Ho cercato invano, per fogli e per reti, una caricatura del ministro degli esteri Franco Frattini. Non c’è. Ma basta la foto. Questo manichino preso da Berlusconi ai saldi della Standa è troppo irrilevante anche per una caricatura. Forse perché tale è già di per sé. In compenso ho trovato queste efficaci definizioni di Marco Travaglio. Sul giornale antiberlusconi, antimafia e antillegalità di Padellaro, guarda un po’, i fatti afghani hanno fatto piovere qualche sprazzo di luce nel tradizionale ottenebramento filo-“democrazie anglosassoni”, filo-Obama, filo-Israele. Alla faccia di incurabili interni come i Saviano, Colombo, Gramigna. Sulla vicenda di Emergency “Il Fatto” ha tenuto una linea più assidua, aggressiva e coerente addirittura dei giornali sedicenti “comunisti”, pesantemente oberati dall’indecente collateralismo anti-afghano dei finti equidistanti di “Lettera 22”. E pensare che l’assalto ai sabotatori della menzogna, condotto dai sicari afghani comandati dagli eredi del pazzo sanguinario Winston Churchill, recava il marchio di fabbrica della Triplice: made in Usa, made in UK, made in Israel. Con il guitto mannaro che faceva “cucù”. Se son rose fioriranno.
Si fermò un’auto blù e non scese nessuno: era Frattini, uomo dalla fronte inutilmente spaziosa (parafrasando Fortebraccio)…Svagato frequentatore del Club del Polo in attesa del suo Martini Dry… Se uno vuol farsi una ragione del peso nullo del nostro paese nel mondo, la faccia di “Ovviamente Frattini” è lì apposta. Da otto anni mandiamo miliardi e soldati in Afghanistan per soddisfare le fregole guerrafondaie di B&B, poi il governo-farsa che contribuiamo a tenere in piedi ci arresta tre connazionali e non ci avverte neppure… Domande che avrebbero un senso se l’Italia avesse una politica estera, se cioè avesse un governo, o almeno un ministro degli esteri. Invece abbiamo Frattini Dry. Con seltz. Senza oliva.
(Marco Travaglio)
Il guitto mannaro ha affilato le zanne e le ha affondate nel collo di Roberto Saviano, grandemente irritando la cricca mafio-fascista al potere nell’entità sionista di cui detto Saviano, anti-mafioso in patria, sogna di diventare cittadino. Sono le ricadute delle contraddizioni inter-fasciste. Ha poi anche lacerato l’onorabilità degli autori di “La Piovra”, colpevoli, come l’autore di “Gomorra”, di rivelare al mondo di che lacrime grondi, di che sangue e di che merda, quella parte del paese che lui incarna, sostiene e promuove. Come sempre, sono i boss ventriloqui che parlano attraverso questo loro fantoccio: silenzio ci vuole, picciotto, silenzio. Ebbene, trattasi della stessa consegna che i macellai Usa e ISAF dell’Afghanistan hanno applicato quando hanno deciso di spazzare via Emergency dall’Afghanistan: lasciateci massacrare in silenzio.
Dio fa impazzire chi vuol perdere, come ricorda il titolo. Ed è particolarmente attivo in questo paese. Pensate ai dementi emersi negli ultimi giorni. Poi passeremo anche a venduti e infiltrati. Chi vada in quale categoria lo potete decidere voi. Due milioni inondano di quattrini (perlopiù estratti da tasche semivuote) le casse del vescovo di Torino e della Chiesa tutta, andando a rintronarsi davanti a un lenzuolo (con la faccia di uno che più indoeuropeo non si può) assegnato dall’inoppugnabile radiocarbonio a mille anni dopo l’agitarsi in Palestina della fiction Gesù Cristo. Fanno parte dei pellegrinaggi di massa di decerebrati, dalla disperazione spremuta come un limone da licantropi con lo scapolare. In cinque milioni sono andati da Sant’Antonio di Padova per farsi ridare dal frate infantoferente quelle soddisfazioni che la cosca bipartisan al potere insiste da 65 anni a negargli; in otto milioni hanno leccato i piedi di un Padre Pio, frate indovino di gesso ma ancora vorace, per consolidare il beneficio assicurato dall’altro circense che promette di guarirli dal cancro entro tre anni; in quattro milioni più quattro si sono spiaccicati davanti ai pupazzi della madonna di Pompei e di quella di Loreto. Senza contare le migrazioni bibliche che fluiscono allocchite davanti alla bambolotta di Lourdes. Tutti a farsi cavare plusvalore - e si tratta a stragrande maggioranza di poveracci troglodizzati – dai più antichi e truffaldini praticanti dell’accumulazione. Così costoro ora possono pagare i debiti di sangue e di sperma dei loro gerarchi e gerarchetti in tonaca. E si trattasse solo di pedofilia! Come ci si può stupire che tra le tonache si aggirano anche bietoloni con lo zucchetto rosso e la croce d’oro (conta l’oro, che è vero), come lo strepitoso Tarcisio Bertone, che alla felice congiuntura in cui si trova la Chiesa sanno insufflarle maggiore impeto dando del pedofilo a tutti gli omosessuali del mondo e di tutti i tempi (nel Cile, tornato cattolicamente pinochettista, si può). Chissà cose ne pensa il cattolicissimo e dunque ossimorico gay Nichi Svendola…
Mi chiedo anche, cosa avrà avuto da dire Stefano Chiarini, il migliore di tutti noi, se, nei semivuoti campi elisi dei giornalisti militanti della verità, ha potuto apprendere che il Comitato per Sabra e Shatila, di cui è stato fondatore, ha assegnato il premio giornalistico a lui intestato a Sergio Romano, nientemeno, l’opinionista del quotidianone di Ligresti, Della Valle, Consorte, Berlusconi. Quali i meriti di Romano? Di aver saputo dare, nel quotidiano dell’ipercapitalismo italiano diretto da sionisti atlantici come Paolo Mieli e Ferruccio De Bortoli, solito infliggere colpi solo alla botte, anche uno o due colpi al cerchio. Roba ben più meritoria di quanti, tra le crepe disperatamente tenute aperte nel calcestruzzo della menzogna mediatica nazionale, si applicano, a loro rischio e pericolo e senza gli onorari di Romano, a non lasciar sfasciare la botte. Sono queste alcune delle quinte che fanno da sfondo alla sceneggiata che, in questi giorni, ha prodotto nuovi sketch.
Cuba sì, yankee no
C’è la solita unanimità, fisiologicamente pencolante a destra, di venduti, infiltrati e babbei che fanno il surf sull’onda gigante della campagna imperialista contro Cuba, mossa da soffiatori prezzolati come il delinquente farloccone martirizzato e le trenta damas de blanco guidate dal primatista assoluto del terrorismo Usa, Posada Carriles. Di costui non gli viene di ricordare l’abbattimento dell’aereo cubano con 73 passeggeri, né il rosario di attentati stragisti compiuti per mezza America Latina. Né di quell’Henry Kissinger, obamamente premio Nobel per la pace, che ha esternato l’altro giorno a proposito di Emergency e dell’inopportunità di intralciare i macelli democratici da compiere nei paesi da zerbinizzare. Ci parlate di Orlando Zapata, in galera per delitti comuni e che, rincretinito dal mercenariato Usa fino a farsi eroizzare a forza di digiuno; ci parlate di un gruppazzo di donnette schiamazzanti, parenti di condannati per aver voluto vendere i propri concittadini ai papponi del Nord, che dai compari di Posada ricevono 1.500 dollari al mese a nome del governo che vuole cannibalizzare il loro paese. Ma di Kissinger non ricordate come ha inondato di orrore, sangue e morte l’America Latina, a partire da Pinochet e come abbia insegnato a virgulti israeliani l’assassinio mirato extragiudiziale, facendo fuori un elenco telefonico di gente: a Washington il ministro degli esteri cileno, Letelier, e la sua segretaria, in Argentina il generale cileno Pratts con la moglie, a Roma Bernardo Leighton, vicepresidente di Allende. In tutto, qualcosa come 37mila disturbatori del Piano Condor, lanciato dal prestigioso Henry per imporre in America Latina il libero mercato a conduzione Wall Street. Tanto meno riesumano dalla loro memoria a tasso variabile il pur recente colpo di Stato fascista allestito da Obama in Honduras, con la repressione assassina in corso ancora oggi e guidata da esperti Usa (5 giornalisti e 9 contadini uccisi in aprile) chè, se succedesse in Iran, in Myanmar o in Tibet, dio ci scampi dallo tsunami di indignazione etica, civile, democratica, degli unanimisti a denominazione di origine controllata e garantita (di destra).
