venerdì 26 aprile 2019

Quale 25 aprile. Quale 27 aprile. Quale liberazione.



 

Il link è l’omaggio a una donna, venuta da un altro mondo per dare una mano al nostro, la sua vita per l’amore del suo uomo, della repubblica, della democrazia, della giustizia, della libertà. Per me anche lei è 25 aprile. Canzone che amo e che, volendo, potete sentire a sottofondo di quanto ho scritto.

Ho superato il 25 aprile uscendo dalla culla di questo eterno presente, dalla quale, a noi pupetti, i pupari non fanno nè vedere passato, né prospettare futuro. Eterna sospensione tra l’unico pensiero possibile, quello attuale, e l’unica tecnologia disponibile, quella digitale.  Ho afferrato una radice e mi sono ritrovato sotto il monumento sul Gianicolo alle vittorie di Garibaldi sui francesi e alla memoria della Repubblica Romana (1848), poi annegata nel sangue dei patrioti e del popolo romano dalle monarchie francese, borbonica, austroungarica che PioIX  aveva invocato dal suo esilio a Gaeta (i bersaglieri gli avrebbero reso la pariglia a Porta Pia, vent’anni dopo). Priorità assoluta delle Potenze, non diversamente da oggi, stracciare una costituzione che a quella di esattamente cent’anni dopo poco aveva da invidiare e, dato l’ambiente europeo e la sua affermazione di sovranità, era perciò anche più meritevole.


Un monumento che mi proteggeva dallo scroscio di toni enfatici e parole declamatorie grandinate dal Quirinale e rimbombate nella camera dell’eco che è la stampa italiana. Toni e parole all’apparenza del tutto rituali, generiche e banali, altisonanti, proprio come si retoricheggiava ai tempi di Lui, prendendo fiato a ogni periodo, passando dal grave all’imperativo nobile e finendo sull’intimidatorio per chi non  dovesse darsela per intesa. Insomma, discorsi da Balcone, dalla cui pomposa prosopopea cerimoniale, nel caso specifico del tutto abusiva, immancabilmente esalano i vapori dell’ipocrisia e dell’autorità fondata su chiacchiere e distintivo. E, a volte, su felpe e giubbotti, abusivi pure questi.. Tutte cose che con i fasti evocati da lontano, sempre senza averne i titoli, abusivamente, hanno il compito di coprire i nefasti  del presente e dei presenti.

 Bandiera delle Repubblica Romana. Giubba garibaldina

Non ho partecipato ad alcuna celebrazione, ufficiale o ufficiosa, trovandole tutte spurie e inquinate. Dal Quirinale a un’ANPI che condivide con tutte le sinistre la perdita di sé e che si mette ad arzigogolare sull’equivalenza tra nazifascismo e quello che i superrazzisti dell’Impero e delle sue marche definiscono razzismo. Mistificando per tale quello di chi smaschera l’operazione colonialista, detta globalizzazione, ai danni dei dominati del Sud e del Nord. Gli sciagurati sovranisti, identitari, refrattari alla levigatezza dell’uniformato. Seppure lo definiscano tale, non ne fa sicuramente parte Matteo Salvini, sovranista farlocco e sfascia-Italia  del “prima gli italiani”, purchè si tratti di trafficoni eolici, trivellatori di terre e mari, sfondatori di valli e montagne, magna magna di ogni genere, cravattai lombardoveneti, insomma tutti i missi dominici dell’Impero. Genìa che è stata decisiva perché i risultati del 25 aprile fossero consegnati nelle mani e nelle borse dei nuovi invasori.


Genìa maledetta. E’ stato lo spirito dei tempi coronati dal 25 aprile e subito successivi che ha innalzato l’Italia – dal fascismo squadrista frantumata in giovani obnubilati, popolo plebeizzato e impecoranato, federali in stivali e loro mignotte, intellettualità sedotta, asservita e abbandonata, brutalità ed elementarietà di azione e pensiero (salvo grandi architetti) - ai livelli di un passato come quello dei Leopardi e dei moti ottocenteschi. Che ha prodotto i Fenoglio, Calvino, Pavese, i De Sica, Rossellini, Monicelli, giganti che hanno nanificato, moralmente e culturalmente,  tutto quello che è venuto dopo e che formicola a petto in fuori nei Premi Strega e Bancarella. Si può dire, e spiacerà ai nonviolenti, di vocazione o altro, che quello Zeitgeist, così generoso, è uscito dalla canna di un fucile.

