L’Espresso di allora e i media di oggi
Il meme “Capitale corrotta, nazione infetta”, formulato nel 1955 da un
“L’Espresso” del tutto eterodosso rispetto a quello ortodossissimo di oggi di Debenedetti,
titolava una drammatica inchiesta di Manlio Cancogni sull’orrore della
speculazione edilizia iniziatasi allora a imperversare su Roma. Espressione
felice e inchiesta agghiacciante, che non impedì allo scandalo della devastazione
di dilagare in tutto il paese e di raggiungere le vette parossistiche (vedi
TAV, TAP, sottopassi, varianti, passanti vari) che sperimentiamo sulla pelle.
Ora più che mai, in vista del passaggio dei poteri dello Stato unitario ai
governatori di quelle regioni che tanta
buona prova hanno fornito in difesa di suolo, ambiente, sanità, istruzione, diritti
sociali, onestà, legalità, parsimonia dei governanti.
Ho parafrasato quel meme quando mi sono chiesto in virtù
di quale annebbiamento mentale si potesse credere anche a una sola parola
(quando non fosse strumentale) di quanto pubblicato dai media, quando questi
appartengono, o rispondono, a quegli stessi potentati alle cui successive e
sempre più incontrollate e proterve generazioni
e loro imprese dobbiamo questa Roma e questa Italia. Per la prima volta, da pochi mesi, una forza politica
ha messo sul piatto, in particolare con un ministro della Giustizia e uno
dell’Ambiente, il proposito, subito sgambettato dal partner di governo, di invertire
la marcia che ha portato alla bancarotta fraudolenta dell’impresa “Belpaese,
SpA”. La cosa, del tutto incompatibile con i tempi che corrono ha suscitato bad vibrations, onde sismiche e
maremoti, da un capo all’altro del paese, dell’Europa e fin dell’Occidente. E i
padroni dei media, oggi un cartello atlantico, si sono mossi alla grande.
Arresto dei Renzi? Ci vuole il Piano di Rinascita.
Le reazioni UE non si sono fatte
attendere e ce le troviamo sul gobbo. Quelle dello schieramento storico, prodotto
dalle temperie catto-capitaliste postbelliche e strettosi come cappio al collo
d’Italia fin dai tempi di quel “L’Espresso” eterodosso, ha reagito in vari
modi. L’ultima essendo quella che recupera, da parte di tutti loro, opposizione
e metà governo, l’insegnamento del maestro Licio Gelli: Piano di Rinascita. Stimolata dallo sconcerto e dall’indignazione
perché si è osato mettere i ceppi (domestici) ai genitori di un ex-premier di
quel calibro, ne ha rilanciato, unanime da Martina a Salvini agli scontati
Radicali, l’idea della separazione pubblici ministeri- giudici, conditio sine qua non per mettere le briglia a quella magistratura che non si era
ancora spontaneamente legata al carro. Piano di Rinascita ora perfezionato con
le “autonomie differenziate” dove ogni
cosa è di più facile controllo e gestione. E quale Stato, col ministro Costa e
col ministro Bonafede, gli potrebbe dire più niente quando a decidere cosa fare
e cosa non fare saranno governatori e consiglieri di regioni in cui il controllo del territorio
viene esercitato, lo dicono le recenti inchieste giudiziarie in Veneto,
Lombardia ed Emilia, da ‘ndrangheta e camorra?
Sono i Reporter Senza Frontiere, bellezza!
Abbiamo sotto gli occhi un paginone
del “manifesto” firmato da Guido Caldiron, che ricordiamo “pasionario” di tante belle rivoluzioni colorate, in particolare di quella fallita, ma cara ai suoi
correligionari, del Libano nel 2005 (scriveva su “Liberazione”). L’oggetto è
l’esaltazione di un rapporto delle associazioni e cosiddette Ong che animano la
Piattaforma per la Protezione e Salvaguardia del Giornalismo, organismo che
serve a dire come stanno le cose nei media al Consiglio d’Europa. Comprende federazioni
e sindacati, ma tra tutti, ai fili del consesso dei capi UE, pendono i Reporters Sans Frontieres (RSF). Quelli
che si premurano di spiegare a Trum, Macron, al colto e all'inclita tutte le verità sui mascalzoni Putin, Assad,
Rouhani, Kim Jong Un. A loro, non ridete,
Caldiron attribuisce il monitoraggio e la denuncia dello stato della libertà di
Stampa.
