maggiori analisti di quel fatto epocale, catastrofico, apocalittico, di un tasso criminale senza precedenti nella Storia e che nel corso dei decenni ha cambiato il mondo, assicurando il successo ad altre operazioni truffaldine, finalizzate al dominio globale, guerra territoriale, per le risorse, e psicofisico contro gli esseri umani: guerra (dei terroristi) al terrorismo, con distruzione totale di un paese dopo l’altro, militarizzazione di ogni aspetto della vita, pandemia, cambiamento climatico, rivoluzione gender, digitalizzazione, migrazioni indotte, cancel culture, russofobia, sinofobia.

Dalla nostra discussione emergono due considerazioni di fondo da tenere presenti al fine di una definitiva demistificazione di quella operazione e delle campagne che ne sono state in vari modi derivate e giustificate.

La presa d’atto, per molti difficilissima, che in Occidente siamo governati da esseri disumani, disposti e pronti a ucciderci: rendersi conto che siamo nel tempo in cui il genitore, quel genitore, uccide il figlio.

Il vittimismo dell’assassino.  L’enorme forza persuasiva e assoggettante del colpevole che si fa vittima innocente, ingiustamente colpita e, dunque, da difendere e sostenere in tutti i suoi moti e comportamenti. E’ stato lo strumento principale per diffondere in chi ne è stato colpito, passivizzazione, infantilizzazione, assoggettamento..

Tutto questo fortunatamente, tra a noi e nel mondo, è entrato in profonda crisi. A dispetto degli immani sforzi mistificatori del mercenariato mediatico.

 

mercoledì 6 settembre 2023

9MQ intervista a Fulolvio GrimaldI. Dai BRICS che cambiano il mondo al ritorno a Ustica

 


9MQ  con Marzia di Sessa intervista Fulvio Grimaldi

 

il link della diretta di oggi.

https://fb.watch/mTYoV1FRIt/

 

https://www.facebook.com/9MQWEBTV/videos/1156538295304746

 

Argomenti

 

Chi c’è dietro alla botta data a Macron da Repubblica, riesumando un Giuliano Amato per fargli dire quello che lui e quasi tutti hanno sempre detto sulla responsabilità NATO e probabilmente francese, nell’abbattimento nel 1980 su Ustica del DC9 di Itavia, con gli 81 passeggeri morti e altri testimoni successivamente fatti sparire in vari modi, insieme aile registrazioni radar e al diario di bordo della portaerei USA Saratoga, pure impegnata in quella battaglia notturna.

Fanno capolino, dati i referenti e padrini politici del quotidiano “rivelatore”, gli USA si Biden e Israele di Netaniahu, entrambi interessati a occupare gli spazi c he la Francia ha dovuto abbandonare grazie alle rivoluzioni anticoloniali di popolo africane, democraticamente interpretate dai militari di quei paesi.

 

E’ l’ultima guerra per procura quella che gli USA, con la Nato al guinzaglio, conducono in Ucraina, “fino all’ultimo ucraino” (e mercenari anonimi vari), contro la Russia? No, è l’ennesima, dopo le disfatte degli eserciti USA direttamente impegnati in Vietnam, Iraq e Afghanistan e che hanno provocato pericolosi contraccolpi in un’opinione pubblica dissuasa dalle guerre a forza di bare avvolte nella bandiera a stelle e strisce. Ai mandatari ucraini si affiancano quelli dell’ISIS e di varie Al Qaide nelle  guerre a Libia, Siria, alla resistenza irachena e nelle destabilizzazioni-stabilizzazioni colonialiste di vari altri Stati (ve di Boko Haram in Nigeria) e settori sociali corrotti, strumentalizzati e spesso militarizzati, come in Iran, o Myanmar.

 

L’aggressione al teatro romano di Sandro Torella, attore impegnato nel fronte antisistema, con minacce e improperi rivolti a lui e al direttore d’orchestra

Andrea Colombini, indica che, a partire da obiettivi non di primissima istanza politica organizzata e, anzi, non riconosciuti da molti come protagonisti dell’antagonismo politico, sociale e culturale, ci si muove sul piano del silenziamento di ogni opinione divergente rispetto alle operazioni in merito a clima, pandemie, dittatura OMS, guerre militari e sociali. Una risposta di popolo significativa alle manovre liberticide, realizzate però in maniera ben più feroce che con scritte sui muri  contro obiettivi secondari, si avrà il 9 settembre a Trento, città scelta come cavia per forme estreme di sorveglianza, controllo, repressione.

 

I BRICS, speranza dell’umanità. Il vertice dei BRICS, ora passati da 5 a 11 membri e in predicato di diventare un blocco di 40 paesi costituenti un’alternativa radicale alla contrapposizione dei blocchi sostenuta dall’imperialismo occidentale, prefigura il vero Nuovo Ordine Mondiale, basato su eguaglianza, diritto internazionale, rispetto reciproco, sovranità e collaborazione. Un blocco decisivo, visto che in quella sua configurazione accresciuta, rappresenta la quota maggioritaria della massa terrestre, della popolazione e del PIL mondiale. 

 

E Assange? Dopo molo tergiversare, i due maggiori partiti australiani, paese di cui Julian è cittadino, si sono risolti a perorarne la causa con la Casa Bianca. La risposta di Antony Blinken, Segretario di Stato e falco di prima classe, non ha tenuto conto neanche di questo prezioso alleato nel quadrante dell’Indopacifico anticinese. Non ci può essere indulgenza per chi ha denunciato la nudità dell’imperatore e ne ha esibito il corpo in decomposizione.

 

Infine si parla di Trump e delle prospettive elettorali nel paese da cui ormai non potrà mai venire nulla di buono. Ma questo ascoltatevelo.

lunedì 21 agosto 2023

BENE FARE, PAURA NON AVERE Dove c’’è l’idea non c’è paura Dove c’è paura non c’è l’idea



https://www.youtube.com/watch?v=-lgDzSiFaq0

https://youtu.be/-lgDzSiFaq0

 

Titolo un po’ criptico quello di questa presentazione, che poi è anche il titolo dell’articolo che ho pubblicato su questo numero di “Visione-Un altro sguardo sul mondo”.

