giovedì 21 febbraio 2019

A proposito di autonomie: La Lega chiama Radetzky, i 5 Stelle si arrendono?---------- QUI SI FA L’ITALIA O SI MUORE - PATRIA O MUERTE




E’ di nuovo molto lungo, ma riguarda tutti noi, oggi più di tutto il resto. Mi aspetto reazioni dall’indispettito al feroce. Ben vengano.

https://www.youtube.com/watch?v=WPOwVzwnaj4&t=89s  Musica di sottofondo per questo testo

Ragazzi dell’800 e del 900
La prima frase la  disse a Nino Bixio Giuseppe Garibaldi a Calatafimi, il 15 maggio 1860,  e promise alla Camicie Rosse la conquista di Roma e la fine del potere temporale del papa. La seconda fu la conclusione di Ernesto Che Guevara al più memorabile discorso mai pronunciato alle Nazioni unite, l’11 dicembre 1964. Qualcuno, oggi come oggi, giudicherà questi motti retorici, ma a me vanno bene. In questo caso, la retorica esprime il massimo di determinazione della parte più nobile di un popolo. In altri casi è demagogia nutrita di ipocrisia.

Nel caso di Garibaldi e del Che, davano voce alla volontà di masse in Europa e in altri continenti  di avviare un processo  che abolisse forme di dominio imposte da fuori, tiranniche e predatorie, e raggiungesse l’unità, repubblicana, laica, democratica. Volontà generata da un immaginario collettivo, nato da aspirazioni antiche, lingua, comunanza di storia, territorio, forza, progetto, sconfitte e vittorie. Tutte cose oggi, inusitatamente, stupefacentemente, dissennatamente, messe a repentaglio da una dinamica regressiva che sembra invocare gli ectoplasmi dei Gonzaga, Sforza, Medici, D’Este, Borboni, dogi.

Scrive Massimo Villone, in un’ennesima denuncia della tragedia che inconsapevoli e delinquenti stanno approntando: “Può un paese dare di matto? Si, e nessuno può imporre un trattamento sanitario obbligatorio. Il solo medico abilitato a somministrare il trattamento risolutivo è il popolo sovrano”. Quando dice “paese”, Villone chiaramente si riferisce ai suoi dirigenti e a chi, nell’ombra, li manovra perché spingano il paese verso la sega circolare. Che farà il popolo sovrano, dopo aver faticato e sofferto per comporre arti separati in organismo vivente, alla vista della sua dispersione in particelle senz’anima e senza nome? Vorrà accettare, stella o pianeta, di frantumarsi in pulviscolo cosmico?

Matteo Renzi, noto per l’assoluta trasparenza delle intenzioni e l’onestà dell’eloquio, da eterno emulo del padre della patria di Arcore, attribuisce ai giudici che hanno pizzicato papà e mamma l’intento di sviare dallo scempio morale dei pentastellati che si sono opposti al processo Salvini. A me pare che, intenzione o non intenzione, sia la rivelazione delle malefatte della sacra famiglia di Rignano, sia lo scomposto baccano intorno al voto pro-Salvini (schiamazzi di iene che si sono sempre premurate di salvare dal giudizio ladroni, pendagli da forca, manutengoli di boss), abbiano prodotto di peggio: la scomparsa dalla scena della tragedia dell’Italia col cappio al collo e la pira sotto ai piedi.



Fiducia nelle magistrature? Ma decchè!
Non mi appassiona per niente il melodramma che i nemici della componente 5 Stelle nel governo stanno, con toni da giudizio universale, mettendo in scena per demonizzare “il tradimento” della loro identità anti-privilegi, pro-legge uguale per tutti. D’un tratto, chi aveva inveito contro la faziosità dei giudici, di una parte o dell’altra a seconda di chi inveiva, assegna alla magistratura una sacralità profetica. Quelli di Catania che, contro l’archiviazione di due istanze precedenti, hanno voluto processare Salvini, meritano la massima fiducia. Mica come quei venduti che ti arrestano i genitori dell’ex-premier, o ti condannano la mummia di Arcore per un oceano di corruzione! Io, su quelli di Catania, la fiducia  me la riservo e anche su tanti altri. Penso ai così benevoli atteggiamenti della Procura di Roma verso il sindaco di Roma. Per me Salvini andrebbe scagliato in qualche girone dantesco per moltissimi motivi, ma non per aver evidenziato il bluff degli eurocrati e i ricatti dei trafficanti della tratta. Chi ha, sul discutibile blog Rousseau, ha votato no al processo non era il popolo bue che non conosce le carte, come sentenziano duchi e contesse. Forse non voleva mandare a sbattere un governo che, venissero gli altri, sarebbe da rimpiangere. Ma ha capito che non necessariamente quelli di Catania e della Aquarius avevano più ragione di Salvini. E io lo rispetto. Anche se, comunque, avrei votato sì. L’immunità tolta ai parlamentari sarebbe sacrosanta se avessimo un sistema giudiziario a prova di Borsellino.


Quando una lingua battezza un paese
Per quanto gliene può importare, se non perché sono segni d’amore, dedico questo pezzo a chi per la prima volta, dicendo Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”, nel 960 testimoniò, in un processo a Capua, in lingua italiana, aprendo la via a padre Dante, Petrarca, Leonardo, Giordano Bruno,  Leopardi, Manzoni, al Guicciardini che, per primo, dando forma a una visione comune, scrisse una “Storia d’Italia”. Tanto da confondere chi insiste a dire che questo paese non è che “l’espressione geografica”   servita a fare succedere torme di invasori e invasi, un artifizio retorico fantasticato, nel Risorgimento, da pochi esaltati, antipapisti e, quindi, già antiglobalisti persi. La frase esatta del cancelliere di Cecco Peppe, von Metternich, fu: La parola Italia è una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle.  Per cui ci mandò il maresciallo Radetzki a far capire alla Giovane Italia di Garibaldi e Mazzini, ma anche del Leopardi che di un unico popolo aveva delineato caratteri e usanze,  che non esistendo un’Italia politica, e nemmeno storica, la globalizzazione imperiale ne faceva provincia di imperi e regni vari. Dal che si vede che mica l’hanno inventata adesso, l’intento di globalizzare il dominio: è nella natura dei sovrani – ieri principi, tutti imparentati, oggi banchieri, tutti associati – di provarci.



