Il
ringhio del Bassotto sul canale di Paolo Arigotti
https://www.youtube.com/watch?v=61e333HfhuM
Prima
di qualche riferimento al contenuto di questa intervista, permettetemi una
premessa.
La
formazione politica alla quale do il mio contributo organizza per sabato 18
novembre una manifestazione a Milano. Relatore centrale è la prestigiosa e
rispettata figura ebrea di Moni Ovadia.
Auguro
questa manifestazione il più grande successo.
In
queste settimane di spaventoso olocausto della popolazione di Gaza e
Cisgiordania, giustificato con gli episodi di terrorismo del 7 ottobre (orami
tutti da testimonianze e prove attribuibili al fuoco amico), i palestinesi e i
loro amici e sostenitori in Italia e nel mondo, in particolare i giovani, sono
stati i protagonisti di infinite ed enormi manifestazioni di protesta e di
solidarietà.
Alle
passeggiate e alle occasionali intemperanze controculturali di giovani per le
discutibili e discusse “emergenze” climatiche ed ecologiche, cui va la
protezione e il plauso del “politicamente corretto”, si è sovrapposta la
mobilitazione dei giovani contro gli assalti veri al pianeta e all’umanità, di
cui è emblema il genocidio palestinese. E qui il concerto di media e politica
non ha suonato inni di gioia, comprendendo benissimo di avere incontrato un
antagonista vero, la fine di una narcosi.
E’
l’occasione, da tanto tempo auspicata, perché chi, dall’età media elevata, ha
dovuto condurre un’opposizione dai caratteri addirittura rivoluzionari senza il
concorso di coloro che storicamente le rivoluzioni le hanno sapute e dovute
fare.
L’occasione,
per queste “pantere grige”, di conoscere e farsi conoscere dalle generazioni
che finora non si sono viste nella mobilitazione contro le involuzioni
autoritarie. Strette antidemocratiche che, a partire dall’obbligo vaccinale e
del Green Pass e a finire con le guerre e con un governo postfascista complice,
hanno bloccato il riscatto necessario.
Quanto
ai contenuti dell’intervista di cui al link, ho cercato, con Paolo, di
tratteggiare un contesto più ampio di quello cui solitamente, e spesso
strumentalmente, fanno riferimento cronisti e analisti. Un contesto che non
solo fa riferimento all’esproprio quasi centennale del popolo palestinese,
accompagnato da massicce espulsioni, pogrom, decimazioni, sevizie di ogni
genere. Ma vede il conflitto in atto come il cuore di una crisi vissuta da una
potenza imperiale in disfacimento e progressivamente isolata da un mondo in
evoluzione multipolare.
Potenza
finanziaria multinazionale, che, per imporre prevaricazione, autocrazia e dominio,
utilizza quanto rimane ai suoi strumenti statali (USA, Israele, UE), la potenza
militare. Potenza i cui crimini sono garantiti dal controllo mediatico e che
per farsi valere è costretta ad accendere ininterrotte conflittualità. Venendo
a ridursi lo spazio della conquista – o riconquista coloniale – l’obiettivo si
riduce alla destabilizzazione generale e al caos.
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