Per paura intendo ciò che tutti intendiamo: una condizione psicofisica di fronte a un qualcosa che si percepisce minaccioso, pericoloso. Condizione  che può essere positiva, se ci mette in atteggiamento di difesa e reazione; o negativa, se ci paralizza e ci toglie le capacità di rispondere adeguatamente all’evento.

La mia esperienza, tratta e maturata grazie alla frequentazione di situazioni che possono produrre paura, guerre, conflitti, catastrofi naturali, fenomeni che incombono, mi ha portato a smentire molti sociologi, psicologi, pediatri, sapientoni vari. Coloro che, denunciando gravi ripercussioni sanitarie, specie psichiche, traumatiche, in particolare sui bambini, “poveri innocenti”, di eventi drammatici o tragici, in qualche modo favoriscono e potenziano gli effetti nefasti che i promotori e responsabili di tali eventi si erano ripromessi. Magari in perfetta buonafede.

E’ che generalizzano, non distinguono, fanno di ogni erba quel fascio che in qualche modo conviene alla loro visione delle cose e, del caso, anche alle loro tasche. Che si è uno psichiatra infantile a fare, se non si diagnosticano pesanti traumi inflitti ai bambini dai costanti bombardamenti israeliani su Gaza, dalla vista di un loro fratello colpito e mutilato, dalla propria casa ridotta in briciole.

E, invece, no. Io a Gaza ci sono stato, tra la gente degli infiniti bombardamenti, delle famiglie sminuzzate, dal ritorno allo stato di cavernicoli, a sopravvivere tra le macerie di quella che era una dignitosa abitazione. Vorrei che vedeste il mio docufilm “Araba Fenice, il tuo nome è Gaza e ascoltaste quella ragazzina di 12 anni raccontarmi come la guerra israeliana detta “Piombo Fuso”, quella dei carri armati fin dentro le case, quella delle venti esplosioni al minuto, quella della decimazione di persone in fuga dalla piazza a forza di raffiche di mitraglia.

Quella ragazzina aveva la forza, la serenità, di una combattente. Aveva perso tutto, madre, fratello, zii, casa, infanzia. Aveva sofferto, soffriva, ma non era traumatizzata, resa inerme, disperata. Andava a scuola, che allora era diventata una tenda. Sapeva chi l’aveva colpita, e perché e sapeva ancora meglio che apparteneva a una gente, a una comunità, a un popolo che combatteva, intendeva restare in piedi. Sapeva che se non fosse andata a scuola, sarebbe stata sconfitta. Sapeva della Nakba, della terribile violenza degli invasori, di cosa avesse subito quel suo popolo e come era rimasto in piedi, lacero, sanguinante, ma con la luce dell’orizzonte, quello alle spalle e quello davanti,  negli occhi e nel cuore.

Aveva l’idea, non aveva paura. Se ne sarebbe vergognata, della paura, di fronte al suo popolo in resistenza. Stesso discorso per i ragazzi di Falls Roads, Belfast, Irlanda del Nord, generazione dopo generazione, per trent’anni. Stesso discorso per i siriani, massacrati e depredati da Obama, Trump, Biden, Israele, jihadisti. Stesso discorso, stessa “idea”, per i nostri partigiani, del Risorgimento e della Resistenza. Hanno l’idea, sanno chi gli è nemico e perché e che vita vuol dire resistenza. E viceversa. Altro che traumi. Resistere è anche felicità.

Quanto alla paura che c’è quando non c’è “l’idea”, basta pensare a chi correva alla disperata verso gli hub messi su dai mercanti e untori Pfizer o Moderna. Quelli che non avevano paura avevano un’idea. Si chiamava “No Vax”, o, quanto meno, “No Green Pass”.

 

sabato 12 agosto 2023

L’AFRICA PRENDE IL LARGO NETANIAHU SI RIFA’ SU PALESTINESI E SIRIA LONDRA DEPORTA, NOI ACCOGLIAMO TRENTO, PARTE IL CONTRATTACCO

 


https://youtu.be/bhNOhSsvG9I

https://www.youtube.com/watch?v=bhNOhSsvG9I

Visione TV, “Il grimaldello”: Enrica Perucchietti e Fulvio Grimaldi sui fatti della settimana

Dal Sahel parte la seconda Liberazione Africana, dopo la rivincita neocolonialista per l’indipendenza strappata sessant’anni fa. Verso il bagno di sangue di una guerra di imperialisti, ontologicamente genocidi, e mercenariato politico-militare locale, contro popolazioni all’alba della rivoluzione continentale. Di chi è la democrazia, dei fantocci installati al sottopotere a forza di ricatti, finti nemici, manipolazioni, o di militari che, esprimendo la volontà del popolo in piedi, cacciano ladri, predatori di risorse e assassini stranieri?

Il popolo di Israele è da mesi in rivolta contro il proprio regime, a difesa della salvaguardia della democrazia, della divisione dei poteri e del controllo della Giustizia sull’operato dei politici. Ma è una democrazia che vale per 10 milioni di ebrei immigrati, in una società a carattere suprematista e razzista, e non per 6,5 milioni di palestinesi autoctoni (più 1,7 milioni di profughi in attesa di rientro).

Nella crisi che colpisce il regime razzista di Netaniahu, Ben Gvir e Smotrich, la soluzione è quella classica: un nemico esterno, palestinesi e siriani, da radere al suolo e far sprofondare nel sangue.

