I meriti di Navalny
E’ bastato innescare una spia da quattro soldi a Mosca per
farci dimenticare tutta una serie di belle azioni della “comunità
internazionale” (quella Usa-Nato). Tipo: i 200 tra uomini, donne e bambini
polverizzati dall’incursione yankee su Mosul che le truppe irachene vorrebbero
liberare e non uccidere, successiva ad altre incursioni a guida Usa in Siria e Iraq, sistematicamente
dirette su civili e infrastrutture, quando non contro gli eserciti nazionali
impegnati contro Isis e Al Qaida. Tipo: la scandalosa violazione della
sovranità siriana commessa da Washington con l’invasione di suoi contingenti e
armamenti, facilitati da un nuovo mercenariato, quello curdo, che ha sostituito
il jihadista a cui è stato dato il benservito (servirà per gli attentati di
ritorsione e destabilizzazione qua e là nel mondo); invasione finalizzata a
impedire che siriani e russi arrivino prima a Raqqa, ultimo grande centro da
liberare, e a mettere in piedi una colonia Usa su territori arabi predati detta
“Kurdistan siro-iracheno”, garante della, da sempre programmata, frantumazione
della Siria e salutata in Occidente come la “nuova vera democrazia in
Medioriente dopo quella israeliana.
Tipo: il genocidio in corso da tre anni in Yemen e che USA, UE, Nato con l’armaiolo Italia, hanno
commissionato all’altra vera democrazia mediorientale, la saudita, quella del
record mondiale delle forniture di petrolio all’Occidente, delle scudisciate e
mutilazioni inflitte ai reprobi, delle
condanne a morte mediante decapitazione e lapidazione (donne). Tipo: i 16 anni
di guerra Usa-UE-Nato (con l’ascaro Italia) contro un incolpevole popolo
afghano, guerra perduta dal primo giorno, ma utile a conservare controllo e
gestione del monopolio Usa dell’oppio-eroina (come in Colombia e nel Centroamerica
della cocaina). Tipo: il colpo di Stato strisciante che una fazione di
licantropi Usa, quella alleata alla sinistra, attua contro l’altra, alleata ai
“populisti”, tritando i detriti post-11 settembre di quella che pareva la
democrazia americana ed è sempre stata la più sfrenata plutocrazia fondata sul
complesso militar-industriale e oggi anche finanziar-mediatico.
La copia caricaturale nostrana di quel complesso, a sua volta
si è lanciata come un solo Mazinga sul
boccone moscovita, facendo sparire tra le invettive e l’indignazione dei probi la
scellerata gestione poliziesca di una legittima, ordinata, pacifica,
manifestazione contro quel carcinoma europeo a 27 che dei diritti umani (sociali,
ambientali, di vita, di pace) che non siano appannaggio dei gay,
se ne sbatte. La terroristica
diffusione della paura di una neroniana obliterazione della città da parte dei
Black Bloc. Il fermo di centinaia di inermi passeggeri di pullman impediti
dall’esercitare il loro diritto costituzionale a frequentare la capitale e manifestare. L’arresto di altre decine a
conclusione di un corteo che, a forza di buona educazione, non ne aveva voluto
sapere di sfasciare o gettare qualcosa e di fornire agli agitprop della
paranoia di Stato (Repubblica, La Stampa, Corriere e affini, i tg) un minimo di
sangue da mescolare alla merda che rifilano ai loro decerebrati lettori.
Occidente: mazzate a chi
si difende. Russia: spintoni a chi offende
Gli euroboss commissionati dai padrini Usa a Roma rilanciano
la distruzione delle nazioni europee e relativa cultura, con sullo sfondo la
loro impresa più riuscita, l’uccisione della Grecia e suo fastidioso retaggio
di civiltà, con sicario Tsipras, vestale Castellina e i taffazzisti dell’ “Altra Europa con Tsipras”.
La ciarlataneria politico-mediatica nostrana lancia compatta anatemi contro il
repressore di Mosca, a suon di spintoni, della presunta volontà popolare, coprendo così
il culo a un regime di nostrani devastatori dell’ambiente che la vera volontà
popolare, abbarbicata ai suoi ulivi, cioè alla vita della sua terra, la rispettano
a suon di randellate in assetto antiterrorismo a protezione di un missile di
acciaio e gas (TAP) che sfonderà il Salento. Poi però, cattolicamente ipocriti
fino all’oscenità, scatenano rampogne al carbonifero Donald Trump e rimpianti dell’eco-eroe
Obama, legalizzatore del fracking, moltiplicatore delle trivelle marine e negatore dei vincoli ambientali “suggeriti”
dal vertice di Parigi.