Da Dante e dalla sua commedia divinamente umana a Giuseppe Fenoglio, da me amatissimo combattente e narratore partigiano, da Giotto ai futuristi, da Monteverdi a Verdi, un flusso ininterrotto di maestri dell’umanità, italiani prima che umbri, toscani, emiliani, o siciliani, un flusso possente quanto nessun altro di contributi alla bellezza e all’intelligenza umana. L’Italia l’hanno fatta loro, come quelli della Repubblica Romana, più che i sabaudi che speravano di inserirsi nell’ancien regime e,  non tanto di Italia sapevano, quanto di un grande Piemonte. Quando, in questo contesto parlo di Garibaldi, dall’America Latina alla Comune di Parigi impegnato per popoli e libertà, c’è sempre quel Pierino che salta su a glorificare la civiltà borbonica, quelli della “prima ferrovia”, a denunciare il “tradimento di Teano”, la massoneria (altra cosa allora) e a richiamare le sofferenze inflitte dai garibaldini e poi piemontesi alle genti del Sud. Vero, ma…..

Garibaldi o Radetzky? Risorgimento o feudalesimo?
Si renda conto che se annulla il Risorgimento, si torna al feudalesimo, ai servi della gleba  e ai poteri assoluti. Se togli di mezzo Garibaldi, arriva il maresciallo Radetzky che, non parlando l’italiano, con te comunica come nella battaglia di Curtatone, dove massacrò centinaia di studenti toscani venuti a combattere per l'indipendenza, come quando vinse per fame e colera la Repubblica veneziana del 1849 e, Governatore generale del Lombardo Veneto, fece eseguire mille condanne a morte di patrioti e diede l'ordine di bastonare in pubblico e di saccheggiare le case di chi era sospettato di aver simpatizzato con i primi moti del Risorgimento.  



Sofferenze vere, ma non si passa per la famosa cruna dell’ago senza scorticarsi e la rivoluzione non può essere un pranzo di gala. La storia, una volontà espressa da un’immensità di uomini e che ha fatto saltare le incrostazioni del dominio dispotico e abusivo di secoli, dai risorgimenti nazionali  alle guerre di liberazione anticoloniali ancora in corso, questo ha voluto. E a chi mi obietta che l’Italia unita, indifferente alle masse che non leggevano Leopardi, interessava solo a un pugno di congiurati borghesi, rispondo con la grande antropologa Margaret Mead: “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini pensanti e impegnati possano cambiare il mondo. In effetti è così che è sempre
successo”. Erano borghesi come i capi di tutte le rivoluzioni e, se non altro, siamogli grati per aver costruito la nazione che è il quadro nel quale si è potuta sviluppare la lotta di classe, formarsi una classe operaia, organizzarsi un proletariato, spazio di manovra imprescindibile anche oggi per la lotta dei dominati ai dominanti. Non certo la UE.

Con riferimento a un mio articolo che parlava degli esuli giuliani e ne compiangeva la tragedia, che fosse determinata da anticomunismo, o solo da patriottismo, un cretino è arrivato a prendersela con l’Italia intera: “Questo paese è veramente una fogna, è inutile che vi fate belli con i "bei tempi che furono", da Dante a D'Annunzio. Dunque chi si muove e commuove per il suo paese “si fa inutilmente bello con…” Il che implica che con Dante e D’Annunzio non ci si fa belli, dunque brutti. Il che coincide con un paese che “è veramente una fogna”.

Gramsci, i Mille e Marinetti
Poi ci sono, perlopiù  nella sinistra che si ritiene ortodossa  e rigorosamente transnazionale, per la quale la sola parola “nazione” è matrice di disgusti e orrori al fondo dei quali non c’è più distinzione tra patriottismo e fascismo, sinistri il cui sport preferito è di abbattere qualsiasi figura che nell’immaginario collettivo abbia assunto la forma di modello, cioè di eccellenza della creatività collettiva, ma non risponda ai propri schemini. Si parte da Garibaldi, si passa per Pirandello e si finisce, per esempio, al futurista Marinetti. La risposta gliela facciamo dare, grazie al suggerimento di un amico, da uno dei nostri patrioti più grandi:

“A Mosca, durante il II Congresso, il compagno Lunaciarsky ha detto, in un suo discorso ai delegati italiani…. che in Italia esiste un intellettuale rivoluzionario e che egli è Filippo Tommaso Marinetti. I filistei del movimento operaio sono oltremodo scandalizzati; è certo ormai che alle ingiurie di: «bergsoniani, volontaristi, pragmatisti, spiritualisti», si aggiungerà l’ingiuria piú sanguinosa di «futuristi! Marinettiani»!
Poiché una tale sorte ci attende, vediamo di elevarci fino all’autocoscienza di questa nuova nostra posizione intellettuale”. (Antonio Gramsci, L’Ordine Nuovo, 5 gennaio 1921, I, n. 5.

Gramsci, peraltro, con la cui interpretazione della Spedizione dei Mille come “rivoluzione-restaurazione”, fenomeno gattopardesco, si può anche concordare, se se ne osserva l’esito imposto dai sabaudi e anche certe impure complicità  siciliane ed esterne durante la “dittatura” di Garibaldi. Ombre robuste che hanno lasciato il segno nella memoria e nella diffidenza di quelle genti, ma che devono rispondere al quesito: si sarebbe arrivati altrimenti a un’Italia unita e, infine, repubblicana? Sarebbe stato meglio di no? Forse il quesito è lezioso. La Storia ha già risposto. E anche Gramsci, consideratosi patriota dell’Italia. Collaborare a ricostruire il mondo economicamente in modo unitario è nella tradizione del popolo italiano e della storia italiana, non per dominarlo egemonicamente e per appropriarsi il frutto del lavoro altrui, ma per esistere e svilupparsi appunto come popolo italiano: si può dimostrare che Cesare è all’origine di questa tradizione. (Antonio Gramsci, Quaderno 19(X)