Da ex-direttore responsabile e inviato di guerra del quotidiano Lotta Continua e militante (a lungo latitante) di quell’organizzazione, che contro il fascismo aggiornato del consociativismo di regime, con il suo terrorismo di Stato, pure qualcosa ha fatto,  mi permetto, nel mio piccolo e intimo, di ringraziare i partigiani tutti. Formazione di popolo.  Più di tutti quelli garibaldini, e rigettare nel buco nero dell’esecrazione gli Alleati, che ai primi hanno sottratto e pervertito la vittoria, poi procedendo a sottrarre e pervertire ciò che di ogni vivente fa quello che è: la sovranità sua, della sua comunità, del suo passato, presente, futuro, nome. Di questo gli antifascisti da terrazzo, antisovranisti del re di Prussia, non sanno e non dicono, bisognosi come sono dei cartonati in camicia nera e saluto romano per occultare il fascismo global-digital-finanziario che li ha reclutati e di cui si sono inoculato il virus. Il che non mi impedisce, sia detto per inciso, di trasecolare a fronte di chi insiste a definire Piazzale Loreto “giustizia di popolo”.
Stessa matrice

Oggi si vedono sul palcoscenico della commedia nazionale e occidentale, in grande spolvero, nuovi “antifascisti”. Ce ne sono addirittura di patrocinati da George Soros, che non si fa scrupoli di affiancarli all’altra sua creatura: Me too  Come sempre quando il pifferaio riesce a riunire e riconciliare in un’unica truppa ratti e bambini ignari, li si trovano, schiamazzoni e autocertificati, dall’estrema sinistra  a quella vera destra che si dice vuoi centrosinistra, vuoi centrodestra. Virgulti, balilla e giovani italiane del Nuovo Ordine Mondiale, puntano quello che in artiglieria viene chiamato “falso scopo” (e il puntamento indiretto verso un obiettivo non individuabile a vista). In parole semplici, additando un chihuahua ringhiante nei bassifondi ideologici urbani, si urla “al lupo, al lupo”, con l’effetto di distogliere la nostra mira dal lupo mannaro vero che tiene al guinzaglio chi urla.

(Chiedendo scusa al lupo per la becera metafora fiabesca. E ricordando che il ministro dell’Ambiente 5 Stelle, Costa, proibisce di abbattere i lupi, mentre Salvini, forte di mitraglietta, ne autorizza l’abbattimento: fatto che contiene in nuce tutto il significato delle temperie in cui il post-25 aprile, tradito come nemmeno il presunto Giuda il presunto Gesù, ci ha ingabbiato e nelle quali, o i 5 Stelle staccano la spina, o rischiamo il corto circuito e il black out loro e di tutti noi).


Il discorso della Liberazione va ripreso ab imis fundamentis. E’ per questo che ho spostato le mie commemorazioni-celebrazioni a due giorni dopo, il 27 maggio del 1937. E il giorno tristissimo della morte di Antonio Gramsci (io c’ero già e ricordo una serie di quaderni di mio padre con sopra, imparai dopo, le immagini, tra altre, di Marinetti, D’Annunzio, Gozzano, Leopardi e Gramsci). Non significa niente, ma sono contento di esserci già stato quando ancora viveva Gramsci. E’ insensato, ma mi pare che così sono in qualche modo contemporaneo e, quindi, più partecipe di quel “popolo” a cui questo sardo degno della sua terra ha ridato un nome, un’identità, un progetto, nel tempo che più lo ha visto conculcato, mistificato, sviato da una storia che era iniziata con Dante, che aveva serpeggiato per secoli e che si era rifatta prorompente con la Repubblica Romana e le altre affini, incancellabili madri dei nostri partigiani.

 La Brigata delle Donne alla Comune di Parigi

Come Anita Garibaldi, che, sul colle Gianicolo, sparava ai francesi rinnegati, lo è specificamente delle nostre partigiane. E come lo era anche delle brigate femminili alla Comune di Parigi (dove c’erano pure i dai neoborbonici esecrati garibaldini!). Che nessun movimento o gruppo femminista ricorda e onora, preferendo icone tipo Hillary o Boldrini.




