lunedì 26 agosto 2019

Pupari, pupi, fatine dai capelli turchini, gatti e volpi------ E I BAMBINI FANNO OOOH------ Il nondetto della crisi di governo



Con una considerazione di Mario Monforte


Al momento in cui finisco questo pezzo, non si sa ancora che quadro uscirà e con quali personaggi. Ma non importa. Si sa a quale parete il quadro verrà appeso.

Metafore
I bambini fanno oooh nella canzone di Povia,  davanti al teatrino dove i cavalieri si menano, le donzelle si rapiscono, gli innamorati si incontrano, i draghi si trafiggono, qualcuno fa le voci e il burattinaio muove tutto e incassa. Ma i bambini, per non dire “noi”, non lo vedono, credono, seguono, parteggiano, si spaventano, si consolano, berciano, ridono, pagano e vanno a casa soddisfatti dello spettacolo. Arte popolare. Poi c’è l’alta letteratura, tipo l’Iliade, l’Odissea, Pinocchio…Le vicende dell’eroe paiono frutto del caso, degli incontri, della fortuna, delle qualità o carenze sue e degli altri. Troia brucia perché piè veloce Achille è più forte di Ettore, Ulisse si scorda di Penelope perché affascinato da Nausicaa glaucopide (dagli occhi azzurri).  A Pinocchio succede di tutto, perlopiù di brutto, perché è uno scapestrato con la scuola, un buono col babbo, un boccalone con il Gatto e la Volpe, un coraggioso, uno sfaticato, un fatina-dipendente.


Omero lo ammette: a governare tutto sono gli dei, un po’ si accapigliano, un po’ si accordano. Si divertono un mondo a vedere darsele i burattini. Ed è Atena che, a dispetto di Afrodite, fa prevalere Achille su Ettore. La proprietà sulla donna, di Menelao su Elena, deve prevaricare i di lei amore e libertà. Collodi, che pratica i travisamenti del Giallo, ce lo fa intendere tra mille depistaggi. A fatica. Ma poi  ce lo spiega chiaro e tondo Carmelo Bene col suo “Pinocchio, ovvero lo spettacolo della Provvidenza”. Il taumaturgo, cinico, autoritario, ipocrita, ricattatore, è la fatina. Potente, ricca, in un palazzo con tanta servitù e, ai suoi ordini, medici (per il controllo del corpo) e direttori di circo (per la gestione dello spirito). Per inserire Pinocchio nella società (quella borghese protocapitalista, detestata da Collodi)  gliene fa passare di tutti i colori: lasciato alla mercè degli assassini, attaccato alla macina come un somaro, minacciato di morte da conigli neri. Tutto per normalizzarlo.

Un film di sole comparse

Nonostante tutti questi disvelamenti (e ne dovremmo aggiungere tanti altri, noi bambini continuiamo a fare oooh. Gli dei non si vedono, il burattinaio è nascosto, la fatina si traveste. Zingaretti, Renzi, Del Rio,  Di Maio, Salvini, Giorgetti, Grillo, Conte, Fico, Orlando….  La nazione è un San Sebastiano dall’intelligenza trafitta da questa ininterrotta mitragliata di manichini, guitti, passanti, comparse, figuranti, cartonati, fatti passare per protagonisti, attor giovani, prime donne, comprimari. Se ce n’è uno che conta, per i suoi ascendenti, precedenti, presenti (guerra alla Serbia, UE, Nato, Usa, finanza), è quello assediato dalla captatio benevolentiae di tutti i figuranti, a dispetto del fatto che non gli tocca che trasmettere degli aut-aut.

E le teste d’uovo, i guru, vecchi malvissuti del bla bla bla, si precipitano nella fiera della visibilità, a dare peso, corpo, significato, rilevanza, a questa turba di ombre cinesi. La prestigiose criminologa (c’entra?) discetta sulla sindrome di Stoccolma di certi grillini nei confronti del GDQP (Grande Disturbatore della Quiete Pubblica) ; l’illustre sociologo con barbone bianco d’ordinanza misura a spanne e millimetri le distanze tra 5 Stelle e PD, superabili purchè l’imberbe Di Maio frequenti per 4 anni la Harvard Business School and Administration di Boston. Un macrosciocchezzaio che, però, serve a occultare gli autentici progettisti, registi, produttori. I naif  manco si accorgono di prendere lucciole per lanterne e don Abbondio per Alessandro Manzoni.