Londra si conferma regina della ferocia colonialista. Ormai non più praticata su popolazione assoggettate a forza di Guardie Scozzesi, Compagnie delle Indie, Vicerè e Gurka, bensì rinchiudendo su un atollo fuori dal mondo quelle che volessero rifarsi di secoli di colonialismo, anelando alle bianche scogliere di Dover. L’Africa è rimasta perplessa davanti al progetto di scaricare questa umanità sul fedele protettorato Ruanda? E allora si fa come con Napoleone: esclusione definitiva dal contesto umano e planetario su un’isola, Ascensione, a 1.800 km dall’Africa e a 2,300 km dall’America Latina. C’est plus facil…

I paesi potenti, Francia, Regno Unito, USA cacciano “intrusi” a pedate, nel Canale, a Ventimiglia, sul Rio Bravo con i “cacciatori di teste”. Quelli deboli e sottomessi accolgono. 1000 “disperati” al giorno a Lampedusa, quasi 100.000 in Italia dall’inizio dell’anno, 2000 annegati. Le terre lasciate? Il destino post-sbarco? Ecchissenefrega. Occorre cancellare storia, futuro, identità. Loro e nostra. Lo chiamano meticciato.

Trento laboratorio. Della totale obliterazione della privatezza mediante sorveglianza – e punizione - di movimenti, parole, espressioni, comportamenti. Dell’impunità di stravolgere e contaminare un assetto territoriale, ambientale, urbano, a vantaggio di speculazione, spreco, profitto. Dell’incatenamento di ogni tuo frammento di vita e identità al potere di banche e gendarmi. Della libertà di uccidere prigionieri, perfino orsi. Se ne occuperà il prossimo “grimaldello”

lunedì 7 agosto 2023

Immunità/impunità: i destini paralleli dei Biden e di Crosetto --- NIGER, IL COLONIALISMO ALLE SUPPLEMENTARI --- Facciata dello pfizerista Bassetti

 



Visione TV, Rassegna stampa di Enrica Perucchietti con Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=qmAw2da-B88

https://youtu.be/qmAw2da-B88

 

Narrativa mainstream degli avvenimenti del mondo e di casa nostra alla prova di un “altro sguardo sul mondo”. Dallo guerra, forse, tra chi non si vuole più far fregare e chi non vuole restare al buio (Niger-Francia), al più grosso protagonista del più grosso conflitto d’interessi di casa nostra e al più corrotto clan presidenziale mai visto negli USA (Crosetto-Biden).

 

giovedì 3 agosto 2023

L’Africa, non tutti si fanno indurre a emigrare. MOSCA-ALGERI-SAHEL, NO AL NEOCOLONIALISMO Il rischio di un conflitto continentale

 


VISIONE TV, Marco D’Agostino intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=kt-UkOMvnOc

https://youtu.be/kt-UkOMvnOc

 

L’unico paese del Sahel rimasto nell’orbita euro-atlantica è la Mauritania. Mali, Niger, Burkina Faso, Guinea sono in piena sollevazione anti-coloniale (Francia, USA, UE, Italia). Il Sudan, a cui le cospirazioni neocolonialiste hanno strappato il Sud Sudan, dove si trovano le risorse petrolifere, e dal quale si tenta da anni di separare le vaste regioni del Darfur, del Kordofan e della Nubia, è in preda a violenti rivolgimenti in cui si confrontano forze militari e sociali interne e attori esterni.

L’altro grande paese dell’area, la Nigeria, principale giacimento di idrocarburi del continente, formalmente in rapporti privilegiati con l’Occidente che lo governa attraverso le grandi compagnie petrolifere, è scosso da anni da una guerriglia feroce di segno jihadista, Boko Haram. Un terrorismo con ogni evidenza fomentato da interessi neocoloniali intesi a frantumare l’unità anche di questa grande potenza africana. Divide et impera. Per ribadire l’allineamento agli interessi dei suoi clienti, il regime nigeriano ha tagliato al Niger la corrente elettrica, il 70% del fabbisogno di quel paese.

Stanno per compiersi i sette giorni dell’ultimatum imposto al Niger, cuore strategico della regione, detentore dei due terzi delle riserve d’uranio che tengono in piedi il sistema energetico della Francia (e in parte dell’Italia che dalla Francia è approvvigionata). La minaccia dell’ECOWAS, organizzazione economica dei paesi dell’Africa Occidentale, di intervenire militarmente contro la rivoluzione nazionale, sociale e militare, in atto in Niger (dopo quelle vittoriose di Mali, Burkina Faso e Guinea Conacry), sta andando in collisione con un fronte composto non solo da rivoltosi del Sahel. Cosa che è servita a farla parzialmente rientrare.

E’ entrata in campo, clamorosamente, l’Algeria, terza grande potenza della regione, la storicamente più coerente sul piano dell’anticolonialismo (si ricordi il suo rifiuto di sostenere le aggressioni alla Libia e alla Siria e l’espulsione di Damasco dalla Lega Araba, ora rientrata grazie ai buoni uffici della Cina e dell’Egitto). E accanto all’Algeria c’è ora, vistosamente, la Russia. Apparentemente in divergenza dalla sua iniziale condanna del rivolgimento a Niamey. Sviluppi che sembrano aver fatto rientrare i propositi più bellicosi dello schieramento neocoloniale capeggiato da Francia, Usa e UE: La sua articolazione locale, l’ECOWAS, è addivenuta a più miti consigli: da ieri si trova a Niamey, per un negoziato con il governo militare uscito dalla sollevazione popolare.

Dopo lo sbattere di sciabole, poco gradito anche nel resto del Continente, a partire da Egitto e Sudafrica, si incomincia a parlare di mediazione. Forse gli armaioli d’Occidente, che già assaporavano l’emersione di nuovi mercati, dovranno ancora limitare le proprie aspettative di profitti all’ Ucraina. E il merito, qui, non è solo della compatta risposta alle minacce di restaurazione violenta da parte dei più significativi paesi della regione, Mali, Chad, Burkina Faso, ma anche della freddezza di molti altri. Lo è soprattutto dell’entrata in campo dell’Algeria, massima potenza militare del continente, e al distacco, rispetto alle minacce di intervento, di Egitto, Sudan, Sudafrica e di molti altri Stati africani.

