Con
una considerazione di Mario Monforte
Al momento in cui finisco questo pezzo, non si sa ancora che quadro uscirà e con quali personaggi. Ma non importa. Si sa a quale parete il quadro verrà appeso.
Metafore
I
bambini fanno oooh nella canzone di Povia, davanti al teatrino dove i cavalieri si menano,
le donzelle si rapiscono, gli innamorati si incontrano, i draghi si trafiggono,
qualcuno fa le voci e il burattinaio muove tutto e incassa. Ma i bambini, per
non dire “noi”, non lo vedono, credono, seguono, parteggiano, si spaventano, si
consolano, berciano, ridono, pagano e vanno a casa soddisfatti dello
spettacolo. Arte popolare. Poi c’è l’alta letteratura, tipo l’Iliade,
l’Odissea, Pinocchio…Le vicende dell’eroe paiono frutto del caso, degli incontri,
della fortuna, delle qualità o carenze sue e degli altri. Troia brucia perché
piè veloce Achille è più forte di Ettore, Ulisse si scorda di Penelope perché
affascinato da Nausicaa glaucopide (dagli occhi azzurri). A Pinocchio succede di tutto, perlopiù di
brutto, perché è uno scapestrato con la scuola, un buono col babbo, un
boccalone con il Gatto e la Volpe, un coraggioso, uno sfaticato, un
fatina-dipendente.
Omero
lo ammette: a governare tutto sono gli dei, un po’ si accapigliano, un po’ si
accordano. Si divertono un mondo a vedere darsele i burattini. Ed è Atena che,
a dispetto di Afrodite, fa prevalere Achille su Ettore. La proprietà sulla
donna, di Menelao su Elena, deve prevaricare i di lei amore e libertà. Collodi,
che pratica i travisamenti del Giallo, ce lo fa intendere tra mille depistaggi.
A fatica. Ma poi ce lo spiega chiaro e tondo
Carmelo Bene col suo “Pinocchio, ovvero
lo spettacolo della Provvidenza”. Il taumaturgo, cinico, autoritario,
ipocrita, ricattatore, è la fatina. Potente, ricca, in un palazzo con tanta
servitù e, ai suoi ordini, medici (per il controllo del corpo) e direttori di
circo (per la gestione dello spirito). Per inserire Pinocchio nella società
(quella borghese protocapitalista, detestata da Collodi) gliene fa passare di tutti i colori: lasciato
alla mercè degli assassini, attaccato alla macina come un somaro, minacciato di
morte da conigli neri. Tutto per normalizzarlo.
Un film di sole comparse
Nonostante
tutti questi disvelamenti (e ne dovremmo aggiungere tanti altri, noi bambini
continuiamo a fare oooh. Gli dei non si vedono, il burattinaio è nascosto, la
fatina si traveste. Zingaretti, Renzi, Del Rio, Di Maio, Salvini, Giorgetti, Grillo, Conte,
Fico, Orlando…. La nazione è un San
Sebastiano dall’intelligenza trafitta da questa ininterrotta mitragliata di
manichini, guitti, passanti, comparse, figuranti, cartonati, fatti passare per
protagonisti, attor giovani, prime donne, comprimari. Se ce n’è uno che conta, per i suoi ascendenti,
precedenti, presenti (guerra alla Serbia, UE, Nato, Usa, finanza), è quello assediato dalla captatio benevolentiae di tutti i figuranti, a dispetto del fatto che non gli
tocca che trasmettere degli aut-aut.
E le
teste d’uovo, i guru, vecchi malvissuti del bla bla bla, si precipitano nella
fiera della visibilità, a dare peso, corpo, significato, rilevanza, a questa
turba di ombre cinesi. La prestigiose criminologa (c’entra?) discetta sulla
sindrome di Stoccolma di certi grillini nei confronti del GDQP (Grande
Disturbatore della Quiete Pubblica) ; l’illustre sociologo con barbone bianco
d’ordinanza misura a spanne e millimetri le distanze tra 5 Stelle e PD,
superabili purchè l’imberbe Di Maio frequenti per 4 anni la Harvard Business School and Administration
di Boston. Un macrosciocchezzaio che, però, serve a occultare gli autentici
progettisti, registi, produttori. I naif manco si accorgono di prendere lucciole per
lanterne e don Abbondio per Alessandro Manzoni.