Il nondetto della crisi
A questo proposito riporto qualche riga da un commento di Mario Monforte (“Il Ponte”) sul quale, vale la pena meditare. Monforte va più in là e più a fondo di quanto, negli insopportabili martellamenti sul fondo del mortaio di saltimbanchi di media, di bar, di istituzione, NON ci viene spiegato su cosa provano a combinare quelli che si pretendono protagonisti degli eventi, dal Colle in giù. Un ruolo di protagonisti che gli viene concesso in virtù dell’ inguaribile provincialismo degli utili idioti e dei depistaggi dal reale degli amici del giaguaro, i PR mediatici della Cupola. Come se gli affari riguardanti un architrave del mondo, come è l’Italia nel Mediterraneo, fossero lasciati ai nanetti da giardino che il signore vi ha installati.


La situazione è grave ma non seria : Decisiva la duplice pressione estera sull’Italia, da un lato quella “atlantica” (Usa “trumpiani”, e anche UK) e dall’altro quella “ueista” (Ue, ossia Germania e Francia); spaccatura della «classe politica» interna al servizio dell’una o dell’altra pressione; sfascio dell’assetto governativo e ricerca di una nuova «stabilità» (cosí il presidente della Repubblica), impossibile da trovare sotto tale duplice pressione…

Ma si ha la politica in quanto guerra condotta con altri mezzi. E si ha la politica degli Usa (con l’UK) sempre piú contrapposta a quella dell’Ue (Germania e Francia), che si traduce nelle fratture dentro la «classe politica» (vecchia e nuova) italiana: la posta è imporre o piú adesione all’Ue pur restando nella Nato (con gli Usa) con filo-globalismo scatenato gestito dall’Ue (e dallo Stato in quanto esecutore), o meno adesione all’Ue e piú adesione agli Usa (e alla Nato), con filo-globalismo gestito dallo Stato (non dall’Ue) - comunque nella subalternità a questo o quell’imperativo dell’una e dell’altra parte della «classe politica» presente.
Mario Monforte

In principio è la Cupola
Il merito di queste osservazioni è di attirare il nostro sguardo sulle direttrici lungo le quali corrono i treni, trenini, le carrozze, carrozzelle, che tanto ci impressionano con i loro sbuffi e fischi. Direttrici  tracciate in un apparente groviglio di binari e scambi, ma che, alla fin fine,  risultano tutte confluire verso la stessa destinazione. Se vogliamo proseguire con la metafora burattinaia, si tratta delle mani  che muovono i fantocci.

La contesa individuata da Monforte tra i più Usa -meno UE e il loro contrario, si articola ulteriormente tra più Usa-Trump, in calo, e più Usa-Cupola, in ascesa. Dove sotto la Cupola si devono intravvedere lo Stato Profondo  Usa nelle sue varie componenti: servizi segreti, complesso militar-securitar-industriale (che campa sulla globalizzazione militare); complesso finanzcapitalista che campa sulla globalizzazione neoliberista; il complesso comunicazione-intrattenimento che campa sulla globalizzazione (sub)culturale, il complesso high-tech digitale che campa sulla globalizzazione della comunicazione e del controllo (pensiero unico monoteista). Di tutto questo Trump è un sottoprodotto in via di rapida normalizzazione. E, anzi, utile, grazie alle sue bizzarrie, a rivalutare un sistema che aveva deluso e stancato. E già in vista un altro Obama dopo di lui. La Cupola riassorbe le varianti fuori controllo, da The Donald a Salvini, l’uno messo sull’avviso dall’associazione con il puttaniere suicidato Epstein; l’altro dal suo mini-Russiagate.

