domenica 6 ottobre 2013

“VERGOGNA!” A CHI?

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Me ne andavo al mattino a spigolare,
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore…
Sceser senz’armi, e a noi non fecer guerra,
ma s'inchinaron per baciar la terra,
ad uno ad uno li guardai nel viso;
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
«Siam venuti a morir pel nostro lido».
(Da Luigi Mercantini, “La spigolatrice di Sapri”, leggermente aggiornata)

Prima di passare al tema centrale di questo pezzo, i morti di Lampedusa e chi li ha ammazzati, consentitemi l’ennesima rilevazione del livello di degrado giornalistico-politico cui è giunto “il manifesto”. Il 4 ottobre, nella pagina 15, solitamente riservata a contributi esterni, non sempre condivisibili ma di una qualche dignità, sono apparse due articolesse (così Giorgio Saviane bollava scritti indegni di essere definiti articoli), rispettivamente di tale Nicola Corritore e del fotografo Mario Boccia, ricomparso dall’oscurità in cui lo avevano relegato i suoi bassi servizi agli squartatori dei Balcani. Qui si è toccato il fondo. L’intero paginone riesuma le balle fatte passare per le “glorie e gli eroismi” dei pellegrini pacifinti precipitatisi nei primi anni ’90 a Sarajevo per coprire con le mistificazioni Cia sul “dittatore Milosevic”, il suo” ultranazionalismo” e “l’assedio serbo alla città multietnica”, la realtà di un’aggressione imperialista mirata a ridurre la Jugoslavia in un mosaico di non-Stati, da impiegare per ogni genere di traffico criminale. Tra utili idioti, esibizionisti, fetidi amici del giaguaro, assieme ai famigerati “Beati Costruttori di Pace” (con la loro milizia “Berretti Bianchi”) e ai rivoltanti  Adriano Sofri (incaricato di volgere in serbi gli obici bosgnacchi del nazista Izetbegovic che facevano strage al mercato) e Alex Langer (a sua volta impegnato a invocare sui serbi i pacifici missili all’uranio Nato), a Sarajevo si era radunato il peggio del peggio dei collateralisti diritto-umanisti.



Qualcuno dalle buone intenzioni c’era. Sicuramente le aveva Moreno Locatelli, per sua cattiva sorte portato da trascorsi monacali ad aggregarsi ai “Beati” di Albino Bizzotto e Lisa Clark, questi cappellani delle salmerie Nato, anticipatori della successiva creatura NED antiserba, Otpor. Moreno ci credeva, al punto che quando la corte dei miracoli raggruppata da Bizzotto decise di fare un demenziale corteo “di pace” sul ponte di Vrbanja, bersagliato giorno e notte dai cecchini. Ne prese la testa, nonostante vi si fosse dichiarato nettamente contrario, avendo lucida consapevolezza del pericolo a cui si esponevano gli agnelli sacrificali dell’esibizionismo bizzottiano.
Per Boccia, che ci aveva abituato ad altre sconcezze, “Moreno l‘ha ammazzato la guerra“, punto. No, turiferi di una “pace” che spiana la strada ai becchini, Locatelli non l’ha ucciso la guerra. L’ha ucciso chi ce l’ha mandato su quel ponte, a partire dal “beato” prete Angelo Cavagna, nonostante che il ragazzo, destinato a un martirio perfettamente prevedibile, avesse ricevuto, alla vigilia della criminale impresa, un avvertimento diretto dai futuri assassini. Musan Topalovic, boss mafioso e comandante bosniaco della 10ma  Brigata del sultano Nato Izetbegovic, rapitore di cittadini serbi che poi decapitava e gettava nella foiba chiamata “buca del diavolo”, aveva personalmente avvertito Moreno che li avrebbe ammazzati in qualsiasi momento. Il colpo che lo uccise partì dalla collina dove era appostato Haris Lukovac, capo pretoriano di Izetbegovic. Un suo spione, Edo Smaic, infiltrato tra i pacifisti, aveva detto al ragazzo: “Guarda che da quel ponte torni in barella”. E così fu, a dispetto del fatto che Moreno aveva tentato in tutti i modi dissuadere i promotori della farsa pacifista.