La conquista dell’identità. Una parentesi personale.
Ci tengo all’Italia e odio i cialtroni che, ignorandone le radici e quindi il maestoso tronco ferito e fiorito, non hanno idea di chi sono, da dove vengono e si affidano ad altri per dove andare. Vivono, come detta lo spirito del mercato, in un presente perpetuo che della vita non ha né la nascita né la morte, quindi non il passato, quindi non il futuro. Sarà perché, cresciuto in dimensioni  e luoghi multicromatici, grazie a una formazione bilingue, a genitori e un Dna in cui si mescolano Campania, Piemonte, Savoia (quando era Piemonte), Westfalia, Ile de France, che abbarbicarsi a una precisa identità mi è costato molto e mi ha fatto “molto italiano”

Scherzi dei movimenti tellurici della prima metà del secolo scorso mi hanno fatto coincidere con i tempi di Pirandello e Mussolini, ma anche di Thomas Mann e Adolf Hitler. Quattro anni di guerra, quattro dall’infanzia verso l’adolescenza, li ho  dovuti passare forzatamente in Germania, condividendo fame, bombe e subendo disprezzo perché italiano. I compagni di scuola, dopo l’8 settembre 1943, mi urlavano dietro “Badoglio”, io reagivo e si finiva a botte. Di solito le prendevo perché, due anni avanti nelle medie, ero più piccolo (italianità offesa). Nel 1946 ci hanno rimpatriato. E a scuola, dato che venivo da lì e avevo assunto un accento tedesco, mi irridevano come “nazi” o “tedesco” (italianità negata). Storia patetica? Storia di una schizofrenia indotta? Forse, ma anche storia di solitudini che dovevano incontrare una collettività. La scelta era, prima ancora che tra “barbari” e latini, tra bipolarismo cosmopolità e identità. A quel punto cercata con accanimento: l’Italia. E per misteriose vie che si può arrivare a sposarsi con il proprio paese.



Della liberazione di questo paese tengo appeso un dipinto di Carlo Adamollo: la breccia di Porta Pia, 20 settembre 1970, quando i bersaglieri sfondarono le mura e posero fine allo Stato della Chiesa e, in quelle temperie felicemente anticlericali, alla tirannia della religione del papa. Non fu la fine della dittatura monoteista e la restaurazione della pluralità classica. Ma fu una rivincita, dopo un millennio e mezzo, di quanto negli italiani, etruschi, campani, liguri, siculi, restava di pagano, di immaginifico, di pluralista, di tollerante. Molto, al di là delle formule e dentro i riti. Uno stop, anche se sfortunatamente temporaneo, a una storia orribilmente cruenta di dogmi assoluti a cui piegare ogni pensiero e sentimento, a rischio altrimenti di finire esiliato, torturato, ucciso, i libri proibiti bruciati trionfalmente nei roghi, ogni pensiero che incrinasse la dittatura della superstizione bollato di eresia. Una catastrofe, un crimine contro  l’umanità: dalla luce alle tenebre. Pensiero unico che, anche oggi, torna a essere lo strumento del dominio. Fosse solo anche per la breccia, ci sarebbe da essere fieri di appartenere a quella storia.

E le (cinque) stelle stanno a guardare
Si rendono conto i 5 Stelle che, ora, questo mio paese di nascita ed elezione lo vogliono fare a pezzi, come si squarta un bue. Filetto, controfiletto e costata ai signori del Nord, lombata, girello e fesa al Centro, coratella e frattaglie al resto. Alle regioni dei Formigoni, Maroni, Fontana, Galan, Zaia Bresso, Cota, Chiamparino, Bonaccini, Bersani (quello delle liberalizzazioni), Errani, (quello del terremoto), del TAV, Mose, di Seveso e del Po-fogna, dei capannoni come stecchi Shanghai, del concentrato di perforazioni e depositi di gas in terre sismo-genetiche, della sanità privata in gloria e di quella pubblica a ramengo, della ’ndrangheta padrona di territorio e affari, dell’oscena Citylife milanese, dei sindaci che vanno in processione a Cutrò, capitale dei boss, di tutto un personale politico attinto da angiporti e sottoboschi affaristici …. a queste regioni toccherà l’educazione dei nostri figli.

Si immaginano i parlamentari 5 Stelle cosa questi comitati d’affari faranno col cemento e con i mattoni al nostro suolo? Cosa rimarrà di pubblico tra questi crociati delle privatizzazioni, predatrici di beni comuni, dei diritti dei lavoratori tra questi sodali della Confindustria, del nostro ecosistema tra questi ossessi del fossile e delle trivelle e del business dei rifiuti, di cui hanno governato, insieme a ogni sorta di malavita, l’intossicazione delle terre proprie e altrui, dell’equità solidaristica contro le sperequazioni che deturpano la nazione? Si fanno un idea, i 5Stelle, di cosa sarà una nostra politica estera che amoreggia con i rapinatori di terre ed eliminazione di popoli in Medioriente e corre ad abbracciare golpisti servi di guerrafondai? E, alla resa di tutti i conti, cosa ne sarà delle stelle che facevano risplendere le colonne portanti del progetto 5Stelle: uguaglianza, sovranità, autodeterminazione, ambiente, beni comuni, acqua, democrazia diretta

Assisteranno passivi a una spaventosa regressione nel tribalismo esclusivo e parossisticamente egoistico, giustamente chiamato la “secessione dei ricchi”, definitivo spegnimento della luce di quelle stelle? Si affideranno a un  altro feldmaresciallo Radetzky, gendarme del nuovo sacro impero, neanche più nominalmente romano, ma franco-germanico, che utilizzi la marca dell’Italia settentrionale per imperversare sul Sud e su altri meridioni, a cui sottrarre forza lavoro, risorse umane e materiali, e su cui affidare il controllo di territori alla maniera di ‘ndrangheta e mafia nigeriana?