Il solco? Lo difendono gli Usa

 
I più UE, quelli aggregati come staffieri, stallieri, palafrenieri, neoliberisti, al tiro a due carolingio franco-tedesco, neoliberisti quanto gli altri, ma meno globalisti e sovranisti più (5Stelle) o meno (Lega) veraci, contavano di aprirsi spazi di manovra ai margini dell’atlantismo, in direzione Russia, Cina e alleati. Ma il Nuovo Ordine Europeo l’ha stabilito la Cupola  e Salvini è finito all’angolo. Alla BCE Christine Lagarde, già amerikana capa del FMI, scampata grazie a magistrati amici  a una condanna per favori finanziari allo speculatore Adidas-Tapie; alla Commissione UE Ursula von der Leyen, star dell’austerity e della russofobia; all’FMI  la bulgara Kristalina Georgieva, un Avatar del turbo capitalismo, insignita da George Soros del Premio Open Society per il suo contrasto a quanto si oppone al Nuovo Ordine Mondiale. Tre colonne del Bilderberg che, insieme a Trilateral, Atlantic Council, Davos e Aspen Institute, rappresenta le Frattocchie del mondialismo. Una trimurti che riannoda tutti i binari verso l’unico capolinea.

Gli spazi per la danza della coppia Macron-Merkel non paiono andare oltre qualche ripicca sul piano commerciale (vedi la questione dazi e l’iraniano Zarif accolto a Parigi sotto lo sguardo truce di Trump). L’acquolina in bocca sulle prospettive di business negli immensi mercati euroasiatici di consumatori ed energia  viene prosciugata dai rapporti di forza militari tra Usa e UE, decisivi.

Il contesto che conta e che conta i suoi
Avendo presente il contesto che conta e che conta le idoneità dei suoi agenti e venditori in loco, riusciamo a intuire chi rappresenta cosa nella temperie di questa crisi. Sulla base, ormai chiaramente definita, dell’inversione semantica di destra e sinistra, i temi trainanti della destra mondialista contemporanea sono enunciati dalle sue vedettes “filantropiche”, alla Soros, Bill Gates, o Amnesty International. Temi e tesi ultimamente confermati, con apparente paradosso e agghiacciante ipocrisia,  dal vertice delle più sanguinarie corporations statunitensi, con la celebratissima dichiarazione d’intenti “via dal mero profitto e benevolenza per lavoratori, comunità, ambiente”.

Primum: Russia et Cina delendae sunt



Cancellare ogni residuo di sovranità nazionale, comunitaria, individuale. O sovrapponendole organismi sovranazionali  cooptati, o facendone di finte e fuorvianti, o eliminandola con guerre e rivoluzioni colorate. Di conseguenza guerra su tutti i fronti a Russia e Cina, a loro annessi e connessi, anche per la necessità del mondialismo di controllare l’immenso territorio e le risorse dell’Eurasia, prima che si materializzi la Via della Seta. Sradicamento e deportazione di popoli nell’Operazione Migranti, per lasciare libero campo alle predazioni colonialiste e al  dominio geopolitico, con il corollario della disgregazione identitaria delle comunità di partenza e d’arrivo. Deviazione dalla lotta dei dominati ai dominanti attraverso l’innesco di conflitti artificiali: diritti umani, democrazia contro dittatura, razzismo d’attacco contro “razzismo” di difesa, guerre di genere, LGBT, capitalismo verde, elevazione a centralità di ogni minoranza immaginabile. Elementi di una strategia che ogni giorno vi esplicitano i nostri media, con particolarmente spudorata evidenza “il manifesto”.

Con Prodi e il suo governo “Ursula”, con Zingaretti, cui tocca masticare quanto resta del M5S e ingabbiare un Conte che profuma di Cina (sua la firma sotto il memorandum per la Via della Seta e molto altro), ma che si è ampiamente atlantizzato con Tav, Guaidò e von der Leyen, il PD in tutte le sue costituenti, per quanto in gara tra loro intorno alla tavola, costituisce senza alcun bisogno di controprova, pur nella sua miseria antropologica, l’opzione di destra  del nostro capitale e, dunque, il referente di fase della Cupola. Il peggio del peggio. Quanto a Roberto Fico, che ogni tanto fa capolino nel teatrino per dire cose “opportune”, come Regeni e migranti, più lo dicono “rosso” e più lo si scopre ruotino di scorta del progetto reazionario. Qualunque  “elevato” uscirà dalle stanze di compensazione del Quirinale, a quel progetto dovrà attenersi.




A noi interessa che Pinocchio, rivoluzionario di legno, non muoia per diventare burattino di carne. Un finale che al recalcitrante Collodi era stato imposto dall’editore.

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