E così fu. Ma di tutto questo nei pezzi del “manifesto” non c’è traccia. Fedele all’impostazione dettatagli dal suo rispetto per verità e deontologia giornalistica, Boccia prosegue nella fetida manovra di depistaggio che, iniziata quel giorno, doveva convincere l’opinione pubblica che a sparare su Locatelli sia stato l’immancabile “cecchino serbo”. Nel celebrare il 3 ottobre, nella ricorrenza dei vent’anni dall’assassinio pianificato di un rompiballe della strategia della criminalizzazione dei serbi e della distruzione della Jugoslavia, Boccia, e chi ne ha ospitato l’infame speculazione sulla pelle di un pacifista sincero, ne hanno onorato la memoria imbrattandola di bugie.

LAMPEDUSA: VILI, INFINGARDI, IPOCRITI, COMPLICI



Bello il grido di Bergoglio “Vergogna!”. Bello, giusto, dal cuore. Meno dal cuore quanto dall’ipocrisia di uno dei responsabili di prima linea, il “Vergogna! Orrore!” del rinnegato dell’art.11 sul Colle. Ma vergogna e orrore per i 300 affogati di Lampedusa e i 20mila nel Mediterraneo, 7 al giorno da vent’anni, a chi? Alla guerra? Al mare? Alla Bossi-Fini, ai CIE, ai trafficanti di carne umana, alla “mente di un paese malato, avvolto in una patologia di operazione dai fatti, a un’Italia popolata da gente sola e disinformata, circondata da un mare di gente morta” (Furio Colombo, e non si riferisce a Israele)? Agli “illegali respingimenti in mare, i sequestri di pescherecci accorsi al salvataggio, ai campi di concentramento, alla negazione dello jus soli” (Erri De Luca)? Ai “paesi di provenienza senza democrazia, libertà, benessere” (Alfano)? Ai “campi di detenzione di Gheddafi dove erano sottoposti a ogni genere di tortura e maltrattamento” (Bianca Berlinguer)? Alle “turbolenze, guerre civili, conflitti politici” (ministro della salute Lorenzin)? Alle “guerre, persecuzioni, violazioni dei diritti umani” (Laura Boldrini)? Alla “feroce dittatura eritrea” (Lilli Gruber von Bilderberg)? A “proibizionismo,leggi infami, decisori europei e nostrani, accordi bilaterali, inferno libico, assenza di canali umanitari per coloro che patiscono guerre e persecuzioni” (la ginocrate manifestista Annamaria Rivera)? A “conflitti e miseria, al reato di clandestinità” (Ascanio Celestini, che anche lui si ferma lì.)? Al “traffico criminale di esseri umani” (Napolitano)?

Ma che bravi! Tutti ad agganciarsi a un qualche anello della catena, guardandosi bene dal gettare un’occhiata su da dove parte e su chi vi ha rinchiuso quelli da affamare con sanzioni, sterminare con le bombe, consegnare a tagliagole mercenari e, infine, affogare nel Canale di Sicilia. Come quelli che deprecano l’uccisione dell’ultimo gorilla della montagna per mano di bruti antianimalisti. Che sono disperati morti di fame in un paese, il Ruanda, in cui i colonialisti francesi e Usa, compassionevoli con i gorilla, hanno fatto carne di porco promuovendo la carneficina della maggioranza hutu per mano dei fidati Tutsi (carneficina poi imputata ai riottosi Hutu, come ad Assad quelle dei briganti jihadisti, o a Osama i crimini di Bush e Obama). Vi sono quelli che, ansiosi di stendere un velo sull’orrore in cui hanno cacciato la Libia, dipingono l’apocalisse del Mediterraneo come prosecuzione della pratica gheddafiana di sterminare migranti nei campi di raccolta. Sorvolano sul fatto che dalla Libia di Gheddafi (che ospitava, con pari diritti dei cittadini, 2,5 milioni di migranti lavoratori, cosa che gli ha meritato il plauso dell’ONU), nessun libico, né migrante saheliano, era mai scappato e i pochi che arrivavano non erano libici, ma subsahariani trafficati dalla mafia islamista di Bengasi, quella che, repressa dal governo libico, dalla Nato e dai suoi corifei è stata rinominata “giovani rivoluzionari per la democrazia”.

