lunedì 6 luglio 2009

EUROCENTRISMO: LA STAMPELLA DEL BOIA (su sinistri, Islam e Obama)









La pura e semplice verità raramente è pura e mai è semplice.
(Oscar Wilde)
Un tempo a nessuno era permesso di pensare liberamente. Ora è consentito, ma nessuno ne è più capace. Ora si desidera pensare solo ciò che viene ritenuto si debba pensare. Lo chiamano libertà.
(Oswald Spengler, “Il tramonto dell’Occidente”)

I più grandi mali inflitti dall’uomo all’uomo sono venuti da gente che si diceva certa di qualcosa che invece era falso.
(Bertrand Russell)

A uno che gli suggerì di creare una democrazia a Sparta, Licurgo rispose ‘Per favore, prima metti su una democrazia a casa tua’.
(Plutarco)

Non credere a niente solo perché un cosiddetto saggio l’ha detto. Non credere a niente solo perché è un’opinione generale. Non credere a niente solo perché è scritto in antichi libri. Non credere a niente solo perché lo si dice di origine divina. Non credere a niente solo perché qualcun altro lo crede. Credi solo a ciò che tu stesso hai sperimentato e giudicato vero.
(Gautama Siddharta)
Prologo dell’adunata all’Aquila dei 7 morti viventi. A Vicenza le ronde in divisa di Manganelli massacrano di botte chi vuole sottrarre la città al ruolo di bunker di stragisti planetari. Manifestare è sovversiivo e antidemocratico. A Torino il terrorismo di Stato marca Maroni-Alfano-De Gennaro incarcera 21 manifestanti contro l’adunata dei manipolatori G8 della conoscenza. Manifestare è criminoso. A Tehran viene scatenata la sedizione vandeana di manifestanti innescati e diretti dall’imperialismo e dal necrocapitalismo contro la sovranità e l’autonomia del paese. Manifestare è nobile e giusto. Nello Xinjang, Cina, pogrom dei musulmani secessionisti sul modello dei monaci fascisti tibetani: assalti, incendi, devastazioni, omicidi. Anche questo è nobile è giusto. Sono nobili e giusti tutti coloro che hanno la loro rappresentanza estera e i conti in banca a Washington. Per essere delinquenti basta non averli e non volerli. Così i media e tutta la politica italiana. Così le consorterie degli pseudomarxisti. Vi vengono le vertigini?

Ci sono quelli che giurano che il loro cane dice “mamma”, che “sorride”, che “sembra un bambino”, che è fiero del cappottino griffato, che saluta con la zampetta, che deve evitare di mescolarsi ad altri cani. Più è “umano” e più è gradito. Se poi ringhia all’ospite che sa di gatto, insegue una pecora, o fa a pezzi una pantofola perché lasciato solo, privo della misura del tempo, si sente abbandonato per sempre, cioè se fa il cane tout court, finisce facilmente legato a un paletto sull’autostrada. Parliamo dei padroni dei cani. Sono gli antropocentrici. Poi ci sono quelli che cercano di disumanizzarsi e caninizzarsi, di capire cosa vuol dire uno scodinzolo, un ringhio, un latrato, un mugolio, un movimento delle orecchie, uno snusamento, un’occhiata disperata o allegra, un rimbrotto, onde correggere in termini canini il loro rapporto con l’ecosistema, con gli altri, il tempo, la morte, l’amore, la giustizia, la differenza. E sono i famigliari dei loro cani. Parallelamente c’è quel grillo parlante, grondante laicità e sicumera, che manifesta il suo disgusto per i taliban che impongono il burka, o per Hamas che fa della religione l’asse portante della sua visione del mondo e della sua lotta di liberazione, magari rispondendo con i petardi Kassam ai bombardamenti al fosforo e a tappeto israeliani. Con ogni probabilità lo si può scoprire, sventolante perbenismo integralista bianco, magari cattolico, in capannelli ove si satanizza Ahmadi Nejad, si fanno a pezzi veli, e si lubrifica la penetrazione “democratica” in Iran del tiro a tre dei pupazzi Cia. Se ha un cane farebbe parte della prima categoria. E’ un eurocentrico, un euroimperialista dal pensiero che, inconsapevole e subordinato, fiancheggia gli euroimperialisti con le bombe, un euro-onanista quanto al suo contributo alla battaglia degli oppressi. E’ la stampella del boia. Immancabilmente, in queste manifestazioni, lo trovi con in mano lo strascico della coppia USraeliana che avanza calpestando popoli nel nome della propria “verità”, del proprio dio.