Si fermò un’auto blù e non scese nessuno: era Frattini, uomo dalla fronte inutilmente spaziosa (parafrasando Fortebraccio)…Svagato frequentatore del Club del Polo in attesa del suo Martini Dry… Se uno vuol farsi una ragione del peso nullo del nostro paese nel mondo, la faccia di “Ovviamente Frattini” è lì apposta. Da otto anni mandiamo miliardi e soldati in Afghanistan per soddisfare le fregole guerrafondaie di B&B, poi il governo-farsa che contribuiamo a tenere in piedi ci arresta tre connazionali e non ci avverte neppure… Domande che avrebbero un senso se l’Italia avesse una politica estera, se cioè avesse un governo, o almeno un ministro degli esteri. Invece abbiamo Frattini Dry. Con seltz. Senza oliva.
(Marco Travaglio)
Il guitto mannaro ha affilato le zanne e le ha affondate nel collo di Roberto Saviano, grandemente irritando la cricca mafio-fascista al potere nell’entità sionista di cui detto Saviano, anti-mafioso in patria, sogna di diventare cittadino. Sono le ricadute delle contraddizioni inter-fasciste. Ha poi anche lacerato l’onorabilità degli autori di “La Piovra”, colpevoli, come l’autore di “Gomorra”, di rivelare al mondo di che lacrime grondi, di che sangue e di che merda, quella parte del paese che lui incarna, sostiene e promuove. Come sempre, sono i boss ventriloqui che parlano attraverso questo loro fantoccio: silenzio ci vuole, picciotto, silenzio. Ebbene, trattasi della stessa consegna che i macellai Usa e ISAF dell’Afghanistan hanno applicato quando hanno deciso di spazzare via Emergency dall’Afghanistan: lasciateci massacrare in silenzio.
Dio fa impazzire chi vuol perdere, come ricorda il titolo. Ed è particolarmente attivo in questo paese. Pensate ai dementi emersi negli ultimi giorni. Poi passeremo anche a venduti e infiltrati. Chi vada in quale categoria lo potete decidere voi. Due milioni inondano di quattrini (perlopiù estratti da tasche semivuote) le casse del vescovo di Torino e della Chiesa tutta, andando a rintronarsi davanti a un lenzuolo (con la faccia di uno che più indoeuropeo non si può) assegnato dall’inoppugnabile radiocarbonio a mille anni dopo l’agitarsi in Palestina della fiction Gesù Cristo. Fanno parte dei pellegrinaggi di massa di decerebrati, dalla disperazione spremuta come un limone da licantropi con lo scapolare. In cinque milioni sono andati da Sant’Antonio di Padova per farsi ridare dal frate infantoferente quelle soddisfazioni che la cosca bipartisan al potere insiste da 65 anni a negargli; in otto milioni hanno leccato i piedi di un Padre Pio, frate indovino di gesso ma ancora vorace, per consolidare il beneficio assicurato dall’altro circense che promette di guarirli dal cancro entro tre anni; in quattro milioni più quattro si sono spiaccicati davanti ai pupazzi della madonna di Pompei e di quella di Loreto. Senza contare le migrazioni bibliche che fluiscono allocchite davanti alla bambolotta di Lourdes. Tutti a farsi cavare plusvalore - e si tratta a stragrande maggioranza di poveracci troglodizzati – dai più antichi e truffaldini praticanti dell’accumulazione. Così costoro ora possono pagare i debiti di sangue e di sperma dei loro gerarchi e gerarchetti in tonaca. E si trattasse solo di pedofilia! Come ci si può stupire che tra le tonache si aggirano anche bietoloni con lo zucchetto rosso e la croce d’oro (conta l’oro, che è vero), come lo strepitoso Tarcisio Bertone, che alla felice congiuntura in cui si trova la Chiesa sanno insufflarle maggiore impeto dando del pedofilo a tutti gli omosessuali del mondo e di tutti i tempi (nel Cile, tornato cattolicamente pinochettista, si può). Chissà cose ne pensa il cattolicissimo e dunque ossimorico gay Nichi Svendola…
Mi chiedo anche, cosa avrà avuto da dire Stefano Chiarini, il migliore di tutti noi, se, nei semivuoti campi elisi dei giornalisti militanti della verità, ha potuto apprendere che il Comitato per Sabra e Shatila, di cui è stato fondatore, ha assegnato il premio giornalistico a lui intestato a Sergio Romano, nientemeno, l’opinionista del quotidianone di Ligresti, Della Valle, Consorte, Berlusconi. Quali i meriti di Romano? Di aver saputo dare, nel quotidiano dell’ipercapitalismo italiano diretto da sionisti atlantici come Paolo Mieli e Ferruccio De Bortoli, solito infliggere colpi solo alla botte, anche uno o due colpi al cerchio. Roba ben più meritoria di quanti, tra le crepe disperatamente tenute aperte nel calcestruzzo della menzogna mediatica nazionale, si applicano, a loro rischio e pericolo e senza gli onorari di Romano, a non lasciar sfasciare la botte. Sono queste alcune delle quinte che fanno da sfondo alla sceneggiata che, in questi giorni, ha prodotto nuovi sketch.
Cuba sì, yankee no
C’è la solita unanimità, fisiologicamente pencolante a destra, di venduti, infiltrati e babbei che fanno il surf sull’onda gigante della campagna imperialista contro Cuba, mossa da soffiatori prezzolati come il delinquente farloccone martirizzato e le trenta damas de blanco guidate dal primatista assoluto del terrorismo Usa, Posada Carriles. Di costui non gli viene di ricordare l’abbattimento dell’aereo cubano con 73 passeggeri, né il rosario di attentati stragisti compiuti per mezza America Latina. Né di quell’Henry Kissinger, obamamente premio Nobel per la pace, che ha esternato l’altro giorno a proposito di Emergency e dell’inopportunità di intralciare i macelli democratici da compiere nei paesi da zerbinizzare. Ci parlate di Orlando Zapata, in galera per delitti comuni e che, rincretinito dal mercenariato Usa fino a farsi eroizzare a forza di digiuno; ci parlate di un gruppazzo di donnette schiamazzanti, parenti di condannati per aver voluto vendere i propri concittadini ai papponi del Nord, che dai compari di Posada ricevono 1.500 dollari al mese a nome del governo che vuole cannibalizzare il loro paese. Ma di Kissinger non ricordate come ha inondato di orrore, sangue e morte l’America Latina, a partire da Pinochet e come abbia insegnato a virgulti israeliani l’assassinio mirato extragiudiziale, facendo fuori un elenco telefonico di gente: a Washington il ministro degli esteri cileno, Letelier, e la sua segretaria, in Argentina il generale cileno Pratts con la moglie, a Roma Bernardo Leighton, vicepresidente di Allende. In tutto, qualcosa come 37mila disturbatori del Piano Condor, lanciato dal prestigioso Henry per imporre in America Latina il libero mercato a conduzione Wall Street. Tanto meno riesumano dalla loro memoria a tasso variabile il pur recente colpo di Stato fascista allestito da Obama in Honduras, con la repressione assassina in corso ancora oggi e guidata da esperti Usa (5 giornalisti e 9 contadini uccisi in aprile) chè, se succedesse in Iran, in Myanmar o in Tibet, dio ci scampi dallo tsunami di indignazione etica, civile, democratica, degli unanimisti a denominazione di origine controllata e garantita (di destra).