Oggi in Libia i campi di concentramento ci sono davvero. 17 gestiti da uno pseudo governo di barricati in casa davanti alle bande terroriste che imperversano nel paese, svendono sottobanco il petrolio che aveva fatto della Libia il paese più prospero e avanzato del Continente, si sfracellano tra di loro e controllano altre decine di campi illegali, in cui i neri vengono scuoiati e i migranti vengono torturati col ferro, o con l’estorsione, a loro e ai famigliari lontani, della tariffa di passaggio al fondo del mare. Mai successo sotto il “sanguinario dittatore”. Scuoiato pure lui, ma da coloro che si stracciano le vesti su Lampedusa.

C’è un dato che avrebbe potuto, se non fossero ipocriti complici, condurre i deprecatori di anelli finali della catena - Europa, trafficanti, leggi, cultura, Frontex, Borghezio, guerre, turbolenze - al molo da cui la catena parte e, addirittura, a chi ce l’aveva legata, magari a chi ha raso al suolo la Libia, saccheggiato e desertificato la Somalia e sta continuando in Siria, ora perfino con i gas asfissianti (nuove conferme sugli intermediari sauditi e turchi).  Chi sono quelli che migrano per farsi mangiare, se non dai pesci, dai mercanti nostrani di carne umana, nei campi, nelle fabbriche, nello schiavismo domestico, nell’accattonaggio, come anche da quelli che gli piangono addosso senza chiedersi chi li ha stracciati? Chi sono ma, soprattutto, da dove vengono? Lo sappiamo tutti, ma nessuno che ne tragga l’inevitabile conclusioni: Siria (460 l’ultimo scaglione, 11mila in Bulgaria), Libia, Egitto, Mali e Sahel tutto, Sudan, Somalia, Eritrea. Dai paesi del Maghreb non arrivano più. Sarà perché non ci sono ancora passati sopra i cavalieri dell’Apocalisse occidentale?

Eritrea. Dal momento dell’indipendenza (24/5/1993), strappata agli eredi etiopici dei gassatori italiani, è sottoposta alle sanzioni della “comunità internazionale”, ostracizzata sul piano diplomatico ed economico, ininterrottamente pressata e provocata militarmente dai surrogati Nato etiopici dai quali, addestrati da Usa e Israele a ogni bisogna mercenaria in Eritrea, Somalia o ovunque servisse, ha subito due rovinose aggressioni. Ultimamente è stata pure criminalizzata per un presunto sostegno ai patrioti Shabaab in Somalia. Magari fosse. Un paese che si deve guardare dalla costante minaccia di superpotenze che non ne tollerano l’indipendenza e sovranità e che, dall’isolamento internazionale, è ridotto al margine dell’inedia collettiva. Sono condizioni che possono rendere inevitabili misure di controllo sociale a noi sgradite, le infiltrazioni, i tentativi di destabilizzazione e divisione sociale e confessionale, sono ininterrotti. Ecco dunque apparecchiata la tavola per chi si etilizza dei suoi diritti umani, la cui violazione provocherebbe l’esodo dei perseguitati (si trova sempre un eritreo o un siriano disposto a comprarsi l’asilo politico raccontando quanto in Occidente si vuole sentire, vero signorina Gruber von Bilderberg?).

Somalia. E’ della settimana scorsa la notizia che squadre speciali Usa, britanniche francesi e turche hanno assaltato dal mare la cittadina  di Barawe, nella Somalia meridionale, roccaforte degli Shabaab, hanno provocato sette morti e spinto altri somali alla trasferta verso il fondo del Mediterraneo. L’attacco è fallito, respinto con perdite, tra cui il comandante delle SAS britanniche. Ma andiamo con ordine. Primo inviato occidentale nella Somalia del tiranno, fantoccio degli Usa, Siad Barre, tolto di mezzo da una rivolta popolare, ho assistito alla fase iniziale (poi seguita da quella raccontataci da Ilaria Alpi, vittima degli invasori) della strategia di distruzione di quello Stato. Il generale patriota Aidid fu fatto fuori da mercenari capeggiati da un burattino coloniale, caro agli italiani. Proprio prima che il presidente pro-USA Mohamed Siad Barre fosse deposto,quasi due terzi del territorio erano stati assegnati in concessione petrolifera a Conoco, Amoco, Chevron e Phillips.