Avvinta come l’edera (pianta che soffoca gli alberi)

La mala pianta che si è attorcigliata intorno al sano tronco cresciuto alla luce di 5 stelle non è che l’ultimo atto. A frantumare questa madre, insieme alla Grecia e agli arabi, della civiltà ci avevano provato assolutismi imperiali ed ecclesiastici, gli Usa con Salvatore Giuliano e Cosa Nostra, gli inventori a Ventotene di un’Europa immune dalle volontà popolari, i tal Barroso, Juncker,  Moscovici, con tattiche di stroncamento del welfare, dei diritti sociali, di ogni autosufficienza produttiva, industriale e agricola, di ogni libera scelta nel dialogo con altri membri della Famiglia Umana.

Il paradosso è che qui abbiamo un volgare demagogo che non ha combinato nulla,  solo chiacchiere e distintivo, come si dice. E che, però, è riuscito ad oscurare quel poco e molto che i soci di governo hanno invece concretamente fatto, pur tra omissioni, ritardi e cedimenti. Non c’è da illudersi di qualche scudisciata mediatica impartita a Salvini. Gli arriva in quanto socio dei 5 Stelle. Per il resto, lo sanno, è uno dei loro: Tav, Tap, trivelle, Guaidò, Netaniahu, Grandi Opere, prescrizione, discorsi a vanvera. E ha il grandissimo merito di mangiarsi, boccone dopo boccone, la più grande forza antisistema apparsa nel nostro paese dopo quella che era stata, o era sembrata, il PCI e poi il ’68.

Praterie
Destra e sinistra sono termini desueti, più che altro perché il primo è stato privato di senso dai suoi portatori. Ma destra e sinistra  continuano a dividersi la società, da quando si è formata. Si rendono conto che in quella che si definisce la parte dei padroni, appunto la destra, ci stanno proprio tutti? Tutti con l’UE, tutti atlantici, tutti con il neoliberismo, tutti a sparare cazzate su tutti i media, tutti però anche in agonia o catalessi: PD, FI, FdI, LEU, +Europa, il neopartito dei vescovi, più gli inani borbottoni nella sedicente sinistra delle pippe. Quella che non è riuscita nemmeno a mettere in piedi un flash mob in difesa del Venezuela. E allora come fanno a non capire che lo spazio aperto è dall’altra parte, chiamatela come volete, anche sinistra. E che lì  si estendono praterie sconfinate? Del resto, è dal sole che le stelle hanno ricevuto la luce. Che tornino a brillare su un paese unito.
 Ma il coraggio di vivere, quello, ancora non c'è. 
DATEVELO !






25 commenti:

luca ha detto...

Fulvio la trappola è pronta http://contropiano.org/news/politica-news/2019/02/21/prossimo-governo-solo-sangue-frusta-lacrime112655-0112655

Ferdinando Ricciardi ha detto...

Gentilissimo Fulvio,
stavolta proprio non ce l'ho fatta a leggere il tuo articolo. Continui a magnificare il risorgimento e Garibaldi, attribuendogli il merito di aver liberato l'Italia dal potere clericale e dalle ingerenze della Chiesa di Roma.
E' una lettura dei fatti relativi alla cosiddetta "unificazione" assolutamente parziale, conformista e cara alla storiografia accademica e di regime.
In realtà, i fatti nudi e crudi consistono nell'aggressione militare dei Savoia all'indipendenza del Regno delle Due Sicilie, in una annessione decretata da plebisciti tra i più fasulli della storia, con la conseguente piemontizzazione, la riduzione del Sud a colonia interna, il massacro da parte dei bersaglieri di centinaia di migliaia di contadini poco propensi ad accettare il nuovo regime militaresco, l'inizio dell'emigrazione transoceanica dalle regioni del Sud, quando fino al 1860/70 l'esodo interessava soprattutto il Veneto e la Romagna. Ti considero una persona informata e mi meraviglia che tu ignori la posizione di Gramsci su questi eventi, oggi più attuale che mai. Tutto per l'unificazione? E chi ne ha ricavato vantaggi? Non è stato un colpo di mano contrario alla volontà delle masse? E perché uno Stato accentrato sotto la sferza dei Savoia e non una federazione?
I beni sottratti alla Chiesa e incamerati andarono a rimpinguare le proprietà malacquisite di una borghesia rapace e sfruttatrice, che già aveva messo le mani sui beni demaniali attraverso usurpazioni e imbrogli, privando le masse anche degli usi civici, che nei secoli avevano tamponato la miseria e avevano costituito un collante sociale non secondario delle comunità.
Eroe Garibaldi? come no? Con i soldi della massoneria scozzese e l'appoggio degli Inglesi, di fatto padroni della Sicilia e ansiosi di sbarazzarsi anche di un concorrente commerciale nelle rotte attraverso il canale di Suez (1870) della concorrenza di una media potenza marittima qual era lo Stato meridionale. E perché la solita retorica contro i Borboni? Reazionari, forcaioli? Sicuramente non più di un Carlo Alberto. E senza ombra di dubbio più onesti di un Vittorio Emanuele, seminatore di figli illegittimi che poi in qualche modo dovevano essere "sistemati" a spese dell'erario.
E la questione maridionale? E' un'invenzione di gente incapace di "rimboccarsi le maniche"? E come mai allora la provincia di Napoli fino alla I guerra mondiale è la più industrializzata del Regno? Come mai l'ex-capitale aveva più studenti universitari, più tipografie, il migliore rapporto medici/abitanti, più centenari, meno ricoverati in manicomio del resto della Penisola?
Non voglio farla lunga, e so che mi accuserai di non conoscere la Storia, come è già successo. Tuttavia, ti chiedo: ha senso farsi portavoce del dolore dei popoli del Mondo oppressi da guerre e ingiustizie e chiudere gli occhi davanti a un Sud Italia già sprofondato nella miseria e sull'orlo della desertificazione economica e dello spopolameno?

Fulvio Grimaldi ha detto...

Ferdinando Ricciardi@
Quello che scrivi è parzialmente vero e parzialmente confutabile. Verissimo e quello che scrivi dei Savoia, parziale è quanto affermi dei Borboni.
Ma, ripeto, tutto questo conta sul piano umano, morale, ma non politico e della storia.
L'Italia unita, per me una conquista irrinunciabile e progressista, in quanto tale, s'è fatta così e non diversamente. E oggi moriremo tutti, se la si disfa.

