giovedì 11 febbraio 2016

EGITTO-ALEPPO, MANOVRA A TENAGLIA. La Siria vince, ma i curdi a che gioco giocano?



“Come le pecorelle escon dal chiuso a una, a due, a tre, e l’altre stanno timidette atterrando l’occhio e il muso; e cio’ che fa la prima, e l’altre fanno, addossandosi a lei, s’ella s’arresta, semplici e quete, e lo ‘mperchè non sanno…” (Dante, Purgatorio, canto III)

“L’Italia è stata grandiosa.Il suo impegno nella coalizione-anti-Isis è sostanziale, uno dei più grandi in termini di persone, di contributi finanziari e militari in Iraq e, in particolare, per la sua leadership in Libia nel processo di formazione del governo. La ringraziamo”. (John Kerry, Roma, 2/2/16. In merito all’invio di complessivamente 2000 professionisti italiani, la presenza più cospicua dopo quella dei 3000 Usa, di cui 450 alla diga di Mosul, per una difesa da nessuno – l’Isis è feroce, ma non scemo, non allagherebbe mai i suoi territori – ma il cui restauro  da 280 milioni, è stato affidato all’Italiana “Trevi”. Sono 3000 mercenari Nato, come i Marò in uso pubblico a protezione di interessi privati, che però contribuiscono alla tripartizione necolonialista della nazione irachena).

Filo-qua e filo-là, a prescindere.
Prima di parlare dei curdi, vorrei comunicare la mia risoluta antipatia e il mio fondato sospetto su gran parte dei filo-curdi, specialmente quelli organizzati. Mi riferisco non tanto a coloro che inseriscono i curdi nel loro interessamento per popoli negati ed esclusi dal concerto degli Stati riconosciuti. Ma a quelli che mitizzano i curdi in quanto tali e ne fanno una pietra di paragone impropria e strumentale a scapito di altre realtà etniche, o nazionali. Curdi che diventano, qualsiasi cosa facciano, archetipi dei migliori valori, con implicito disconoscimento di altri, magari altrettanto o più degni di stima e sostegno (penso ai curdi di Kobane, esaltati, e ai combattenti siriani, iracheni, libici, denigrati o ignorati). In questo modo i curdi vengono collocati in una specie di Truman Show, dove ogni cosa è perfetta, armoniosa, giusta, bella e, invece, sotto sotto, molte cose sono finte, sbagliate, o turpi. In questo senso i filo-curdi si pongono sullo stesso piano dei filo-palestinesi, dei filo-cubani, dei filo-vietnamiti, tutti filo a prescindere, per i quali la qualità dei soggetti della loro passione è un dato acquisito per sempre, apodittico e consacrato da aporie incrollabili.


E guai a metterlo in discussione. Anche quando tutte le organizzazioni palestinesi tradiscono il loro popolo e chi lo ha sostenuto nei decenni, pugnalando la Siria e passando con il tiranno del Qatar. Anche quando Raul Castro rinnega una resistenza di popolo di oltre mezzo secolo pensando di tirarsi fuori da un fallimento epocale grazie al libero mercato e al lazo yankee. Anche quando in Vietnam il partito unico comunista, manda i suoi ufficiali nelle scuole di guerre Usa e governa con pugno di ferro la transizione al capitalismo più feroce. Con i filo –qua e filo-là abbiamo a che fare con una sindrome che ricorda il rifiuto di uscire dall’infanzia, l’attaccamento tardivo a una mammella disseccata.

Vediamo cosa succede in Medioriente e in Nordafrica, sul terreno. Tocca lacerare le cortine di nebbia sparate dagli operatori delle grandi distrazioni di massa. Matrimoni gay e adozione dei figliastri, temi validi ma da molti usati in funzione di copertura di grandi misfatti, commedie degli equivoci ginevrine dove le vittime dovrebbero accordarsi con i carnefici, tempesta di coriandoli anti-Isis scatenata su Roma da Kerry e da altri padrini e soci dell’Isis, riuniti nella cosca terroristica Small Group, nuove bordate di commozione sui rifugiati, l’avanspettacolo del burattino Renzi che agita la sciabola di latta in faccia ai burattinai di Bruxelles e Berlino e l’ennesima pandemia da Zika, immancabilmente trasmissibile anche per via sessuale (come la mega-invenzione Aids) a fini di ulteriore panico collettivo, ulteriori controlli sociali e ulteriori profitti di Big Pharma.