Il nondetto della crisi
A
questo proposito riporto qualche riga da un commento di Mario Monforte (“Il
Ponte”) sul quale, vale la pena meditare. Monforte va più in là e più a fondo
di quanto, negli insopportabili martellamenti sul fondo del mortaio di saltimbanchi
di media, di bar, di istituzione, NON ci viene spiegato su cosa provano a
combinare quelli che si pretendono protagonisti degli eventi, dal Colle in giù.
Un ruolo di protagonisti che gli viene concesso in virtù dell’ inguaribile
provincialismo degli utili idioti e dei depistaggi dal reale degli amici del
giaguaro, i PR mediatici della Cupola. Come se gli affari riguardanti un
architrave del mondo, come è l’Italia nel Mediterraneo, fossero lasciati ai
nanetti da giardino che il signore vi ha installati.
La situazione è grave ma non seria …:
Decisiva
la duplice pressione estera sull’Italia, da un lato quella “atlantica”
(Usa “trumpiani”, e anche UK) e dall’altro quella “ueista” (Ue, ossia Germania
e Francia); spaccatura della «classe politica» interna al servizio dell’una o
dell’altra pressione; sfascio dell’assetto governativo e ricerca di una nuova
«stabilità» (cosí il presidente della Repubblica), impossibile da trovare sotto
tale duplice pressione……
Ma
si ha la politica in quanto guerra condotta con altri mezzi. E si ha la
politica degli Usa (con l’UK) sempre piú contrapposta a quella dell’Ue
(Germania e Francia), che si traduce nelle fratture dentro la «classe politica»
(vecchia e nuova) italiana: la posta è imporre o piú adesione all’Ue pur
restando nella Nato (con gli Usa) con filo-globalismo scatenato gestito dall’Ue
(e dallo Stato in quanto esecutore), o meno adesione all’Ue e piú adesione agli
Usa (e alla Nato), con filo-globalismo gestito dallo Stato (non dall’Ue) -
comunque nella subalternità a questo o quell’imperativo dell’una e dell’altra
parte della «classe politica» presente.
Mario Monforte
Mario Monforte
In principio è la
Cupola
Il merito di queste osservazioni è
di attirare il nostro sguardo sulle direttrici lungo le quali corrono i treni,
trenini, le carrozze, carrozzelle, che tanto ci impressionano con i loro sbuffi
e fischi. Direttrici tracciate in un
apparente groviglio di binari e scambi, ma che, alla fin fine, risultano tutte confluire verso la stessa
destinazione. Se vogliamo proseguire con la metafora burattinaia, si tratta delle
mani che muovono i fantocci.
La contesa individuata da Monforte
tra i più Usa -meno UE e il loro contrario, si articola ulteriormente tra più
Usa-Trump, in calo, e più Usa-Cupola, in ascesa. Dove sotto la Cupola si devono
intravvedere lo Stato Profondo Usa nelle
sue varie componenti: servizi segreti, complesso militar-securitar-industriale
(che campa sulla globalizzazione militare); complesso finanzcapitalista che
campa sulla globalizzazione neoliberista; il complesso
comunicazione-intrattenimento che campa sulla globalizzazione (sub)culturale,
il complesso high-tech digitale che campa sulla globalizzazione della
comunicazione e del controllo (pensiero unico monoteista). Di tutto questo Trump
è un sottoprodotto in via di rapida normalizzazione. E, anzi, utile, grazie
alle sue bizzarrie, a rivalutare un sistema che aveva deluso e stancato. E già
in vista un altro Obama dopo di lui. La Cupola riassorbe le varianti fuori
controllo, da The Donald a Salvini, l’uno messo sull’avviso dall’associazione
con il puttaniere suicidato Epstein; l’altro dal suo mini-Russiagate.
