Cari amici e lettori, stavolta vi è risparmiato il video, in compenso lo scritto è lungo assai, da dilazionare su vari giorni. Perdonatemi, è un tema che, a me pare, sia degno di ampio trattamento e, poi, dovrebbe essere l'ultimo prima di un mio lungo silenzio che, per il vostro sollievo, si protrarrà fino a Ferragosto (magari con solo una breve puntatina domani, per rispondere a chi mì ha chiesto di scrivere qualcosa sulle turbolenze internazionali). Con un saluto in resistenza,
Fulvio.
"Ci sarà, nelle prossime generazioni, un metodo farmacologico per far amare alla gente il proprio serevaggio e produrre una dittatura senza lacrime, creando una specie di campo di concentramento per intere società. Così alla gente verrà tolta la libertà, ma in modo che ne gioisca, poichè verrà distratta da ogni desiderio di ribellione mediante propaganda e lavaggio del cervello. Da lavaggio del cervelle potenziato da mezzi farmacologici. E questo potrà essere la rivoluzione finale". (Aldous Huxley)
"C'è una salvaguardia generalmente nota al saggio e che è un vantaggio e una sicurezza per tutti, ma soprattutto per le democrazie contro i despoti. Che cos'è? La sfiducia" (Demostene)
Molto tempo fa, in vista della pubblicazione di un libro sul tema "rossobruni", ormai terminologicamente un po' desueto, qualcuno di cui non mi è rimasto nè traccia, nè memoria, mi ha fatto l'intervista qui sotto. Non ritengo l'argomento nè obsoleto, nè superato, tanto che ricorrentemente ho esempi e prove di atteggiamenti, autoproclamatasi di sinistra, progressisti (oggi spesso "liberali"), o, addirittura, comunisti, che vi ricorrono. Naturalmente in senso sommamente derogatorio. Del resto, aggiungendo al rosso il bruno delle camicie indossate dai nazisti tedeschi, la definizione non potrebbe essere più offensiva e sprezzante.
Pronunciata soprattutto dai detriti di una veterosinistra anagrafica, dal linguaggio stereotipato e altrettanto vetero, l'epiteto ha subito aggiornamenti da parte di chi reputa innovazione della "sinistra" l'assunzione dei modelli valoriali di ciò che un tempo veniva definito destra, reazione, oligarchia. I "rossobruni", con l'aiuto di un fenomeno patologico, che i globalisti hanno diffuso a livello globale e col rimedio che pretende di affrontarlo potenziandolo invece, sono stati attualizzati in "negazionisti". Ma anche, dato che il nostro fato è oggi dettato dalle "varianti", in "complottisti", "terrapiattisti", "untori" e, financo, "fascisti". Che si aggiungono ad altre varianti, più stagionate, ma sempre altamente infamanti, pure queste copiate dal vocabolario del Palazzo e dei suoi gate-keepers (guardiani), come "sovranisti, populisti, nazionalisti, suprematisti", quando non "razzisti, esclusivisti" e, manco a dirlo, ancora "fascisti".
Il dato sociologico, che ormai rischia di diventare antropologico e ha epulso la politica nel regno di Alice, è che il cambio di paradigma verificatosi nel nuovo millennio, (con alle spalle una lunga preparazione) è passato sui sedicenti "sinistri" senza che questi se ne accorgessero, chiusi come erano in una stanza storica senza vista sugli eventi che passavano. Dalla stratificazione sociale che ha caratterizzato i rapporti tra gli uni e gli altri a partire dalla rivoluzione industriale, siamo tornati alla semplificazione dell'uno su tutti, dove l'uno sta per i pochi sui tanti di memoria feudale e imperiale. Dai ceti intermedi - nobiltà, clero, borghesia, i Tre Stati di Emmanuel Joseph Sieyès (1789) - si è tornati all'ambo secco, il monarca e i servi della gleba. Le classi sono due. quella dell'1% ha una superfetazione di cantori, l'altra praticamente nessuno.
In un mondo così drasticamente cambiato, molti hanno fatto fatica a raccapezzarsi. Anche perchè il principio di autorità, collegato alle verità che si erano apprese univoche e perenni sul modello giudaico-cattolico, è andato consolidandosi in roccia politico-mentale. Da pista di lancio per la comprensione del mondo e la fabbricazione del suo futuro si era andato trasformando in rassicurante, consolatoria caverna platonica, dove le cose si sono capite una volta per tutte e per il resto ci si affida all'introspezione gratificante. Questi "sinistri", questi "progressisti, finiscono così con l'avallare, anzichè contestare l'esistente raffigurato dall'unica autorità disposta a fornire la sicurezza del dogma.