Emergenza imperialista Emergency
Una categoria che comprende tutte e tre le famigliole di cui nel titolo è certamente quella che si è occupata-disoccupata degli uomini di Emergency. E nessuna di queste (fatta eccezione per Gino Strada, per quanto gli era consentito diplomaticamente, e per un accenno di Oliviero Beha nel solito Il Fatto) ha davvero colto nel segno dei come e dei perché della miserabile montatura allestita a Lashkar Gah. Un’operazione che a noi, abituati da decenni a farci trovare in saccoccia dai carabinieri la classica bustina di hashish mai vista prima, o nel cassetto inusitati documenti che invitano a demenziali sfracelli armati, risulta istantaneamente trasparente come una bottiglia di acqua distillata. Invece si è tentennato. Ci si è aggrovigliati in condizionali e cautele donabbondesche. Pure quando si è respinta perentoriamente ogni virgola delle trucide balle sparate su tre più sei di Emergency dai gaglioffi afghani di Karzai, presidente fantoccio seduto su una montagna di oppio e di schede elettorali manomesse, non si è voluto cogliere il cuore delle responsabilità in ballo. Karzai sarà stato il domatore, seviziatore di tigri e orsi, ma a dargli input e crisma di legittimità sono stati il direttore del caravanserraglio e, sopra di lui, l’Ente Internazionale Circhi che organizza e regola l’intero ambaradan delinquenziale.
Lasciamo fuori dal discorso, anche per non impataccarci, polverosi burattini che si agitano al punto da credersi vivi, tipo bocca-bucodiculo Gasparri, testa di cuoio con la bava La Russa, lo stendino di panni sporchi Fede e l’ineffabile superembedded imitatore di inviati Fausto Biloslavo che, nel postribolo dell’altro sedicente giornalista, Bruno Vespa, si è distinto ancora una volta nell’offrire le sue grazie al migliore offerente. Che ovviamente sono quelli co’ li sordi. Come va facendo da anni aggirandosi sempre e solo all’ombra e nel pieno gradimento dei terroristi di Stato. Cia, Mossad, MI6 dovrebbero aggiornare i requisiti per i loro strumenti mediatici: scadentoni come quelli rischiano di compromettere gli esiti e svalutare il rango di queste peraltro prestigiose necro-agenzie. E anche “il manifesto”, restando in zona, mancando l’insostituibile Stefano Chiarini, potrebbe spendere i suoi esigui fondi per inviati collateralisti meno scoperti di una capo-lobby come Marina Forti che, dal Pakistan ridotto dagli Usa a corrotto mercenariato bellico contro la propria popolazione insorta nella regione della Frontiera Nord-orientale, Swat, Waziristan e Punjab, e i cui civili vengono macellati giorno e notte dai droni della Cia e dei contractors, farnetica, peggio del peggiore Bush, di estremismo islamico da contenere e, invertendo i termini reali del conflitto, di India minacciata dagli espansionisti di Islamabad. Quell’India nuclearizzata dagli Usa che, d’intesa con i globalizzatori imperiali e intima dei sionisti, che la armano e le organizzano attentati pseudo-pakistani a Mumbai, collabora nella frantumazione giudaico-cristiana degli ultimi Stati islamici più o meno indipendenti.
C’è a “sinistra” chi riconosce al governo del duo Frattini-Berlusconi di aver assunto, dopo gli osceni tentennamenti iniziali sulla “colpevolezza degli uomini di Emergency da provare, ma che era imprudente escludere a priori”, un certo attivismo per pietire dal fantoccio narcotrafficante Karzai un minimo di osservanza delle buone regole giuridiche, anche nel caso di “sospetti terroristi”. Patetica cortina fumogena per occultare un’operazione congiunta tra tutti coloro che partecipano al quasi decennale e quotidiano sterminio, nell’Afghanistan da stuprare, di famiglie, donne, bambini (il 40% delle vittime secondo il consapevole Gino Strada) e che, mattanza dopo mattanza dette offensive, non riescono a cavare un ragno da un buco affollato dalla quasi totalità patriottica, taliban e non, del popolo afghano. Gli sbirri di Karzai, nell’arrestare i testimoni di tali stragismi, dopo averli allontanati dall’ospedale per deporvi bombe a mano ed esplosivi, operavano al comando dei militari britannici che fanno parte del contingente invasore USA-Isaf-Nato. Operazione clamorosa, dagli echi planetari, dunque inevitabilmente firmata dal Comando Isaf a Kabul e dal Quartier Generale dell’Allied Joint Force Comand. Saremmo, noi bande di ventura italiane alle dipendenze dell’imperatore, anche gli ultimi degli scalzacani nel concerto dei nazionicidi occidentali, ma un benestare da Roma per un crimine di tale portata ci potete giurare che è stato chiesto e dato. Lo confermano le infami dichiarazioni iniziali dei gerarchi di regime che, anche di questo potete essere certi, si sarebbero evolute in condivisione piena del procedimento, se un coraggioso fino alla temerarietà Gino Strada e chi gli ha dato voce (bravo Santoro e pochi altri) non avessero innescato un’onda anomala di risposta popolare. L’operazione si è dunque svolta con il pieno e preventivo consenso della criminalità politica organizzata di Roma. E nel ponziopilatesco silenzio del PD, con il bombarolo balcanico D’Alema in testa. Uomo, costui, che rappresenta la dimostrazione scientifica di come la presunzione produca inevitabilmente bancarotte e stupidità. Ora tutti questi pali del sequestro terranno per un po' le sopracciglia alzate e la fronte corrugata. Poi magari dei tre se ne rilasceranno i due medici, troppo inequivocabile è la loro storia, si butterà tutto sugli spendibili afghani e si otterrà il risultato da tutta la banda perseguito. Fuori dall'Afghanistan e da ovunque non gli torni, coloro che i corpi li curano e non li rompono, coloro che corridoi sanitari li creano e non li bloccano, coloro che vedono e riferiscono. Non è già successo così con i giornalisti in Iraq e Afghanistan? It's the democracy, baby.
Una categoria che comprende tutte e tre le famigliole di cui nel titolo è certamente quella che si è occupata-disoccupata degli uomini di Emergency. E nessuna di queste (fatta eccezione per Gino Strada, per quanto gli era consentito diplomaticamente, e per un accenno di Oliviero Beha nel solito Il Fatto) ha davvero colto nel segno dei come e dei perché della miserabile montatura allestita a Lashkar Gah. Un’operazione che a noi, abituati da decenni a farci trovare in saccoccia dai carabinieri la classica bustina di hashish mai vista prima, o nel cassetto inusitati documenti che invitano a demenziali sfracelli armati, risulta istantaneamente trasparente come una bottiglia di acqua distillata. Invece si è tentennato. Ci si è aggrovigliati in condizionali e cautele donabbondesche. Pure quando si è respinta perentoriamente ogni virgola delle trucide balle sparate su tre più sei di Emergency dai gaglioffi afghani di Karzai, presidente fantoccio seduto su una montagna di oppio e di schede elettorali manomesse, non si è voluto cogliere il cuore delle responsabilità in ballo. Karzai sarà stato il domatore, seviziatore di tigri e orsi, ma a dargli input e crisma di legittimità sono stati il direttore del caravanserraglio e, sopra di lui, l’Ente Internazionale Circhi che organizza e regola l’intero ambaradan delinquenziale.