Al vertice russo-africano di luglio a S. Pietroburgo, al quale, a dispetto dei tentativi euroatlantici di dissuasione, hanno partecipato 50 Stati africani su 54, ha partecipato il primo ministro algerino. Era stato preceduto a giugno dall’incontro con Putin del presidente, Abdelmadjid Tebboune, e al vertice è seguito in questi giorni un incontro con le massime autorità militari russe, compreso il ministro della Difesa Shoigu, del Capo di Stato Maggiore algerino. Sul tavolo, nuovi accordi di cooperazione militare.

L’Algeria, sopravvissuta alle aggressioni neocolonialiste tramite la guerra civile islamista degli anni ’90 e la rivoluzione colorata del 2019, vanta, grazie agli armamenti fornitile da Mosca, l’esercito più moderno e potente della regione. Per dissuadere l’ECOWAS e i suoi sponsor locali ed esterni dall’intervenire in Mali in favore del fantoccio francofilo spodestato e per ricostituire la base militare franco-italo-tedesco-statunitense, servirebbero altro che gli strumenti dell’ECOWAS. Dovrebbero entrare in campo il Marocco, storico e virulento rivale regionale di Algeri, la Nigeria, qualche altro “protettorato” africano e le bombe di Parigi. Entreranno?

 

mercoledì 2 agosto 2023

 

BOLOGNA, 2 AGOSTO 1980


 
STRAGI, RICERCA DELLA VERITA’?

Basta che si guardino allo specchio.

 

Il MANDANTE STORICO E ATTUALE: L’Atlantico, genocida per origine e vocazione, sostituitosi senza soluzione di continuità a quello germanico, a miglioramento di prestazioni, durata e risultati.

I MANDATARI: Una classe dirigente stragista, mantenutasi grazie all’insegnamento CIA della “strategia della tensione” e degli “opposti estremismi”. Tutti i governi succedutisi da De Gasperi (Portella della Ginestra) a Meloni (Ucraina), con brevi interruzioni duramente pagate dai suoi incauti protagonisti. Tutti i poteri economici, escluso Enrico Mattei. Tutti i poteri politici, partecipi o complici passivi, escluso il PCI, rimasto alla finestra.

GLI OPERATIVI: Tutta la massoneria, tutte le mafie, tutti indistintamente i Servizi Segreti.

LA MANOVALANZA SUL TERRENO: Cosa Nostra e il neofascismo, che oggi si esprime a livello governativo per assolvere all’incarico storico assegnato ai proconsoli della marca imperiale..

 

COME SI ESPRIME: Ridicolizzando la pretesa dell’esistenza, mai esistita, di una “Destra sociale” e confermandosi strumento dei massimi poteri nella guerra agli altri popoli, per procura mercenaria, e al proprio, per commissione diretta.

Dal cielo della patria incombe su 60 milioni di italiani, esclusa la minoranza criminale, la verità qui sopra definita. Basta aprire gli occhi e alzare lo sguardo. Come fece Pasolini, come sappiamo fare noi.

Prima che la coscienza di questa verità si impadronisca definitivamente della mente degli italiani, superati gli scogli dei grandi inganni depistanti, sanitari, militari, climatici, di genere e migrazione, si ricorre a rimedi sempre più di infima lega.

Nel giorno del 53° anniversario della strage di regime a Bologna, crimine apicale tra Portella della Ginestra, Avola, Reggio Emilia, i trucidati degli anni ’70, Piazza Fontana, Questura di Milano, Ustica, Brescia, Italicus, Roma-Firenze 1993, magistrati da Chinnici a Falcone e Borsellino, assistiamo all’ultimo, più miserabile, più fetecchioso, dei tentativi di scrollarsi di dosso l’evidenza di un’associazione a delinquere che ci è imposta da 75 anni esatti.

Primo ratto: “Bologna? Sono stati i palestinesi”. Con i quali era stato siglato un accordo di “non belligeranza” scrupolosamente osservato. Quattro gradi di giudizio, ripetuti processi, hanno tutti stabilito l’inequivocabile responsabilità di Licio Gelli e dei sicari fascisti, protagonisti provati di tutte le stragi con indirizzamento e assistenza dei Servizi.

Secondo ratto: Il DC9-Itavia è stato abbattuto su Ustica da una bomba piazzata nel gabinetto dell’aereo.

Patetico tentativo di smentire una ricostruzione incontestabile del giudice Priore, che pone l’episodio in linea con tutti gli altri atti di terrorismo stabilizzatore antipopolare. Per essersi trovati in volo nella notte in cui un missile NATO, mirato all’aereo libico, ha colpito il DC9, e per averlo visto, i piloti delle Frecce Tricolori, Mario Naldini e Ivo Nutarelli, sono stati fatti bruciare vivi in una collisione nei cieli di Ramstein del 28 agosto 1988.

Avendo partecipato, sull’Aermacchi di Naldini, poco prima della tragedia di Ramstein, a un volo della Frecce Tricolori per una diretta di Uno Mattina (TG1), ho poi avuto modo di intrattenermi con i due piloti nella base della Pattuglia Acrobatica a Rivolto (Aviano).

!.500 attacchi terroristici, 350 vittime, oltre 1000 feriti, inclusi poliziotti, magistrati, giornalisti, imprenditori, colpiti da apparati finto-politici, manipolati dallo Stato, ma senza i mai calcolati ragazzi del ’68-’77 falciati dalle forze dell’Ordine, o dai fascisti, o dall’eroina di Stato.

