lunedì 26 febbraio 2024

Per far sopravvivere il Potere --- ASSANGE (e WIKILEAKS) DEVE MORIRE

 


Per “Il ringhio del bassotto”, Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

Il ringhio del bassotto: Assange e i pericoli per la libertà di espressione (con Fulvio Grimaldi)

 

Qui si parla in lungo e in largo della vicenda Assange, omicidio bianco programmato, e della spaccatura tra due mondi in contesa strategica e definitiva: quello di Assange e il l’antimondo di Navalny.

 Altri ne hanno trattato, anche meglio e sotto le più varie angolazioni. La stampa mainstream, dal canto suo, che si trova nel secondo dei due mondi citati, del primo non sa, non vede, non dice, se non per ripetere l’arzigogolo dello spione – altro che giornalista - al servizio di Putin. Il giornalismo lo concepiscono così, essendo della razza di quelli che si beccano uno stipendio e buffetti da mane a sera per ogni servizietto fornito, cioè per fare i ragazzi di bottega di assassini in marsina, truffatori, mentitori, rapinatori. E, dunque, per ignorare e diffamare Assange ed elevare sugli altari il qui pro quo russo.

 A me pare che l’imperdonabile, lo scandaloso, l’irrimediabile anche, del lavoro che ha portato Julian alla tattica della morte strisciante durante 14 anni di reclusione, senza un raggio di sole o uno spicchio di cielo, non sia stato evidenziato a dovere. C’erano stati i Pentagon Papers del 1991, le 7000 pagine delle infamie del Dipartimento della Difesa USA; c’era stata la Commissione Frank Church, nel 1975, che svelò i fantastici crimini di CIA e FBI contro nemici, amici, alleati. Ma erano altri tempi. La sconfitta del Vietnam, agevolata da milioni di persone nelle strade, scuole, università, fabbriche, di tutto il mondo, perfino le solitamente ligie Chiese, la tuttora incombente memoria del nazifascismo orrido e stravinto, avevano creato le condizioni. Favorite anche da un’informazione della quale si poteva ancora dire con apprezzamento: “E’ la stampa, Bellezza!”

Lavoratasi ben bene quella, sfoltendola e concentrandola per toglierla dalle mani di chi la faceva per il gusto di farla, gli editori, e metterla nelle mani di chi preferiva produrre  bugiardini di accompagnamento ad armamenti, cementificazioni, intossicazioni ambientali e sanitarie, cibi OGM, automobili e altri generi da plusvalore, il sistema si è garantito una stampa che si riconosce in Navalny e non conosce, o disconosce, Assange.

 Ma siccome gli è rimasta la fissa dello scoop, il piacere di epater le bourgeois, che ancora assicura vendite ed introiti, certi media si sono potuti fare belli con ciò che gli arrivava da Wikileaks sotto forma di dispacci, cablo, Sms dell’imperatore. Notizie bomba, ma rivestite della vernice correttrice dei commenti di chi le pubblicava: giornalacci patentati come il Guardian, il Washington Post, Le Monde. Organi di servizio con la pretesa dell’obiettività, grazie all’astuta alternanza di un colpetto al cerchio e un colpo micidiale alla botte, che se lo potevano permettere, anzi ai quali era permesso. Giacchè nel conto costi-benefici presentavano pur sempre un bilancio positivo.

 Ma a Assange no, non si poteva consentire. Assange era andato oltre. Assange aveva davvero ripetuto, potenziato, il grido del bambino di Andersen che spogliava il re delle sue sfolgoranti vesti immaginarie: “Il re è nudo”. Come? Facendo arrivare direttamente a tutti noi e a chi di dovere i fatti nudi e crudi. I LORO fatti, senza nulla aggiungere, in termini di interpretazione, commento, condanna, approvazione, qualcosa di esterno, di ideologico. Fatti irreversibili, irrimediabili, non cosmetizzabili.

 I video di chi mitragliava per divertimento giornalisti Reuter e passanti, il numero di quanti venivano fatti fuori, a migliaia, perché s’erano avvicinati troppo al posto di blocco,  chi a Guantanamo era dentro per niente e per niente per anni veniva orribilmente torturato, Hillary Clinton e del suo direttore di campagna John Podesta, che, con interlocutori sovrani in Qatar o Arabia Saudita, organizzavano un’armata di terroristi Al Qaida-ISIS con cui  pretendere di combattere orribili dittature e, invece, da usare per abbattere governi e distruggere paesi. Proseguendo nella strada aperta dai Neocon a partire  da Ground Zero. Strumento fondamentale per la riconquista del mondo all’insegna della “Guerra al terrorismo” radicata in quella medaglia d’oro di tutte le False Flag

 C’era poco da sfrucugliare: quelle erano le chat di Hillary, quello il cablo del Pentagono, quella la direttiva del presidente del Comitato Elettorale Democratico, quello l’ordine di assassinio extragiudiziale di Obama, quella la descrizione di come operare il waterboarding a Guantanamo, quello il documento sulle regole d’ingaggio per i massacri di civili in Afghanistan, quelli tutti i dispacci diplomatici che ordivano intrighi, complotti, delitti da occultare sotto le apparenze.

 Attivando il filo diretto tra criminalità organizzata politica e umanità inconsapevole, ma con il pieno diritto - e la massima opportunità – di sapere, per regolarsi, Assange con Wikileaks aveva stracciato il velo di Maia, l’immunità che garantisce l’impunità dell’élite e, quindi, la sua licenza autoconcessa di dominare il 99% dell’umanità a tutti i costi e con qualsiasi mezzo. Aveva inflitto un colpo mortale a un sistema rivelato pronto a tutto, tutto, tutto, pur di tenere in piedi l’aberrazione contronatura del dominio di pochi delinquenti sulla totalità di noi tutti. Colpo mortale che merita la morte.

 

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