Egitto-Grand Guignol ed “esodo biblico” da Aleppo: manovra a tenaglia anti-araba
Da qualche giorno sono essenzialmente due le direttrici lungo le quali si articola la strategia Nato-Golfo-Israele e che vengono rilanciate dai media a mo’ di fosforo bianco che incenerisca le facoltà della gente di distinguere e capire. Travaglio li chiama con sardonica perspicacia GUN, Giornale Unico della Nazione. Ma precipita nel paradosso perchè, cadutogli di mano lo scudiscio con cui percuote falsari e velinari dell’informazione, dà sulla vicenda Giulio Regeni-Al Sisi prova di essere, di questi tenori del falso e della velina agli ordini della bacchetta imperiale, il rappresentante più prestigioso. Nel suo editoriale, accanto a comici decaduti come Paolo Haendel, ridotti a sfottere gli iraniani che si passerebbero sottobanco le foto “porno” della Venere di Prassitele, il presidente egiziano viene squartato a forza di “Pinochet d’Egitto”, “Videla arabo”, prima ancora che una qualsiasi indagine abbia dato una qualsiasi indicazione concreta (ma basta ripeterlo, Goebbels insegna). Grandi  cultori della legalità e del diritto, capaci di comporre in sé le funzioni di investigatore, pubblico ministero e giudice, con prove e sentenza incorporate ancor prima che il reato venga commesso, la vittima vista, il colpevole individuato..

C’è tutta la destra e tutta la “sinistra” nell’operazione. Entrambe devotissime  ai Fratelli Musulmani, storico strumento del colonialismo contro la rinascita nazionale, laica e socialista dei popoli arabi e, oggi, nelle sue varie derive terroristiche, mercenariato dell’alleanza Nato-Golfo-Israele per quella che dovrebbe essere la disintegrazione definitiva della nazione araba. Due esempi. Acconcia, forsennato satanizzatore di Al Sisi sul “manifesto” e Massimo Fini, disinformato pasticcione e, perciò, rara flor di “intellettuale di destra” che, sul “Fatto”, rilancia invereconde balle sugli abominii di Al Sisi, tratte dalle sacre tavole delle Ong dei diritti imperialisti, detti umani, rafforzate dall’estenuata ripetizione delle nequizie di tutti coloro, infami dittatori laici, che si erano tolto dai piedi l’ingombro coloniale dell’equivalente islamico della teocrazia israeliana. Per lui Morsi, che infliggeva la Sharìa a tutti, vinceva le elezioni trascinandone le donne al seggio a bastonate e ricattando le famiglie con l'assistenzialismo islamico, proibiva gli scioperi e sparava sui manifestanti, era un illuminato e democratico governante.

Dicevamo delle due direttrici. Una è quella del parossismo forcaiolo e apodittico, oltreché ottuso sul piano meramente logico, applicato all’Egitto di Al Sisi con una crocefissione del reo individuato e provato a corpo del povero Regeni ancora caldo. Parossismo di cui “il manifesto” e addirittura mosca cocchiera, tanto sulla prima direttrice, quanto su quella parallela. Che è l’utilizzo di Aleppo e delle vittorie siro-russe per montare una gigantesca disinformazione “umanitaria” sui profughi siriani in fuga. “Il manifesto” (scusate la ripetuta citazione del modesto giornaletto in mano alla lobby, ma purtroppo in certi ambienti, presunti di opposizione, fa ancora opinione) titola “La battaglia di Aleppo e l’odissea delle popolazioni civili – 350mila indesiderati in fuga verso la Turchia”. Bum!
 Il grande flirt

Qui non solo si elevano alla terza o quarta potenza quei 40mila, o 70mila, profughi che, nella versione turca e dei signori cartacei ed elettronici della guerra, si addenserebbero alla frontiera chiusa della Turchia. Canta in coro, il giornale, con la novella Feldmarescialla Kesselring, Angela Merkel, piombata da quelle parti just in time e intrecciatasi col camerata nazisultano Erdogan per rivelarsi al mondo “inorridita per la tragedia inflitta dai russi ai civili siriani” (il raccapriccio della cancelliera di ferro lo citano tutti, chè se è raccapricciata lei, usa a sfottere bambine palestinesi da cacciare di casa in Germania, figuriamoci quanti titoli per raccapricciarci abbiamo noi).

Aleppo come Kosovo
La bufera di vento che da giorni sta piegando minacciosamente i miei cipressi e la mia antenna satellitare, è un lieve zeffiro rispetto al fortunale Regeni-Aleppo, ennesimo rinfocolamento dello scontro di civiltà, stavolta con variante. Non più tra noi civili e i barbari islamici. A costoro ora si cuciono addosso i panni laceri e insanguinati delle vittime formicolanti nelle segrete di Al Sisi e tra le macerie di Aleppo, al cui fianco è doveroso umanitariamente schierarsi. Noi civili contro le turpitudini dei laici Al Sisi e Assad  e del quasi-ancora-di nuovo-sovietico Putin. Ciò che questi scagnozzi, addomesticati dal tengo famiglia, scrivono, o mostrano dagli schermi, sul governo egiziano e su quello di Damasco vale quanto  scrivevano e mostravano su Gheddafi. Rispuntano, in Egitto, le solite screditatissime Ong dei diritti umani e, addirittura, gli stessi blogger del tempo della rivoluzione, poi scoperti infiltrati Cia. E, come al solito, la voce della controparte non c’è, viene annichilita dal ridicolo e dal disprezzo razzista, quando non del tutto taciuta.