Anonimo ha detto...

al Dott. Grimaldi
Probabilmente dovrò farmene una ragione e il Suo pragmatismo è inattaccabile, l'Italia s'è fatta e sono d'accordo che ogni sforzo deve essere compiuto affinché resti unita, migliaia di vittime ed enormi sacrifici sono un obbligo in questo senso. Tuttavia i commenti così lapidari ai rilievi di Ferdinando Ricciardi non mi convincono, li avevo considerati anch'io, non è forse la prima volta che sull'argomento rilevo letture piuttosto sommarie e superficiali come se l'analisi e la contestualizzazione di quel periodo non Le Interessi e non significhi nulla rispetto alla vicende che poi da quelle hanno fatto la storia del nostro paese. Tutto ciò stride con la sua attenta, profonda e appassionata attenzione con cui rilegge e interpreta altre vicende, non solo quelle attuali del nostro mondo. Ovviamente non per questo perderò l'interesse mattutino a leggere i suoi post, non averne sarebbe sacrilego! E quindi in attesa del nuovo La saluto cordialmente

Fulvio Grimaldi ha detto...

Anonimo@
La ringrazio del cortese e competente commento. Mi si accusa di essere lungo e prolisso. A volte devo procedere per riferimenti succinti e sintetici. A Cavour, creatore della questione meridionale, avevo già accennato e del suo colonialismo rispetto al Sud avevo già parlato. Delle sofferenze inflitte al Sud nel corso della "liberazione nazionale", del prevalere dell'espansionismo piemontese sulle istanze risorgimentali, pure. Non scrivo trattati storici e, inoltre, sono del tutto imperfetto. Ma, insisto, conta l'esito e su questo sto con Mao e con Lenin. E rispetto ai distruttori dell'Italia a favore del ritorno imperialista, preferisco Carlo Alberto.

Fabrizio Casalegno ha detto...

Beh, a dire il vero Cavour è stato sempre contrario alla Spedizione dei Mille e all'annesione delle Due Sicilie. Lungimirante com'era aveva previsto tutte le difficoltà legate all'incorporazione dell'intero sud della penisola. Infatti la sua idea di Regno d'Italia era limitata al Lombardo-Veneto, al più all'Emilia-Romagna e alla Toscana. Lo stesso Re Vittorio non era del tutto convinto della Spedizione. Diciamo che al di là dell'intervento della Massoneria c'è stata tutta una serie di eventi contingenti che hanno favorito il processo di Unificazione.

Cambiando argomento, vi lascio questa lettera interessantissima di un'italiana che conosce la realtà albanese. Traccia uno spaccato delle attuali manifestazioni contro il Governo di Sinistra, colpevole di essere troppo sovranista e di aver messo un freno all'adesione all'Unione Europea.

Anonimo ha detto...

wow! averne come lei, risposte immediate a testimoniare quanta attenzione ripone nel suo grandissimo lavoro eppure deve averne di cose da fare e a proposito di Mao e Lenin, siamo d'accordissimo, meno su Carlo Alberto e non l'ho accusata di essere di essere lungo tantomeno prolisso :) anzi, lo sia se possibile ancora di più, è un vero piacere leggerla!
Saluti

Fulvio Grimaldi ha detto...

Fabrizio Casalegno@
Dov'è la lettera sull'Albania?

Fabrizio Casalegno ha detto...

https://www.ilfoglio.it/esteri/2019/02/19/news/quel-che-accade-in-albania-non-e-come-ve-lo-raccontano-la-lettera-di-una-scrittrice-238561/
Eccola! Chiedo scusa, sono fuso e andavo un po' di fretta.

Brolin ha detto...

sono d'accordo con Ferdinando Ricciardi. Si può (e anzi si deve) denunciare quale impresa coloniale vera e propria la conquista del sud Italia da parte del nord, senza per questo avere nostalgie neoborboniche o neopapaline (dio ce ne scampi!), ed anzi difendendo il dato di fatto dell'esistenza dell'Italia e del popolo italiano (come prodotto storico però, non come dato immutabile nel tempo: anche il popolo palestinese cent'anni fa non esisteva e adesso sì, e se non esiste alcun "popolo ebraico" esiste purtroppo il popolo israeliano, come prodotto appunto della Storia, in questo caso una Storia perversa) quale elemento di progresso ed avversando e combattendo a spada tratta tutti i tentativi di disgregazione del Paese mascherati da federalismo. Se si utilizzano i risultati finali, a distanza di un secolo e mezzo, del processo di unificazione (che si potrebbe definire "integrazione italiana") per giustificare i mezzi ed i fini del processo stesso (ovvero l'asservimento violento delle popolazioni del meridione d'Italia al potere di una ristretta élite possidente a sua volta asservita all'imperialismo straniero britannico) si rischia a mio parere di fornire involontariamente un'arma ai cantori dell'integrazione europea, anch'essa realizzatasi in seguito all'asservimento violento delle popolazioni del meridione d'Europa ad una ristretta élite possidente a sua volta asservita all'imperialismo straniero statunitense. Magari fra un secolo e mezzo si potranno ravvisare anche delle conseguenze positive di tale integrazione per le popolazioni che lo hanno subito (personalmente ne dubito fortissimamente), il che non ci esime dal denunciare con forza, come lei fa tutti i giorni, i mezzi ed i fini criminali di questo processo

bambilu ha detto...

Né con radetsky, se si scrive così, né con garibaldi. Ho notato che tutti gli articoli della costituzione, che viene invocata da chi vuole conformarla ai suoi incoffessabili "fini", predica bene nei primi commi probabilmente lasciati scrivere ai Comunisti de na' vorta, e li annulla razzolando malissimo negli ultimi. Tipici l'articolo 1 e l'articolo 11. Nel primo mettono addirittura un limite, il ezzo di carta costituzionale, al Popolo Sovrano, che da SOVRANO non ha limiti. Errore di Logica. Stma se lo chiede il "pladrone" uessa solfa per l'11. L'Italia ripudia la guerra offensiva, ma se lo chiede il Pladrone ILUS, andate a farvi ammazzare tutti quanti...
Italia, Nazione Madre del diritto [non dico MAI patria ché sembra un trans, un indeciso sulla sua natura, povero, che voleva processare il ministro dell'interno, cacciatore e mangiacadaveri come tanti, per avere difeso i confini Italiani da gente che nessuno aveva invitato. Chiunque si presenti a casa mia, non invitto, Io non lo faccio entrare. E se insistono coi buonismi da Comunista qual ero, voterò, sprecandolo per casa pound...il colmo dei colmi...