Il 13 febbraio 2019, il
“manifesto” accredita una relazione di
RSF, bocca della verità, sulla condizione dei media italiani. Il 2 gennaio del
2016 allo stesso giornale era sfuggita
una svista. Sul suo supplemento “Le Monde
Diplomatique” il fondatore e padre nobile di RSF, Robert Ménard, era stato
bollato di stipendiato della Cia e lui e la sua organizzazione di estrema
destra. Un faux pas per il
giornaletto che non si perde una campagna di Soros e della fazione Hillary del
Partito Democratico, dunque dello Stato Profondo Usa. Forse inevitabile, dato
che non solo autorità del giornalismo come Gianni Minà o Reseau Voltaire, ma la
totale identificazione di RSF con tutte le cause care al Dipartimento di Stato
e alla base dei macelli libico, iracheno, siriano, afghano, africano,
migrantesco, avevano solidamente corroborato tale assunto.
Mafie? Golpe? Gorilla? Maddechè.
Cosa denuncia, dunque, quel rapporto
sulla guerra atomica alla libertà di stampa in Italia? Un report destinato
all’indignazione e, necessariamente, ai conseguenti provvedimenti dei notabili
UE. Che, mettiamo, il “manifesto”, prodigo di ogni informazione anche sul minimo
malumore causato al “rifugiato” dalla xenofobia razzista, fascista e antisemita
del manigoldo italiano, ci riferisca anche dello scandalo del Cara di Mineo, da
cui si estendono su tutta l’Italia i tentacoli della quarta mafia, quella
nigeriana? Che, come prefetture,
commissariati, carabinieri, tribunali,
inchieste ci rivelano, in Italia lo spaccio di cocaina e della rediviva eroina,
il business della prostituzione, il controllo di larghe fette di territorio,
sono ormai quasi monopolio dei nigeriani (arrivati con le Ong, come se no?)?
Che è ora di smetterla di piangere sui “salvati” nel mare e schiavizzati dai
caporali e attaccare a fondo sia la Grande Distribuzione che campano sulla loro
schiavitù e le multinazionali che li sradicano dai loro paesi?
O pensate che il rapporto di RSF e
affini ci parli della libertà di stampa manomessa e compromessa da 99 giornali
e canali su 100 che, messo l’orecchio a Trump, Bolton e a quello dei genocidi
nel Centroamerica, Elliott Abrams, danno a Maduro del dittatore e affamatore
del suo popolo, senza dire mai una sola parola sulle sanzioni sociocide degli
Usa? O sulla ricomparsa degli stessi arnesi del golpe 2002, sul retroterra
terroristico di Guaidò, su vent’anni in cui Chavez e Maduro hanno fatto uscire
più popolo dall’indigenza e dall’ignoranza di qualunque altro paese
latinoamericano, Cuba inclusa? O esaltando
le 300 tonnellate di aiuti dell’agenzia
Cia USAID, al confine con la Colombia, da qualche gazzettiere volenteroso
pompate a 600, e occultando le 1000 tonnellate che ogni giorno il governo di
Maduro distribuisce alla popolazione?
Lamenta forse, il rapporto, che
nessun mezzo d’informazione abbia avuto quel minimo di deontologia da
richiamare alla memoria dei lettori la storia dei colpi di Stato Usa in America
Latina e nel mondo, con successiva immancabile installazione di dittatori e
ladroni, quelli sì, dall’Argentina al Brasile al Cile al Perù al Venezuela al
Nicaragua all’Honduras al Guatemala ad Haiti a Cuba al Messico dei
narcopresidenti, fino all’Ucraina dei corpi speciali nazisti, a metà Africa in
combutta con Parigi…?
Forse il rapporto si risente della
mancanza di una qualche ricerca in profondità che ci spieghi come chiunque
abbia toccato il dollaro, tipo il Venezuela col petro, la Libia con la moneta
panafricana, Saddam con l’euro, o abbia un bel po’ di petrolio sotto i piedi da
suscitare l’interesse tonitruante degli Usa? Per cui lasciare a distanza di
schioppo, anziché di oceani e mari, la più vasta riserva di idrocarburi del
mondo (più coltan, oro, acqua), non rientrerebbe nella vicenda
dell’eccezionalismo statunitense? Che il
rapporto trovi sconcertante che la rivelazione di uno dei più grandi e autorevoli
editori americani, la McClatchy (29 quotidiani in 14 Stati, centinaia di siti
web, agenzie di notizie), sui 40 voli segreti
in due settimane della compagnia privata Usa, “21 AIR LCC”, di cui gran
parte sono stati scoperti dalle autorità venezuelane pieni di armi leggere e
pesanti destinati all’opposizione?