Sul presunto uragano di profughi da “Aleppo bombardata da Assad e dai russi”, campagna finalizzata a giustificare l’aggressione Nato-Golfo via terra, rinvio a un documentato articolo di Enzo Brandi da richiedere alla lista No Nato.. A me ha colpito la perfetta ripetizione di quanto avevo visto succedere in Kosovo. Allora dagli schermi ci piovevano addosso decine di migliaia di fuggiaschi laceri e affamati che premevano ai confini di Albania e Macedonia, inseguiti dai pulitori etnici serbi di Milosevic. E non era vero niente. Perfino i civili torturati e assassinati a Racak (affiancabili sia al povero Regeni, sia ai “bambini uccisi dalle bombe-barile di Assad" ad Aleppo), pretesto ultimo per l'attacco alla Serbia, erano una messa in scena dell’osservatore ONU e spia William Walker, con utilizzo di miliziani kosovari caduti in battaglia e successivamente tagliuzzati per risultare seviziati (un falso che equivale a quello di Srebrenica e delle foibe). La famigerata “pulizia etnica” (che ancora sopravvive nei memoriali di Tommaso De Francesco del “manifesto”, insieme all’epiteto di “despota” a Milosevic), l’hanno subita esclusivamente i serbi, cacciati in 300mila dalla terra loro.

Oggi l’immonda farsa si ripete con i presunti profughi di Aleppo ai confini turchi, costruiti dai media per puntare il dito sui bombardamenti russi, tutti sui “civili”, come ormai da settimane risuonano i do di petto degli “Amici della Siria e di Kerry”. E se dal Kosovo ci riempiva di scelleratezze serbe e tragedie albanesi la nota Botteri del Tg3, proprio lì conquistatasi i galloni di corrispondente Rai, fiduciaria della Casa Bianca, qui ci siamo affidati ad altre eccelse professioniste, nuovamente donne (quando mai una donna mente!). Lucia Goracci di Rai News24, Maria Cuffaro, del TG3, snocciolano il rosario dei crimini russi e, oscenamente, ne mettono i grani in bocca a qualche disperato alla ricerca di pagnotta e asilo politico, proprio come la loro sorella maggiore faceva in Kosovo. L’ordine di servizio agli embedded è sempre quello.

Grazie alle sortite dell’aviazione russa, che, dopo un anno di pippe della coalizione occidentale, hanno neutralizzato oltre il 40% del potenziale bellico e logistico del jihadismo dalle varie denominazion, e grazie alla tenuta e alla determinazione dell’esercito arabo siriano, Aleppo è tornata dopo tre anni sotto controllo governativo, con ormai solo residue sacche di Al Nusra e Jaysh al-Islam in periferia. Che però bombardano con mortai e razzi gli abitanti del centro, così che si possa lacrimare per le “vittime di Assad”. Per anni la situazione di Aleppo, come quella del campo palestinese di Yarmuk, ci è stata raccontata da inviati dell’Impero come Ricucci, o Quirico. Centri fatti passare per assediati e affamati dalle forze governative e, invece, occupati dalle formazioni jihadiste, o del Libero Esercito Siriano, che usavano i civili come scudi umani e impedivano che gli arrivassero aiuti. Quelli paracaduti venivano confiscati dalle milizie mercenarie. Un discorso che vale per tante altre città sottoposte a occupazione dai rifiuti umani assemblati dalla Nato in Turchia, Giordania e nel Golfo. Le accuse ad Assad valgono quelle a Gheddafi sul Viagra ai propri soldati stupratori.
Esercito Arabo Siriano libera Rabi'a