Salvatore Penzone ha detto...

Tu parli di ombre a proposito dell’unità d’Italia ma ne giustifichi il processo in quanto avrebbe creato comunque il terreno per la lotta di classe. Come scrisse Gramsci, con l’Unità d’Italia fu costruito lo stato borghese italiano sotto la spinta dei nuclei capitalistici dell'Italia settentrionale che volevano unificare il sistema dei rapporti di proprietà e di scambio del mercato nazionale. La lotta di classe, quindi, fu il portato naturale del conflitto capitale lavoro.

“Fino all'avvento della Sinistra al potere, lo Stato italiano ha dato il suffragio solo alla classe proprietaria, è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l'Italia meridionale, e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di «briganti». (Antonio Gramsci Avanti! - Mercoledì. 18 Febbraio 1920 – Edizione Piemontese Il lanzo ubriaco)

In virtù della legge Pica che dava i più ampi e criminali poteri di fucilare sul posto senza processo, furono massacrate intere famiglie, messi a ferro e a fuoco interi paesi e villaggi del Meridione e arrestati e deportati tutti coloro che davano solidarietà e un minimo di sussistenza ai cosiddetti briganti. Negli ordini scritti ai suoi sottoposti Enrico Cialdini era solito raccomandare di: non usare misericordia ad alcuno, uccidere senza fare prigionieri, tutti quanti se ne avessero tra le mani. Ed è esattamente quello che avvenne ad opera di questo criminale a Pontelandolfo e Casalduni. Massacri furono compiuti in tutto il meridione: Auletta in provincia di Salerno, in Sicilia con l’eccidio di Bronte, con i moti di Biancavilla, di Alacara li Fusi, di Castellammare del golfo, con la rivolta di Cutrare dove una bambina di nove anni fu fucilata dai militari, con l’eccidio di Fantina, la rivolta palermitana del 1866 altrimenti detta ‘La rivolta del sette e mezzo’ con migliaia e migliaia di vittime innocenti, altrettante vittime nel beneventano e in altri luoghi. È su tutto questo sangue versato che si è fatta l’unità d’Italia.

Secondo la vulgata, sostenuta da persone come Salvini, le terre del Sud sono popolate da gente incapace di concepire il bene comune, la cui anarchia morale le destina irrimediabilmente al sottosviluppo. Un razzismo volutamente iniettato che ha caratterizzato e condizionato il rapporto tra Nord e Sud fin dall’Unità d’Italia con tutte le conseguenze in termini di deficit di dignità e amor proprio. Un deficit che, come ben si sa, ci costringe in una condizione di soggezione e di sottocultura.

Quest’influenza negativa è stata esercitata da sempre sui popoli del Meridione in funzione della giustificazione delle politiche di spoliazione delle ricchezze del Sud Italia in seguito al processo Unitario e per continuare ad alimentare quella che è stata la “questione meridionale” mantenendo uno stato di sottosviluppo e sfruttamento: emigrazione al Nord per consentirne lo sviluppo industriale e sottosviluppo al Sud indotto per finanziare progetti atti a riportare i fondi stanziati nelle mani di lobby imprenditrici e bancarie settentrionali (vedi l'esperienza relativa alla Cassa per il Mezzogiorno - “cattedrali nel deserto”; crisi dei rifiuti - Cip6 e termovalorizzatori), con mafia e camorra che si impossessavano degli appalti per far sì che quel denaro non diventasse volano di sviluppo ma andasse a sostenere la diffusione dell’affarismo criminoso i cui introiti sarebbero poi stati ripuliti dalle conniventi banche del nord. Da non dimenticare lo sfruttamento delle fertili terre della Campania Felix come discarica con il traffico dei rifiuti speciali delle industrie del nord ad opera della camorra–massoneria.

Salvatore Penzone ha detto...

Banche, Lobby, massonerie e mafie, un tutto organico che ha preso vita con l’Unità d’Italia, e non c’è da meravigliarsi se il legame tra mafia, una certa politica e settori “deviati” dello stato sia sempre rimasto vivo. Oggi, a fronte di una crisi che investe tutto il mondo, con la diffusione del terrorismo e con conflitti che possono portare ad una terza guerra mondiale, abbiamo la responsabilità di assumere uno sguardo ancora più ampio che parta dai prodomi che hanno dato l’avvio alla crisi in cui ci dibattiamo. L'Unità d'Italia di cui fanno vanto è stato solo il risultato della spoliazione di un intero regno pacifico e industrioso la cui potenza navale faceva concorrenza al potere talassocratico inglese. Anche se la storia la scrivono i vincitori, molti documenti restano, e quelli che restano parlano di spoliazione e genocidio!

Il Regno di Savoia, in modo efferato, sotto la spinta del debito contratto con i padroni della City per l’avventura in Crimea, si prestò al loro piano: “La goccia che fa traboccare il vaso delle finanze sardo-piemontesi è la guerra di Crimea, che porta Torino ad indebitarsi ulteriormente con i Rothschild, attraverso le banche inglesi. Il rischio di default è alto. Il deputato piemontese Pier Carlo Boggio dichiarerà che “il Piemonte non può permettersi indugi. Perché? Perché è in vista la bancarotta. La pace ora significherebbe per il Piemonte la reazione e la bancarotta”. È necessaria una guerra, che permetta di rapinare uno stato dalle finanze floride per ripagare parte del debito contratto. Le guerre d’Indipendenza saranno, quindi, guerre di rapina, che permetteranno al Piemonte di ripagare (ma solo nel 1902) il debito contratto con i Rothschild”. (Jacopo Castellini)