Lasciamo fuori dal discorso, anche per non impataccarci, polverosi burattini che si agitano al punto da credersi vivi, tipo bocca-bucodiculo Gasparri, testa di cuoio con la bava La Russa, lo stendino di panni sporchi Fede e l’ineffabile superembedded imitatore di inviati Fausto Biloslavo che, nel postribolo dell’altro sedicente giornalista, Bruno Vespa, si è distinto ancora una volta nell’offrire le sue grazie al migliore offerente. Che ovviamente sono quelli co’ li sordi. Come va facendo da anni aggirandosi sempre e solo all’ombra e nel pieno gradimento dei terroristi di Stato. Cia, Mossad, MI6 dovrebbero aggiornare i requisiti per i loro strumenti mediatici: scadentoni come quelli rischiano di compromettere gli esiti e svalutare il rango di queste peraltro prestigiose necro-agenzie. E anche “il manifesto”, restando in zona, mancando l’insostituibile Stefano Chiarini, potrebbe spendere i suoi esigui fondi per inviati collateralisti meno scoperti di una capo-lobby come Marina Forti che, dal Pakistan ridotto dagli Usa a corrotto mercenariato bellico contro la propria popolazione insorta nella regione della Frontiera Nord-orientale, Swat, Waziristan e Punjab, e i cui civili vengono macellati giorno e notte dai droni della Cia e dei contractors, farnetica, peggio del peggiore Bush, di estremismo islamico da contenere e, invertendo i termini reali del conflitto, di India minacciata dagli espansionisti di Islamabad. Quell’India nuclearizzata dagli Usa che, d’intesa con i globalizzatori imperiali e intima dei sionisti, che la armano e le organizzano attentati pseudo-pakistani a Mumbai, collabora nella frantumazione giudaico-cristiana degli ultimi Stati islamici più o meno indipendenti.
C’è a “sinistra” chi riconosce al governo del duo Frattini-Berlusconi di aver assunto, dopo gli osceni tentennamenti iniziali sulla “colpevolezza degli uomini di Emergency da provare, ma che era imprudente escludere a priori”, un certo attivismo per pietire dal fantoccio narcotrafficante Karzai un minimo di osservanza delle buone regole giuridiche, anche nel caso di “sospetti terroristi”. Patetica cortina fumogena per occultare un’operazione congiunta tra tutti coloro che partecipano al quasi decennale e quotidiano sterminio, nell’Afghanistan da stuprare, di famiglie, donne, bambini (il 40% delle vittime secondo il consapevole Gino Strada) e che, mattanza dopo mattanza dette offensive, non riescono a cavare un ragno da un buco affollato dalla quasi totalità patriottica, taliban e non, del popolo afghano. Gli sbirri di Karzai, nell’arrestare i testimoni di tali stragismi, dopo averli allontanati dall’ospedale per deporvi bombe a mano ed esplosivi, operavano al comando dei militari britannici che fanno parte del contingente invasore USA-Isaf-Nato. Operazione clamorosa, dagli echi planetari, dunque inevitabilmente firmata dal Comando Isaf a Kabul e dal Quartier Generale dell’Allied Joint Force Comand. Saremmo, noi bande di ventura italiane alle dipendenze dell’imperatore, anche gli ultimi degli scalzacani nel concerto dei nazionicidi occidentali, ma un benestare da Roma per un crimine di tale portata ci potete giurare che è stato chiesto e dato. Lo confermano le infami dichiarazioni iniziali dei gerarchi di regime che, anche di questo potete essere certi, si sarebbero evolute in condivisione piena del procedimento, se un coraggioso fino alla temerarietà Gino Strada e chi gli ha dato voce (bravo Santoro e pochi altri) non avessero innescato un’onda anomala di risposta popolare. L’operazione si è dunque svolta con il pieno e preventivo consenso della criminalità politica organizzata di Roma. E nel ponziopilatesco silenzio del PD, con il bombarolo balcanico D’Alema in testa. Uomo, costui, che rappresenta la dimostrazione scientifica di come la presunzione produca inevitabilmente bancarotte e stupidità. Ora tutti questi pali del sequestro terranno per un po' le sopracciglia alzate e la fronte corrugata. Poi magari dei tre se ne rilasceranno i due medici, troppo inequivocabile è la loro storia, si butterà tutto sugli spendibili afghani e si otterrà il risultato da tutta la banda perseguito. Fuori dall'Afghanistan e da ovunque non gli torni, coloro che i corpi li curano e non li rompono, coloro che corridoi sanitari li creano e non li bloccano, coloro che vedono e riferiscono. Non è già successo così con i giornalisti in Iraq e Afghanistan? It's the democracy, baby.
Intervistato dal “manifesto”, Gino Strada ha poi detto la verità più drammatica e infamante di tutte: La situazione in questo paese è disperante, della guerra non frega più niente a nessuno… Per l’Italia questa è una sconfitta, il nostro paese viene umiliato nonostante abbia dato più volte prova di servilismo – con questo e con passati governi – e nonostante continui a spendere centinaia di milioni di euro per fare la guerra mentre in Italia migliaia di persone perdono il lavoro per la crisi. E questo il punto che ci dovrebbe premere di più. Lamentata da tutta la sinistra alternativa l’abietta complicità dei partiti di sinistra al governo con Prodi nel voto per le guerre, il seguito è stato un silenzio appropriatamente definibile mortale. La questione guerra, Nato, basi, economia capitalista della droga, del mercenariato nazionale mandato a morire in Afghanistan e a tenere popoli in ceppi altrove, è totalmente svaporata. Non gliene frega più niente a nessuno. Che si sia micropartito, o gruppuscolo di sbandati, ci si autoerotizza seguendo questa o quell’altra disperata lotta di lavoratori su tetti o isole o gru, ignorando pervicacemente e opportunisticamente il contesto più vasto che tutto determina e che rende ogni sussulto sociale l’ineffettuale vox clamantis in un deserto autoinflitto. Dei Berlusconi, La Russa, Gasparri, Frattini e consorteria internazionale, costoro sono l’omertoso paravento. Essere o non essere, questo è il problema. E noi non siamo. Anzi, tra noi ci stanno pure quelli che, ottusi oltre ogni misura, sparando sull’Iran, complice degli aggressori in Iraq, ma vittima in patria, le stesse cannonate di USraele, inconsapevolmente (ma è lecito dubitarne) liberano i cieli alle incursioni dei necrofori. Ci sono voluti un’efferatezza che supera i limiti di quanto perpetrato nella peggiore delle guerre, e un solo uomo, Strada, per risbatterci sul muso la nostra omertà.
Che ne venga qualcosa di intelligente e coraggioso non c’è da sperarlo. Nel frattempo si continuano a lubrificare le armi dell’inganno e dei genocidi avallando strumentali presenze di Al Qaida nell’Iraq irriducibilmente impegnato in una nuova ondata di resistenza all’occupante e ai suoi fantocci (ogni giorno vengono colpiti a decine, ma qui risulta solo “terrorismo”), nel Sahara che vuole sottrarsi alle predazioni multinazionali delle proprie risorse (uranio e petrolio), prodromo al ritorno colonialista in tutto il continente, nello Yemen e nella Somalia da sfasciare per guadagnare il controllo sui cordoni ombelicali dall’imperialismo capitalista, nei paesi progressisti dell’America Latina da hondurizzare.
L’incredibile menzogna di Katyn
Un La Russa come al solito inviperito e isterico se l’è presa ad Anno Zero con la vignetta di Staino che, a proposito dell’ecatombe dei dirigenti polacchi (pianta da un lacrimoso articolo del “manifesto”), il cui aereo era caduto nel viaggio per la commemorazione dei “martiri di Katyn”, fa dire al personaggio: “A qualcuno troppo, ad altri niente”, o qualcosa di simile. La vignetta è perfetta, ma non sfiora, come del resto tutta la stampa mondiale, il retroterra di un incidente che costituisce una vera e propria nemesi per la megatruffa dell’eccidio di Katyn. Anche qui, la dabbenaggine e il codismo della “sinistra” tutta, tra venduti, infiltrati e babbei, risulta esemplare. La tragedia che ha colpito un presidente cialtrone, Lech Kakzynski, oscurantista cattolico da far invidia al più ottenebrato ayatollah, macchietta con il gemello da Isola dei famosi, succubo con tutta la combriccola di vertice di ogni scelleratezza militare prima di Bush e poi di Obama, ha riscatenato il rullo compressore della diffamazione dei comunisti, interpretati come l’Urss di Stalin, che già aveva scaldato i motori con la campagna contro Cuba. E, anche qui la solita unanimità destra-sinistra, lucida nella prima, demenziale nella seconda. Tutti concordi e nessuno dissenziente sul fatto che a Katyn Stalin, nella primavera del 1940, avrebbe giustiziato 20mila prigionieri di guerra polacchi. Tutti concordi nell’ignorare il dato storico, che urla dalle pagine del processo di Norimberga, che quei polacchi furono uccisi dai tedeschi nell’autunno del 1941.