Dalle nostre parti siamo eurocentristi, eurototalitari ed euroimperialisti, senza distinzione di classe, da quando ci siamo dotati di verità assolute e abbiamo abbandonato il relativismo degli egizi e romani che si facevano greci e assorbivano gli dei altrui, dei “barbari” che si facevano romani, dei sancoulottes che bruciavano chiese che bruciavano donne, perfino di certi missionari che, ignorando gli effetti collaterali, si facevano indigeni, per arrivare ai brigatisti internazionali che si facevano rivoluzionari repubblicani di Spagna e ai cubani che si facevano africani. Siccome Marx ed Engels, nell’Europa industrializzante delle sollevazioni di soldati e operai, avevano escluso il lumpenproletariat, i “sottoproletari” (basterebbe la parola!), dall’armata dei soggetti rivoluzionari, non si aveva alcuna esitazione a prendere le distanze ed arricciare il naso quando Lotta Continua trovava fertilità rivoluzionaria tra carcerati, periferici e “sottoproletari”, anche cattolici irlandesi, o quando oggi la rivoluzione la fanno gli invisibili delle favelas venezuelane e le turbe senz’arte né parte delle bidonville indiane o africane.

Altro che aviaria o febbre suina. Il virus del pensiero unico, dunque totalitario, intollerante e cieco, è un privilegio tutto nostro, rifilatoci dai vari scriba delle truffe per gonzi intitolate bibbia e vangelo. Al punto da diventare nei millenni componente antropologica, intellettual-cultural-politica, strumento di dominio e sterminio psicofisico. Non sono però, si badi bene, un fattore genetico, le ratzingeriane basi “naturali”, i destini inesorabilmente fissati nei geni, secondo la scienza imperiale voluta dai capifila capitalisti Usa per occultare i disastri inflittici da un assetto sociale copiato dall’alveare della regina, del fuco e dei milioni di api operaie.

In tal modo abbiamo assorbito, come fossero le sostanze tossiche iniettate nella carne della mucca pazza, assiomi e valutazioni propri di chi ci infinocchia, precipuamente quelli che vanno a detrimento della lucidità di classe. Sullo scambio postogli tra i binari dagli stereotipi della storiografia patrizia, feudale, borghese, ha deragliato perfino l’onestà intellettuale di un Nobel come José Saramago, quando ha paragonato Berlusconi al Catilina demonizzato da Cicerone - quo usque tandem, Catilina, abutere patientia mea - rovesciando i termini di quello scontro nel loro contrario. Semmai era Cicerone, guru della cosca usuraia attestata nel Senato della Repubblica, ad anticipare il massacro sociale del nostro guitto rigurgitato dal Ventennio, quando ha soffocato nel sangue il tentativo rivoluzionario di Catilina che, riprendendo la legge democratica agraria bocciata a Cesare e Crasso dal console Cicerone, aveva voluto che la terra fosse di chi la coltiva. E anche grazie a questi equivoci epistemologici che, da allora, qui e nel mondo, si continua ad aspettare la riforma agraria e l’eliminazione dei terratenientes , la rivoluzione degli sfruttati e la liquidazione dei pecuniatenentes.