Fulvio

martedì 1 agosto 2023

NIGER-SAHEL-AFRICA: UNA PARTITA CHE NON FINISCE A NIAMEY

 



Non c’è niente di sorprendente in quanto succede in Niger e attorno al Niger, se non la posizione di Mosca. Almeno quella esplicitata da Dmitri Peskov, portavoce del governo, che pare allinearsi alle posizioni occidentali, Washington, Parigi, Londra, Bruxelles, e dei guardiani degli interessi neocoloniali in Africa, Unione Africana ed Ecowas (Unione Economica degli Stati dell’Africa Occidentale), nella richiesta di restaurare l’ordine pre-giunta militare retta dal generale Abdurahmane Tchiani

Attendiamo dalla Russia atteggiamenti chiarificatori, più autorevoli ed espliciti. Intanto ci permettiamo un certo stupore di fronte a una apparente presa di distanza da Niamey da parte della nazione che da otto anni difende la Siria da una criminale invasione occidentale tramite mercenariato jihadista e bombaroli israelo-statunitensi. Una nazione invocata in soccorso – concesso – da altri paesi africani liberatisi dalle catene di una ex-potenza colonialista di ritorno, impegnata, questa, nuovamente nel dominio, controllo, spietato sfruttamento e nella pretestuosa difesa contro milizie islamiste, appositamente allevate e armate per giustificarne l’ingiustificabile presenza.

Sono gli ultimi sviluppi di una rivoluzione che ha visto la popolazione del Niger sollevarsi contro l’assolutamente antistorico revanscismo dell’ex-tirannia coloniale, inteso alla rapina delle risorse che al Niger assicurerebbero prosperità e autodeterminazione, ma che la Francia utilizza per tenere in piedi il suo armamentario nucleare civile e militare, garanzia del suo epigonale ruolo nel mondo.

Una sollevazione caratterizzata, attraverso masse con bandiere, striscioni, slogan, persino l’assalto all’ambasciata, per un lato dall’ostilità nei confronti di chi ha finora imperversato, dominato, sfruttato e, per l’altro, dall’amicizia e dalla fiducia verso chi, in Siria, in Ucraina, in Mali, Burkina Faso, in tante parti del mondo, si è schierato politicamente, diplomaticamente, economicamente e, in alcuni casi, militarmente, dalla parte del diritto internazionale, dei diritti umani, della sovranità popolare e nazionale.

A Parigi, negli organismi sovranazionali africani di segno neocoloniale, a Washington, a Bruxelles e negli uffici dei direttori di Repubblica, Corriere e Stampa (bravi, integri e autonomi giornalisti: Molinari, Fontana, Giannini) si percuotono, rispettivamente, tamburi e tamburelli di guerra. Nel fronte opposto alla manomorta colonialista di ritorno, come sempre segnata da metastasi razzista e militarista, gli Stati liberatisi negli scorsi mesi per volontà popolare e investitura dell’apparato militare nazionale, Mali, Burkina Faso, Guinea, dichiarano il proprio impegno alla difesa dei fratelli nigerini in lotta di liberazione.

In questo contesto di clangori di sciabole abusive e di sacrosanta richiesta di libertà e dignità, sorprende un Crosetto, finora presentatosi sullo scenario interno ed esterno nei panni di Crosettsky, contrappasso italiota del più noto Zelensky. Il ministro della difesa in perenne mimetica, con elmetto in testa, bombe a mano al cinturone e, al laccio, il generale tuttofare Figliuolo, dalla corsa in sesta marcia e ridisceso al rallentamento della seconda. Alla fregola militarista, che ha contrassegnato ogni suo passo da quando era a capo della lobby delle armi, a quando di quella lobby è diventato ministro, ha sostituito uno stupefacente “calma e gesso”, in merito a eventuali incursioni sui “golpisti” del Niger. Vedremo se dura, o se l’ha detto prima del caffè.

Fa riflettere che il redivivo maresciallo italico, solitamente così pronto a piazzare i suoi soldatini di qua e di là sul mappamondo, dove le supreme autorità glielo indicano, perfino sulle cattedre delle elementari, qui non condivida il prurito di mani altrui praticato dai Molinari e compari. Non è che qui si tratti di non agevolare troppo quel Macron, che ogni tanto ci rifila qualche sberla su migranti ed Europa, e in compenso di sottrargli qualche striscia di sabbia (e uranio, oro, petrolio, manganese, zinco, diamanti….) in Africa?

Non è questo che abbiamo percepito nelle effusioni, al limite dell’accoppiamento porno, tra Giorgia e Joe, quando Joe sussurrava a Giorgia che le avrebbe concesso in dote una garitta e una spingarda in Nord Africa? Ovviamente a scapito e scherno di Macron? E allora, se dei soldatacci golpisti risultano sostenuti dall’intera loro popolazione e, quindi, sarebbe un po’ problematico affrontare il lago di sangue che comporterebbe un assalto della Legion, con concorso di afroregimi subalterni, perché non tenersi di riserva la carta del “golpista” Tchiani?

Potrebbe venire buona, una volta che nell’ottusità colonialista occidentale si fosse inserita quel barlume di buonsenso da farle capire che, al di là delle bombe con l’insegna del gallo, che nulla risolverebbero contro un’intera regione in rivolta, il faccia a faccia tra invasori africani “buoni” e “cattivi” di esercito e popolo uniti di Niger, Mali, Burkina Faso, Guinea e forse Repubblica Centroafricana, al meglio destabilizzerebbe mezza Africa. E al peggio, se questi dalla faccia nera si abbracciassero, anziché spararsi, segnerebbe un altro passo (”step”, come dicono gli analfabeti) verso la sconfitta, stavolta decisiva, del neocolonialismo euratlantico.

A vantaggio di chi? Ci sta pensando Mosca? Pechino, zitta, sembra averci pensato. Tra l’una e l’altra sono già i garanti del riscatto del Continente.

lunedì 31 luglio 2023

 


Mentra Zanotelli e Save the Children avvelenano i pozzi

 L’AFRICA PRENDE IL LARGO

 Fuori i francesi, Biden ci riprova con Melonsky

 Fulvio Grimaldi. Storia e geopolitica dell'Africa: ultimo capitolo, il Niger

 https://www.youtube.com/watch?v=nfsVsrzXcS8

 https://youtu.be/nfsVsrzXcS8

 

Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

 Il peggio di quanto il colonialismo ha fatto e il neocolonialismo sta facendo all’Africa si rispecchia nelle operazioni di fiancheggiamento del missionario comboniano Alex Zanotelli come in quelle dell’ONG Save the Children.