Non tutti i "sinistri" in Italia e, pari pari, in Occidente hanno subito un processo di senilizzazione e conseguente sclerotizzazione della visione delle cose del mondo. Però hanno assunta quella inoffensiva, quella che smussa gli angoli, ma non blocca il processo. Vi sono gli organi appositi, esemplare "il manifesto", o entità socio-politiche che si dicono espressione della "società civile", movimenti, ONG, partiti, la cui funzione è educare il pupo a ritenersi bravo e buono. Pupo soddisfatto quando può impersonare i valori che il Sistema gli propone e con cui lo gratifica, nella spesso inconsapevole ma oggettiva complicità tra amici del giaguaro e utili idioti.
Accoglienza (predicata dagli stessi che promuovo lo sradicamento), cosmopolitismo antinazionale (di coloro che disgregano identità, coesione, futuro), LGBTQI+ (sostitutivo di precari, genti bombardate, sanzionate, strati impoveriti, ecosistemi devastati), antirazzismo (predicato dal più iniquo e subdolo colonialismo di ritorno e di vendetta), il pacifismo (sacrosanto finchè non si tratta di "dittatori"), l'antifascismo (vantato e proposto da chi del fascio-nazismo ha assunto gli elementi peggiori e li ha potenziati in circonvenzione di capaci e incapaci, a fine di un totalitarismo spietato e disumano, senza precedenti storici). E vogliamo parlare delle mascherine e distanziamenti sociali, evidenza abbagliante degli autodafè individuali e collettivi per isolare ognuno da tutti, ma ordinati in "difesa della salute propria e altrui".
Avete presenti gli umarell, come li chiamano a Milano? Quei simpatici vecchietti che impegnano gli ultimi spasmi di curiosità e partecipazione sociale a osservare e criticare quanto gli attivi e robusti fanno nel cantiere? Non vi fanno venire in mente questi nostri "sinistri" (ma anche destri) fuori tempo massimo, alla Fratoianni, Fassina, PAP e nanetti da giardino vari, incapsulati nei loro schemini d'antan? Sono perfettamente d'accordo, anzi profondamente compartecipi, del cantiere - inteso come guerra all'agente patogeno - ma si prendono il beneficio di sfrucugliarlo con critichine su come quello manovra la scavatrice, quell'altro l'idrovora. Lockdown indispensabile, certo, ma non con le finestre chiuse; movimenti limitati, ma, perdio, non quando sei solo sul Cervino; siringata indispensabile e salvifica, ma magari non AZ....
Si dicono comunisti, di ascendenza comunista, di parentela comunista, di aggiornamento comunista, di irriducibilità comunista, di pretesa comunista o, addirittura, marxista. E, invece, per quello che conta davvero nello scontro di classe, oggi, struttura e sovrastruttura, nemico principale e nemico secondario, contraddizioni interne al popolo, si ritrovano a militare nell'utildiotismo della bio-tecno-dittatura. Spesso rintanati e un po' ammuffiti in antichi centri sociali, o abbarbicati in torri d'avorio social, affumicate da teoremi illustri (vedi "Sinistra in Rete" e affini) e che meticolosamente dribblano o censurano le "deviazioni negazioniste". Ne ho fatto esperienza, oltrechè in rete, personale e diretta. A una manifestazione a Roma, San Giovanni, per la Palestina, organizzata da esuli di Fatah e del Fronte Popolare, o alla presentazione di un mio docufilm su Gaza a Napoli, nella sede di PAP e dell'USB.
Portato in palmo di mano dai palestinesi d'Italia e dai filopalestinesi nostrani da quando, da inviato di guerra seguii la Guerra dei Sei giorni (1967), combattei con i Fedajin (1970) e produssi i miei lavori video su tragedia e lotta palestinesi in Palestina e Libano, nel nuovo millennio divenni di questa stessa gente il paria da evitare. Riferendo da Iraq, Libia, Siria aggrediti, mi ero schierato, come non poteva non darsi, dalla parte dei popoli arabi massacrati e in resistenza. Tutte le organizzazioni palestinesi, destre e sinistre, ormai prone alla vulgata dell' "esportazione della democrazia", tranne l'FPLP-.Comando Generale, invece no. Un fenomeno aberrante, anche psicologico, con origini forse anche nel risentimento per la perdita del ruolo di protagonista più visibile della sofferenza e della lotta arabe.