Il solco? Lo difendono gli Usa
I più UE, quelli aggregati come
staffieri, stallieri, palafrenieri, neoliberisti, al tiro a due carolingio
franco-tedesco, neoliberisti quanto gli altri, ma meno globalisti e sovranisti
più (5Stelle) o meno (Lega) veraci, contavano di aprirsi spazi di manovra ai
margini dell’atlantismo, in direzione Russia, Cina e alleati. Ma il Nuovo
Ordine Europeo l’ha stabilito la Cupola
e Salvini è finito all’angolo. Alla BCE Christine Lagarde, già amerikana
capa del FMI, scampata grazie a magistrati amici a una condanna per favori finanziari allo
speculatore Adidas-Tapie; alla Commissione UE Ursula von der Leyen, star
dell’austerity e della russofobia; all’FMI la bulgara Kristalina Georgieva, un Avatar del
turbo capitalismo, insignita da George Soros del Premio Open Society per il suo
contrasto a quanto si oppone al Nuovo Ordine Mondiale. Tre colonne del
Bilderberg che, insieme a Trilateral, Atlantic Council, Davos e Aspen
Institute, rappresenta le Frattocchie del mondialismo. Una trimurti che riannoda
tutti i binari verso l’unico capolinea.
Gli spazi per la danza della coppia
Macron-Merkel non paiono andare oltre qualche ripicca sul piano commerciale
(vedi la questione dazi e l’iraniano Zarif accolto a Parigi sotto lo sguardo
truce di Trump). L’acquolina in bocca sulle prospettive di business negli
immensi mercati euroasiatici di consumatori ed energia viene prosciugata dai rapporti di forza
militari tra Usa e UE, decisivi.
Il contesto che conta e che conta i suoi
Avendo presente il contesto che
conta e che conta le idoneità dei suoi agenti e venditori in loco, riusciamo a
intuire chi rappresenta cosa nella temperie di questa crisi. Sulla base, ormai
chiaramente definita, dell’inversione semantica di destra e sinistra, i temi
trainanti della destra mondialista contemporanea sono enunciati dalle sue
vedettes “filantropiche”, alla Soros, Bill Gates, o Amnesty International. Temi
e tesi ultimamente confermati, con apparente paradosso e agghiacciante
ipocrisia, dal vertice delle più
sanguinarie corporations statunitensi, con la celebratissima dichiarazione
d’intenti “via dal mero profitto e benevolenza per lavoratori, comunità,
ambiente”.
Cancellare ogni residuo di sovranità
nazionale, comunitaria, individuale. O sovrapponendole organismi
sovranazionali cooptati, o facendone di
finte e fuorvianti, o eliminandola con guerre e rivoluzioni colorate. Di
conseguenza guerra su tutti i fronti a Russia e Cina, a loro annessi e
connessi, anche per la necessità del mondialismo di controllare l’immenso
territorio e le risorse dell’Eurasia, prima che si materializzi la Via della
Seta. Sradicamento e deportazione di popoli nell’Operazione Migranti, per
lasciare libero campo alle predazioni colonialiste e al dominio geopolitico, con il corollario della
disgregazione identitaria delle comunità di partenza e d’arrivo. Deviazione
dalla lotta dei dominati ai dominanti attraverso l’innesco di conflitti
artificiali: diritti umani, democrazia contro dittatura, razzismo d’attacco
contro “razzismo” di difesa, guerre di genere, LGBT, capitalismo verde, elevazione
a centralità di ogni minoranza immaginabile. Elementi di una strategia che ogni
giorno vi esplicitano i nostri media, con particolarmente spudorata evidenza
“il manifesto”.
Con Prodi e il suo governo “Ursula”,
con Zingaretti, cui tocca masticare quanto resta del M5S e ingabbiare un Conte
che profuma di Cina (sua la firma sotto il memorandum per la Via della Seta e
molto altro), ma che si è ampiamente atlantizzato con Tav, Guaidò e von der Leyen, il PD in tutte le sue costituenti, per quanto in gara tra loro
intorno alla tavola, costituisce senza alcun bisogno di controprova, pur nella
sua miseria antropologica, l’opzione di destra
del nostro capitale e, dunque, il referente di fase della Cupola. Il peggio del peggio. Quanto
a Roberto Fico, che ogni tanto fa capolino nel teatrino per dire cose
“opportune”, come Regeni e migranti, più lo dicono “rosso” e più lo si scopre
ruotino di scorta del progetto reazionario. Qualunque
“elevato” uscirà dalle stanze di compensazione del Quirinale, a quel
progetto dovrà attenersi.
A noi interessa che Pinocchio,
rivoluzionario di legno, non muoia per diventare burattino di carne. Un finale
che al recalcitrante Collodi era stato imposto dall’editore.
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