Di quest’ultima bastano gli spot di vera pornografia della carità dai quali vengono mitragliati ricatti allo spettatore tramite raccapriccianti esibizioni di bambini africani ammalati, agonizzanti, imploranti, per estrargli l’obolo del senso di colpa.

 

STC è quella ONG dei veleni guerrafondai che si fece onore NATO quando, a promozione del massacro della Libia, affermò che Gheddafi distribuiva Viagra ai suoi soldati perché stuprassero con maggiore vigore le donne e i bambini del proprio popolo. Evidentemente c’è da fidarsene, come quando ti aggredisce con bimbetti morenti.

 

Il comboniano Zanotelli ha recentemente indirizzato l’ennesima lettera-appello spaccacuore “alla stampa italiana” perché questa rompa un silenzio complice e si schieri finalmente accanto a chi si preoccupa di salvare l’Africa dai suoi feroci.dittatori, dalle sanguinose e insensate guerre civili, insomma dall’ endemica condizione di regressione alla barbarie del continente. Sembra di leggere Rudyard Kipling quando, a proposito delle colonie, lamentava “il fardello civilizzatore dell’uomo bianco”.-

 

Invano aspettarsi da questo missionario, al di là di invettive e lamentazioni, indicazioni su chi fomenta cosiddette guerre civili (esempio: in Somalia, lotta di liberazione di un popolo contro fantocci USA sostenuti da bombardamenti USA), o perché un governante debba essere definito “spietato dittatore” (esempio: il governo eritreo che si rifiuta di condannare “l’invasione” russa dell’Ucraina e di votare per le sanzioni a Mosca).

 

Chi di questi tempi si vede sottrarre controllo, dominio, predazione, sterminio, di africani e delle loro risorse, trova consolazione nei depistaggi del frate e delle ONG su un’Africa che si farà a pezzi da sola, ora che i civilizzatori sono costretti alla fuga da folle inferocite, o vengono emarginati da chi all’Africa si propone come partner rispettoso e mutualmente benefico.

 

Disintegrata l’Africa, nella seconda metà del secolo scorso, dal Congresso di Berlino del 1984-85, in cui gli europei si erano spartiti la torta africana (tutte le materie prime necessarie alla costruzione del capitalismo e relative guerre), nella seconda metà del ‘900 i popoli africani hanno conseguito liberazione e indipendenza da poteri costruiti sul genocidio. E fu l’epopea della decolonizzazione conseguita con la lotta armata e indicibili sacrifici, lutti, sofferenze, Ricordiamoci la martirizzata Algeria.

 

Vennero il neocolonialismo, il revanscismo, il recupero delle ricchezze perse. Primavere arabe, AFRICOM, il comando Sud di USA e NATO, l’emigrazione indotta, quando non forzata, la presa multinazionale di controllo delle risorse tramite regimi corrotti e il pretesto di una lotta al jihadismo, fomentato, armato, addestrato da chi pretendeva di combatterla. E si ristabilì la manomorta francese sul Sahel: oro e uranio a garanzia della grandeur militare, geopolitica ed energetica.

 

Oggi gli africani stanno felicemente assistendo al secondo tempo di una partita in cui si trovano costantemente in area di rigore avversaria. Dopo la decolonizzazione, la de-neocolonizzazione. Esempio clamoroso, il Sahel, la fascia di paesi subsahariani nella quale un paese dopo l’altro si libera dall’occupante, a forza di sollevazione delle masse, interpretata dalle forze armate nazionali e la cacciata dei fantocci allevati da Parigi. Nel resto del Continente, poi, la liberazione cammina sui nuovi rapporti militari ed economici con Russai e Cina, sostitutivi di quelli della rapina e predazione. Prima la Repubblica Centrafricana, poi il Mali, poi il Burkina Faso, ora il pezzo forte della presa  militare francese (con partecipazione di circa 500 militari italiani in “missione di pace”), il Niger.

 

Sono paesi, soprattutto Niger e Mali, che oltra a garantire a Parigi cruciali posizioni strategiche e risorse energetiche e minerarie fondamentali, svolgono un ruolo cruciale nel controllo, o piuttosto, nella promozione dei flussi migratori dall’Africa subsahariana. Sono i canali lungo i quali le forze promotrici dello sradicamento di giovani generazioni produttrici e riproduttrici e dello svuotamento di territori da depredare (ONG e altre), offrono alle classi dirigente del Sud Europa manodopera che deprima i salari degli autoctoni e contribuisca al meticciato indistinto universale, caro al Grande Reset.

 

Veniamo alle ultime. Nel Sahel sventolano bandiere tricolori russe su slogan antifrancesi di masse impegnate e promuovere cambi di governo tramite le forze militari nazionali. In tutta l’Africa, la Cina, con gli investimenti nelle infrastrutture (ma anche in progetti culturali, umanitari, sanitari) e la Russia, con l’intervento in agricoltura e industria alimentare, tecnologie, cereali, fertilizzanti, miniere, entrambe con una politica dei prestiti che prescinde dalle condizioni capestro degli organismi sovranazionali, si vanno sostituendo a una presenza euro-atlantica percepita sempre più chiaramente come predatoria.

 

Ne sono indicatori il dimezzamento degli scambi USA col continente negli ultimi 15 anni (da 120 a 60 miliardi di dollari), mentre già nel 2021 la Cina aveva raddoppiato il fatturato commerciale (254 miliardi di dollari, il doppio rispetto a un decennio prima). Ma non è che un’egemonia di controllo si sostituisca all’altra. Scambi e rapporti con le due grandi potenze dell’Eurasia sono tali, dopo secoli di sbilanciamenti a totale favore dei colonizzatori occidentali e a totale detrimento della popolazione africane, da garantire anche sovranità e autodeterminazione.