I successivi pupazzi furono installati dagli occidentali grazie al supporto di due operazioni ONU, quella umanitaria Unosom e quella militare “Restore Hope”. Passando attraverso varie forme di organizzazione e di ideologia, la resistenza somala non è mai stata domata. Alla faccia di due invasioni etiopiche, dell’intervento di una forza di stupratori e assassini kenioti e ugandesi chiamata “Forza d’intervento dell’Unione Africana” che, pesantemente armata dalle potenze occidentali, ha completato l’opera dei precedenti interventi. Un paese economicamente e socialmente evirato da vent’anni di devastazioni coloniali, decine di migliaia di morti civili, città e villaggi rasi al suolo, assassinii non mirati dei droni Usa, distruzione di ogni infrastruttura, terra e mare avvelenati dai rifiuti tossici europei, governicchi-farsa costruiti nei laboratori del colonialismo. Un non-Stato, una non-nazione, carestia, siccità, fame. Ma, in compenso, il chiavistello imperiale su Mar Rosso e Oceano Indiano, sul massimo traffico commerciale, militare e di idrocarburi del mondo, fatto a pezzi e, quindi, sano e salvo per noi. E come se ne è valsa la pena!


Libia, Egitto e Sahel. Della Libia abbiamo detto. Non serviva un paese che con organismi indipendenti pan-africani stava riunendo e indipendizzando l’Africa che, anti-neoliberisticamente, garantiva giustizia sociale, emancipazione e benessere, che sosteneva i palestinesi e la coesione laica araba, che aveva assicurato acqua potabile a tutti i suoi abitanti impedendo che fluisse verso Israele, che, invertendo i fattori, aveva compromesso il risultato: anziché il 90% del reddito petrolifero alle multinazionali e il 10% al popolo (o, piuttosto, alla famiglia allargata regnante), esattamente il contrario. Non serviva un paese che, con gli altri della regione, era il naturale e proficuo approdo economico e culturale, dei paesi sud europei, destinati a sprofondare presto o tardi fuori dalla storia. Serviva il caos creativo che avrebbe alimentato un disfacimento sociale, politico ed economico tale, qui come ovunque, da alimentare flussi di percettori di cinque euro al giorno atti a calmierare le pretese dei lavoratori autoctoni. Lo stesso vale per il Sudan, spezzettato da USraele, Vaticano e UE in due o tre, privato della sue risorse energetiche a vantaggio di secessionisti che lo regalano alle multinazionali; per Mali, Niger, Costa d’Avorio, dove la Legione Straniera di Sarkozy e Hollande hanno fatto piazza pulita di libertà, sovranità, sopravvivenza economica. L’Egitto, fonte di flussi di emigrazione senza precedenti, può ringraziare i Fratelli Musulmani, ricambio occidentale al despota Mubaraq, di cui gli integralisti hanno proseguito l’opera di spoliazione, repressione, corruzione e sfacelo economico.