In questo contesto si inseriscono oggi due categorie strettamente imparentate: quella degli obamamaniaci e l’altra degli ultrà sinistro-laicisti. Entrambi dotati di un tasso di dabbenaggine accoppiata a presunzione che ne fa protagonisti di uno staio di polli inconsapevoli, ma con pesanti infiltrazioni di volpi da pollaio. Ho sottomano un velenoso pamphlet, pomposamente intitolato “L’espansione dell’Islam politico e la guerra imperialista”, che per ignoranza e protervia, rappresenta una summa di quella spocchia eurocentrista e autoreferenziale che da secoli accompagna le efferatezze della civiltà occidentale, cristiana e bianca. In perfetta continuità con i crociati e con Andrea Doria, con Cortez e i generali Custer o Gordon, che nel nome di Cristo depredavano e massacravano gli “infedeli” e i “selvaggi”, gli eurocentrici si avventano sui colpevoli di non mettere le posate in tavola come insegnato dal nostro galateo. La loro virulenza ideologica accompagna, a dispetto delle intenzioni dichiarate, gli stormi stragisti degli F-16 e le colonne dei carri Markava con la stella di Davide. E se la croce sui vessilli dei conquistadores, sui centuroni della Wehrmacht e negli appelli alla guerra santa della banda imperialista anglosassone aveva il compito di nobilitare rapine e genocidi, le insegne pseudo-sinistre e pseudo-laiciste degli imperialisti culturali eurocentristi hanno il carattere intrinseco dell’onanismo e quello estrinseco della protezione dei fianchi a chi formalmente deprecano. Ne discende il teorema assurdo di un’opposizione a chi macella palestinesi, affiancata alla condivisione del giudizio dato dei macellati: l’oscurantismo integralista di Hamas. Pretendono di sostenere la causa palestinese e si affiancano a coloro che demonizzano chi tale causa oggi difende, o, peggio a coloro che la tradiscono, o ha smarrito la capacità di combattere. Provano a estrarsi dalla melma dell’implicito collaborazionismo, assicurando di stare con i resistenti “veri”, anche se si tratta di formazioni un tempo significative, ma poi sostanzialmente emarginate dalla decimazione israeliana e da errori, carenze, accomodamenti. Ha dello sketch del Bagaglino vederli in piazza oggi contro i terminator imperialisti e, il giorno dopo, contro coloro che a questi si oppongono, magari gridando lo sconveniente Allah U Akhbar.


E’ la classica via all’inferno lastricata di intenzioni più cretine che buone, scaturite da narcisismo e autoreferenzialità. Nel percorrere tale strada assumono via via tutti i paradigmi più infami della propaganda nemica: Hamas e Hezbollah non sono che l’articolazione dell’ egemonismo oscurantista iraniano, Hamas è stata favorita se non creata dal Mossad, Hamas (nella delazione di un Arafat minato dalla senilità e aggrappato alla sopravvivenza tra cosche di corrotti e venduti, peraltro da lui allevati) ottiene “da Israele finanziamenti per 700 sue istituzioni, scuole, università, moschee”, per cui è in grado di attuare una “politica di assistenza sociale che gli procura consensi tra la popolazione”. Quanto all’agente Mossad-Cia, Hussein Musavi, massacratore di comunisti e iracheni tra il 1980 e il 1988 per conto di USraele, sarà pure islamico e magari corrotto e rappresentante del FMI, ma, contrario al velo e coutourier di signore bene, Israele fa bene a sostenerlo e facciamo bene tutti noi, laici e democratici.
E perché mai farebbe tutto questo Israele, che pure vede nell’Iran un nemico mortale e pure individua, dall’invasione del Libano nel 1982 in qua, nelle formazioni islamiche gli obiettivi privilegiati da annientare? Ma è chiaro: per “opporre a una leadership orientata al socialismo una formazione dichiaratamente anticomunista”. Che la leadership di Arafat e la congrega di opportunisti e satrapi al vertice di Fatah fossero “orientati al socialismo” è un inedito storico di notevole curiosità; che i patrioti islamici fossero visceralmente anticomunisti è ovviamente dimostrato dagli ottimi rapporti di Hezbollah con il Partito Comunista Libanese e dalla comune resistenza delle sinistre palestinesi e di Hamas sia alle aggressioni israeliane, sia ai tradimenti di Abu Mazen e agli arbìtri repressivi dell’Autorità Nazionale Palestinese. La classica tattica del colonialista di dividere il fronte della resistenza, attaccando prima la fazione più forte e lasciandone germogliare un’altra cui toccherà la stessa sorte successivamente, viene tramutata, secondo i canoni della diffamazione sionista, in un Hamas che puzza di Israele, si fa strumento del massacratore del suo popolo. Che questo valga anche per i caporioni della cospirazione Cia contro il legittimo governo iraniano, in questo caso assimilato ai parrucconi di Hamas, non imbarazza più di tanto.