Siria e Iraq, cambia il vento, ma si avvicina la tempesta
Ora le maggior vie di comunicazione sono state liberate e quelle dei rifornimenti e rinforzi che turchi, sauditi e giordani da anni fanno affluire ai mercenari, sono interrotte.Tra coloro che si ammassano al confine sono molti i terroristi in fuga, mentre gran parte dei loro capi si sono rifugiati in Libia. L’esercito arabo siriano, ormai a pochi chilometri dal confine turco e da quello giordano, può ora concentrarsi sulla roccaforte Isis di Raqqa. Sembra a un passo dalla vittoria e, quanto meno, la situazione sul campo e nei rapporti di forza si è rovesciata. Da qui, il sabotaggio delle “opposizioni” ai colloqui di Ginevra, in attesa che qualche intervento esterno possa rimettere loro e i loro sponsor in condizione di negoziare da posizione migliore. Da qui anche il marasma mediatico che prova a coprire la realtà di una manovra lanciata dalla “comunità internazionale” cinque anni fa, con la certezza di ridurre la Siria in brandelli come la Libia, che appare sull’orlo del fallimento. Tanto più che un esito analogo si presenta agli smembratori dell’Iraq, dove l’avanzata delle forze lealiste e delle milizie popolari, da Ramadi  e Tikrit liberate verso Fallujah e Mosul, ha messo in grave imbarazzo la Coalizione presunta nemica dell’Isis. Tanto che Washington si è permessa di intimare al governo iracheno lo scioglimento delle forze popolari volontarie, appunto la punta di diamante della lotta all’Isis.
Ramadi liberata

Ora è tutto un correre in aiuto all’Isis e soci, sempre meno mascherato da “lotta all’Isis” e sempre più estremo tentativo di regime change e di alt alla Russia. I sauditi, pur non venendo ancora a capo di uno Yemen macellato e affamato dal blocco navale Nato, ma vigorosamente resistente, addestrano una forza di 150mila soldati provenienti dall’Asia e da vari feudi arabi, ma soprattutto mercenari della nota “Blackwater” statunitense. Vi si aggiungono promesse di truppe da Emirati, Bahrein e Kuweit. Lasciano il tempo che trovano. Miserabili mercenariati demotivati che basta un reggimento siriano a spazzar via. I turchi preparano l’invasione da Nord e intanto, come dimostrato dalle rilevazioni satellitari russe, cannoneggiano le aree di confine sotto attacco siriano. Gli Usa, già presenti insieme a britannici e francesi con i loro squadroni della morte, rinominati Forze Speciali, con reparti militari veri e propri sono penetrati in territorio curdo, dove sappiamo, sempre grazie ai satelliti russi, che stanno ingrandendo un aeroporto da cui decollare più agevolmente che non dalle lontane basi in Turchia e nel Golfo. La temuta conflagrazione generale, cui puntano i funamboli dementi del Nuovo Ordine Mondiale, pare avvicinarsi.

I curi, che fanno i curdi?
E i curdi? A che gioco stanno giocando? Si fanno sostenere dai russi contro l’Isis, ma anche dagli americani. Combattono contro Daish insieme a forze siriane che, però, si dicono all’opposizione di Assad. E ora hanno concesso nientemeno che un aeroporto agli Usa. Conosco bene i curdi iracheni, meno quelli siriani e per niente quelli turchi che, però, mi sembrano, pur nella defezione del loro capo storico imprigionato, Ocalan, ormai disposto a un accordo qualsiasi con Erdogan, i più coerenti e con le ragioni più valide. Il regime fascistoide e stragista del megalomane neo-ottomano, Fratello Musulmano e padrino e ufficiale pagatore dell’obbrobrio Isis, non può non portare le persone di buona volontà a schierarsi dalla parte della resistenza armata di un popolo decimato da decenni..

Dalla caduta dell’Iraq libero, il Kurdistan iracheno è il feudo di un capoclan, Massud Barzani, figlio del mitizzato Mustafa, contrabbandiere al servizio della Cia e manovratore terrorista contro l’unità del paese.Sotto tutela israeliana, la regione è alla mercè di un tiranno corrotto, narcotrafficante, che controlla a forza di massacri le continue rivolte di una popolazione stremata. Le infrastrutture avviate dal governo di Saddam, scuole, strade, università, ospedali (ricordo di aver percoso nel 1979 una nuova strada di montagna lunga 70 km, da Irbil a villaggi storicamente isolati, scavata nella roccia dall’esercito iracheno nel giro di 6 mesi), giacciono abbandonate e dilapidate, mentre la fortuna del clan al potere, che ha agevolato uno spaventoso land grabbing israeliano, si rispecchia nella miseria diffusa della popolazione. I Peshmerga, celebrati combattenti curdi, non sono che la guardia pretoriana del presidente-padrone. Il loro principale impiego è stato nell’espansione del 50% del territorio originario curdo attraverso la pulizia etnica della maggioranza araba a Kirkuk e verso Mosul e l’occupazione di aree sottratte all’Isis e in cui hanno impedito agli arabi di tornare. Immagini satellitari hanno mostrato la distruzione, per mano curda, di decine di villaggi arabi nelle provincie di Niniveh, Kirkuk e Dyala. Sono migliaia i profughi arabi di queste zone, ma non godono del privilegio dell’attenzione della stampa e dell’indignazione della Merkel..

