BYOBLU, INTERVISTA, I PERCHE’ E I SE DELLA GUERRA
Quello
che caratterizza il gran trambusto attorno all’Ucraina è la continuità con gli
eventi della Seconda Guerra Mondiale. Come allora si trattava di occupare il lembo
europeo della grande Eurasia, per iniziare da lì la conquista del mondo,
utilizzare quel lembo come base di partenza per abbattere l’orso russo. Una
differenza però c’è ed è il pretesto della guerra al nazifascismo che oggi è
diventato l’aperto utilizzo del nazifascismo risorgente, sia in forma
dichiarata, come in Ucraina, sia nella sua evoluzione biotecnototalitaria (digitale
e sanitaria) nel resto dell’Europa.
E’
vero che l’impero anglosassone e il suo mercenariato NATO, dopo la sconfitta in
Afghanistan e vari, pesanti, contraccolpi subiti in giro per il mondo, dal
Medioriente, all’America Latina, al sudest asiatico, ne ha subito un altro,
durissimo, anche sul piano dell’immagine, in Ucraina. Contraccolpo nell’immediato
grazie alla fine del sogno globalista unipolare che avrebbe dovuto sancire il
potere assoluto anglosassone e finanzcapitalista sull’intero pianeta. Siamo
testimoni della restaurazione del contropotere di Mosca. E’ tornato a risparmiarci
la temutissima Terza Guerra Mondiale, atomica, attraverso il recupero del
proprio ruolo geopolitico in Medioriente, Asia, America Latina e Africa e, in
Ucraina, la propria assertività in Crimea, Donbass e ora nell’Ucraina tutta,
uscita da un colpo di Stato americano realizzato e proseguito con operativi
nazisti.
Di
fronte a questa riconferma del diritto delle nazioni e dei popoli all’autodeterminazione
e alla sovranità, una netta sconfitta dei globalisti, c’è però da non
sottovalutare il successo conseguito dai neocon statunitensi, oggi
ricompattatisi all’ombra del malfermo Biden, nel parossismo russofobo riattizzato
in tutti i regimi criptototalitari e globalisti europei.
Per
la Cupola globalista e gli Usa, suo principale strumento offensivo, il fine della
strategia provocatoria in Ucraina era quello di troncare ogni inclinazione
europea, soprattutto tedesca, francese e, in coda, italiana, a un
riavvicinamento alla Russia, politico, economico, diplomatico, commerciale.
Rapporto letale per il proposito di eliminare dalla scena geopolitica un
concorrente dalla rinnovata forza, come la Russia e come ciò che, con la Cina,
è diventato un blocco asiatico in grande divenire.
L’evidenza
degli sviluppi di questi giorni, con le “sanzioni mai viste” dirette contro
Mosca, dagli effetti dannosi, ma contenibili grazie alle ampie alternative che
Putin vanta in Cina, Asia e negli altri continenti, ci dice che l’intera
operazione ucraina di Washington con l’esito programmato delle sanzioni, aveva l’obiettivo
di rioccupare e ricondizionare ogni mossa tattico-strategica dell’Europa.
Venne
creata, per volontà statunitense, dopo la guerra per superare i prevedibili
ostacoli di Stati europei indipendenti e sovrani e ridurli a componenti di un organismo
uscito dal copia e incolla economico, sociale e culturale, del modello USA. Ma
ora, con i tre Stati centrali del consesso che davano segni preoccupanti di interesse
a proficui scambi con la Russia e con la Cina, primi partner commerciale e di
investimenti, si trattava di drasticamente ridurne peso e capacità di
iniziativa. In altre parole, mantenerla soggiogata, ma indebolirla e rischierarla,
più allineata e coperta che mai, nel fronte dell’assoluto rifiuto di ogni
intesa con i russi. E se ciò prima era riuscito con la rappresentazione del
comunismo come peste bubbonica, oggi si basa sul presunto carattere autocratico
di quel paese a fronte delle “liberali democrazie” occidentali.
Con
l’azzeramento delle forniture di gas russo, già quasi metà del fabbisogno UE, a
partire dal blocco del gasdotto North Stream 2, abbiamo in strada colonne di
autotrasportatori esasperati dai prezzi e tutta una popolazione, con la qualità
della vita già compromessa dallo strumento della pandemia, a rischio di crisi
economica, se non di indigenza. Stesso discorso di coloro che davano un
contributo al sostentamento nazionale attraverso le esportazioni, principalmente
dell’agricoltura italiana, già punita pesantemente dalla politica agricola dell’UE
e ora minacciata di obliterazione dal multinazionalismo feudatario del Grande
Reset.
Quello che è stato combinato in Ucraina e dintorni dimostra
che se l’Impero da un lato ci rimette in termini di globalizzazione unipolare e
della riduzione della NATO a tamburino [F1] [F2] delle chiacchiere, dall’altro
ci guadagna grazie al ridimensionamento e il ridisciplinamento dell’Europa. Poi
vedremo cosa succede dopo. Da subito si può prevedere – auspicare – un rientro
dei russi, una volta liquidati i quisling di Kiev, e una limitazione dell’intervento
alla sola difesa del Donbass tutto intero. Donbass, ricordiamocene sempre, sacrosantamente difeso da Putin da un eccidio ininterrotto da otto anni, per mano di reparti dichiaratamente nazisti, con un'intensificazione feroce negli ultimi giorni. Nel silenzio del mondo.
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