Non furono solo i referti autoptici delle salme e le condizioni ancora buone del loro vestiario, quando furono fatte le riesumazioni, a dimostrare che quei corpi non potevano essere stati seppelliti fin dalla primavera 1940. Né i soli documenti dell’inchiesta condotta da scienziati e accademici dai quali risultò che le truppe tedesche avevano fatto scavare le fosse per i polacchi a 500 prigioneri sovietici, poi fucilati. E che i polacchi erano stati uccisi con un colpo all’osso occipitale, metodo identico seguito dai tedeschi in tutte le analoghe esecuzioni nelle città russe occupate. E che decine di testimoni avevano visto i prigionieri polacchi molto dopo l’epoca in cui la versione nazista li voleva trucidati. C’è la prova inconfutabile presentata e accettata al processo di Norimberga!
Che ne venga qualcosa di intelligente e coraggioso non c’è da sperarlo. Nel frattempo si continuano a lubrificare le armi dell’inganno e dei genocidi avallando strumentali presenze di Al Qaida nell’Iraq irriducibilmente impegnato in una nuova ondata di resistenza all’occupante e ai suoi fantocci (ogni giorno vengono colpiti a decine, ma qui risulta solo “terrorismo”), nel Sahara che vuole sottrarsi alle predazioni multinazionali delle proprie risorse (uranio e petrolio), prodromo al ritorno colonialista in tutto il continente, nello Yemen e nella Somalia da sfasciare per guadagnare il controllo sui cordoni ombelicali dall’imperialismo capitalista, nei paesi progressisti dell’America Latina da hondurizzare.
L’incredibile menzogna di Katyn
Un La Russa come al solito inviperito e isterico se l’è presa ad Anno Zero con la vignetta di Staino che, a proposito dell’ecatombe dei dirigenti polacchi (pianta da un lacrimoso articolo del “manifesto”), il cui aereo era caduto nel viaggio per la commemorazione dei “martiri di Katyn”, fa dire al personaggio: “A qualcuno troppo, ad altri niente”, o qualcosa di simile. La vignetta è perfetta, ma non sfiora, come del resto tutta la stampa mondiale, il retroterra di un incidente che costituisce una vera e propria nemesi per la megatruffa dell’eccidio di Katyn. Anche qui, la dabbenaggine e il codismo della “sinistra” tutta, tra venduti, infiltrati e babbei, risulta esemplare. La tragedia che ha colpito un presidente cialtrone, Lech Kakzynski, oscurantista cattolico da far invidia al più ottenebrato ayatollah, macchietta con il gemello da Isola dei famosi, succubo con tutta la combriccola di vertice di ogni scelleratezza militare prima di Bush e poi di Obama, ha riscatenato il rullo compressore della diffamazione dei comunisti, interpretati come l’Urss di Stalin, che già aveva scaldato i motori con la campagna contro Cuba. E, anche qui la solita unanimità destra-sinistra, lucida nella prima, demenziale nella seconda. Tutti concordi e nessuno dissenziente sul fatto che a Katyn Stalin, nella primavera del 1940, avrebbe giustiziato 20mila prigionieri di guerra polacchi. Tutti concordi nell’ignorare il dato storico, che urla dalle pagine del processo di Norimberga, che quei polacchi furono uccisi dai tedeschi nell’autunno del 1941.
Non furono solo i referti autoptici delle salme e le condizioni ancora buone del loro vestiario, quando furono fatte le riesumazioni, a dimostrare che quei corpi non potevano essere stati seppelliti fin dalla primavera 1940. Né i soli documenti dell’inchiesta condotta da scienziati e accademici dai quali risultò che le truppe tedesche avevano fatto scavare le fosse per i polacchi a 500 prigioneri sovietici, poi fucilati. E che i polacchi erano stati uccisi con un colpo all’osso occipitale, metodo identico seguito dai tedeschi in tutte le analoghe esecuzioni nelle città russe occupate. E che decine di testimoni avevano visto i prigionieri polacchi molto dopo l’epoca in cui la versione nazista li voleva trucidati. C’è la prova inconfutabile presentata e accettata al processo di Norimberga!
Nel luglio del 1941 alcune zone della provincia di Smolensk, dove si trova Katyn, furono occupate dalle armate tedesche. I prigionieri polacchi di Stalin, ancora vivi e vegeti, caddero nelle mani della Wehrmacht. E furono giustiziati. E’ solo nel 1943 che, in gravi difficoltà sul terreno e per necessità propagandistiche, Berlino ascrive l’eccidio ai sovietici. Un membro della commissione che i tedeschi misero in piedi per documentare tale accusa, il bulgaro Marko Markov, a Norimberga rivelò la verità. E se non bastasse, il ministro della propaganda del Reich, Goebbels, aveva ammesso le responsabilità tedesche scrivendo nel suo diario: Sfortunatamente abbiamo dovuto abbandonare Katyn. I bolscevichi sicuramente scopriranno che noi abbiamo fucilato migliaia di ufficiali polacchi e questo sarà uno degli episodi che ci creerà non pochi problemi nel prossimo futuro. I sovietici sicuramente trarranno vantaggio dal fatto che scopriranno quante più fosse comuni possibili e ce ne riconosceranno la colpa. Krusciov, che pure a Stalin assegnò più crimini di Pietro il Grande, non si era spinto fino ad addossargli Katyn. Putin, in compenso, ha chiesto scusa ai polacchi. Avrà avuto le sue ragioni… (vedi in internet Katyn e “soviet action”).
Babbei o cosa?
Basta che la camicia sia rossa? Che la indossino i compagni cubani, in piena rivoluzione, o quelli venezuelani che da anni lottano per integrare l’antimperialismo con la rivoluzione sociale, o che se la mettano le turbe tailandesi più arretrate politicamente e culturalmente per invocare il ritorno del loro berlusconide, detronizzato da una rivolta dei ceti più evoluti e consapevoli, anche se urbani, anche se di operai, intellettuali e professionisti. Basta il rosso per far spezzare al Campo Antimperialista, reduce da toppate sesquipedali come il sostegno agli squadroni di stragisti sciti in Iraq d’obbedienza iraniana, tutte le sue spuntatissime lance a favore di coloro che in questi giorni hanno invaso la capitale Bangkok. Fanno il paio – babbei o che cosa? - con quegli inviati di “sinistra” in Pakistan che preferiscono le armate “democratiche” alla resistenza nazionale di popoli “retrogradi”, o con quegli analisti dello stesso schieramento che inneggiano a una riforma sanitaria di Obama che lascia nel fosso 12 milioni di cittadini poveri e gratifica vampiri assicurativi e farmaceutici, imponendo al resto di assicurarsi con i primi e acquistare i farmaci di marca dei secondi. Abolendo coerentemente ogni sostegno statale alle donne costrette all’aborto. O a quel grottesco, nuovo trattato START che elimina poche armi nucleari obsolete (le cui scorie servono ai proiettili all’uranio) per sostituirle con più moderne ed efficaci, mantiene un arsenale che può distruggere il mondo quattro volte, e ribadisce uno scudo antimissile in Europa, stavolta mobile e pronto al first strike, al primo colpo, contro fantomatiche atomiche di fantomatici terroristi.