Mosul, seconda città irachen, totalmente araba, al momento è occupata dall’Isis. Ma siccome, nel piano di smembramento dell’Iraq tra curdi, sunniti (Isis) e sciti, Mosul parrebbe assegnata ai curdi, il portavoce Usa della Coalizione anti-Isis, Brett Magrec, si è premurato di annunciare, il 10 febbraio, l’imminente attacco a Mosul dei peshmerga sostenuti dalle sortite della Coalizione. Cosa che rinnova la frizione tra Ankara e il resto della Coalizione. Erdogan, pur disponibile verso un Kurdistan iracheno che non rompa le palle in Turchia e stia a cuccia nel Nuovo Medioriente ottomano-atlantico-wahabita, non vorrebbe cedere un polo militarmente ed economicamente strategico come Mosul e perciò ha invaso il paese e ha fatto occupare dal suo esercito una base militare a nord della città.
Bandiere curde e bandiere dei ratti insieme

Un espansionismo armato, al pari di quello in atto nell’Iraq da smembrare, viene praticato, per scopo affine, dai curdi siriani, anche qui con il sostegno degli Usa. La situazione è meno limpida che in Iraq. Se è vero che reparti curdi in Siria combattono l’Isis con l’assistenza aerea dei russi, è anche vero che i curdi dell’YPG hanno concesso all’aeronautica Usa l’aeroporto di Rmeilan, nel Nordest siriano sotto loro controllo, ma che fa parte della provincia araba di Hasakah. L’aeroporto, diventato prima base statunitense in Siria, ha un grande valore strategico: avvicina le piste di decollo degli aerei Usa ai loro obiettivi (jihadisti? Siriani?) ed è collocato al margine di importanti giacimenti e impianti petroliferi.


Il 15 ottobre scorso si è costituita una strana alleanza tra curdi  dell’YPG e siriani che si dichiarano di opposizione ad Assad (e come tali hanno chiesto un seggio al tavolo dei negoziati). Si chiama “Forze Democratiche Siriane” (SDF), comprende una quindicina di fazioni, tra cui il Libero Esercito Siriano e 500 combattenti stranieri, come comunicato da un suo portavoce,Taj Kordsh, che ha anche detto che “la base Usa servirà a rifornirci di armi e a permettere operazioni dell’aeronautica americana”. Fotografie satellitari russe danno la misura del prolungamento delle piste di Rmeilan. 
Questo potenziamento delle capacità operative dei bombardieri Usa coincide con la ripetute richieste a Mosca, di John Kerry e del caporale di giornata Nato Stoltenberg, di sospendere gli attacchi aerei “perché stanno minando gli sforzi per trovare una soluzione politica e provocano l’alluvione di profughi in Europa”. Pensando a chi ha combinato tutto l’ambaradan siriano, da 5 anni a questa parte, prima con Al Nusra, poi con l’Isis, verrebbe da dire che questi, come la Merkel, come Erdogan, il terminator che è arrivato a dichiarare la Russia responsabile della morte di 400mila siriani, e tutti i loro sguatteri mediatici, hanno la faccia come il culo. Rimane l’interrogativo, l’YPG curdo che combatte sotto copertura aerea russa è d’accordo con l’YPG che spiana la strada all’intervento diretto Usa?

Comunque, liberando un po’ per volta il paese, la triplice Esercito Arabo Siriano, Forze Popolari e aeronautica russa  sta strappando l’osso dalle zanne di chi aveva iniziato a strappare brani al corpo della Siria. C'è  rischio di contagio. Non per nulla il Pentagon ha proposto a Obama un piano per la costruzione di una catena di basi militari dall’Asia sud-occidentale (Pakistan) attraverso il Medioriente, fino nel cuore dell’Africa (Niger, Camerun e altri), ognuna con reparti di pronto intervento da 500 a 5000 effettivi. Lo richiede, ha detto Ash Carter, la proliferazione dell’Isis in tutti questi paesi. Così l’amministrazione Usa, dopo aver speso un occhio della testa dei suoi contribuenti per creare, diffondere e mantenere in piedi lo “Stato Islamico”, ora si prepara a impegnare altri 500 miliardi per serrare il controllo sui paesi coinvolti, fingendo di combattere i tagliagole.  

La domanda da farsi ai filo-curdi, e anche al “partigiano italiano Karim”, magnificato sui media per essere andato a combattere a Kobane, sarebbe questa: a che gioco giocano i curdi? Al partigiano Karim aggiungerei la domanda: “Perché diavolo non sei andato a combattere con i patrioti siriani, altrettanto impegnati per la libertà, l’uguaglianza, la giustizia sociale, i diritti delle donne, la patria, ma che, diversamente dai curdi, non hanno neanche il conforto  di un’opinione pubblica simpatizzante, di destra e sinistra?”.