Nel libello citato, e in chi lo pubblica in rete e vi affianca altri funambolismi della coerenza politica, si arriva a vertici di delazione che il milieu non esiterebbe a bollare di infamia. Hamas, di cui si ignora l’autofinanziamento attraverso il sistema della colletta sociale islamica, “si strangolerebbe da sola se non ricevesse finanziamenti oltre che dall’Iran, suo patrono dichiarato, anche dagli Stati Arabi alleati degli Stati Uniti, con il beneplacito dell’Amministrazione americana e… con singolare tolleranza di Israele” (poche righe dopo l’autrice si contraddice clamorosamente dichiarando “esclusivamente verbale” l’aiuto iraniano a Gaza). Peccato che Hamas ha elettoralmente dimostrato di essere sostenuto dalla maggioranza del migliore popolo del Medioriente. Peccato che quei milioni di dollari che il primo ministro palestinese, Ismail Hanjeh, aveva raccolto nel mondo arabo, gli siano stati sequestrati dai gabellieri egiziani di Israele al valico di Rafah e fatti finire nelle banche di Mubaraq. Peccato che gli Stati Uniti, il vassallo europeo e i regimi arabi, abbiano negato al governo legittimo di Gaza anche un solo dollaro dei 4 miliardi e mezzo promessi dopo la carneficina di Gaza a Sharm el Sheikh e assicurano che non partirà un soldo fino a quando a Gaza City non tornano a insediarsi i gerarchi palestinesi a stelle e strisce dell’ANP. Peccato che da tre anni Israele, pronubi gli Usa e compiacenti i regimi arabi che con Israele trafficano, strangola nel suo blocco e ammazza il popolo palestinese di Gaza onde provocare una rivolta che rovesci Hamas e faccia rientrare i collaborazionisti. Peccato che, al di là di qualche comunicato di protesta, le sinistre palestinesi in Cisgiordania si vedano costrette ad assistere dalla finestra, per sopravvivere, allo sterminio degli attivisti e militanti islamici da parte degli ascari ANP di Netaniahu. Non bastassero queste cadute politiche, oltreché di intelligenza e buongusto, si arriva al parossismo di rivalutare, in odio ad Hamas, la sporca figura di Mohammed Dahlan, agente Cia e Mossad, emissario di Abu Mazen in Gaza, squalo arricchitosi rubando agli affamati, che per conto dell’ANP e di Israele doveva realizzare un colpo di Stato contro il governo di Hamas, democraticamente eletto, ma fallì e riuscì a sottrarsi alla giusta punizione che è poi spettata a quelle spie di Fatah che comunicavano alle forze israeliane gli obiettivi da colpire, centrali elettriche, ospedali, scuole, depositi di viveri, dirigenti della Resistenza. Analogamente, in odio a Hezbollah, ecco la vergogna senza fine di attribuire a Hezbollah, sulla falsariga del magistrato inquirente al soldo degli Usa, l’attentato contro il premier libanese Rafiq Hariri, operazione antisiriana con un marchio Mossad che più evidente non si può e che è stata ampiamente provata dalla confessione dei sicari, nonché dagli obiettivi stessi dell’impresa. Un 11 settembre alla libanese.

Che Hamas si faccia aiutare dall’Iran, oltreché dalla Siria (paese che l’autrice scaltramente non menziona tra i sostenitori della resistenza islamica, visto che il suo carattere laico, progressista e panarabo, ne annichilirebbe il teorema) bisogna avere idee come flatulenze per esecrarlo. Non c’è Stato al mondo che rompa il tremendo isolamento del popolo palestinese e dell’unica sua resistenza alla definitiva scomparsa. Tutti tributano onori e onorari al quisling Abu Mazen e alla svendita della sua gente, magari nel momento, anche quello attuale, in cui rastrella e assassina militanti della Resistenza in Cisgiordania. E qui il FPLP, diversamente da questi suoi presunti tifosi in Italia, ha dichiarato senza ambiguità di stare incondizionatamente con Hamas e contro il lavoro sporco che i venduti fanno per conto di chi li ha comprati. Eppure, tra le nubi lnere di questa apocalisse, svolazzano cornacchie che negano il diritto dei naufraghi di rivolgersi a chiunque non partecipi al gioco dello spingerli al fondo, fosse anche, leninisticamente, il diavolo. I palestinesi sono patrioti, dal FPLP al FDLP, da Hamas alla Jihad, da Mustapha a Marwan Barghuti e presto o tardi la faranno finita con la fanghiglia dei traditori. L’Iran è quello che è. Una potenza che si vuole regionale e che con tale obiettivo gioca la sua cinica realpolitik su tutti i tavoli disponibili. In Iraq, tra collisioni e collusioni, ha condiviso con gli Usa la distruzione del massimo polo antimperialista ed antisionista, ma anche antipersiano e anti-integralista, e ha conquistato posizioni di forza nel confronto con Israele e gli Usa. In Libano e Palestina gioca la stessa partita sostenendo Hezbollah e Hamas. E’ una colpa di Hamas e Hezbollah? Dovrebbero dire “meglio soli che male accompagnati”? Dovrebbero tagliarsi le palle?