Non credete che sicuramente il
rapporto per il Consiglio d’Europa abbia rilevato quanti occultamenti,
travisamenti, depistaggi, distrazioni di massa, manipolazioni, autentiche
balle, squalifichino ogni credibilità della stampa italiana, senza dubbio, per
quanto riguarda deontologia e grammatica democratica, la più penosa del
continente? Stampa “mainstream” la chiamano in inglese, “flusso principale”. Da noi
sarebbe “stampa di regime”. Mica nel senso di governo, che di stampa ne ha
pochina. Di regime, quello vero. Non, no, per RSF che, avendo la faccia come il clown Grock, sono i 5 Stelle
responsabili del 46° posto nel mondo che
l’Italia avrebbe per libertà di stampa.
Pagliuzze e travi
Tipo il vindice della correttezza
mediatica, Il Fatto Quotidiano, cui, togliendogli una t, spetta il fato quotidiano di scoprire la
pagliuzza nell’occhio altrui, con tanto di trave nel proprio. Non che le
pagliuzze non ci siano e non siano grosse come covoni, ma che dimensione si può
dare a una trave che denuncia (fonte l’immancabile Ong dei “diritti umani”) il
dilagare in Germania di spie siriane, reduci dall’aver torturato 2000
prigionieri politici (Amnesty!), talpe russe, sabotatori iraniani? Mentre parrebbe
ancora vivo lo stupore di Frau Merkel per essere stata spiata, insieme alla
Rousseff e a qualche miliardo di umani, dalla NSA statunitense. Agenzia che,
insieme a Cia, Mossad, MI6, BND tedesco, DGSE francese, secondo RSF, si preoccupa
unicamente della nostra sicurezza e privacy.
E che trave è quella, condivisa con
il “manifesto” e con tutti gli altri sodali della “guerra al terrorismo”, che
nasconde dietro a Giulio Regeni il tentativo delle 7 Sorelle di fottere all’Italia
gli idrocarburi al largo dell’Egitto? Per cui l’Egitto va rappresentato come il
mattatoio del solito “dittatore”, mentre si tace sul terrorismo vero dei cari Fratelli
Musulmani che, con le loro milizie Isis, lo assale da tutti lati, assassinando giudici,
massacrando poliziotti e civili, incendiando chiese copte, situazione di guerra
civile in cui parrebbe difficile tenere in piedi un’immacolata democrazia.
Terrorismo considerato dai nostri informatori alla stregua di un’opposizione un
po’ vivace. Ovviamente al dittatore.
Illusione, dolce chimera sei tu (https://www.youtube.com/watch?v=rFauAo457nE)
Che però alla fin fine il rapporto
di questi segugi delle manchevolezze della nostra informazione abbia scoperto
che c’è stata trattativa Stato-mafia e che perciò Borsellino è stato ammazzato,
che tra mafia e certo Stato sotto Cia si faceva a chi faceva i migliori
attentati; che quello che si diceva di Gheddafi, Assad, Maduro è lo stesso di
quanto s’inventava sulle armi di distruzione di massa di Saddam, o sulle buone
ragioni di un plusvalore di 7 miliardi ai clienti appaltatori del Buco in
Valsusa; che dal corridoio 5 Lisbona-Kiev si sono ritirati tutti sghignazzando,
salvo il Chiamparino del pezzetto Torino-Lione; che le agenzie di rating che
pretendono di infilarci in paradisi, purgatori o inferni, non sono altro che i
terminati delle più scellerate banche d’affari che, con la crisi, hanno
moltiplicato per 2000 la ricchezza dei ricchi e per due miliardi la povertà dei
poveri. E che al concerto pro-Guaidò del miliardario da bassifondi di Wall Street (trionfo:18mila sfigati al
posto del milione atteso) a un gigante come Miguel Bosè s’è contrapposto un
terza fila pro-Venezuela come Roger Waters dei Pink Floyd.