Scusate lo sproloquio introduttivo. Ecco l'intervista.
Fulvio Grimaldi è un giornalista attivo da oltre 60 anni.
Firma prestigiosa presso testate come BBC, RAI-TV, The Middle East, Astrolabio, Liberazione, Paese Sera, The Middle East, Baghdad Observer e altre, soprattutto come inviato di guerra. Le sue posizioni antimperialiste, e la sua visione geopolitica decisamente "contro", l’hanno portato via via a tagliare i ponti col giornalismo ufficiale e a ritagliarsi un ruolo da battitore libero indipendente. Il suo blog "Mondocane" si trova al link www.fulviogrimaldicontroblog.info. E’ probabilmente proprio per queste ragioni, oltre che per aver progressivamente tagliato i ponti con gli ambienti sedicenti di sinistra, che è stato accusato di rossobrunismo.
La prima domanda è di obbligo. Cosa pensa del termine oggi in voga "rossobrunismo"? Lei è mai stato definito con tale epiteto e, nel caso, ci si riconosce?
Il termine “rossobruno”, più che avermi designato, mi è stato lanciato contro con vigore e rancore già qualche anno fa, poco dopo essere venuto in auge a partire dall’aggettivo, inteso insultante, appioppato al filosofo Costanzo Preve, dal quale è poi calato sul suo discepolo ed emulo, Diego Fusaro. A prescindere da chi non disdegna di mostrarsi affiancato ai detriti di una fascionostalgia, più pompata che rilevante, l'etichetta è stata affibiata a chiunque, anche senza mai mescolarsi ad autodichiarati "fascisti", non seguisse quell’ortodossia fuori tempo massimo che costituiva la nobile "coerenza" di partiti, individui, parole d'ordine “sinistri”. Ortodossia di cartapesta per uno scontro divenuto mortale. Ortodossia degli stereotipi con la quale sono arrivati, vuoi a dissolversi nell’irrilevanza politica, vuoi a mutarsi in sgabello di una finta socialdemocrazia, articolazione vera e moderna dell’imperialismo nelle sue varie accezioni, sorosiana, obamiana, neocon, ognuna delle quali viene fedelmente promossa da “il manifesto”.
Io ne sono stato gratificato per essermi espresso in sostegno a quello che veniva derogatoriamente definito “sovranismo “ e “populismo”, per aver definito in termini non otto- o novecenteschi lo scontro di classe, tenendo conto della caduta del saggio di profitto nel lavoro del ceto medio, della scomparsa dell’ascensore sociale per le classi subalterne e in quella proletarizzazione di quasi tutto ciò che non era l’0,1% superprivilegiato, o non si muoveva nella sua sfera, in una società neoliberista che il finanzcapitalismo di taglio criminale e senza più limiti e contrappesi, ci ha apparecchiato. Ho interpretato la nuova divisione parossisticamente diseguale della ricchezza come scontro tra popolo ed élite e a considerare lo stereotipo della “classe operaia avanguardia rivoluzionaria”, oltreché una visione negata dalla realtà oggettiva, ideologica e materiale, un’implicita collaborazione alla narrazione di Poteri che si stanno muovendo in direzione delle Intelligenze Artificiali, delle piattaforme digitali, effettivi gestori e controllori dei dominati, dell’high tech robotico, funzionale alla massiccia rimozione del lavoro umano e del suo potere contrattuale.
Condivido nominalmente ciò che per le destre di stampo salviniano è un ipocrita pretesto elettorale e, per quelle che sono definite ultradestre, espressione ottusa di sciovinismo: il contrasto all’immigrazione, controllata o meno. Ritengo l'immigrazione da combattere sotto il profilo del rifiuto del colonialismo che sradica e de-identifica popoli per approfittare del vuoto umano e delle risorse abbandonate alle multinazionali. Ma anche sotto l’aspetto della lotta contro un’omologazione culturale e sociale, con cui il globalismo cerca di debilitare l’opposizione delle identità nazionali storiche a un dominio mondiale su masse anonimizzate. Quanto al termine “rossobruno” in sé, è un ossimoro del tutto privo di senso, in quanto vorrebbe indicare una conciliazione di opposti, alla stessa maniera con cui gli eunuchi dell’europarlamento hanno composto in uguaglianza nazismo e comunismo.
