I
Grazie ai servizi di complici
subalterni italiani, politica, media, magistratura, con un grottesco processo
basato esclusivamente su propaganda e testimoni costruiti, e autorizzato
illegalmente dalla solita Corte Costituzionale, in mancanza degli element4i
giuridici richiesti, riparte l’offensiva contro l’Italia dei nostri
concorrenti, in questo caso proprio nemici.
Ancora una volta, dopo essere stato
utilizzato da vivo, Giulio Regeni, ucciso dai propri mandanti che ne avevano
constatato il fallimento di provocatore e destabilizzatore, viene messo in
campo dai servizi segreti britannici (e italiani subordinati), tramite la
storicamente alleata Fratellanza
Musulmana egiziana, per infliggere un grave danno al nostro paese.
L’operazione di queste forze a noi
avverse, che, dalla caduta del regime integralista islamico di Morsi, contro
l’Egitto si esprime anche attraverso il braccio terrorista della Fratellanza,
specialmente nel Sinai, aveva lo scopo di neutralizzare, a vantaggio delle
solite Sette Sorelle di memoria matteiana, la collaborazione tra ENI e il Cairo
nello sfruttamento di ZOHR, il più vasto giacimento di idrocarburi del
Mediterraneo al largo dell’Egitto.
La missione affidata dai britannici
e dai loro agenti della Fratellanza a Cambridge a Regeni, già dipendente dalla
multinazionale dello spionaggio Oxford Analytica e introdotto alla
collaborazione con l’intelligence occidentale da un lungo corso negli appositi “Istituti
del Mondo Unito”, aveva lo scopo di individuare, attraverso una dote iniziale di
10.000 dollari, di individuare entità in grado di scatenare una nuova
destabilizzazione del più importante paese arabo (con Al Sisi sottrattosi al
controllo anglosassone).
Incappato in un interlocutore
egiziano al quale affidare la missione eversiva, un sindacalista che,
insospettito, si era rivolto alle forze di sicurezza, Regeni aveva commesso
l’imprudenza di rivelare attraverso un video i dettagli del “piano politico”.
Regeni viene trovato morto e
torturato in piena Cairo nel giorno esatto dell’incontro tra Al Sisi e un’ampia
delegazione governativa e industriale italiana, finalizzato a definire una
serie di accordi di investimenti e cooperazione che includevano la gestione di
Zhor.
Logica, retroterra formativo e
occupazionale di Regeni, tutto il percorso tra Londra e il Cairo, mostrano
l’evidenza di un’operazione di destabilizzazione dell’Egitto a danno
dell’Italia e a beneficio dei suoi concorrenti.
A questi dati, di una concretezza inconfutabile e che sono stati ripetutamente illustrati sui mezzi di informazione e su un ineccepibile documentario egiziano (razzisticamente non preso in considerazione), l’apparato mediatico-politico italiano non ha mai voluto – e saputo – rispondere,. Con il solito Mentana e il suo foglio di pro
scrizione “Open” a suonare il piffero, si è limitato a ripetere all’infinito la narrazione del “martire umanitario della dittatura egiziana”. Ora l’operazione, della quale si è resa complice perfino la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, riparte. Interamente a danno del nostro paese. Una consuetudine, storica e attualissima, per i nostri gruppi dirigenti.
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