Ce ne sarebbe, ma concludiamo
esprimendo la certezza che il rapporto, così come l’Associazione dei Giornalisti
Investigativi Europei, avrà buttato un occhio sul fenomeno dell’antisemitismo
dilagante in tutta Europa e in Francia soprattutto. Svastiche, aumento del 74%
degli episodi, Gilet Gialli che danno del sionista al sionista Fienkelkraut,
apparso come per incanto in mezzo a loro. Come ci hanno inzuppato Repubblica,
Corriere, Stampa e seguito! E sicuramente avranno concluso che è una ben misera
stampa investigativa quella che non sospetta di cronisti secondo cui è stato
detto “sporco ebreo”, mentre poi l’audio del fatto riporta solo “sporco
sionista”. Che magari non è educato, ma
non è neanche antisemita (ancora per poco). E che magari toccava ai colleghi
anche riflettere suil fatto che, se quattro mesi di mazzate e pallottole ai
Gilet non sono stati sufficienti a spazzarli dalla scena, forse l’accusa di
antisemitismo, missile a testata nucleare, sarebbe servito alla bisogna.
Pesi e misure
Avete cercato tutto questo nel
report circonciso da Calderon sotto il titolo “Roma minaccia la libertà di stampa”. Roma sta per 5 Stelle. Ma non
lo avete trovato, neanche l’ombra. Invece
avete trovato che la libertà dei media è a rischio, intanto per gli
omicidi e le minacce di morte nei paesi
cattivi: Russia, Bulgaria, Slovacchia, Turchia, Ungheria (mica in Honduras
dove, dopo il golpe Obama-Hillary, li fanno fuori prima ancora che il dito
raggiunga la tastiera, mica nell’ultraliberale Saudia). Ma, soprattutto, per le
violenze e la repressione verso la stampa indipendente (“Che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”, Metastasio). Che poi, secondo il
“manifesto”, sarebbe esso stesso, il Foglio e l’Avvenire, indipendenti grazie
allo Stato che ne compensa l’assenza di audience, a Soros, alla Cia e ai
vescovi. E, naturalmente, “la maggior
parte degli allarmi registrati nel 2018 sono stati inviati dopo l’insediamento
del nuovo governo di coalizione il 1.giugno”. Il giorno in cui da Palazzo
Chigi è sceso il nuovo Goebbels. Che, a parte dare degli sciacalli e delle
puttane a qualche scriba, ha commesso il peccato mortale di voler togliere i
regali di Stato a chi non viene comprato nelle edicole. Assassinio della stampa
“indipendente”.
E quando, a fianco, in senso letterale
e figurato, sempre sul “manifesto” un altro vindice della libertà di stampa
titola “Stampa sotto attacco perché ostacola
il potere”, pensate che qui si parli delle nostre eccellenze che hanno
bombardato la Serbia e disfatto la Jugoslavia socialista e democratica, dell’Ucraina
dove le redazioni antigovernative vanno a fuoco, di Facebook e Google che fanno
fuori (da internet) chi pubblica critiche al tiro al piccione praticato su Gaza
(198 vittime, di cui 40 bambini, 3000 feriti e mutilati, tutti disarmati)?
Errore. Si piagnucola sul dato che, dal 2008, le vendite di giornali siano
calate del 20% e se ne dà la colpa al web. Non alle balle. Si ringrazia un
congresso della Federazione della Stampa (FNSI), quella che trovate accanto (in
senso figurato e letterario) a ogni piazzata di Anpi e Arci per cause
sbagliate, per aver denunciato la “forte ostilità” manifestata dal governo alla
stampa. Mica il contrario, per carità. Trovatemene uno, tra giornali, riviste,
tg e talkshow che non spari a palle incatenate sui 5 Stelle. Meschinelli, che
non hanno neanche una fanzina. E si rende merito a Mattarella, Casellati e Fico
per aver sottolineato l’importanza di deontologia ed etica nella professione.
Lo scrivono senza ridere.
Julian Assange? Mai coverto...
Del resto non è la FNSI, assieme all’Ordine dei
Giornalisti, quella che, diversamente
dai sindacati giornalistici di mezzo mondo (non Nato), non ha mai speso una sola
parola in difesa della condanna a morte strisciante praticata nei confronti di
Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks che ha rivelato al mondo, con
documenti ufficiali, più crimini commessi dagli Usa assieme agli alleati di
qualsiasi gola profonda della Storia, da 7 anni è chiuso nell’ambasciata dell’Ecuador
dove gli aveva assicurato asilo l’ex-presidente Correa e in cui ora è privato
di qualsiasi contatto con l’esterno, anche elettronico, dal nuovo presidente voltagabbana, Moreno.
