domenica 18 febbraio 2024

TUTTO IL MONDO STA ESPLODENDO….

 

TUTTO IL MONDO STA ESPLODENDO….

 


Byoblu-Mondocane 3/14 in onda domenica 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30,domenica 09.00

 

Ricordate, voi vegliardi come me, la canzone che Lotta Continua aveva tradotto da “Eves of destruction” di Barry McGuire e che si cantava a gola spiegata un po’ dappertutto in Italia nel famoso decennio di quello che è stato il miglior tentativo in Italia per sbarazzarsi dell’inutile, del pernicioso e del mafioso?

C’erano versi significativi come questi: “Tutto il mondo sta esplodendo / dall’Angola alla Palestina, / l’America Latina sta combattendo,/ la lotta armata avanza in Indocina… L’America dei Nixon, degli Agnew e Mac Namara / dalle Pantere Nere una lezione impara; / la civiltà del napalm ai popoli non piace,/ finchè ci son padroni, non ci sarà mai pace…

Beh, Angola e Indocina, Pantere Nere e napalm non appaiono più sul proscenio.  Oggi vanno Black Lives Matter, anzi andavano, finanziati da Soros, e le profezie di Isaia. Però, guarda un po’, la Palestina è ancora lì, più che mai, alla faccia di Isaia e di chi dice che tutto è incominciato solo il 7 ottobre. E se Nixon e soci sono inghiottiti dal tempo e da ricordi di zozzerie, c’è chi imperversa anche peggio, molto peggio. Da allora è stato un precipitare, ai termini della legge dell’Antropocene secondo cui non c’è mai fine al peggio. Reagan, Bush Sr, Clinton, Bush Jr, Obama…

Fino al punto che chi conta, dispone e fa, non ha neppure bisogno di qualcuno che lo rappresenti con un minimo di glamour. Meglio terrorizzarci con la percezione di chi ci comanda davvero: basta tirare fuori dal baule dei figuranti uno affetto da demenza senile. Insediatosi alla Casa Bianca con i soldi dei donatori (quelli che contano e dispongono), fottendosene delle apparenze, gli hanno perfino permesso di arrivarci con la truffa.

Quella canzone è dei tempi che qualcuno dice dell’illusione, ma che a me sembrano, anzi, risultano, il primo vero cambiamento dal 1945 partigiano, tempo della fiducia in noi, della forza e del coraggio. Quella canzone d’allora, con tutto ciò che ne è seguito, alternando Zeitgeist e tendenza generale, mi ha rivalutato per l’ennesima volta il nostro migliore filosofo (con Leopardi e Gramsci), Giambattista Vico. Quello dei corsi e ricorsi, una specie di Storia circolare, come quella dei Pellerossa.

Stiamo oggi come stavamo allora. O ci stiamo arrivando. Dubitate? Fate bene, così s’impone una riflessione. C’era stata una vasta liberazione di popoli e di formazione di nazioni indipendenti, uscite a cazzotti dal colonialismo: Vietnam, Algeria, tutta l’Africa, Indonesia, mezza America Latina in quanto “cortile di casa yankee”. Si ripetè quella che nel 1848 fu chiamata “Primavera dei Popoli”, fiorita da noi con la Repubblica Romana.

Ma quelli, quelli della lotta di classe dall’alto, della guerra dei ricchi contro tutti, fidandosi dei corsi e ricorsi, ripartirono. E fu l’Operazione Condor, e furono Pinochet e Videla, e fu Lumumba assassinato, e fu il colpo di Stato dei colonelli greci, e da noi furono, a tappe successive, le stragi di Stato e di mafia, e sempre Gladio e la P2, la Milano da bere, Cossiga e i suoi “Falchi” (con licenza di ammazzare: Giorgiana Masi, non solo), recupero delle Repubbliche delle Banane, l’esercito dalla Regina in Nordirlanda (Bobby Sands e 10 compagni devono morire di fame; Netaniahu ha generalizzato il concetto), false flag a gogò e riconquista del vecchio ordine Mondiale, ora chiamato “Nuovo”.

Le due fasi, azione-reazione-azione si intersecano nel corso degli anni, non sono periodi nettamente separati.  Così l’Unione Sovietica si dissipa e si sfascia, ma in America Latina arriva il Venezuela Bolivariano, Cuba si ammorbidisce, ma resta ancorata lì, colpi di Stato avvengono (Bolivia, Honduras, Haiti) e rivoluzioni colorate vengono e passano.

Ora parrebbe che si possa avvertire, pur nel clamore delle armi, degli schianti di bombe su 2,3 milioni di palestinesi, della macelleria pro-NATO in Ucraina, delle pandemie fatte e promesse, dell’apocalisse climatica minacciata, della guerra dall’alto fatta combattere tra donne e uomini qualunque, una nuova brezza di “primavera dei popoli”. Brezza-uragano fortissima nelle vele di Gaza, ma potente anche in giro per il mondo. Succede quando quelli là tirano troppo la corda, fanno il passo credendo di avere gli stivali delle Sette Leghe pur avendo solo il 40 di scarpa.

Quanto ai ricorsi, se, come dice la canzone, ai popoli non piacevano il napalm e Nixon, oggi manifestano lo stesso disgusto, al limite del conato di vomito, rispetto a Netaniahu, Ursula, Biden, Klaus Schwab, al dollaro, all’OMS, al FMI, alla Lagarde e a tutti coloro che vanno a petto in fuori con delle stellette sul bavero.

Ha voglia Piantedosi a spaccare, sul modello Sion o Zelensky, teste dei manifestanti, ha voglia Salvini a chiedere il Daspo per chiunque esprima un pensiero che superi il recinto amore, cuore, dolore, ha voglia Valditara a criminalizzare le occupazioni, a disseminare nelle scuole dispositivi di sorveglianza e riconoscimento e a installare generali, ammiragli e questori in cattedra per insegnare la bellezza della guerra e uno Stato come lo voleva Fouché.

Ragazzi, eccesso di ottimismo? Nel Sud politico, che comprende il Nord di noialtri e dove ci si è accorti che siamo tanti, ma tanti, di più, si sente il passaggio dalla resistenza alla controffensiva. Il corso, anzi, il ricorso c’è. Io, che ho un naso temprato dalla primavera di mezzo secolo fa, ne sento il profumo.  

 

 

 

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