Le camicie rosse tailandesi, composte da pezzi di società come quelli che da noi si acculturano con la trasmissione “Amici” e votano Calderoli, o che si affidano al guitto mannaro con le sua guarigioni dal cancro, la sua riduzione delle tasse e il suo milione di posti di lavoro, provengono dalle zone più depresse del paese, escluse da ogni capacità di valutazione politica che non sia l’abbaglio delle illusioni sparse a larghe mani dall’ex-premier Thaksin Shinawatra, un superpaperone padrone di tutti i grandi mezzi di comunicazione, delinquente spodestato nel 2006, messo sotto processo e fuggito all’estero per aver sprofondato il paese in una fogna di corruzione. Già l’anno scorso questi rossi abusivi erano stati bloccati da un’opposizione di massa in camicia gialla, sostenitori del nuovo premier Abhisit Vejjajiva, regolarmente eletto dal parlamento. Gialli, per gli astuti baccelloni del Campo, ovviamente come certi sindacati.
Altra nemesi, su cui i nostri eroi delle tre categorie non hanno ancora saputo che pesci pigliare, si è verificata in Kirghizistan. C'era stata anni fa una delle classiche rivoluzioni colorate, tutte adorate dalle sinistre di complemento, innescate da Soros e vari istituti cripto-Cia a partire dalla Serbia per ripetersi in Georgia, Ucraina e fallire in Libano, Uzbekistan, Venezuela. In Kirghizistan aveva assunto nel 2005 il nome di “Rivoluzione dei tulipani” e aveva portato al potere un emulo dei briganti insediati altrove dagli Usa, il dittatore Kurmanbek Bakiyev. Di nuovo, come ovunque Washington metta sul trono il proprio fiduciario, si trattava di un satrapo nepotista e tirannico che, nel giro di pochi anni, aveva ridotto l’intero paese sul lastrico. Per mantenere il posto, il proconsole e suo fratello addetto al traffico della droga e alla repressione, arricchitisi al di là dell’immaginabile con i proventi della base russa e di quella Usa, cruciale per i rifornimenti alle truppe in Afghanistan, aveva fatto sparare sulla folla, tumultuante ma non violenta, provocando un’ottantina di vittime. Ora se ne è scappato in Kazakhistan. Significativa è stata la sua invocazione di truppe dell’Onu, che, dal Kosovo alla Somalia, da Haiti all’Iraq, si sa su che musica marcino.
Babbei o cosa?
Basta che la camicia sia rossa? Che la indossino i compagni cubani, in piena rivoluzione, o quelli venezuelani che da anni lottano per integrare l’antimperialismo con la rivoluzione sociale, o che se la mettano le turbe tailandesi più arretrate politicamente e culturalmente per invocare il ritorno del loro berlusconide, detronizzato da una rivolta dei ceti più evoluti e consapevoli, anche se urbani, anche se di operai, intellettuali e professionisti. Basta il rosso per far spezzare al Campo Antimperialista, reduce da toppate sesquipedali come il sostegno agli squadroni di stragisti sciti in Iraq d’obbedienza iraniana, tutte le sue spuntatissime lance a favore di coloro che in questi giorni hanno invaso la capitale Bangkok. Fanno il paio – babbei o che cosa? - con quegli inviati di “sinistra” in Pakistan che preferiscono le armate “democratiche” alla resistenza nazionale di popoli “retrogradi”, o con quegli analisti dello stesso schieramento che inneggiano a una riforma sanitaria di Obama che lascia nel fosso 12 milioni di cittadini poveri e gratifica vampiri assicurativi e farmaceutici, imponendo al resto di assicurarsi con i primi e acquistare i farmaci di marca dei secondi. Abolendo coerentemente ogni sostegno statale alle donne costrette all’aborto. O a quel grottesco, nuovo trattato START che elimina poche armi nucleari obsolete (le cui scorie servono ai proiettili all’uranio) per sostituirle con più moderne ed efficaci, mantiene un arsenale che può distruggere il mondo quattro volte, e ribadisce uno scudo antimissile in Europa, stavolta mobile e pronto al first strike, al primo colpo, contro fantomatiche atomiche di fantomatici terroristi.
Le camicie rosse tailandesi, composte da pezzi di società come quelli che da noi si acculturano con la trasmissione “Amici” e votano Calderoli, o che si affidano al guitto mannaro con le sua guarigioni dal cancro, la sua riduzione delle tasse e il suo milione di posti di lavoro, provengono dalle zone più depresse del paese, escluse da ogni capacità di valutazione politica che non sia l’abbaglio delle illusioni sparse a larghe mani dall’ex-premier Thaksin Shinawatra, un superpaperone padrone di tutti i grandi mezzi di comunicazione, delinquente spodestato nel 2006, messo sotto processo e fuggito all’estero per aver sprofondato il paese in una fogna di corruzione. Già l’anno scorso questi rossi abusivi erano stati bloccati da un’opposizione di massa in camicia gialla, sostenitori del nuovo premier Abhisit Vejjajiva, regolarmente eletto dal parlamento. Gialli, per gli astuti baccelloni del Campo, ovviamente come certi sindacati.
Altra nemesi, su cui i nostri eroi delle tre categorie non hanno ancora saputo che pesci pigliare, si è verificata in Kirghizistan. C'era stata anni fa una delle classiche rivoluzioni colorate, tutte adorate dalle sinistre di complemento, innescate da Soros e vari istituti cripto-Cia a partire dalla Serbia per ripetersi in Georgia, Ucraina e fallire in Libano, Uzbekistan, Venezuela. In Kirghizistan aveva assunto nel 2005 il nome di “Rivoluzione dei tulipani” e aveva portato al potere un emulo dei briganti insediati altrove dagli Usa, il dittatore Kurmanbek Bakiyev. Di nuovo, come ovunque Washington metta sul trono il proprio fiduciario, si trattava di un satrapo nepotista e tirannico che, nel giro di pochi anni, aveva ridotto l’intero paese sul lastrico. Per mantenere il posto, il proconsole e suo fratello addetto al traffico della droga e alla repressione, arricchitisi al di là dell’immaginabile con i proventi della base russa e di quella Usa, cruciale per i rifornimenti alle truppe in Afghanistan, aveva fatto sparare sulla folla, tumultuante ma non violenta, provocando un’ottantina di vittime. Ora se ne è scappato in Kazakhistan. Significativa è stata la sua invocazione di truppe dell’Onu, che, dal Kosovo alla Somalia, da Haiti all’Iraq, si sa su che musica marcino.
La nuova premier, Roza Otunbayeva, proviene più o meno dagli stessi ambienti, ma ha mandato i primi segnali amichevoli a Mosca, pur non osteggiando gli Usa e non mettendo per ora in discussione la loro base. Cosa ne verrà è incerto. Certo è invece che questa volta la sollevazione non è stata né provocata, né foraggiata, né organizzata, né armata dai soliti protagonisti occidentali del regime change. E’ sorta spontaneamente da masse popolari nella parte più industrializzata e socialmente attiva del paese, scandalizzate dalla corruzione, massacrate dalle malversazioni di regime, da una disoccupazione afferente la maggioranza della forza lavoro e dall’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità. Vedremo chi si saprà muovere meglio su questo scacchiere e quali rapporti di forza sapranno imporre i protagonisti della rivolta. Intanto ci aspettiamo che su questa rivoluzione senza velluto, in un’area cruciale per le sorti del mondo, aprano gli occhi catarrattosi i soliti esperti di “democrazia”, “diritti umani” e “terrorismo islamico”. Alla “rivoluzione dei tulipani” Bush aveva inviato fiori e pasticcini. A quest’altra Obama ha spedito l’esperto in rimedi imperiali, fin da tempi della truffa mortale ai serbi di Dayton, Richard Holbrooke.