Guardate un po’ cosa mi è arrivato via “Change.org”. E, soprattutto guardate quanti amici del giaguaro si trovano tra gli utili idioti che hanno firmato. E poi riparliamo di Egitto.


Ciao Fulvio,
mentre l'autopsia sembrerebbe confermare la pista dell'omicidio politico, gli amici di Giulio Regeni - il dottorando 28enne ucciso al Cairo alcuni giorni fa - chiedono che sia impiegato "ogni mezzo possibile per far luce sulle circostanze dell'uccisione".
"Giulio ha pagato per aver messo a disposizione la sua esperienza, raccontando e traducendo da un contesto a un altro. Questo non deve succedere".
Ora tutti conoscono Giulio: aveva 28 anni ed era un dottorando dell’Università di Cambridge. Dal Cairo, dove si trovava da settembre per condurre la sua ricerca sull’economia egiziana nell’era post Mubarak, raccontava quello che accadeva in Egitto.
Il 25 gennaio 2016, giorno dell’anniversario dell'inizio delle manifestazioni che hanno portato alla deposizione del presidente Mubarak, Giulio è scomparso. Il suo corpo è stato rinvenuto giorni dopo, nei sobborghi del Cairo, con evidenti segni di tortura.
Giulio rappresenta tutti quei giovani che hanno scelto di indagare il contesto in cui viviamo, con passione, curiosità e spirito critico, per comprendere e conoscere ciò che viene proposto come lontano e diverso. Per questa ragione è nostro dovere ricordare i motivi che hanno spinto Giulio, come tanti altri, a mettere a disposizione di tutti una lettura delle dinamiche che determinano la qualità della nostra convivenza, in un ambiente che si presuppone essere sicuro - quello accademico. Si tratta degli stessi motivi che vogliono garantire la crescita e il mantenimento di una cittadinanza mediterranea e universale, pensata per contribuire alla pace, alle libertà e allo sviluppo di tutti i popoli del comune mare.
L’omicidio di Giulio vuole scoraggiare ogni possibile relazione tra donne e uomini che vivono su sponde diverse del Mediterraneo, andando così ad aumentare il divario tra confini autoimposti, con l’intento di minacciare la possibilità, per tutti, di calarsi in realtà solo apparentemente diverse e non collegate fra loro. Con tale azione violenta si vuole mettere in discussione la libertà di parola, di pensiero e di movimento: è un deliberato atto di soppressione dello stupore e della curiosità umane, perché ritenuti dannosi.
In questo contesto è necessario che i governi di appartenenza, così come le istituzioni accademiche, siano in grado di garantire l’incolumità di tutti coloro che, per il raggiungimento dei propri obiettivi umani e professionali, abbiano la necessità di recarsi in zone a rischio: Giulio ha pagato per aver messo a disposizione la sua esperienza, raccontando e traducendo da un contesto a un altro. Questo non deve succedere.
Per tale motivo, pur coscienti dei limiti dell'esercizio di retorica, chiediamo alle autorità tutte - ai governi egiziano e italiano e all’Unione Europea - di impiegare ogni possibile mezzo per far luce sulle circostanze dell’uccisione di Giulio Regeni.
Link consigliati:
Gli Amici (Giovanni Parmeggiani, Stefania Villanacci, Eleonora Bacchi, Esther Amoròs Berna, Shady Alshhadeh, Pilar Lopez, Claudia Morini, Patricia Belmonte Cerdàn, Lucas Ivorra, Loli Sànchez Lozano, Marco Basile, Allison Blahna, Fabio Rollo, Julie Rubino, Islam Elshaarawy, Jesse Chappelle
Shady Hamadi, Massimo Cozzolino, Karim Metref Abdallah, Pierfrancesco Majorino,Farid Adly, Davide Piccardo, Nabil Bey, Lorenzo Declich, Giuseppe Acconcia, Alessandro Di Rienzo, Elena Chiti, Rita Barbieri, Doris Zaccaria, Rosa Schiano, Rana Alnasr, Egidio Giordano, Maria Teresa Cudemo, Lorena Matteo, Alfredo Manfredini Bohm, Pietro Sabatino, Chiara Crispino, Luisa Ambrosio, Roberta Carvone, Federico Manes, Roberto Trisciani, Libera D'Amato


6 commenti:

alex1 ha detto...