Aggiungo che trovo molto significativo e rivelatore il fatto che termini, fino a ieri considerati nobilissimii e fondanti per ogni teoria di liberazione, come sovranità e popolo, vengano utilizzati nelle loro aggettivazioni come strumenti di ingiuria e di criminalizzazione di chi vi si ispira.
Da reporter ed esperto di geopolitica, dove ritiene che in questa fase storica si stiano consumando i conflitti decisivi? Da che parte dovrebbe stare una persona che si definisce "antimperialista"?
I conflitti decisivi mi pare abbiano due manifestazioni, una visibile, che è quella condotta apertamente, economicamente e militarmente dalle potenze occidentali, imperialiste, globaliste, contro Russia e Cina e paesi indipendenti e antimperialisti loro alleati in Asia, Africa, America Latina; e l’altra, tra chi si proclama progressista liberale-liberista e funziona da stampella ideologica-culturale all’imperialismo (sinistre, centrosinistra e la quasi totalità dei media), e quanto va emergendo con forza negli ultimi anni e si definisce populismo e sovranismo. In Francia, Germania e in altri paesi, questa posizione, pur raccogliendo le istanze delle classi subalterne, non si distingueva in nulla dal progetto neoliberista dell’élite.
Da noi questo fronte si era espresso genuinamente nel Movimento 5 Stelle, addirittura attraverso un ambientalismo radicale ed elementi di socialismo in via di evoluzione, prima della capitolazione nell’assunzione al governo con Lega e poi PD e in quello, apertamente dispotico e vandeano di Draghi. Malamente, invece, e con cinico opportunismo lo ha interpretato la Lega, in funzione puramente elettorale, come è stato poi confermato nell’adeguamento alle istanze UE, Nato, Euro, secessionismo, capitalismo di rapina e devastazione. Essere antimperialisti significa oggi schierarsi, con autonomia di giudizio e prese di distanza su temi specifici, contro l’Occidente Usa-UE-Nato e al fianco dei paesi che ne vengono aggrediti e che sono i residui pilastri della pace e del diritto internazionale.
Da molti anni lei porta avanti una critica feroce al mondo della "sinistra". Se dovesse individuare il peccato capitale di quel mondo a cosa si riferirebbe? E quando è iniziato il processo di disgregazione in atto secondo lei?
La mia critica al mondo sedicente di sinistra è parzialmente implicita in quanto ho già detto. Ho usato il termine “sedicente”, dato che in quanto vantato, fatto, progettato, da chi si dichiara di sinistra o centrosinistra, non c’è nessun elemento di realtà e di verità. Tanto che il rispettivo bacino sociale è del tutto privo di presenze di classi subalterne ed è interamente formato da ceti superiori e anche da ceti che hanno subito i colpi delle crisi confezionate dal Capitale, ma che in questo ancora si riconoscono e a questo ambiscono. Il “peccato capitale” di questa non-sinistra, o, a essere benevoli, ex-sinistra, è l’aver assunto il non-valori della borghesia capitalista, soprattutto di parvenue, e aver coperto la sua mutazione con i più beceri e sempre più trasparenti, o spudorati, strumenti della distrazione e dell’ipocrisia.
E’ lampante l’effetto sorosiano, cioè della finta contrapposizione democrazia (plutocrazia totalitaria del pensiero unico) – “dittatura”, con atteggiamento veterocolonialista che individua in qualsiasi organizzazione sociale, che nasca da storie, immaginari collettivi e tradizioni profondamente diversi, una deformazione del politicamente corretto da abbattere. Da cui l’implicito consenso alle guerre d’aggressione, o alle sanzioni, attraverso la condivisione dei pretesti (diritti umani, democrazia) che i peggiori violatori dei diritti umani e sabotatori della democrazia avanzano. Oppure l’appoggio a qualsiasi pur evidentissimo tentativo di regime change attraverso le cosiddette “rivoluzioni colorate”, basate a volte su recriminazioni magari fondate su carenze e bisogni (spesso causati da soprusi economici, o bellici dell’imperialismo), ma portate avanti, attraverso infiltrati, finanziamenti, logistica, degli aggressori.