Siria e Iraq. Gli undicimila siriani approdati in Bulgaria, le centinaia da noi, perché arrivano ora, quando mai in passato da quel paese ne era arrivato uno, visto che a casa sua, a dispetto del solito cappio delle sanzioni, aveva ciò che a noi è stato tolto: sanità e istruzione gratuiti, casa, lavoro, pace sociale, armonia confessionale, rispetto per le diversità, dignità nazionale. Forse perché, da quasi tre anni, contro la Siria, la sua indipendenza, la sua fierezza, si accaniscono gli squadroni della morte Nato, alla testa di decine di migliaia di licantropi ubriachi di fanatismo e soldo, rastrellati da Cia, Mossad, Turchia, nababbi del Golfo, per dove l’Impero ha seminato terrorismo destabilizzatore? Non sta bene un paese, tanto terrorista da far da cuore a un asse di resistenza contro il cannibalismo USraeliano ed europeo, e che pretende di farsi attraversare da idrocarburi provenienti da Caspio, Pakistann, Iran, Iraq e diretto verso l’Europa, fuori dalla rete controllata dagli Usa. E’ inammissibile uno Stato che insiste a sostenere la lotta del popolo palestinese a dispetto del tradimento dei suoi chierici, passati ai bancomat del Golfo, paese a cui plaudono e che sostengono paesi-canaglia come Cuba, Venezuela, Sudafrica, Brasile, Russia, Cina,. India, Argentina e l’indice d’ascolto di un audience di dimensioni mondiali. Uno così va disintegrato e sfoltito a bombe, annegamenti e schiavismo.

Nell’orgia di retorica, gemiti, frignii e rampogne con cui gli amanuensi e tastieristi delle tavole sacre e dei pronunciamenti dell’impero cristiano hanno ammorbato i cervelli dei più, non potevano non inserirsi, con la loro diversissima specificità, maestri venerandi e santoni del genere che il 12 ottobre passeggerà per le vie di Roma invocando la Costituzione, la democrazia, i diritti umani. Senza peraltro volersi accorgere di come queste fondamenta del vivere decente, nei paesi di emigrazione siano stati da noi ridotti in cenere. Insieme a moltissima gente, ai loro edifici, ai mezzi di sussistenza. Avevamo tirato un sospiro di sollievo a leggere negli anatemi di alcuni contro Bossi-Fini, Cie, reato di clandestinità, trafficanti, le parole “guerra” e “fame”. Parole rimaste però  nell’empireo dell’astrazione. Creature orfane di genitori. Guerra fatta da chi? Fame diffusa ad arte da chi? Non se  lo chiedono nè Marco Revelli, né  Alessandro Dal Lago, guru dell’intellettualità-bene, né Monica Frassoni, euro presidente del partito Verde, quello dei pacifisti con il pugnale anti-musulmano tra i denti alla Joshka Fiscer, Alex Langer, Cohn Bendit, né Vendola, commensale di una sinistra a tavola con la destra PD, né i barboncini di Napolitano Grasso e Boldrini e neppure il caravanserraglio degli sterili con il profilattico che si appellano ai ministri della Repubblica, alle istituzioni europee e alle organizzazioni internazionali, per il famigerato “corridoio umanitario” tante volte invocato dai ratti di Siria. Si tratta di  Melting Pot, Arci, Prc, Sel, Lunaria, Articolo 21, Terre des Hommes, Antigone, Cgil, e tutto il cucuzzaro pacifinto Ong, già esibitosi all’epoca della kermesse di Sarajevo. Si è visto cosa passa poi per i “corridoi umanitari”.  Di lasciare semplicemente quelle genti in pace non è venuto in mente a nessuno. “Responsibility to protect”. L’ha detto Obama.

Snocciolato, in coro con l’universo mondo, il rosario delle ovvietà italiote, Bossi-Fini, Cie, leggi proibizioniste e criminalizzanti, sorvolato sul dato costituente dei migranti provocati a forza di embarghi, terroristi e bombe, a diventare i produttori del 10% del PIL e il cui schiavismo rafforza la distruzione dei diritti degli indigeni, tutti questi gentiluomini e gentildonne, galantuomini e nobildonne, si sono avventurati a parlare anche di guerra, persecuzione e fame, pensate un po’! Ma vigliacco se avessi trovato anche uno solo di essi che abbia letto ai pargoli la paginetta in cui a impiccare Pinocchio sono il gatto e la volpe, ovvero un timido accenno ai boia-capo dei giustizieri di nazioni agli ordini del Tribunale Supremo di Wall Street, Obama e Netaniahu. E, per restare nel nostro piccolo di fureria, avesse accennato a responsabili di sociocidi: un presidente fellone, premier come D’Alema, Berlusconi, Prodi, Monti, Letta, ministri della guerra come Di Paola,Terzi, Mauro, il fuoriditesta La Russa, loro sicofanti come i parlamentari, anche Prc, che ne hanno votato le scelleratezze e loro prefiche della sinistra piagnona che pigola contro le guerre armate, nulla dice delle guerre per sanzioni genocide e, in compenso, fischietta allegra la cacofonia del terrorismo (fin dal false flag dell’11 settembre), della democrazia e dei diritti umani violati dall’ineluttabile dittatore.