Ci sono le immagini e, per quanto abbiano potuto inventarsi
violenza e orrori russi i vari travet italioti nel concerto occidentale di
presstitute russofobe, per quante nefandezze putiniane abbiano preannunciato e
poi descritto i vari Formigli, Littizzetto, Travaglio, Coen, Colombo, Caldiron,
Fazio, Molinari, Calabresi e tutta la crème
de la créme di questo paese al 70° posto nella libertà d’informazione,
grazie anche a un sindacato che va in piazza per Giulio Regeni dietro ai
pifferai Cia e Mossad, porcaccia la miseria, un qualcosa di sanguinolento che oscurasse
le teste rotte dai picchiatori in divisa europei, proprie non si è riusciti a
vedere e a mostrare.
Settemila i manifestanti richiamati in piazza a Mosca dal
carisma di Alexey Navalny. Alcune centinaia in una ventina di altre città. Flop
cosmico, sempre che non lo guardiate attraverso la lente d’ingrandimento del
New York Times, del Manifesto, o di Repubblica, dove vedete una mongolfiera al
posto di un aeroplanino di carta. 7000, secondo la Questura, i manifestanti
anti-Ue, anti-euro e anti-Nato sabato a Roma. Mosca ha 12 milioni di abitanti,
Roma meno di 3. Facendo le proporzioni, i 7000 di Mosca equivalgono a meno di
2.500 a Roma. Me cojoni, una vera rivoluzione anti-Putin! E’ che la forza
d’attrazione di un Navalny (3% di consensi, contro l’84% attribuito dai
sondaggi di società Usa a Putin) scaturisce dal suo curriculum. Per i cicisbei
di corte di cui sopra ne esce una specie di arcangelo Michele che agita la
spada fiammeggiante dei diritti umani
sul regno di Mordor. Per i russi, che di curricula del genere sono pratici, li
hanno visti in casa e li hanno osservati in varie parti del mondo, chi li vanta
ha il carisma di una cacchetta di
piccione sul marciapiede.
Pesce pilota pescato da
Soros
E’ il curriculum di un rivoluzionario colorato. Quelli made
in Soros. Un lanzichenecco dell’imperatore. Un soldato di ventura. Di solito un
farabutto con storie sporche alle spalle e quindi ampiamente ricattabile. Ne
abbiamo visti, del genere, a Tehran, ancora a Mosca, in Georgia, in Libano, in
Venezuela, a Haiti. Il due volte
condannato per corruzione Navalny ha lo stesso cursus honorum di suoi
predecessori. Esce da una cosca di tipo cospiratoriale messa su all’università
di Yale, la “Greenberg World Fellows
Program”, che alleva candidati a funzioni di spionaggio, provocazione,
infiltrazione, ovunque l’Impero intenda destabilizzare. Vengono addestrati,
come lo fu Otpor in Serbia, a utilizzare facili e comprensibile parole d’ordine
(Navalny: “Tutti corrotti e ladri”)
in grado di raccattare scontenti o frustrati, politicamente sprovveduti.
L’accusa di corruzione, che la parte del pianeta più corrotta della storia, con
un’élite che prospera grazie a depredazione, devastazione, sfruttamento del
resto del mondo e dei propri cittadini, lancia contro Putin (e non ha mai
lanciato contro Eltsin quando svendeva il suo paese a oligarchi e
multinazionali), viene poi condivisa da noi che per corruzione siamo primi in
Europa e le offriamo ogni anno un obolo tra gli 80 e 100 miliardi di euro.
Il movimentuccolo di Navalny, “Alternativa Democratica” ha
gli stessi padrini finanziatori di tutti gli Otpor e affini messi in scena da
Cia e Mossad negli anni di Bush-Obama: il National
Endowment for Democracy (NED), inventato da Reagan per fare il lavoro della
Cia quando questa, in occasione dello scandalo droga-Contras, si era rivelata al mondo più che un’agenzia
di intelligence, lo strumento imperiale delle operazioni sporche, colpi di Stato,
sabotaggi, destabilizzazioni, rivoluzioni finte, squadroni della morte di John
Negroponte (il principale di Giulio Regeni). E’ un nanerottolo deforme in
Russia e un gigante radioso in Occidente. La storia se lo papperà come Ernesto
bassotto fa secchi i topi.
E’ tua questa talpa?