Esempi del tipo si hanno attualmente in Iraq, Iran, Libia, Siria, Egitto, Algeria, Sudan. Il processo di disgregazione, conseguenza della degenerazione ideologico-politica e geopolitica, credo risalga a Palmiro Togliatti, all’accettazione della divisione di Yalta (non accettata dai partigiani greci), alla Svolta di Salerno con tanto di perpetuazione di una monarchia reazionaria e rinnegata, alla sua illusoria “lunga marcia attraverso le istituzioni”, poi all’affievolirsi della battaglia contro il capitalismo e all’inverosimile accettazione, da parte di un culturalmente mediocre Berlinguer, del campo imperialista attraverso la subordinazione alla Nato. Berlinguer si è anche distinto con la sua feroce battaglia, a fianco dei pretoriani del Potere clerico-massonico-mafioso, contro i movimenti rivoluzionari del 1968-1977, considerati perniciosi per un “compromesso storico”, letale per le istanze popolari.
Lasciatemi aggiungere ancora un dato molto esplicativo, di bruciante attualità e che ribadisce l'assunto di uno scambio di posizioni tra cosiddetta sinistra e cosiddetta destra. La globalizzazione che nelle ultime sue fasi utilizza una versione del tutto falsificata di un agente patogeno per sottomettere con il terrore i renitenti a livello mondiale e agganciarsi alla presunta salvezza di un rimedio drammaticamente inaffidabile, quando non nocivo, ha generalizzato e rafforzato nei paesi occidentali lo Stato di Polizia. L'auspicio di un pugno di miliardari senza scrupoli è stato esplicitato nei progetti del Forum Sociale Mondiale con il Grande Reset di Klaus Schwab del FSM: una governance mondiale a dittatura farmaceutico-digitale. Chi trovi a sostegno di questa ipotesi distopica? Le sedicenti "sinistre", socialisteggianti o liberali. Chi contro? Coloro che vengono definiti "sovranisti" e "populisti" e, poi, "negazionisti". Tanto per richiamare l'olocausto.
Lei ha frequentato per molti anni il mondo del giornalismo televisivo, radiofonico e legato alla stampa nazionale, per poi discostarsene progressivamente e proseguire la sua missione professionale autonomamente. Quali sono i motivi di questo distacco e in generale come giudica informazione di oggi ?
Mi è stata data la felice opportunità di poter svolgere il mio mestiere di giornalista in un quadro di relativa libertà e indipendenza, sia presso alcuni organi d’informazione, come la BBC negli anni’60, Paese Sera successivamente, periodici come Panorama (di allora!), ABC, Giorni-Vie Nuove, Lotta Continua (quotidiano), Nouvel Observateur, The Middle East, New African, Liberazione, e il TG3 degli anni ’90. Ho lasciato questo telegiornale nel giorno dell’attacco alla Jugoslavia, che il direttore di quei momenti, il DC Ennio Chiodi, dimentico di come con Curzi avevamo gestito la guerra all’Iraq e le varie crisi latinoamericane, ci raccomandò di sostenere, nel solito nome dei diritti umani e della "guerra a una dittatura".
Allora si disse che con il governo D’Alema, sodale dell’aggressione, alla Rai era intervenuta la “normalizzazione”. Da quel momento, infatti non è stato che un precipitare del giornalismo in propaganda, vuoi al servizio dell’atlantosionismo, vuoi a supporto delle voci del padrone partitiche. Una totale mancanza di rispetto per lettori, spettatori, ascoltatori. Un processo di involuzione di una rapidità sbalorditiva, accentuato dall’adeguamento al servilismo mediatico degli organi rappresentativi della categoria, arrivati addirittura a farsi protagonisti delle più sporche operazioni di fake news e false flag di matrice colonialista. Penso alle sceneggiate pro-Regeni (un personaggio dal passato tutto legato all'intelligence occidentale), o pro-Ong della tratta degli schiavi, o come il supino rilancio delle menzogne di un apparato impegnato sotto false spoglie in una guerra terroristica che si faceva passare per guerra al terrorismo”.
Il tentativo ricorrente delle varie Boldrini, Greta, Sardine, di imporre bavagli e censure ai social media e ricorrere alla loro demonizzazione è il riflesso rivelatore del terrore del sistema per l’affermarsi di voci altre, con ancora barbagli di cronaca e analisi oneste. La situazione dei media italiani, il minuto gruppetto della destra dichiarata e la Grande Armada della destra mascherata (sinistra, centrosinistra, globalisti e liberal vari, Ong) , è equiparabile solo a un postribolo intellettuale. Un vero lupanare che si vale degli strumenti del “codardo oltraggio e servo encomio”. Gli editori usano le pubblicazioni, o le televisioni, per sostenere interessi spuri, spesso condizionate da lobby malavitose, mafiose o politiche.