C’è qualcosa di paradossale e di osceno in chi, presumendosi portatore di tavole mosaiche in salsa comunista, naviga nel fiume di sangue alimentato da nequizie coloniali secolari. Un oligofrenico del PRC mi dichiarò una volta, arricciando il naso, “La resistenza irachena non ci parla”. Non gli parlava, certo, perché usava il suo di linguaggio, incomprensibile a orecchie invase dal cerume della superiorità occidentale. Un linguaggio entrato in campo quando altri discorsi erano venuti a mancare, o avevano fallito, o erano fuori contesto e irrispettosi delle intelligenze e sensibilità maturate in condizioni storiche e culturali che con quelle con cui si è misurato Marx e con cui non sanno più misurarsi i suoi epigoni, tanto saccenti quanto inetti, hanno a che fare come la falce con le palme.

A dare addosso all’Iran attingendo al risentimento per quello che gli Ayatollah hanno fatto all’Iraq dal 1980 al 2009 in combutta con l’Occidente, si finisce come quell’orbo che con l’unico occhio vede ciò che gli arriva da destra e ignora quanto occorre a sinistra. Lanciando anatemi contro la resistenza palestinese e libanese in armi, questi sinistri restano sospesi tra le fumigazioni di un ideologismo solipsista, sterile, masturbatorio, imbacuccati come rabbini in formule apodittiche valide ovunque e sempre. Gli sfila sotto il naso una congiuntura che non vedono e non comprendono. Come la circostanza che, oggi come oggi, il fronte islamico ha per comune denominatore il fatto di essere in Medioriente e Asia l’unica trincea che blocca l’olocausto planetario programmato dall’imperialismo. O come il far parte di un’armata che ha per comander in chief il presidente del più criminale Stato del mondo.
Obama arma e sostiene le barbarie del killerstato sionista, ha giurato fedeltà e obbedienza alla lobby che ne assicura il retroterra; minaccia di risistemare le cose andate a male per i suoi mandanti di Wall Street in America Latina; appoggia con i suoi scherani golpe in America Latina, li tenta in Iran; con il pretesto di eliminare l’apparato Cia chiamato Al Qaida, stermina popoli renitenti alla loro morte in Afghanistan e Pakistan; finge di lasciare l’Iraq, mantenendo ad eternum 50mila soldati in basi che fanno dell’Iraq quello che le stesse basi fanno della Colombia, e lasciando sguinzagliati in “ordine pubblico” 138mila tagliagole mercenari (contractors); massacra la classe operaia Usa con il pretesto di salvare le corporation e tira fuori dalle bancarotte fraudolente, con i soldi di lavoratori mandati al macero, le banche che lo hanno fatto eleggere; rilancia, facendo leva sull’operato di Bush e Cheney alle Torri Gemelle e di altri affini a Londra, Madrid, Amman, Bali, la “guerra infinita al terrorismo”; dice di chiudere Guantanamo, ma non la chiude e ne potenzia il mattatoio gemello a Bagram; conferma la detenzione senza limiti per “combattenti nemici”, raccattati a caso su offerta di lenoni locali, e i tribunali speciali militari; non ha rimosso una virgola dei vari Patriot Act con i quali i suoi predecessori di prima del change hanno cancellato l’habeas corpus, la costituzione americana e gran parte delle libertà civili e dei diritti umani. Il tutto infiorettato da scintillanti bolle di sapone, piene di gas esilarante, insufflate nei nostri crani scoperchiati dall’elegantone che è stato scelto per rimediare ai rutti alla nitroglicerina del troglodita Bush.

Questo è dunque il comander in chief della svolta: un pupattolo finto nero manovrato dagli squali che vedono il mondo come un acquario pieno di sardine. Questo è il taumaturgo della “svolta” omaggiato dal “manifesto” e da tutta la sinistra istituzionale. Potrei andare avanti per ore, ma giustamente mi si è già rimproverato di essere prolisso. Concludo, chiedendo ai missionari della sinistra dura e pura come ci si trova a nuotare in formazione con Obama e Netaniahu in testa, a fianco di Minzolini, Cicchitto, Calderoli, Fiamma Nirenstein (quella che organizza chiassate contro Hamas e per Musavi), tirando con loro fiocinate alle sardine nei mari della mezzaluna.