Fucilatori
Chiudo, se perdonate la prolissità, con un argomento che mi sta particolarmente a cuore. La commissione agricoltura della Camera ha approvato una modifica della pur avariata legge comunitaria che regola le stagioni della caccia. Si va, con anticipi e prolungamenti, oltre il periodo dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio. Si va verso la possibilità di cacciare tutto, sempre e ovunque, anche nel giardino di casa tua. Si va verso l’estinzione delle ultime specie sopravvissute allo sterminio di armi, inquinamento, cemento. Si va verso un mondo in cui i bambini pensano che le galline siano le coccodè di Arbore. Anni fa, per il TG3, brandivo la telecamera contro i delinquenti bresciani e bergamaschi che massacrano di lenta morte fringuelli e pettirossi attirandoli su trappole travestite da cibo. E’ quello che fanno molte Ong con i bambini africani. Sarà per i profitti, garanzia di voti, delle industrie delle armi ed attrezzature per questi psicopatici dell’assassinio facile. Ma più ancora sarà per disegnare un edificante e contagioso parallelo tra i nostri bravi cacciatori di teste in Afghanistan e chi per ora deve accontentarsi di polverizzare due grammi di bellezza in volo. Possiamo ipotizzare una battaglia contro, altrettanto parallela e contagiosa?
16 commenti:
Ho scelto di non scrivere mai commenti in questo blog solo ed esclusivamente per complimentarmi con l'autore, perchè ritengo che non ne valga la pena.. ma questa volta devo farti i complimenti, Fulvio, per questo articolo superbo.. uno dei migliori che abbia mai letto. Sono contento che tu abbia deciso di integrarvi anche un passo del miglior Travaglio (e speriamo che sia stato folgorato sulla via di Damasco o di Kabul).
Importante praticamente tutto quello che hai detto, compreso il finale ambiantalista. Aspettavo, inoltre, che qualcuno mi illuminasse su kathyn.. immaginavo che fosse solo propaganda, ma non credevo che la storia fosse falsa fino a questo punto. Grazie.
L'eccidio di Katyn, l'ccisione di circa 22000 ufficiali polacchi fu commesso dai sovietici,. Addosare ai tedeschi questo orrendo crimine non fa onore a Grimaldi, il quale con questo articolo, perde per me la sua credibilità di giornalista imparziale, e me ne dispiace perchè sul conflitto palestinese ha scritto coraggiosamente.
Ciao Fulvio sono Riccardo e voglio scriverti sulla questione dell'eccidio di katyn che sinceramente non conoscevo bene.La tua analisi va in direzione del tutto contraria alle notizie che si possono trovare anche in luoghi,credo neutrali come wilkipedia(ti invito a leggere quello che dice di Katyn)e di conseguenza la tua versione è davvero audace anche se citi degli atti del processo di Norimberga.Con questo vorrei solamente avere degli elementi in + xcapire qale sia la verità su questo gesto davvero ignobile che mi ricorda molto da vicino (x il modo con il quale sono state giustiziate persone innocenti),le Fosse Ardeatine,infatti dei due eccidi ho visto i relativi film che sono stati realizzati negli anni....su Katyn un film attuale che è andato in onda ieri su raitre in seconda serata,sulle fosse ardeatine invece mi ricordo che il film era inbianco e nero e quindi molto + vecchio,non ricordo il titolo ma ricordo uno straordinario Ivo Garrone nella parte di un padre di famiglia innocente catturato insieme al figlio piccolo di sei anni e poi giustiziati alla stessa maniera di Katyn.Insomma vorrei qualche elemento in + rispetto a quelli che trovo e che danno una versione sola.Grazie a presto
dicono che su katyn abbiano documenti sovietici riservati.L'era è quella della massima confusione,dove tutto è vero e per questo tutto è falso.Chi cerca con forza di sottrarsi a questo gioco,è visto come un pirla.Mah!
La rete è piena di infiltrati terzisti,che non dicono chiaramente di essere fascisti-anzi negano ogni forma di fascismo o nazismo-ma che nella prassi servono solo per distruggere ogni elemento di sinistra.Certo la scusa è l'anti americanismo e anti sionismo,per cui attirano anche le simpatie di quelli che come me sono nauseati dai sinisntrati modello dirittoumanista con manifesto sottobraccio.
Essi sono nè più nè meno che i classici fascisti infilitrati
Rammentiamo che nei 70 ordine nuovo di padova si era ottimamente infilitrata tra i militanti maoisti/marxisti leninisti.Questo per far capire da dove arrivano certi professori e loro combricola.
Fulvio è una sicurezza,ripeto non sempre concordo con lui,ma ce ne fossero come lui e Losurdo.
Per quanto riguarda la tahilandia,diciamo che mi son fatto trascinare dal campo anti imperialista,perchè non avevo capito la sua natura.Ci rifletterò.
Su Katyn,anche i fascistelli locali-dal cpeurasia ai forzanovisti-hanno da rompere i coglioni con le foibe.Questo forse cancella quanto fatto dai fascisti contro la popolazione slava?
Se non sbaglio in Polonia vi era una dittatura di estrema destra,prima che fosse invasa da altri camerati.
Il governo in esilio ,non era composto da militari destronzi e similia?Quindi chi piangono,al di là dei propri parenti?Quale classe politica?
Però se sto sbagliando correggetimi,magari ho capito male
ps:vabbè,non te ne fregherà nulla Fulvio ,ma nel mio blog ho messo la lista dei miei "eroi" politici,ci sei pure tu!(sei in compagnia di tanti validi compagni o resistenti)
ciao,davide
Anch'io sono rimasto, diciamo, disorientato dalla questione Kathyn, dato anche il beneplacito russo. Se possibile gradirei ulteriori chiarimenti. Quanto a Santoro e Travaglio, l'uno che all'epoca si vendette,e bene, al nano, e l'altro che sionista era e sionista rimane, posso solo sperare che qualcuno di quelli che li seguono sia capace di fare 2+2. Sul"Governo" e limitrofi ancor non fischia il vento ma pur sempre uno spiffero s'ode, ci si è almeno indignati e loro non se l'aspettavano. Mi giunge or ora voce che gli Emergenti siano stati liberati: bene(se è vero)! Gli Angli in ogni caso il loro scopo lo hanno raggiunto, niente occhi indiscreti nei luoghi dove si apprestano a portare la pace, eterna! Un abrazo Lopez
E della campagna anticubana di Travaglio non se ne tiene conto? Mai fidarsi di queste doppie facce e lingue biforcute, come di Saviano, del resto. Poi andrebbe comunque analizzata meglio la situazione thailandese, la rivolta potrebbe andare oltre il simil-berlusconide, un pò come la rivolta honduregna va oltre Zalaya, uomo anch'esso fondamentalmente di destra. Il sistema di potere thailandese è comunque un'infame cricca.
Come sempre articolo molto interessante....concordo sul fatto che finalmente il giornale IL FATTO ha preso una posizione leggermente discordante dalla sua linea filo amercana e filosionista...non concordo invece sul fatto che Santoro abbia fatto una buona trasmissione giovedì scorso...boh...secondo me ha perso un buona occasione...se inviti quel guerrafondaio di Luttwak...spalleggiato dal patriottico fascista La Russa...non puoi lasciare il povero Gino Strada da solo. Metterlo vicino allo sbirro Di Pietro ed alla pur brava ed onesta ma incompetente in situazioni internazionali Concita De Gregorio penso sia stato un errore clamoroso. Gino argomentava e dibatteva...difendeva il suo pensiero ma non aveva aiuto...era solo....che ne so....forse doveva invitare un giornalista come Giulietto Chiesa...o perlomeno qualcuno che ne avesse un idea di quello che sta realmente succedendo in afghanistan...che ne pensi Fulvio????
Io...per esempio ti avrei visto bene seduto di fianco a Gino Strada....