Simbolo e martire della libertà di stampa, è a rischio di condanna a morte se
estradato negli Usa, ma dal “manifesto” è stato vilipeso come “stella appannata”.
Giudizio che alla FNSI basta per starne alla larga. Deontologia ed etica.
La tv, invece…
Non mi dilungo anche sulle
televisioni. Della deontologia e obiettività di Mediaset non fa conto parlare. Evitiamo
Lapalisse. Di La7, a seguirne i talkshow dei vari Capitan America anti-5Stelle:
Lilli-Bilderberg-Gruber (“la magnifica ossessione” della tirolese mette in
campo sistematicamente tre contro uno, più il suo ghigno, quando si tratta di
crocefiggere Di Maio & Co.), Zoro, Giletti, Formigli, si impone l’urgenza di
una disintossicazione. Della RAI so meno, non seguo che il TG3, per antica
consuetudine e perverso masochismo. Quando ero al dignitoso Telekabul, curavo
con Giuseppina Paterniti una rubrica di delitti eco- e sociologici. Cattolica e
grande tifosa della Caritas, Paterniti è ora direttrice del TG3. Un TG3 che,
dismesso da tempo il berretto frigio, s’è messo la tonaca con tanto di
zucchetto porpora. Si apre con l’ordine di servizio atlantico, si passa in
Vaticano, si prosegue con i migranti bistrattati, si sfotte un po’ il governo,
ci si eleva con Mattarella e si chiude con il prete misericordioso.
E qui arriva il due dell’uno-due appoppiato
a chi offende l’etica e la deontologia del giornalismo italiano. Ce lo molla l’Agcom,
l’Autorità per le Comunicazioni, nella persona di Angelo Cardani, già della
Bocconi e del gabinetto di Mario Monti all’UE. E’ nella forma di monito che si
esprime Cardani, alla maniera di Napolitano quando dettava la politica ai sottoposti.
Mentre noi, accecati dalla faziosità, avevamo l’impressione che, nei vari TG,
alle epifanie dei governativi succedesse, col triplo del tempo, la moltitudinaria
opposizione nelle sue infinite articolazioni di partito e di corrente, Agcom ci
istruisce sul dato agghiacciante che il governo si prende il…90% del tempo! “Inedita sovra-rappresentazione del governo e
sistematicamente sotto-rappresentazione delle opposizioni”.
Avevamo visto male. Ci dovremmo
mettere gli occhiali. Quelli di Carpenter in “Essi vivono”. Ci renderemo conto
di quanto RFS e Agcom accoratamente e rabbiosamente denunciano. E la libertà di
stampa sarà salva.
3 commenti:
Parlando di femministe alla riscossa... avete notato il duro attacco subito da Collovati per aver fatto notare che Wanda Nara (come tutte le veline dei programmi di calcio) non capisce un'acca di calcio. Nessuna però che abbia mai contestato il fatto che queste belle presenze vengono messe lì solo per far arrapare gli spettatori, quai tutti maschi. Tra l'altro in abitini sempre succinti e molto provocanti. Non è anche quello un modo di ledere la dignità femminile?
A proposito di femministe: anche la rivista alternativa "Contropiano" ricade nel vittimismo misandrico dei luoghi comuni in preparazione all'otto marzo, giornata passata dall'essere la "festa della donna" con atti di gentilezza verso l'altro sesso, quelle che ci sono vicino e ci aiutano, alla giornata della misandria e dei sensi di colpa e di rivalsa atavici da instillare rispettivamente negli uomini (i primi) e nelle donne (i secondi). Mi sono preso anche a male parole l'anno scorso con la sigla USB in occasione dello sciopero anti maschio indetto per l'otto marzo. Giudicate voi.
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2019/02/27/sciopero-globale-femminista-lotto-marzo-2019-0112824#comment-154399
Lo è eccome se lo è Fabrizio ma non diciamolo se no rischiamo di essere lapidati come misogini sulle pubbliche piazze e attentatori della libertà di espressione delle suddette donzelle.
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