Se Totò Riina fosse
russo, sarebbe un dissidente
Navalny, già funzionario governativo processato per
appropriazione indebita (vendeva legname di Stato sottocosto a privati); gli
oligarchi Khodorkovsky, Nevzlin, Berezovsky, Gusinsky, Abramovic, tutti della banda criminale di
Eltsin, tutti traditori, processati per indicibili delitti di ogni genere, tutti
fuggiti all’estero con i miliardi rubati, tutti ebrei; la Politovskaya, una
specie di Sofri russa che sosteneva la destabilizzazione Cia-Mossad in Cecenia raccontando
balle alla radio della Cia Radio Liberty/Free
Europe (frequentata da Giulietto Chiesa ai tempi di Gorbaciov-Eltsin e, a
Belgrado, dalle Tute Bianche di Casarini); Dmitry Voronenkov, deputato
comunista russo fuggito da Mosca, ucciso l’altro giorno a Kiev e, grazie all’individuazione
di un killer russo, subito diventato martire anti-Putin. Poi, colpo di scena, risulta
invece vittima dei nazi installati dalla coppia Obama-Clinton, visto che
investigatori onesti hanno scoperto l’assassino vero: Pavel Parshov, veterano
della Guardia Nazionale Ucraina fondata dal nazista Andrey Parubiy e formata da
teppisti con la croce uncinata tratti dai battaglioni nazi.
Infine, Alma Shalabajeva, moglie di Mukhtar Ablyazov,
deportata e consegnata alle autorità del Kazakistan (paese filorusso) in base all’unico provvedimento corretto mai
adottato dall’incredibile Alfano, pianta come vittima sacrificale dal menzognifico
mediatico in quanto consorte di un “oppositore”
del regime kazako (filorusso). Con pervicacia degna delle loro cause, questi
giornalai hanno sistematicamente occultato il fatto che la signora era complice
del marito, in quanto ne aveva occultato i delitti e lo nascondeva. Marito ladro che aveva svuotato la banca BTA ad
Astana, sottratto fondi per milioni di dollari alle banche russe e ucraine, era
ricercato da Interpol e polizie di Kazakistan, Russia, Ucraina e Gran Bretagna.
Un delinquente di altissimo bordo internazionale, ma per i nostri gazzettieri e
politicanti un democratico dissidente.
Come tutti gli altri menzionati prima.
Si comprende che per regimi occidentali, fondati come sono su
ladrocinio, truffa, azzardo, rapina a mano armata, speculazione, gente come
quella possa elevarsi da criminali a dissidenti, modelli di opposizione democratica.
Dai letterati, scienziati, scacchisti, gli Sharansky, Zakharov, Pasternak,
Kasparov, che all’epoca dell’URSS venivano incaricati di fare da quinta colonna
anticomunista, si è passati ai briganti di passo. Segno dei tempi. Certo, però,
che se Putin si deve guardare da oppositori del genere, difficile che venga
intaccato quel suo 84% di consenso popolare.
Democrazia e
democrature
Riconosciamo a Putin, per esperienza diretta e documentata,
non solo di aver tirato fuori il suo immenso e complesso paese dalla catastrofe
in cui l’avevano cacciato Gorbaciov, Eltsin e i loro mandanti occidentali, di
aver risollevato dalla povertà più abietta un’intera nazione, di averle ridato
benessere, dignità, autostima, decisivo ruolo nel mondo, soprattutto per quanto
riguarda la difesa del diritto internazionale. Assolutamente imperdonabile. Per
neutralizzare l’effetto stima e contagio tocca aprire la cataratte della
calunnia. Poi, magari, gli arsenali atomici.
L’Occidente degli Obama, Clinton, Trump, Blair, Merkel,
Hollande, Juncker, Renzi e tutto il cucuzzaro di padrini, picciotti e fratelli,
si autoproclama “democrazia”, mentre annichilisce a forza di attentati false flag, di tecnologie e chip nel cervello (da oggi in produzione di
serie) i propri sudditi, annienta con guerre e terrorismi i popoli
disobbedienti, spiana le coscienze con la concentrazione dell’informazione in
poche mani sporche di petrolio, armi, chimica e dollari. Rispetto a questo modello di
democrazia, quello di Putin sfavilla. Con
le sue libere elezioni, i suoi partiti d’opposizione, le sue agenzie, tv,
pubblicazioni, di opposizione, di cui, alla faccia degli accanimenti
diffamatori, si può aver quotidiana evidenza sul posto e in rete - persino
maldestri diffamatori citano le critiche fatte da media e oppositori - sarebbe
un paese a cui chiedere asilo politico. Dal 2014 sono mezzo milione i rifugiati
dall’Ucraina. E non stanno nei CIE.