C’è bisogno disperato di un fronte antimperialista che ci colleghi a tutti coloro che, dall’Iran alla Palestina, dal Libano all’America Latina, dalla Somalia al Sudan e all’Africa tutta, scavano fosse comuni per i boia in arrivo dal Nord. Ma la fortezza del tenente Drogo (*) è sguarnita. Dagli spalti spettri acchittati da vivi guardano dall’alto in basso verso chi, soprattutto a Sud, pur lottando contro l’ecatombe, indossa altri abiti, cammina con passo diverso ma che lascia impronte nella sabbia, guarda ad altre stelle. Si sono rottamati i cannoni della dialettica e dell’obiettività. Osservando con sufficienza e disdegno, commiserazione e disgusto, questi ologrammi restano con le mani in mano, sotto un vessillo su cui non c’è scritto o dipinto più niente, dislavato dalle piogge dell’arroganza e della vacuità. Se quelli laggiù non si mettono le nostre divise, non inalberano le nostre insegne, che si fottano. E’ su questo inconscio precipitato di razzismo e sciovinismo che dal deserto avanzano i tartari.

(*) Dino Buzzati, Il deserto dei tartari, Mondandori

1 commento:

Matteo ha detto...

Penso che qulla vignetta che mostra hamas e fatah combattere sul ring, mentre Israele e Usa si decretano vincitori comunque andrà, sia significativa.
Israele e Usa non volgiono la vittoria dell'una o dell'altra parte, come a sinistra ci si illude spesso, ma vogliono che entrambi continuino a fronteggiarsi e a restare divisi. Per questo infiltrano i propri agenti sia tra le file di Hamas che tra quelle di Fatah.
penso che la Palestina non potrà mai liberarsi finché Hamas e Fatah continuano la loro massacrante guerra interna finanziata da Israele e Usa.
E' come se durante la seconda guerra mondiale i partigiani di tutti gli orientamenti invece di unirsi nel CLN contro i nazisti si fossero sterminati a vicenda.
E' sbagliato quindi mettersi da una parte per dichiarare guerra a oltranza all'altra. Non esiste Hamas, non esiste Fatah, esiste il popolo palestinese.
La domanda da porci non è quindi cosa è meglio per Hamas e cosa per Fatah, cosa per Ahmadinejad e cosa per la sinistra araba, ma cosa è meglio per la Palestina e per l'Iran e per la loro indipendenza.

P.S. I comunisti utopistici, vecchi e nuovi, sono e sono sempre stati antimarxisti. Questo è quello che divceva Marx:

In Francia i comunisti si alleano al partito socialista-democratico contro la borghesia conservatrice e radicale, senza per questo rinunciare al diritto d'un contegno critico verso le frasi e le illusioni provenienti dalla tradizione rivoluzionaria.

In Svizzera essi appoggiano i radicali, senza disconoscere che questo partito è costituito da elementi contraddittori, in parte da socialisti democratici in senso francese, in parte da borghesi radicali.

Fra i polacchi, i comunisti appoggiano il partito che fa d'una rivoluzione agraria la condizione della liberazione nazionale. Lo stesso partito che promosse l'insurrezione di Cracovia del 1846.

In Germania il partito comunista combatte insieme alla borghesia contro la monarchia assoluta, contro la proprietà fondiaria feudale e il piccolo borghesume, appena la borghesia prende una posizione rivoluzionaria.

Però il partito comunista non cessa nemmeno un istante di preparare e sviluppare fra gli operai una coscienza quanto più chiara è possibile dell'antagonismo ostile fra borghesia e proletariato, affinché i lavoratori tedeschi possano subito rivolgere, come altrettante armi contro la borghesia, le condizioni sociali e politiche che la borghesia deve creare con il suo dominio, affinché subito dopo la caduta delle classi reazionarie in Germania, cominci la lotta contro la borghesia stessa.

I comunisti rivolgono la loro attenzione sopratutto alla Germania, perché la Germania è alla vigilia d'una rivoluzione borghese, e perché essa compie questo rivolgimento in condizioni di civiltà generale europea più progredite, e con un proletariato molto più evoluto che non l'Inghilterra nel decimosettimo e la Francia nel decimottavo secolo; perché dunque la rivoluzione borghese tedesca può essere soltanto l'immediato preludio d'una rivoluzione proletaria.

In una parola: i comunisti appoggiano dappertutto ogni movimento rivoluzionario diretto contro le situazioni sociali e politiche attuali.