E' strano, ma non tanto poi, che proprio gli stessi che accusavano " il mondo civile" di non fare nulla contro i terroristi che facevano a pezzi Palmira, I suoi tesori ed il guardiano Asaad, gli stessi che esaltavano i curdi (anzi per molti erano "le donne curde", piu' femministicamente corretto) di Kobane sono proprio quelli che davanti alla possibilita' della liberazione della Siria e quindi della fine del conflitto, urlano ai ventimila profughi (o guerriglieri in fuga?) da una citta' che se non erro faceva 2 milioni di abitanti, parlano delle vittime civili dell'esercito "di Assad" (come fosse una milizia personale) e la stessa Bonino, quella che ha cacciato I diplomatici Siriani dall'Ambasciata di piazza Venezia, insiste che vengano mostrati le immagini "degli orrori del regime siriano" alla Camera...L'unica soluzione negoziata che un vero No War dovrebbe proporre, e' la resa dei terroristi, sia quelli con le bandiere nere, sia quelli con le bandiere nero bianco verdi (che ho visto sventolare provocatoriamente da una decina di "attivisti" davanti ad una manifestazione di circa duecento dignitosissimi siriani con la bandiera nazionale e la foto del loro presidente al Federal Building di Los Angeles). Attaccare politicamente l'esercito siriano e la liberazione ormai possibile per rimettere in gioco aggressori e fazioni sconfitte dal popolo siriano vuol dire conividere gli obiettivi di chi la guerra l'ha pianificata finanziata e condotta. A proposito di chi viene preso per pacifista, ma che per sua stessa ammissione pacifista non e', sento un lungo silenzio da parte della Chiesa, dopo aver auspicato anch'essa una "soluzione negoziata".
A proposito proprio oggi il Vescovo di Chioggia ha condannato la pur debole condanna della magistratura ad un tabaccaio che ha freddato per strada un immigrato in fuga che aveva tentato un furto nel suo magazzino. Giusto per lui eliminare I ladri in fuga. Lo Stato "avrebbe dato al ladro quello che lui non era riuscito a rubare". Ma il prelato non si deve preoccupare perche' il giudice non e' come Gesu' e non puo' restituire al ladro quello che Il tabaccaio gli ha preso.

Paolo Selmi ha detto...

Ciao Fulvio.
Molto acutamente differenzi fra curdi dislocati in Turchia, Siria e Iraq. Aggiungerei anche tutti gli altri presenti nelle repubbliche ex-sovietiche e nella stessa Federazione russa. In questo editoriale, che passa in rassegna un po' tutte le dichiarazioni di militari ed esperti russi rese in questi giorni (http://cassad.net/politika/analitika/24339-zaschita-aleppo-chrevata-pryamym-stolknoveniem-rossii-i-turcii.html), parlando del "kurdkskij faktor", del fattore curdo nella fase attuale, si sottolinea come l'intervento turco - sia sotto forma di invasione, sia sotto forma di ponti aerei - non farà altro che muovere ancor più le formazioni curde in Siria verso un'alleanza più forte con i Russi, aprendo così di fatto due fronti: uno esterno, in particolare con i curdi siriani che grazie al sostegno diretto russo premeranno sempre più alle frontiere turche, uno interno, con i sette milioni di curdi che, a questo punto, non staranno con le mani in mano. E i 412000 soldati turchi, di cui 314000 effettivi di terra, secondo esercito Nato dopo quello a stelle e strisce, sarebbero, a questo punto, presi tra i due fuochi: tutto questo senza considerare la reazione diretta russa che, prima o poi, non tarderebbe a venire. Insomma, per i turchi e per i loro alleati dell'ISIS e Al-nusra, i curdi rappresentano la spina nel fianco che ha finora impedito loro di correre ai ripari di fronte all'avanzata dell'esercito regolare e delle milizie popolari siriane. Bene, sinora, si son mossi i russi in questo groviglio (qui una cartina aggiornata alla presa, da parte dei curdi, della base aerea di Minnah http://cassad.net/hroniki-cigr/24358-kurdskie-sily-zanyali-strategicheskuyu-aviabazu-minnah-v-sirii.html), per non dire vero e proprio terreno minato.

Infine, un'ultima considerazione sull'informazione di regime: tutti parlano dei profughi alle frontiere turche, con stime che raggiungono le trentacinquemila unità, ma nessuno ha parlato dei settantamila reali, in carne ed ossa (se non erro è il doppio, ma può darsi che mi sbagli) delle città di Nubel e di Az Zahra, che l'esercito siriano e i miliziani hanno liberato dopo QUATTRO anni di assedio (http://www.vesti.ru/doc.html?id=2717481, in inglese http://www.interfax.com/newsinf.asp?id=650466, in spagnolo con filmati https://actualidad.rt.com/actualidad/198639-sirio-asedio-terrorista). Notizia dedicata a Goracci e compari.

Un caro saluto,
Paolo Selmi

Fulvio Grimaldi ha detto...

Paolo Selmi@
Grazie del dettagliato e informativo commento.D'accordo, ma dei curdi che concordano con gli Usa la cessione di un aeroporto che chiaramente verrà usato non contro l'Isis, ma contro Assad, cosa mi dici? E di quelli che anche in Siria rubano terre e centri abitati agli arabi in vista di un Kurdistan siriano più grande del dovuto?