Persone perbene che si ammantano di Amnesty International che, sagacemente guidata da Suzanne Nossel, sionista, già assistente di Hillary Clinton e del superfalco da mattatoio Bolton, avanza la “richiesta a partiti e istituzioni di prendersi qualche responsabilità e adottare azioni concrete per garantire un viaggio sicuro a chi non può far altro che fuggire dal suo paese”. Quel paese, quei paesi, per i quali Amnesty ha garantito, con le sue campagne di menzogne e calunnie, un “viaggio sicuro” alle armate imperiali e alle loro compagnie di ventura. Bel modello. Come quello, portato pure dal “manifesto”, dei radicali, nei cui 11 referendum berlusconizzati alcuni, promossi in sordina e perciò non arrivati al quorum, che sostenevano il ritorno dalla Bossi-Fini all’eccellenza umanitaria della Turco-Napolitano, risultano avvolti e legati negli altri, promossi e trionfanti, che azzereranno ogni diritto sociale e la faranno pagare cara al giudice che venisse smentito in altro grado da uno più malleabile, magari alla Squillante.

Avevo detto “vigliacco se avessi trovato uno solo…” Bè, uno solo c’è. Ma sta proprio solo solo. E’ l’irriducibile esterno del “manifesto” Manlio Dinucci, che tante volte ci tira su sul finire dell’opprimente lettura di quel giornale. Solo nell’oceano in cui vengono fatti annegare non solo esseri in carne e ossa, ma, a rinforzare gli effetti del naufragio, si perde anche una verità spinta al fondo dalla zavorra di questa vociferante turba di ignavi e infingardi. Per vedere emergere dalla melassa delle lamentazioni le parole Usa e Nato, Libia, le 10mila missioni di attacco aereo e le bande di briganti infiltrate, non ci rimane che la colonnina di Dinucci: “Quelli che perdono la vita nel mare sono anch’essi vittime della guerra voluta dai capi dell’Occidente. Gli stessi governanti che alimentano ora la guerra in Siria… Se anche il loro barcone affonda, c’è sempre un Letta pronto a proclamare il lutto nazionale”. Grazie Manlio, nella categoria ora siamo almeno in due.


Dalla parte opposta del mondo, quella al buio, c’è Furio Colombo. Se non fosse che, su “Il Fatto”, Travaglio e altri, pur con retroterra ideologico opposto al mio, mi rivelano, quasi unici, quotidianamente, lo stato di schifo della classe politico-economica italiana, un giornale che ci infligge ogni giorno l’ultrà USraeliano Furio Colombo andrebbe affidato a un rogo che, stavolta, non sarebbe un affronto alla libertà d’espressione, ma la giusta esecuzione di un verminaio di frodatori. La palma della complicità con i detonatori dell’ordigno migrazione va assegnata a questo ex-sodale amerikano di Gianni Agnelli, per una chiavica di pezzo che, in modo originale, si inserisce in vetta all’operazione di occultamento e depistaggio di cui sopra. Nel giorno dello schiamazzo nazionale sui fatti di Lampedusa, conseguenza diretta dei necrofori all’opera in Siria e paraggi, avendo Monica Maggioni fatto un’intervista equilibrata a Bashar el Assad, senza sputargli addosso e da cui il presidente siriano è uscito ammirevolmente corretto e convincente, Colombo fa eccezione. Rispetto alla vulgata main stream che ignora il conflitto in Siria, lui ne parla, caspita se ne parla.