Un esempio eclatante di malversazioni mediatiche, peggio del più rozzo gruppo Mediaset, è la catena La7 di Urbano Cairo, con programmi uniformemente schierati su posizioni imperialsioniste e del globalismo di George Soros, come quelli condotti da Lilly-Bilderberg-Gruber, Formigli, Bianchi (Zoro), Floris, Gabanelli, tutti segnati dal mandato di screditare le voci fuori dal coro. Negli Usa, ma anche in Germania, Francia, Regno Unito, Ungheria, dove resistono voci straordinariamente oneste e valide, soprattutto in rete, ma anche su certa stampa, è stata coniata la perfetta definizione per questo tipo di giornalismo: “presstitute”. Volendo presentare in Italia documenti audiovisivi sulla realtà e verità delle incessanti guerre lanciate dagli Usa e Nato, con il concorso di molti paesi UE compreso il nostro, e coperte dal consenso, o perlomeno dal giustificazionismo, di tutti i media, in tarda età mi sono inventato cameraman e film-maker per realizzare documentari onesti sulle varie situazioni di conflitto in atto nel nuovo millennio.
Non molti lo sanno, ma lei ha recitato come attore in un leggendario film "engagè" di Elio Petri, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Che ruolo svolgeva allora l'Arte e la Cultura nella formazione di un pensiero critico e quale ruolo svolge oggi?
Ho recitato per caso e per gioco nello straordinario attacco alla violenza e agli abusi delle Forze dell’Ordine, in un paese a dominio democristiano-berlingueriano, che è il film di Elio Petri “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Questa impresa di rivolta civile, realizzata da Petri e Gianmaria Volontè anche in molti altri lavori, mi ha visto partecipe in misura molto ridotta, per gioco si potrebbe dire, dell’amico Gianmaria. Con lui, tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, avevamo costituito un gruppo di “provocazione teatrale” perfettamente in linea con le istanze contestarie del ’tempo, che allora, grazie a tantissimi artisti, letterati, pittori, teatranti, cineasti, intellettuali, in gran parte in posizione critica verso il consociativismo del PCI, caratterizzavano ed egemonizzavano la scena culturale e politica del paese. Avevo vissuto un’atmosfera affine in anni precedenti, prima della banalizzazione mercantilistica del boom, quando ero alla Mondadori e poi alla Bompiani e la mia vita era onorata ed arricchita da frequentazioni nobilissime, da Montale a Bianciardi, da Calvino a Moretti, da Steinbeck a Vittorini, da Quasimodo a Saba e Rea.
Tutto questo oggi è annegato in un conformismo piatto, vile, rituale, in cui potentati editoriali e apparati pseudoculturali si contendono, a forza di colpi bassi, penne e pennelli insignificanti, per compiacere il referente politico di turno. Nel caso attuale, col responsabile della devastazione e mercificazione del patrimonio artistico e storico italiano, con l'eliminazione di soprintendenze e la disattenzione a esperti e competenti, tale Dario Franceschini. Dalla subalternità al dominio economico, politico, militare americano, non poteva non scaturire la subalternità e l’imitazione culturale che va da Andy Warhol alla Coca Cola, dal cinema hollywoodiano ai videogiochi segnati dalla glorificazione martellante della violenza più assurda e del killeraggio di massa. Vince chi più ne ammazza, con la spada, con la provetta e col cattivo gusto. Perfetto romanzo di iniziazione per Marines, bulli, terroristi e prevaricatori di ogni genìa. Le forze di sicurezza del mondo globalizzato.
Arte, pensiero e creatività originali e critici sono incompatibili con il sentire e gli obiettivi delle élite che stanno sconvolgendo il mondo. Lo dimostra la strategia, con periodiche chiusure, di togliere dalla scena qualsiasi manifestazione culturale che comporti un agire, dire e sentire collettivo. Con i cinema, teatri, concerti, stadi, fiere, sagre, circoli chiusi, grazie a un falso pretesto di sicurezza, si punta a una deculturizzazione globale. Senza l'incontro dei pensieri, dei linguaggi, dei corpi, i nemici dell'uomo avrebbero vinto. La sinistra vera è mancata all'appuntamento Se questo è un discorso rossobruno, pazienza..
Chiedendo perdono ad Alessandro Zan
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