Ma della Siria cosa
vogliamo farne?
A Putin, piuttosto, vorremmo porre qualche domanda sulla
Siria, sugli Usa che la invadono con i mercenari curdi, tagliano la strada per
Raqqa all’esercito siriano, stanno mettendo in piedi, su territori rubati agli arabi,
un Grande Kurdistan siro-iracheno che spacchi in due quei paesi. Domande anche sulla Turchia
che occupa 2000 km quadrati di Siria e si allarga, su Israele che, sempre più
regolarmente, corre in aiuto all’Isis bombardando la Siria, sui curdi che
stanno sostituendo i jihadisti nel ruolo
di soldati di ventura dell’Impero, sui jihadisti cui, in cambio, è affidato il
nuovo caos da creare in Iran, Xinjiang, Cecenia, repubbliche ex-sovietiche, Filippine.
Abbiamo saputo che l’ottimo ministro Lavrov ha convocato l’ambasciatore
di Israele. In compenso il golpista ucraino Poroshenko ha convocato il
presidente israeliano, Rivlin, che gli ha assicurato pieno appoggio per il “recupero della Crimea” (vedi foto). Ne
parliamo al prossimo giro. Intanto ci diciamo preoccupati.
4 commenti:
Solo una precisazione, durante una mia breve visita in Russia nell'estate 2015 una guida russa parlo' invece di un milione e mezzo di profughi dall'Ucraina in Russia e ci ha chiesto: "ma ha voi ve le dicono queste cose in Occidente?" a cui segui' in imbarazzato silenzio di tutti.
Una triste conferma ad Alex1… no non gliene frega niente a nessuno. Quando scrissi questo pezzo, nel settembre 2014, i rifugiati erano già oltre ottocentomila (http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24474-sopravvivere-nel-donbass-anatomia-dellennesima-catastrofe-umanitaria-nella-civile-europa.html)
Oggi sono due milioni e mezzo (https://sputniknews.com/russia/201703071051338667-donbass-escalation-refugees/), lo ammette a denti stretti anche Repubblica, con un titolo volutamente ambiguo (http://www.repubblica.it/solidarieta/profughi/2017/03/10/news/mosca_il_conflitto_nel_donbass_ha_gia_creato_due_milioni_e_mezzo_di_rifugiati_ucraini-160210821/) e temperando, come al solito, il dato shock con un contrappeso minimo… nientepopodimeno che un milione e quattrocentomila profughi interni in Ucraina (ibidem). La cosa mi puzzava alquanto e ho cominciato a vedere qualche altra fonte. Il dato, fornito da agenzie specializzate, contiene molti, troppi caveat (http://www.internal-displacement.org/europe-the-caucasus-and-central-asia/ukraine/figures-analysis): a parte includere nelle statistiche anche chi ha trovato rifugio in Crimea (sic!), i dati sono fermi al 2015 e fanno figurare che i ¾ dei profughi sono tutti praticamente nelle regioni orientali, a due passi dai conflitti da cui sono scappati. Perché tanta “imprudenza”? Perché, ammette il rapporto “The figures represent the locations where IDPs registered. They may have since moved on, but those movements are not tracked”. La Repubblica cita numeri vecchi di due anni e non verificati neppure poco dopo la cosiddetta “registrazione”. A pensar male si fa peccato e io sono un gran peccatore, lo confesso. Specialmente quando i conti tornano sempre meno. Quindi ho iniziato a cercare anche nella lingua di Puskin… ed ecco purtroppo la ragione di tutto questo (http://ukraina.ru/exclusive/20160622/1016735617.html): numeri che ballano da ottocentomila a un milione e ottocentomila perché, lo stesso anno della statistica, 40 miliardi di gryvne, pari a 1,6 miliardi di dollari, sono stati assegnati per i “profughi interni”: soldi arrivati in minima parte e intascati dai funzionari lungo tutto il percorso “umanitario”. Ma il bello arriva adesso: del 1,78 milione di “rifugiati”, registrati dal Minsocpolitiki di Kiev, 1,2 sono pensionati! Numero che, casualmente, coincide con quello dei pensionati residenti nei territori non controllati da Kiev. E che non sapranno mai che la loro identità è servita a gonfiare le statistiche dei rifugiati e, contemporaneamente, le tasche di funzionari corrotti. Ma non è tutto: fra gli ospiti dei campi profughi, sono sempre più quelli che che, visto l’esiguo gruzzolo che arriva nelle loro tasche, preferiscono tornare a casa e finire sotto le bombe di quelli che avrebbero dovuto accoglierli, continua poi l’articolo. E chiude col botto descrivendo come vengono “accolti” dalle squadracce neonaziste i profughi di serie B, quelli col colore scuro della pelle che, per qualche inganno della sorte, si trovano sul percorso sbagliato per finire in UE. E questa è un’altra storia ancora.