Alex1
Anche a te grazie dell'ottimo contributo.

Paolo Selmi ha detto...

Ciao Fulvio!
dico … che hai perfettamente ragione! La difficoltà estrema per l'esercito regolare e i miliziani è che quella martoriata area è un groviglio di potentati locali, con l'aggravante delle connessioni con gli stati esteri che li usano per mantenere ed estendere i propri interessi "in loco": difficoltà parzialmente risolta grazie al soccorso russo, alla sua capacità non solo di rafforzare l'azione militare, ma anche di "leggere" intelligentemente la situazione, ottimizzando le risorse a disposizione e riorganizzando l'azione offensiva siriana su obbiettivi a breve e medio termine: la tecnica della liberazione di interi territori tramite accerchiamento, formazione di sacche, e resa incondizionata di chi c'è rimasto dentro, è un "marchio di fabbrica" della scuola militare sovietica, che unisce la lezione cinese (tattica di guerriglia, accerchiati in inferiorità che diventano accerchianti in superiorità) ed esperienza quasi secolare (non da ultimi, ne fecero le spese i nostri alpini): ultimo caso prima dell'intervento in Sira, la presa di Debal'cevo da parte dei miliziani del Donbass, mirabile esempio di azione congiunta fra le forze di Donetck e Lugansk. Oltre alle competenze militari, i russi sono gli unici che possono farlo, perché sono gli unici che hanno abbastanza competenze sul territorio, che gli permettono di muoversi in perfetta sintonia con l'unico governo legittimo della regione: azioni di terra (che comprendono forze armate regolari, miliziani locali, hezbollah e forze iraniane, con in prospettiva anche un piccolo contingente cinese d'elite, le "tigri" al momento dislocate nello Xinjiang) e azione aerea (siriana e russa) perfettamente coordinati, con risultati che non sono tardati a venire. Fra i ragionamenti richiesti in questo tipo di pianificazione, c'è pure quello, controverso, "dei nemici dei nemici": ragionamento dato dall'impossibilità di combattere contro tutti, di isolare ISIS e Al Nusra, e dalla necessità, per esempio, di individuare deterrenti per i nemici esterni come i turchi (voi provate soltanto a mettere piede e noi foraggiamo i vostri nemici), piuttosto che di guadagnare terreno senza spargimenti di sangue. Un'azione pericolosa e necessaria al tempo stesso. Ma non tutto è concesso, ai nemici dei nemici: un aeroporto faticosamente liberato sotto la minaccia di finire in pasto agli USA, può sempre essere reso inutilizzabile da un bombardamento massiccio; la base russa a due passi è lì proprio a significare che quella pedina, se non potrà essere loro, dovrà restare vuota. Soprattutto, mi sbaglierò ma non mi sembra un'alleanza destinata a durare nel tempo, stanti le presenti ambiguità: al momento interessa che nella zona di frontiera controllata dai curdi non passino armi e petrolio, che i loro successi siano diretti contro Isis e Al Nusra, consentendo alle forze siriane di tirare il fiato nelle zone confinanti coi curdi, consolidare i risultati e concentrarsi a loro volta su direttive tese a velocizzare ulteriormente il processo di liberazione. Ma non ti nascondo che ogni mattina, quando faccio la mia "rassegna stampa", mi aspetto di leggere di tutto: l'azione congiunta siriana, russa, hezbollah, iraniana, è un qualcosa che non ha eguali o precedenti. E i colpi bassi e le pugnalate alla schiena (così per esempio Putin definì l'abbattimento turco del Su-24) che finora hanno parato forse potrebbero, anche solo in parte, arrivare a segno. I curdi, in questo, possono rappresentare un'arma a doppio taglio, quando non un vero e proprio cavallo di troia. Spero che abbiano preso le adeguate contromisure.

Paolo Selmi

Massimo ha detto...

Ma poi avete notato la relazione diretta tra la pressante richiesta di una tregua di questi giorni da parte di quella "comunita' internazionale" responsabile della criminale aggressione alla Siria e l'andamento sul campo del conflitto?
Chiedono la tregua perche' i loro tagliagole tirapiedi se la vedono sempre peggio....rallegriamoci!

Anonimo ha detto...

In a recent video report published by the BBC titled, “Syria conflict: Rebels ‘feel abandoned’ by Britain and US,” BBC’s Quentin Sommerville claims he “secretly” contacted US-backed rebels from Turkey. The alleged “remote” interview was covered in both locations by professional camera crews, despite Sommerville claiming the situation was so bad, the rebels could not be reached. The “senior rebel commander inside Aleppo” interviewed by the BBC was none other than Yaser Abdulrahim.

http://www.mintpressnews.com/213667-2/213667/

Angelo