A modo suo. Eccone le perle: “Assad, come Hitler, appare responsabile della strage da gas, gronda sangue, in gran parte di bambini, perché mai si è dotato di armi chimiche? forse di origine russa..." (non passa per la mente a questo acrobata dello strabismo di chiedersi perché se ne é dotato, più di tutti gli altri, il già atomico Israele e perché gli Usa da sempre ne inondano i popoli). "E quegli straccioni di ribelli, come potevano, nelle loro case diroccate e caverne maneggiare simili armi? Ovviamente non potevano. E giustamente l’inviato della Stampa, Domenico Quirico, chiama il fenomeno e la sua spaventosa strage  ‘Il Male’, di cui la Russia è apparsa una grande complice. Insomma, se Obama non vuole proprio ripetere il successo libico, ci vuole almeno il Tribunale per i crimini contro l’umanità" (già, quello di Moreno Ocampo, che incrimina e processa esclusivamente imputati dalla pelle nera e invisi all’Occidente).

Capita la mossa? Non si azzardi nessuno a indicare  lo sconquasso in Siria come provocato da chi già molti anni fa aveva programmato la rimozione di quel disturbo. Se proprio di Siria si vuole parlare, eccovi il colpevole, il mostro, il carnefice. Posso permettermi di definire questo pezzo una mascalzonata. Me lo permetto. Una mascalzonata la cui oscenità sta al giornalismo come Israele sta ai diritti umani..

Angelino Alfano è quello che, se lo vedi sul banco del pesciaiolo e gli guardi gli occhi, lo butti. Il segretario, vicepresidente, ministro dell’interno, rimesso nel fodero il pugnale che aveva appena brandito in Valsusa e fattosi prestare una lacrima di naufrago, ha detto e garantito che la tragedia di Lampedusa non sarà né l’ultima, né la penultima. Ha però auspicato che la struttura europea “Frontex”, demandata a vegliare  sui tartari del deserto alle frontiere della Fortezza, venga rafforzata, tanto da far passare solo quelli che servono, tra pomodori e negli altiforni, a caporali  benefattori e imprenditori pietosi. E’ sembrato che volesse intimidire un’Europa che, al netto della sua accoglienza di un decuplo dei migranti che vengono da noi e delle decine di milioni che ci ha passato per occuparcene, ai confini della civiltà non ha ancora eretto muri di cinta cimiteriali, tipo quello israeliano. Comunque, ha ragione, l’ecatombe di Lampedusa non sarà la fine dell’olocausto. Sa benissimo, Angelino, perché c’è dentro fino al collo con tutta la casta, che ci sono ancora tanti “interventi umanitari” da fare per completarlo. Finchè c’è guerra c’è speranza.

Gemeranno gli antri
Secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
Splendidamente su le mute vie
Per far più bello l’ultimo trofeo
Ai fatati Pelìdi. Il sacro vate,
Placando quelle afflitte alme col canto,
I prenci argivi eternerà per quante
Abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.

(Ugo Foscolo “Dei sepolcri”) 

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo. Punto.

alex1 ha detto...

Forse non c'entra molto, ma al Festival del cinema ho assistito ad un film, bello anche se drammatico, intitolato "la prima neve". Uno dei protagonisti e' un immigrato dall'africa subsahariana che si era stabilito con la moglie in Libia e da cui era dovuto fuggire su di un gommone dopo l'arrivo dei "ratti" che avevano promosso la caccia al negro. Sebbene la storia viene spiegata verso la fine del film, non compaiono mai scene di guerra e non viene nominata mai la NATO, lo ho visto come un atto indiretto di denuncia alla Guerra contro la Libia. Tuttavia non ho visto molti cinema programmarlo, non so se fara' la stessa fine del "Leone del deserto" boicottato e praticamente scomparso dalle sale italiane solo dopo una settimana dalla sua uscita.
Ottimo peraltro la rievocazione delle porcherie e della manipolazione propagandistica antijugoslava all'epoca dell'"assedio" di Saraievo, di cui conserve perfetti ricordi. Vorrei aggiungere alla memoria di quell'attivista, mandato al massacro da qualcuno che voleva monetizzare in termini di visibilita' la sua uccisione, anche quella dei troppo velocemente dimenticati giornalisti RAI assassinati da una cannonata croata, in Bosnia, la cui colpa fu solo quella di aver cercato di informare sulla realta' della guerra condotta dagli Ustascia croati. Contro la linea comune che la guerra la facevano solo i nazionalisti serbi contro l'europeisticamente corretta Croazia e gli agnellini di Izedbegovic, poveri e disarmati.