4 commenti:

Anonimo ha detto...

un omaggio ed un tributo, dalla colonna sonora di un monolite della coscienza di classe. link sicuro. https://www.youtube.com/watch?v=mkusPsDegnE

alex1 ha detto...

Ho visto un servizio del tg3 sulla celebrazione del 25 aprile a S. Anna di Stazzena. La presiedeva addirittura Walter Veltroni, quello che, poco piu' di due decenni fa, da direttore dell'Unita', dopo aver giustificato apertamente l'anticomunismo, titolava all'indomani dei primi bombardamenti NATO contro i serbi in Bosnia (gli attacchi aerei, avvenuti dopo le sconfitte sorprendenti delle milizie fascio_jihaddiste nel centro della Bosnia,date per sicure vittoriose dopo la brutale occupazione croata della Kraijna, erano quasi sempre dichiarati contro le "roccaforti serbe") faceva titolare il suo giornale, riportante nella testata il nome del suo fondatore, qualcosa tipo "era ora, si doveva, si poteva". Poi ci si chiede perche' la festa del 25 Aprile non e' diventata la festa di tutti? Visto che, a parte quei pochi che rivendicano lo stare dall'altra parte, facendo solo una caricatura dei fascisti dell'epoca, ci sono i mistificatori piu' sottili con lo slogan "per la democrazia e contro tutte le dittature"...

Fulvio Grimaldi ha detto...

Alex1@
Sacrosanto, Alex. Bella memoria.

Fabrizio Casalegno ha detto...

@alex1
In effetti leggendo vari commenti su Youtube ho notato un certo revisionismo pro-fascimo e molto astio nei confronti dei partigiani. C'è chi si chiede perchè vengano taciute le stragi o le vendette private dei combattenti della libertà, chiamati dispregiativamente terroristi e criminali di guerra. Poi ci sono quelli che se la prendono con i partigiani dell'Attentato di Via Rasella colpevoli, a dire loro, di non essersi costituiti per scongiurare l'eccidio delle Fosse Ardeatine perchè vigliacchi. Stendo poi un velo pietoso su perle d'ignoranza come "Mussolini non ha mai ucciso nessuno" o "il Delitto Matteotti è stata una messainscena".

Mi sono consolato con l'intervento di Barbero: https://www.youtube.com/watch?v=Q3x9hRLWZYw che risponde magnificamente a chi afferma che la Resistenza è stata irrilevante sul piano militare e che gli Alleati ci avrebbero liberato comunque.
Segnalo anche la risposta di Camilleri a Salvini: https://www.youtube.com/watch?v=2Yvvf9LnVHE

E a proposito di revisionismi, volevo segnalarvi un altro fenomeno. Di recente ho notato che diversi studiosi americani (ma anche italiani) stanno rivalutando la figura di Custer e il suo ruolo nella Battaglia di Little Big Horn. Che la sua figura sia stata eccesivamente demonizzata posso anche crederlo, quello che non mi convince è la loro visione della sua ultima battaglia. Secondo loro, infatti, il piano e la strategia di Custer erano le migliori applicabili in quella situazione e i veri responsabili sarebbero i suoi due sottoposti, il Maggiore Reno e, soprattutto, il Capitano Benteen. Sorvolando sulle responsbilità di Custer (marce massacranti e a tappe forzate che sfinirono i cavalli, la divisione del reggimento, l'allontanamento di Benteen a cui affidò ordini molto vaghi, la mancata coordinazione nell'attacco con il distaccamento di Reno che si ritrovò ad attaccare da solo senza sapere cosa facesse il suo comandante) in sostanza, accusano Reno di aver perso la testa e ripiegato in disordine pur avendo perso solo tre uomini (come abbiano ottenuto la cifra non si sa) e Benteen di aver disubbidito all'ordine di Custer portato da Giovanni Martini di raggiunderlo subito con le munizioni. Secondo loro se i due fossero corrsi subito in aiuto di Custer oggi parleremmo della vittoria di Little Big Horn. Anzi, sono arrivati ad insinuare che Benteen facesse parte di un piano escogitato dal Presidente degli USA Grant per toglierlo di mezzo in quanto candidato pericoloso alle successive elezioni.