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L’ ECOWAS, organizzazione degli Stati dell’Africa Occidentale e l’Unione Africana, entrambe allineate ai vecchi dispositivi neocoloniali, hanno intimato alla giunta che ha defenestrato l’amico di Macron, Mohamed Bazoum, un ultimatum di rispettivamente sette e 15 giorni, pena un ventilato intervento militare, ribadito poi anche da Macron (che dovrebbe ricordarsi della Quinta Colonna maghrebina che ha in casa).

 

L’Algeria, sovrana e autodeterminata come sempre, dai tempi del rifiuto di partecipare alle aggressioni a Iraq, Libia e Siria, alla recente vittoria su una prolungata rivoluzione colorata, ha offerto il proprio sostegno al generale Abdelrahman Tchiani, nuovo capo del governo. Un intervento militare diretto dei francesi, o per interposti residui sujbalterni africani, magari con concorso di AFRICOM, incendierebbe non solo il Sahel.

 

A dispetto del tentativo dei media di servizio di sminuire la portata del vertice Afro-russo a S. Pietroburgo, 50 Stati africani su 54 hanno confermato e potenziato la propria collaborazione con Mosca. 43 hanno concluso accordi con Rosoboronexport, l’ente russo per l’export militare. Ricavandone protezione militare (Wagner), là dove richiesta, forniture gratuite di cereali e, soprattutto, una remissione di debiti che dall’FMI gli africani si possono sognare.

 

Il futuro del continente sembra segnato. E in questo futuro, le quote di sabbia concesse da Biden alla Melonsky in Nordafrica, nella recente occasione del bacio della pantofola a stelle e strisce, a sostituzione di quelle di seta cinese le sono state tagliate, non modificano in nulla il ruolo di servo sciocco attribuito storicamente all’Italia dal nostro maggiore alleato. Sempre agli “scatoloni di sabbia” restiamo.

 

 

 

 

 

 

venerdì 28 luglio 2023

A Melonsky un po’ di sabbia africana e niente seta cinese --- IL DIRE DI WASHINGTON E IL FARE DI S.PIETROBURGO.

 


VISIONE TV “Dietro il Sipario”, con Enzo Pennetta, Fulvio Grimaldi  Mark Bernardini. Conduce Francesco Toscano

https://www.youtube.com/watch?v=7y_PnKPmsCA

https://youtu.be/7y_PnKPmsCA

 

Nelle ore in cui lo Stato celebra i suoi attentati del 1993 a Milano e Roma, nei giorni in cui Melonsky va a baciare la pantofola di Bidensky per la periodica, ormai quasi secolare, dichiarazione di obbedienza e sottomissione alla criminalità organizzata imperiale, in questo “Dietro il Sipario”, con Francesco, Enzo e Bernardini da Mosca, ci proviamo a capire come stanno, come vanno e come sono andate le cose.

E’ anche il giorno in cui Mattarella offre il suo contributo nucleare all’operazione PAURA DA CLIMA, e alla obliterazione di qualsiasi inchiesta dei rappresentanti eletti del popolo sulle macchie nere che più fanno paura a lui e ai suoi: quelle di Manuela Orlandi (cioè di Woytila santo) e del Covid (cioè sui masskiller Big e Little Pharma e relativi valletti). Roba da far venire giù il Palazzo, anzi, i due Palazzi. La morte fulminea “per errore” di Purgatori, la calunnia pedofila e le gomme squarciate alla famiglia Orlandi ammoniscono.

Sono anche i giorni in cui Putin, a dispetto di sanzionatori e rancorosi detrattori, riesce a raccogliere attorno alla Russia una cinquantina di governi africani, compresi 17 capi di Stato o di governo, per vedere come la Russia possa contribuire a salvaguardare il continente pluriabusato dall’Occidente colonialista, dal virulento revanscismo dei colonialisti nel ruolo di predatori e stimolatori di sradicamenti e dispersioni umane definite migrazioni. Metti questi violatori del diktat imperiale accanto ai BRICS in fase di superfetazione e misura chi sta meglio tra Mosca, Washington e Bruxelles.

E a questo proposito, è anche il giorno successivo alla quasi completa liberazione del Sahel, ex-franco-schiavizzato. Liberazione nello sventolio di bandiere russe sulla rivolta popolare in Niger, interpretata, come nelle precedenti liberazioni di Mali e Burkina Faso, dalle forze armate del paese, spesso unica struttura nazionale  in grado di esprimere la volontà collettiva (anche in America Latina, a dispetto della “Scuola delle Americhe” riservata dagli USA ai suoi caudilli e gorilla)..Qui è toccato a tale Mohamed Bazoum, uno degli ultimi lacchè di Parigi installati da quelle parti a copertura della rapina a mano armata (che si pretende contro figuranti jihadisti) delle risorse di quei paesi, in primis uranio, il metallo del futuro

Cacciata dei francesi (con annesso corpetto di pace di 1.500 italiani) da quasi tutto il Sahel, all’insegna di un modello Algeria e di un ricordo Libia e di un conforto Egitto, Restano in bilico Ciad e Repubblica Centroafricana, ma dura minga. E trovando che dove non c’è presenza coloniale europea c’è il vuoto, ecco che Bidensky e Melonsky, si sono impegnati, oltre a continuare a svenarsi, fino a totale dissanguamento, per il vampiro Zelensky, a occuparsi di Africa.

Rinnegata da Melonsky, ancor prima che Bidensky sollevasse il dito (anche quello malfermo) ammonitore, l’insolenza di quegli smanierati di 5Stelle che, nel 2019, avevano pensato di far approfittare l’Italia della prosperosa benevolenza affaristica della Cina, il nano e la ballerina hanno concordato di sventare la minaccia russo-cinese sull’Africa. E se fa la brava, Giorgia può provare a rimediare qualche benefit in Africa, dove però butta male, vist4o che, cacciati i francesi, le carte le danno Russia e Cina.