HASTA SIEMPRE
COMPAGNOPABLO
La strage di Katyn ormai viene universalmente attribuita a Stalin. Purtroppo da quando l'Urss ha smesso di esistere, alle fonti storiche non si può più attingere e la propaganda anticomunista è rimasta l'unica dispensatrice di verità. Non credo siano mai emerse prove oggettive sulla responsabilità sovietica: è successo semplicemente che i dirigenti post sovietici smaniosi di ingraziarsi l'Occidente, hanno accettato, quarant'anni dopo, la tesi nazista-polacca, riassemblata oggi mediaticamente con l'unico scopo di vendicarsi dell'odiato nemico. Altro che verità storica! A sinistra quasi tutti hanno accettato la nuova vulgata sopprimendo ogni dubbio, persino Domenico Losurdo nel suo libro "Stalin leggenda nera" accetta la tesi che accusa i sovietici e assolve i nazisti!Anche se non ho elementi di certezza, io sono propenso a credere alla storia raccontata nell'immediato dopoguerra e non a quella riscritta dopo il 1990! Vorrei comunque avere riferimenti affidabili sull'argomento, possibilmente reperibili su internet. Puoi procurarmeli? Grazie!
Luciano
Gent. Grimaldi, in merito a Katyn.
Avendo sempre e solo sentito la versione che dà l'Urss colpevole, le sue parole mi colpiscono e, facendo il "conto della serva", guardo su wikipedia "massacro di Katyn". Trovo una dettagliata pagina nella quale si dice che Katyn non è mai citata nelle sentenze di Norimberga, nella quale si parla della tesi che lei espone come proposta da negazionisti dell'olocausto e smentita da prove, si snocciolano nomi, date, numeri di "plichi de-secretati" ecc ecc. Ora, considerando anche quanto wikipedia sia usato dalla massa, e va bene che la pagina può averla scritta chiunque, ma il rovello è sempre uno; nelle sentenze di Norimberga Katyn o c'è, o non c'è; che senso avrebbero avuto i decenni di silenzio sovietico se la responsabilità fosse nazista? e di conseguenza, le ammissioni di colpa di Gorbaciov & C.? Non metto in dubbio lei, Grimaldi, solo non mi capacito di come sia possibile che NESSUNO, vecchi compagni di partito, storici, studiosi ecc, NESSUNO, nemmeno in questi giorni si sia alzato ad affermare la verità, se è quella che lei afferma. Non c'è nessuno in italia che conosce la verità su katyn, oltre a lei? non voglio provocarla o polemizzare, lei è sempre fonte per me fondamentale, ma tutto ciò mi sgomenta. Mi aiuti a capire. grazie. edoardo
Concordo in pieno, ma francamente rimango dubbioso su Katyn, se non altro perchè ho sempre considerato i processi di Norimberga un insulto al diritto, e non ne ritengo attendibili gli esiti. I tedeschi furono condannati per molti crimini commessi anche da statunitensi, inglesi e sovietici. Non mi stupirei comunque se fosse veramente accaduto ciò che hai denunciato, cioè che il crimine l'avessero in realtà commesso i tedeschi. Di questo passo, tra qualche anno si dirà che in realtà la Seconda Guerra Mondiale l'hanno vinta gli USA e che L'URSS l'ha persa. Cari saluti.
L'altro ieri avevo inviato un post a questa rubrica, nel quale criticavo la tua attribuzione del massacro di katyn ai nazisti
,che per me è da attribuirsi ai russi. Ma a quanto è daton di vedere censuri i commenti, che senza insultare, non condividono le tue opinioni.
Vorrei intervenire sui continui commenti che tendono a creare uno stigma nei confronti di giornalisti che in questo periodo a dir poco oscuro per la categoria stanno facendo il loro lavoro in maniera direi onesta e anche del tutto professionale.Mi riferisco in particolare a Marco Travaglio e in seconda battuta a Michele Santoro che vengono di continuo attaccati per le loro idee,in maniera per me inutile e del tutto discutibile.Questo mi sembra che sia uno sport di frequente utilizzato da chi vede di cattivo occhio chiunque ha + di 50 persone che lo seguano,in televisione o sulla carta stampata!!!!Credo che questi attacchi siano inutili e dannosi in questo momento dove bisognerebbe compattarsi x una resistenza trasversale nei confronti di un regime che sta portando il nostro paese ad essere il vero e proprio paese delle Banane!!!!E'la polemica fine a se stessa che mi indigna e che ci porta a vedere la pagliuzza nell'occhio altrui e non il palo che ci stanno mettendo nel culo!!!!Grazie
riccà:ma sai quale sono le idee di Travaglio circa la Palestina-e non la disputa di scala 40 di cusano milanino-sai cosa scrisse l'indomani dell'aggressione della georgia contro l'ossetia?Quale la sua idea sugli scudi americani?Quali i suoi eroi giovanili?
Non è questione di massimalismo,ma di non affidare la MIA RESISTENZA in mani altrui perlopiù sioniste.
Ho bisogno di Travaglio e di simili per resistere al berlusconismo,che è un male minore,rispetto a quello che ci fanno e faranno con il trattato di lisbona e del capitalismo/imperialismo da rapina yankee-sionista.
Ci sono moltissimi professori e giornalisti validi,anche meno rinomati degli eroi dell'antisistema,che fanno ottime cose.E poi ce la mia libertà di essere comunista,anti americanista e sionista e di cercare,valutare,controllare.Non è che senza questi allora siamo spacciati.E' la delega comoda degli indignati,categoria che non amo .
La resistenza è un fatto quotidiano,personale,di non arresa.Non la fossilazizzazione e la pecoronizzazione nei confronti di alcuni nomi.Per giunta non è peccato mortale e non è fare giochi di chissà quale forza nemica ed ostile,quando magari i nemici stanno davanti di noi.
Io non seguo Travaglio e simili,ma ho grande fiducia in Losurdo,Giannuli,Canfora,Franzelini,pochissime volte in Barnard e sopratutto nel compagno Grimaldi.
Per favore,evitiamo di portare tutto a livello di immagine sacra e inviolabile,le critiche si possono e devono fare.
Altro discorso :il massimalismo autolesionista-come quello dei compagni ultrarivoluzionari che sostenendo alla kazoo di bau bau ogni sollevazione non comprendono che spesso sono utilizzati da agenti imperialisti per dominare nuove terre-il nostalgismo immobilista e l'utopia sgangherata.Non c'entra nulla con l'attacco a certi paladini delle libertà
ps:e chi ce lo mette nel culo,mica è solo il nano giullare.
Chi rammenta il pacchetto treu?i cpt?Le riforme universitarie e le pensate dalemiane su bicamerale e guerra in kosovo?
Con l'aggravante che questi vengono fatti passare per salvatori della patria solo perchè sono "contro" al guitto.
Prima rendersi conto della situazione-chiusi tra due nemici del popolo e delle classi-perchè espressioni dell'imperialismo yankee con sfumature diverse.
Certo la situazione è assai dura,e non vedo una chiara soluzione.Personalmente sostengo le nazioni e potenze emergenti e che creano contrasto all'america e allo stato canaglia di israele.Mi limito a questo,è poco,ma la strada per me giusta.
non è assolutamente mia intenzione mettermi nelle mani di qualcuno per non resistere come tu dici caro Davide giorno x giorno....la mia è un'insofferenza a tutto ciò che viene condannato xchè popolare....ho sempre condiviso l'idea di Gramsci in cui l'intellettuale diventa organico al popolo e viceversa,la mia sarà una idea pop ma del resto xcome siamo messi prendiamo almeno le giuste considerazioni che vengono fatte su detrminati argomenti e certe battaglie che viceversa non sarebbero neanche mensionate!!!Per il resto non sono d'accordo neanche io su certe posizioni di Travaglio.Ciao a presto
Caro Fulvio condivido gran parte del tuo articolo,, (tranne la parte in cui definisci agitarsi da fiction l la vita Cristo...ma non ho voglia di fare via mail una disquisizione teologica).
Volevo piuttosto farti riflettere però su una questione circa Saviano. In politica estera prende enormi cantonate e fai bene ad evidenziarlo. Ma credo che comunque vada portato più rispetto(sul piano personale)ad un giovane che volontariamente si è andato a mettere contro la camorra e quindi si è messo volontariamente sulla testa una condanna a morte.Che ne pensi?
ciao
Andrea
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