TUCKER
CARLSON DA PUTIN. CHE NON GLIELA MANDA A DIRE
Cosa
ha detto e cosa non ha detto
Intervista di Francesco Capo per “L’Identitario” con il
sottoscritto F.G., Gigi Lista, editore dell’”Identitario”, Mauro Belardi,
russista.
Grazie al più popolare e alternativo
giornalista e conduttore statunitense, non per nulla cacciato dalla CNN, di
sinistra finta e con le zanne, e dalla Fox, di destra trumpista, abbiamo
ascoltato un uomo pensante, come natura vorrebbe che fosse e né un burattinaio,
né un burattino, né una prostituta, né un lenone, né uno stracciarolo, né un
mazziere con la baionetta tra i denti. Esperienza inedita e gratificante.
Quando i media falsi, bugiardi e
venduti ti dicono che la guerra in Ucraina è iniziata il 22 febbraio del 2022,
con l’ingresso dei russi in Ucraina, come a me, da Floris, asserì Pierluigi
Bersani, e non nel febbraio 2014, colpo di Stato USA-Nazi e attacco al Donbass,
come gli risposi io, coltivano l’inganno di tutta la strategia
dell’imperialismo terrorista. Tolgono di mezzo il contesto e annientano la
memoria che lo tiene in piedi,
Il lungo excursus storico di Vladimir
Putin nell’intervista di Tucker Carlson a dimostrazione della russità storica
dell’Ucraina e delle manovre di attori esterni – polacchi, asburgici, tedeschi
-di eliminarla, ha suscitato gli sghignazzi e il sarcasmo del sistema
idiotico-criminale politico-mediatico. Invece, come ha osservato all’impaziente
Carlson, si trattava di fare una conversazione seria, piuttosto che il solito
talk show. “Discorso serio” che rivaluta la memoria per costruire il contesto.
Contesto senza il quale si vagola nelle nebbie delle mistificazioni e delle
strumentalizzazioni ad usum delphini. Come fece Bersani e come fan
tutte le presstitute.
Putin ha detto molto e ha taciuto
qualcosa. Consiglio a chi non lo avesse ancora fatto e si volesse fare un’idea
corretta del mondo in cui viviamo, di andarselo ad ascoltare. Verrà
impressionato e convinto dal racconto dei ripetuti, perfino disperati, tentativi
di Putin di aprire un dialogo e evitare la mattanza in corso con un ragionevole
accordo, del resto basato su quanto i presidenti USA alla Russia avevano
garantito: nessuna espansione della NATO oltre alla Germania. In cambio, Mosca
aveva acconsentito alla riunificazione della Germania. Accordo tradito con
colpo di Stato, aggressione alla popolazione russa renitente al fascismo,
nazificazione dell’Ucraina.e missili nemici a 5 minuti di volo dal Cremlino.
L’offerta di Putin, subito rozzamente
affossata dagli angloamericani e dal loro sguattero Stoltenberg: neutralità
dell’Ucraina senza NATO e rapporti costruttivi e collaborativi sia con Unione
Europea, che con la Russia, autonomia alle regioni di etnia e lingua russa.
Cosa avrebbe comportato questa soluzione, disponibile sia a Minsk, sia a
Istambul ad appena un mese dall’inizio della guerra? La salvaguardia della pace
e la fine della corsa suicida al riarmo, al rischio nucleare, di una costante
fibrillazione geopolitica in termini militari, economici, di tensione
psicologica, e un rilassamento della contrapposizione tra blocchi datata dal
dopoguerra. Infine e soprattutto, per il bene globale, il risparmio di una
spesa pazzesca che comporta l’impoverimento di grandi masse in tutto il mondo,
Il nondetto di Putin, in ben due ore
di domande e risposte, riguarda, a mio avviso, una condizione molto delicata
interna alla Russia: l’equilibrio che faticosamente quest’uomo ha dovuto
costruire per mantenere coeso uno Stato uscito ammaccato dalla fine dell’URSS e
dalle torbide manovre di Gorbaciov ed Eltsin. Quando Carlson gli ha chiesto chi
abbia fatto saltare il gasdotto Nordstream e sia la forza che determina la
politica degli USA verso la Russia, compreso la lacerazione del rapporto
euro-russo, la risposta è stata evasiva e monosillabica: la CIA.
Io penso che se l’intelligenza di
Putin non abbia voluto dispiegarsi, indicando nei pupari degli USA e dei regimi
occidentali la coppia dominante degli apparati militar-industriale e
finanziario (quest’ultimo ad assoluta egemonia ebraica), è per ragioni di
equilibri interni. Questi hanno visto negli anni un progressivo riequilibrio
tra potenze economiche, dette da noi “oligarchi”, e autorità politica, a
vantaggio di quest’ultima. Non siamo a una neutralizzazione definitiva del
potere condizionante degli oligarchi. Ma non sono poche le potenze economiche a
cui Putin ha saputo tagliare le unghie.
Potrebbe essere, in qualche modo, il
fisiologico rapporto tra entità finanziarie planetarie a frenare eccessi
distruttivi in una direzione o nell’altra e, nell’immediato, a bloccare il ventilato
congelamento delle cospicue disponibilità russe a rischio confisca nei forzieri
occidentali.
Si comprende anche, in questa luce,
la notevole tolleranza che un paese impegnato militarmente nella difesa della
Siria, attaccata da Usa, Israele e dal loro mercenariato jihadista, continua a
mostrare rispetto allo Stato sionista che, un giorno sì e l’altro pure,
bombarda la Siria.
Un secondo silenzio, difficilmente
comprensibile nell’imminenza di un esito a rischio della vita e dell’enorme
valenza simbolica del caso, è quello su Julian Assange, prossimo ad essere
estradato negli USA. Forse una dimenticanza. Da comprendere in un uomo che ha
sulle spalle la salvezza dell’umanità
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