venerdì 28 maggio 2021

Palestina, intervista di Massimo Mazzucco, Contro TV, a Fulvio Grimaldi https://www.youtube.com/watch?v=fNhqHxJpS4M --- Il trionfo della Siria e di Assad, il rientro in scena dell'Egitto

 https://www.youtube.com/watch?v=fNhqHxJpS4M

Palestina, intervista di Massimo Mazzucco, Contro TV, a Fulvio Grimaldi

Allego, e integro qui con qualche riflessione, un’intervista che, se la ritenete riuscita e utile, lo si deve eminentemente alla preparazione e agli interventi precisi e consapevoli di Mazzucco, uno dei migliori giornalisti internazionali su piazza, irrinunciabile nel quadro di un’informazione vera e demistificante, e alla ricchezza grafica, estremamente esplicativa, che Massimo vi ha aggiunto.


PALESTINA RESISTE

SIRIA VINCE

L’EGITTO SI AFFERMA

Le immagini si riferiscono alle celebrazioni per la vittoria di Bashar el Assad alle presidenziali di Siria

 

Piazza Omonya, Damasco, celebrazioni per la vittoria di Assad

Scrivo qui, a fianco delle immagini e parole che nella videointervista ci parlano del quasi secolare dramma palestinese, della Siria che ha appena fatto trionfare col voto il suo presidente Bashar el Assad. 

Le immagini che accompagnano queste righe mi riportano al 2011 quando, da inviato di guerra, ebbi modo di riferire dal campo la criminale aggressione dei genocidi USA-NATO-SION, dall’aria e dei loro  mercenari jihadisti e curdi, da terra. Un’aggressione che si inseriva nel disegno israeliano, adottato su formulazione di Odet Yinon nel 1982,e che prevede la frantumazione delle realtà statuali arabe per linee etnico-confessionali.

 


Piano sostanzialmente fallito. In Egitto, clamorosamente, con la cacciata di popolo del regime consociativo dei Fratelli Musulmani e, sostanzialmente, anche in Siria, Iraq, Libano, Algeria. L’unico successo, ora messo in causa dall’insurrezione palestinese di queste settimane, lo Stato degli Ebrei  lo può registrare grazie all’artificio del “Patto di Abramo” con i regimi di Emirati, Bahrein, Marocco e Sudan. Patto di classe nel senso più proprio della parola, nel quale gruppi dirigenti autocratici, oppressivi e segregazionisti si accordano sulla pelle di masse soggiogate, quando non pulite etnicamente.

In Siria, Assad per la terza volta ha vinto le elezioni, regolari come quelle sancite tali dagli osservatori dell’ONU nella precedente tornata, ma statutariamente ridicolizzate e dichiarate inattendibili dai cani da guardia e dai cagnetti da salotto degli sbirri del mondo (metafora che non tocca un infinito rispetto e affetto per tutti i cani). Un mondo che, a dirla tutta, ha come garanzia di illibatezza l'incredibile imbroglio delle presidenziali statunitensi (e non solo delle ultime). Se servisse una prova, oltre ai milioni di donne, uomini, ragazzi, anziani, dalla felicità incontenibile, che si sono visti ieri nelle piazze della Siria, basta un giro per villaggi e città della Siria libera e democratica. A me, come a tanti onesti e volenterosi osservatori, senza le lenti del condizionamento, lontani dalle tastiere degli zerbinisti, è occorso ripetutamente. Serve a sentire il battito del polso di un popolo che per il leader del suo progresso e della sua resistenza, eroica da oltre un decennio, nutre una stima che gli straccioni morali e gli sciacalli necrofagi dell’Occidente si sognano.

 


La Palestina, innesco di quanto è andato succedendo nella regione da oltre settant’anni, dalle prime razzie stragiste delle bande terroristiche Irgun, Stern, Haganah negli anni Trenta, contro inermi centri abitati palestinesi, ha attraversato fasi di silenzio e apparente rassegnazione. Questo è successo in virtù, più che di una repressione senza scrupoli legali o umanitari, di una dirigenza palestinese gerontocratica, affaristica e corrotta, compiacente e, anzi, connivente, con le sevizie e gli abusi dell’occupante, insediatasi a partire dal declino di Yasser Arafat. Dirigenti che pretendevano di affidare la soluzione delle istanze del loro popolo al massimo sponsor e armatore dell’invasore e che, in combutta con esso, sono riusciti a neutralizzare le istanze di liberazione come, intorno al Duemila, si sono espresse nella nuova dirigenza di Fatah, quella della Seconda Intifada, quella dei giovani di Marwan Barghuti.