La storiografia che si muove fuori dall’ottica risorgimentale e da quella pseudo-meridionalista ha già da tempo, sulla base della documentazione disponibile, ricostruito un quadro nel quale il Regno unito ha un ruolo di regia in quella che è stata “l’epopea risorgimentale”, ma come sappiamo ha avuto lo stesso ruolo in gran parte delle vicende politiche internazionali dell’epoca, proprio come oggi gli USA. L’impero britannico ha visto nell’élite finanziaria il vero motore dell’espansionismo coloniale. “Non dovrebbe destare stupore, allora, sostenere che proprio i Rothschild, manovratori della City, furono i veri beneficiari di quella vasta operazione che sarà chiamata dai posteri ‘Risorgimento” (“Così nasceva una nazione” di Jacopo Castellini). I Savoia non ebbero scrupoli a prestarsi come testa di ponte per le loro mire egemoniche saccheggiando uno stato ricco e una terra fertile, e sottomettendo con la violenza e il genocidio un’intera popolazione. Quella che fu una vera e propria guerra di aggressione fu spacciata come l’intervento di un popolo amico per liberare le terre del sud da un “despota ignorante e sanguinario” (come non pensare alla propaganda della NATO contro i lider dei paesi presi di mira per le risorse e per il ruolo che hanno sugli equilibri geopolitici delle aree interessate).

Fulvio Grimaldi ha detto...

Salvatore Penzone@
Sugli ultimi due paragrafi, non ho nulla da dire. Ne siamo tutti consapevoli.
Agli argomenti precedenti, che mi vengono ripetuti pari pari ogni volta che pronuncio la parola Italia unita, o Risorgimento, o Garibaldi, ho già risposto che lo so, ma che, come in ogni processo storico, conta l'esito.Che. marxianamente, non poteva che essere realizzato dalla borghesia. Stavolta mi limito a un "uffa!" Anche perchè è una vita che mi spendo per il Sud, tutti i Sud.
Con queste sbilanciamenti storici non fate che lastricare la strada ai delinquenti della secessione dei ricchi.

Fulvio Grimaldi ha detto...

Salvatore Penzone@
Grazie, ma basta così.
E' uno spazio per commenti, non per trattati.

Salvatore Penzone ha detto...

@ Fulvio Grimaldi
Va bene, ti ringrazio comunque e ribadisco la stima che nutro nei tuoi confronti. Devo dire che proprio per questo motivo ci tenevo a dialogare con te su quello che ritengo il nucleo purulento che si nasconde dietro la retorica risorgimentale e che richiede per necessità il coraggio di una incisione in profondità.

Fabrizio Casalegno ha detto...

@Ferdinando @Salvatore
Scusate, ma da ignorante... Se il Regno Delle Due Sicilie era così ricco e avanzato, mi spiegate come cazzo è possibile che sia letteralmente crollato in solo quattro mesi? Se erano così ricchi le risorse per ributtare in mare Garibaldi le avevano eccome! E quindi?
Sulla "lotta al brigantaggio", ora, senza negare i massacri compiuti dal Regio Esercito, vi vorrei ricordare che è stata anche una guerra civile, un regolamento di conti tra l'aristocrazia latifondista e i contadini. Gli scontri più sanguinosi i briganti li hanno avuti con la Guardia Nazionale, la milizia messa in campo dall'aristicrazia a sostegno del nuovo regime.
Almeno non avete tirato fuori i campi di concentramento sabaudi...

Salvatore Penzone ha detto...

@ Anonimo Fabrizio Casalegno
"La colonia di San Leucio fu un progetto ideato e voluto dallo stesso re. L’opificio, conosciuto successivamente in tutta Europa per l’elevato livello tecnologico ed i cui pregiati manufatti venivano largamente esportati, divenne il “fiore all’occhiello” dell’industria del Sud. Si trattò di un vero e proprio “miracolo”, non solo sotto il profilo economico, ma anche e soprattutto sotto l’aspetto sociale, che stupì i contemporanei. Lo stesso denigratore dei Borbone, Alexandre Dumas padre (1802-1870), dovette ammettere che: «Nel 1778, quando cioè Sain-Simon aveva appena dodici anni, e Fourier non ne aveva cinque, il re Ferdinando non solo ideò il falansterio, ... ma lo mise ad effetto, dandogli leggi più umanitarie di quelle compilate da’ due capiscuola, e da’ loro due discepoli. Aspetto alla costituzione di San Leucio, quelle di Saint-Simon e di Fourier son timidi saggi di socialismo».( )

La condizione economica del Regno è ben riassunta in quest'articolo che ne cita in dettaglio le fonti.
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/dalla_storia/009_debito2.pdf


Fulvio Grimaldi ha detto...

Salvatore Penzone@
Insomma con tutto questo a cosa si vorrebbe arrivare? A ricostituire la monarchia assoluta dei Borboni iperclericali e impiccatori? A criminalizzare chi ha fatto, nel sangue e nei delitti, l'unità di un paese dalle stessa lingua e dal territorio che ne sostiene la colonna vertebrale? A fornire vasellina alle autonomie differenziate anche al Sud?
Tutto questo mi sembra antistorico, e anche di distrazione dalle questioni vere.

Fabrizio Casalegno ha detto...

@Salvatore
Ho capito, ma non hai risposto alla mia domanda. Se il Regno era così ricco, come è possibile che un avventurirero con un pugno di uomini lo abbia conquistato in appena quattro mesi? Anche contando qualunque appoggio finanziario potesse avere Garibaldi, qualcosa non torna.

Salvatore Penzone ha detto...