Non c’è il Fronte Sud della Nato da rinforzare, ora che Macron se la deve dare a gambe? E chi meglio che il dirimpettaio mediterraneo crosettista dell’Africa, memore dell’epopea dei marescialli Balbo e Graziani in Libia e subito dimentico della porta sbattuta in faccia al FMI e al messaggero dei suoi ricatti, Melonsky, dall’ottimo presidente di Tunisia Kaim Saied.

Morale della favola 1: che peccato che neanche lì, come in Egitto e Algeria, ci siano più i Fratelli Musulmani.

Morale della favola 2: Tra il dire di Washington e il fare di S. Pietroburgo c’è di mezzo il mare (che da mo’ non è più quello di “Britannia rules the waves…”)

giovedì 27 luglio 2023

Nell’epoca dell’occultamento e della menzogna --- UN GIORNALISTA E I SUOI CRIMINI CONTRO IL SISTEMA --- Dove ci si gioca il nostro rapporto con la realtà

 

 



https://rumble.com/v328tm2-julian-assange-la-lotta-per-la-liberta-e-per-la-verita.html

Domenico D’Amico di Radio Gamma intervista Paolo Capezzali  di “Free Assange Italia” e Fulvio Grimaldi nell’occasione della seduta del Consiglio Comunale di Roma per votare sulla richiesta di concedere la cittadinanza onoraria a Julian Assange, giornalista australiano detenuto in un carcere di massima sicurezza a Londra e in procinto di essere estradato negli USA, dove lo attende una condanna a 175 anni.

Numerose città italiane hanno già concesso la cittadinanza onoraria, ultima Trieste. A Roma la richiesta, corredata da centinaia di firme, è sostenuta dalla ex-sindaco Virginia Raggi e da consiglieri dell’opposizione.

Per la  liberazione di Assange e contro l’estradizione negli USA per una esecuzione strisciante, si sono ormai esauriti i ricorsi legali, tutti respinti, e la sua persecuzione, iniziata 13 anni fa e conclusasi nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, rischia di essere coronata dalla vendetta della cosca criminale da lui denunciata. Resta un ultimo ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani di cui, però, il regime britannico, protagonista delle guerre militari e sociali ai popoli e alla verità, attenendosi alle proprie caratteristiche, può non tenere il minimo conto.

L’accusa ad Assange è di spionaggio. Precisamente di aver spiato sistematicamente i crimini di guerra e contro l’umanità che il Potere USA-NATO andava compiendo in giro per il mondo e di averne dato informazione a chi ne aveva diritto: il pubblico. Si chiama informazione, si chiama giornalismo, si chiama così qualcosa che i nostri presunti esponenti della categoria hanno da tempo gettato nell’immondezzaio  di una sedicente democrazia.

Di Assange sappiamo che ha rivelato i motivi e i metodi criminali delle guerre all’Iraq e all’Afghanistan. Più imbarazzante e tossico per i responsabili e meno noto è il gigantesco flusso di inganni, maneggi, intrighi, mistificazioni, interferenze, ricatti (anche elettorali) impiegati dal regime al quale si vuole riconosciuta la rappresentanza del diritto e della democrazia, per estendere dominio, inganno, sorveglianza, sfruttamento. Lo ha portato alla luce Assange  con Wikileaks pubblicando migliaia di relazioni, note diplomatche, dispacci intercorsi tra Washington e altri regimi del giro finanzcapitalista, autocratico e neocolonialista..

Con i media, che ben sanno su quale parte della fetta di pane sia spalmato il burro, si è dato a denti stretti risalto ai crimini commessi da USA e NATO in Iraq e Afghanistan. Storia passata, evidenze innegabili. Ma abbiamo mai saputo che Wikileaks ci aveva dato contezza del tasso di criminalità di una gangster come Hillary Clinton che nel 2009 ordina ai servizi e al suo personale diplomatico di spiare Ban Ki-moom, Segretario Generale dell’ONU, come anche gli ambasciatori all’ONU di Cina, Francia, Russia, Regno Unito e altri paesi, sottraendogli addirittura le iridi scannerizzate, sequenze DNA, impronte digitali, password personali? La stessa Hillary del linciaggio di Gheddafi festeggiato a risate che Assange rivela aver intascato da Goldman Sachs, per una sola conferenza, 657.000 dollari. Un compenso? Ovviamente una tangente.

E’ da Wikileaks di Assange che avremmo potuto sapere che la guerra genocidale a uno dei paesi più poveri, e storicamente più illustri, del mondo, lo Yemen è stata patrocinata dagli USA con il primato dello sterminio da missili, bombe e droni. Il prezzo di qualche delitto ai danni del mondo di sotto.

Sempre ad Assange dobbiamo l’indicazione della paternità di Obama e della maternità di Hillary per il sanguinario colpo di Stato in Honduras, con la rimozione violenta del presidente democratico Manuel Zelaja e un massacro della popolazione in rivolta contro il golpe durato anni e di cui ho avuto il tragico privilegio di essere testimone e di trarne un docufilm, “Il ritorno del Condor”.

E’ forse questione di ore, ma la decisione del Consiglio Comunale di Roma non inciderà sul momento drammatico del cui esito può disporre a suo arbitrio, nettamente nazista, una magistratura britannica assoggettata ad altro arbitrio, superiore, quello dei giustizieri di Washington. Le voci che in questi anni e mesi si sono levate, numerose e consapevoli della posta in palio, dovranno utilizzare queste ore per alzare il volume al diapason. Sia per salvare, con la giustizia, la vita a Julian Assange, sia per fare capire agli arconti che per silenziarci e per eliminare il nostro rapporto con la realtà, dovranno affrontare, non solo l’irriducibilità dell’eroe nella cella di Belmarsh, ma tanti Julian Assange quanti il coraggio degli uomini sa disseminarne sulla faccia della Terra.