I conti, per quanto calcolati in termini di bombardieri, carri armati, esseri umani uccisi, bruciati dal fosforo, case polverizzate, uomini e donne liberi carcerati, torturati, terre sottratte, servilismo e complicità geopolitiche, non portano sempre al risultato programmato. Oggi la Siria di Assad, per quanto derubata dal mercenariato curdo di un terzo del territorio nazionale, di altri brani di patria dai tagliagole di Erdogan, derubata del suo patrimonio idrico ed energetico dallo Stato più ricco del mondo e con ferite che buttano sangue da dieci anni, è in piedi. E’ stato l’osso più duro da affrontare per gli espansionisti israeliani in tutte le guerre che li hanno opposti agli arabi. E lo sono oggi in virtù di due attributi mai abbandonati: dignità e unità. Il 95% per Assad ne è un frutto.

 


E poi c’è l’Egitto, non per nulla il più diffamato e mediaticamente assediato paese arabo. Lo Stato che della comunità di 450 milioni di arabi resta, al di là delle varie contingenze feudali di satrapi e fantocci, il centro storico, politico, morale. Ha svolto il suo compito, l’Egitto di Al Sisi. Per quanto oscurato dai latrati dei cani metaforici di cui sopra, l’Egitto è stato l’artefice di una treguaa che ha impedito agli israeliani di andare oltre il massacro di quasi 300 civili a Gaza, ai pogrom dei suoi coloni su inermi contadini arabi, all’esproprio di famiglie dalle genealogie millenarie, alla caccia all’arabo all’urlo “morte agli arabi” (che mi continua a riecheggiare nelle orecchie da quando lo udii gridare nell’avanzata di Tsahal nella Guerra dei Sei Giorni).

Uscito dall'impasse reazionario e oscurantista del governo di Mohamed Morsi, capo di quella Fratellanza Musulmana che è sempre stata la quinta colonna dell'Occidente (con riserva sulla variante Hamas in Palestina), l'Egitto ha potuto riprendere il suo ruolo di potenza regionale.e di portavalori arabo. Ruolo non per nulla insidiato da una stampa per la quale ogni spia, infiltrato, farabutto di paese fuori dall'ambito occidentale diventa dissidente e martire. Propaganda alla quale si aggiunge anche qui il braccio armato della Fratellanza, sotto forma di mercenariato jihadista, con la guerra civile in Sinai e gli attentati terroristici in tutto il paese. Guerra civile e attentati che condividono gli sponsor con tutti i paesi disobbedienti all'unico sovranismo consentito.

 


Al di là della mediazione vincente nel conflitto di Palestina, il Cairo è rimasto l'unico paese arabo a soccorrere con alimenti e forniture mediche (compresi i vaccini negati da Israele) la popolazione di Gaza, a offrire il proprio contributo alla ricostruzione e ad accogliere nei propri ospedali i feriti e mutilati dell'assalto di Netaniahu. Questo, sullo sfondo di un Egitto che si era ripreso  sovranità e libertà nella scelta nei rapporti internazionali. Morsi nel 2013, Fratello Musulmano dei Fratelli Musulmani di Hamas, quando Gaza era stata sottoposta all'ennesima devastazione bombarola israeliana ("Pilastro di Difesa"), aveva chiuso il valico di Rafah tra il suo paese e Gaza.

Forse non è una coincidenza che in questi stessi giorni l'Egitto sia stato, dalla Procura di Roma, trascinato sul banco degli imputati nelle persone di quattro esponenti della Sicurezza egiziana,selezionati perchè indicati da alcuni testimoni anonimi. "Testimoni oculari", sebbene reclusi, delle sevizie e dell'uccisione di Giulio Regeni, prodigiosamente scovati dall'emiro Tamim bin Hamad al-Thani, Fratello Musulmano e illuminato sovrano dell'amico Qatar..



 


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