Anonimo ha detto...

La realtà del mondo come lei la racconta, il dominio imperiale che lo pervade, caro Grimaldi, è totalmente sconosciuta ai suoi connazionali. Abbiamo un'alluvione di informazione dai media, dai social network e non sappiamo affatto perchè le cose succedono. E' incredibile, e forse un pò surreale. Non so cos'altro dire.

alex1 ha detto...

Volevo far notare un articolo sulla Libia di un certo Atwan, tradotto dal "centro di iniziativa proletaria" di Sesto S. Giovanni, a proposito di una certa sinistra. Descrive la situazione della Libia con molti dettagli, dalla mancanza frequente di elettricità ed acqua (ed avevano costrutico il più grande sistema al mondo per estrarre l'acqua dal deserto, pensate) agli scontri fra milizie con assassini politici e detenzione di migliaia di persone senza processo. Ma il veleno sta nella coda, quando si afferma che il "regime di Gheddafi era brutalmente dittatoriale, lo diciamo (chi, plurale maiestatis?) per la milionesima volta", e poi quando si appoggia il ministro degli esteri libico perchè, sisarebbe opposto ad un intervento armato in Siria. Ma c'è di più, si dice anche "speriamo che i popoli arabi, quello siriano in particolare, imparino dall'esempio libico" che può avere una doppia valenza. L'ambiguità ed il cerchiobottismo di alcune componenti della sinistra antagonista, come era quella di "socialismo rivoluzionario" ai tempi della Bosnia è perniciosa...

alex1 ha detto...

Solo per ricordare il 50esimo anniversario della tragedia del Vajont. Non per fare l'uccello del malaugurio, ma il discredito su allora dato addosso a chi ne denunciava I pericoli, come la Merlin od il geologo Semenza, non mi sembra dissimile a quello dato addosso oggi a chi denuncia scempi ambientali, come per l'Ilva di Taranto, per la Val di Susa e per le discariche in Campania. Lavoravo al registro dighe dieci anni fa, quando ricorreva il 40esimo anniversario, ho approfondito la storia grazie anche al libro dello stesso Semenza, ma devo dire che in qualche caso, una certa tendenza a sottovalutare i rischi da una gestione procastinatrice di manutenzione, era ancora rimasta...

Anonimo ha detto...

Bellissimo pezzo,come al solito.Niente piaggeria,ma per come scrivi dovrebbero studiare i tuoi articoli alla scuola di giornalismo.I documentari poi,se si pensa che sono autoprodotti,sono eccezionali dal montaggio fino alla colonna sonora.
La rai li dovrebbe trasmettere ed i tuoi articoli pubblicati ,se esistesse ancora il giornalismo in Italia.
Dato il gratuito servizio che fai a chi apprezza il giornalismo vero e ben fatto,ti strameriti i complimenti ed un grazie di cuore.
Una domanda :che ne pensi di provocazioni ed infiltrati per il 19 ottobre.Occasione imperdibile per pd-pdl .
Luca.

Fulvio ha detto...

Luca@
Grazie dei generosi apprezzamenti.
Per la manifestazione del 19, se si farà, sarà probabile che,alla luce della campagna terroristica di diffamazione dei No Tav, questo Stato di polizia, sollecitato da Napolitano e dal "difensore della Costituzione", Rodotà, tenti delle provocazioni.Credo che il movimento saprà controllarle e respingerle. Se ci saranno scontri, lo avrà voluto il governo.

Anonimo ha detto...

dall'ansa
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/associata/2013/10/10/Nobel-Letteratura-americana-Alice-Munro_9438685.html

ma proprio non riescono a farlo un elenco dei pochissimi paesi che non hanno ratificato il trattato sulle armi chimiche ? e chi ci sarà mai ??