Ciao!
Paolo
Ancora ciao, Fulvio. Un breve aggiornamento sulla Siria: è una guerra con talmente tanti e tali fronti, che mi chiedo come faccia un esercito stremato da cinque anni di conflitto, sia pur appoggiato militarmente da russi e iraniani, a tener botta così come sta facendo. Ha appena stroncato un’offensiva, quella di Hama, di quest’ordine di grandezza:
oltre 10.000 combattenti;
60 fra carri armati e mezzi blindati;
200 pick-up muniti di artiglieria;
20 lanciarazzi multipli;
120 pezzi di artiglieria.
(fonte: http://www.fondsk.ru/news/2017/03/28/sirija-nastuplenie-terroristov-na-hamu-priostanovleno-43733.html) Scopo dell’azione: sfondare a Khattab, come mostra una cartina del pezzo appena citato, e ricongiungersi con la sacca jihadista di ar-Rastan, oltre che chiudere a propria volta in una sacca il maggior numero di combattenti e armamenti siriani.
Entità dell’azione: oltre alla devastazione territoriale delle zone occupate e sotto attacco, quarantamila profughi dislocati fra Hama e Homs, Tartus e Latakia (dati ONU citati sempre in questo articolo). Dimensioni e pericolosità tali da richiamare:
1. riservisti da tutto il Paese
2. reparti speciali Tigre impegnati fino ad allora a Dayr Hafer, insieme alla
3. XI divisione corazzata, nonché mobilitare
4. milizie popolari e chiunque fosse in grado di imbracciare un fucile (come accaduto nella città cristiana di Muhradah, che ha resistito da sola a tale attacco finché non sono arrivati i rinforzi, salvando sé stessa e, possiamo dirlo, l’intero fronte occidentale)
Oggi, la situazione si è completamente ribaltata (http://colonelcassad.livejournal.com/3328055.html#cutid1) e, addirittura si configura la chiusura in una sacca di terroristi che non abbiano fatto in tempo a ritirarsi (ultima cartina, ibidem, mentre l’ultima immagine è un gustosissimo fake che circola di navi russe che lanciano missili verso Hama, fotomontaggio di una foto del 2016).
Non è collegata a un fake, invece, la II foto di questo rapporto sulla giornata odierna in Siria (http://anna-news.info/%d1%81%d0%b8%d1%80%d0%b8%d1%8f-%d0%be%d0%bf%d0%b5%d1%80%d0%b0%d1%82%d0%b8%d0%b2%d0%bd%d0%b0%d1%8f-%d0%bb%d0%b5%d0%bd%d1%82%d0%b0-%d0%b2%d0%be%d0%b5%d0%bd%d0%bd%d1%8b%d1%85-%d1%81%d0%be%d0%b1%d1%8b-5/)
Alcune paratie della diga di Tabqa sono state aperte e gli abitanti di Al-Yamama, paese a nord di Tabqa, sono stati costretti ad evacuare. Molto preoccupante. La diga è stata sottoposta ad attacchi di artiglieria pesante e gravemente danneggiata (http://frontinfo.media/%D1%80%D0%B0%D0%B7%D1%80%D1%83%D1%88%D0%B5%D0%BD%D0%B8%D0%B5-%D0%B5%D0%B2%D1%84%D1%80%D0%B0%D1%82%D1%81%D0%BA%D0%BE%D0%B9-%D0%B3%D1%8D%D1%81-%D0%BB%D0%B8%D1%88%D1%8C-%D0%B2%D0%BE%D0%BF%D1%80%D0%BE/). Secondo gli ingegneri che ancora lavorano li e sono costantemente in contatto con il loro direttore (che si trova invece ad Aleppo), occorrerebbero almeno due giorni di tregua per tentare il ripristino, altrimenti la distruzione della diga sarebbe solo questione di tempo (e conseguente catastrofe in termini di vite umane e di ambiente). Forse però, per gli “ingegneri” del caos creativo, tutto procede secondo il piano.
Ciao
Paolo
A parte la valutazione sull'operato lacale del M5S (satrapetti che fanno..udite udite..persino rimpiangere ii Pd, osceno vero?) Lunga possibilità di espressione a Fulvio.
Paolo
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