@Fulvio Grimaldi
Mah, basta anche un minimo di intelligenza storica per capire che l’unità delle regioni italiane era un processo naturale, per ragioni culturali e antropologiche oltre che geografiche. Un processo naturale che però è stato cavalcato da certe logiche e interessi di tipo coloniale, le stesse che hanno portato alla globalizzazione che ha nel suo protocollo la distruzione delle sovranità nazionali, scopo perseguito da un élite finanziaria che si è poi resa internazionale e apolide, pur mantenendo la sua principale base nella City di Londra, e che ha governato quello che è anch’esso un processo naturale che porterà prima o poi, per necessità, a una forma di unità delle nazioni basata su uno sviluppo condiviso che non può prescindere dal bisogno di una profonda pacificazione, dove gli egoismi saranno inevitabilmente superati da una evoluzione della coscienza collettiva unificata che rifiuti l’ordine ferino in cui ci hanno calato e che sta portando il mondo sull’orlo del baratro. È questa impostazione delle relazioni basate sul principio dell’egemonia che ha caratterizzato il processo Unitario e che ha visto nella City di Londra il regista nascosto ma di primo piano. Da allora si sono messe le basi per una prassi egemonica che vede la demolizione sul piano della moralità politica di coloro che governano le nazioni prese di mira, si veda Gheddafi, Assad, ora Maduro e tanti altri. I Borboni hanno subito la stessa sorte. Su questi stessi standard si basano gli attuali rapporti tra il Nord e il Sud.
Il tema dell'Autonomia Differenziata alle regioni Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna allarma non poco. Il settentrione d’Italia in realtà resta ancora proiettato verso l'Europa del Nord avendo sempre in mente una sorta di macroregione insieme alla Germania, relegando il Meridione a mercato periferico da sfruttare. Il Sud è, dall’Unità d’Italia, il mercato di sbocco delle produzioni settentrionali e ora anche le risorse raccolte al Sud dalle banche vengono investite al Nord dato che tutte le banche del Meridione sono state accorpate a quelle del Nord. Oggi il Nord per mantenere il ritmo della competizione europea necessita di tenersi più risorse possibili. Zaia si è inalberato per i 250 milioni stanziati per Pompei, quello stesso personaggio che quando era ministro del governo Berlusconi fece accordi di esportazione dell’olio d’oliva veneto, una produzione marginale a fronte delle grandi quantità prodotte nel meridione, lasciando a bocca asciutta i nostri produttori. Quando con gli accordi con il CETA e con la Cina sono stati lasciati fuori tutti i prodotti agroalimentari del Sud tranne la mozzarella di bufala campana, nessuno ha avuto da ridire, però si continua a parlare della responsabilità morale da parte delle popolazioni per il sottosviluppo del meridione. La questione TAV è un esempio lampante di come attualmente vengono concepiti i rapporti con il Mezzogiorno. Abbiamo il Sud senza infrastrutture, con treni vecchi e linee ferroviarie assolutamente carenti, una situazione da paese sottosviluppato, e invece si preferiscono investimenti che non danno garanzie di sviluppo ma sono un regalo fatto alla Confindustria e a Società amiche, non a caso sulla questione si trova sponda nel PD e in Forza Italia. Bisognerà pensare, anche qui, ad un Meridione come giacimento di potenzialità utili all’economia dell’intera penisola, e non come il "problema del Mezzogiorno".
Ma questo presuppone che si abbia una visione strategica ampia, che guardi ai paesi del bacino del mediterraneo verso cui l’Italia, da sempre, fa da ponte e non alla Germania come vorrebbe Salvini senza capire che restare contoterzisti dei tedeschi non è una buona mossa perché spaccherebbe irrimediabilmente il paese e non garantirebbe l’economia del Nord che non solo dovrebbe fare concorrenza al ribasso ma si troverebbe agganciata a un'economia mercantilista che per sua natura può solo allargare il conflitto come insegna quello che sta accadendo con la guerra dei dazi.

Salvatore Penzone ha detto...

Invece di salire sulla “locomotiva” dell’Europa bisogna creare noi la nostra locomotiva, e questo può avvenire solo se si valorizzano le risorse produttive, la ricchezza culturale, il bagaglio di conoscenze e di esperienza nei rapporti con il Vicino e Medioriente che sono in possesso del Meridione. Ma questo presuppone l’abbandono dell'idea di un asse con Israele e una politica coerente alle esigenze di un paese come il nostro che ha la necessità di stabilire per molteplici motivi, non solo di natura economica ed energetica, relazioni che tendano ad uno sviluppo condiviso con quei paesi. Guardare quindi alla Russia, per quello che riguarda la sicurezza dell’area, e alla Cina, che al di là della propaganda che fanno le potenze coloniali che fin qui hanno sfruttato le risorse del continente africano, offre agli africani reali opportunità di sviluppo. Inoltre il sovranismo, unico vero scudo alle mire neocoloniali delle potenze che si sono conformate agli interessi delle grandi banche d'affari, delle multinazionali e dei grandi fondi di investimento, male si accompagna al filo atlantismo e alla sottomissione alle politiche guerrafondaie della NATO.

Salvatore Penzone ha detto...

@Anonimo Fabrizio Casalegno
Nell’articolo di Ubaldo Sterlicchi ci sono tutti gli elementi per capirlo. Hanno giocato sulle divisioni interne scaturite dal piano di austerità voluto da Ferdinando per estinguere il debito pubblico. Piano che è stato fatto pesare sulla burocrazia statale e sul latifondo ma che non ha toccato le fasce produttive che hanno visto, invece, la popolazione occupata nell’industria, nell’agricoltura, e nel commercio aumentare enormemente rispetto alle altre regioni italiane. Inoltre quando gli inglesi fornirono il loro “aiuto” a difesa dall'aggressione napoleonica, portarono al governo del regno delle due Sicilie un loro agente: John Acton che nel 1778 divenne direttore della Real Segreteria della Marina napoletana e nel 1789 Ministro degli Esteri con funzione di Presidente del Consiglio, e portarono nel Regno la Massoneria corrompendo attraverso di essa gli alti gradi dell’esercito. Nello stesso periodo i Rothschild comprarono quote del Banco di Napoli finendo per dominare le finanze del Regno dopo l’annessione al Regno di Sardegna. Parliamo quindi di un processo di disarticolazione dello stato borbonico durato quasi 80 anni e che ha visto la sua conclusione con la spedizione dei mille.

Fabrizio Casalegno ha detto...

@Salvatore
Grazie per la rispostea esaustiva. Un'ottimo incentivo per approfondire l'argomento.

Fulvio Grimaldi ha detto...

Fabrizio Casalegno e Salvatore Penzone@
Un incentivo per voi. Credo che la sede per i vostri approfondimenti qui sia satura. Sicuramente ne troverete altre. Senza peraltro riuscire a cambiare la Storia, che è andata come doveva andare. Grazie agli dei.