mercoledì 14 agosto 2024

NEL NOME DI IPAZIA: DAL FIUME AL MARE

 


 

Canale Youtube di Fulvio Grimaldi:

Da Elena Basile alla Palestina “dal fiume al mare”, da Kutsk al Venezuela

https://youtu.be/P5fHolraM_o

https://youtu.be/P5fHolraM_o https://youtu.be/P5fHolraM_o

 

Byoblu, “Le Interviste”,

Edoardo Gagliano intervista Fulvio Grimaldi sull’incursione ucraina in Russia nel contesto dei fronti aperti in Medioriente

https://www.byoblu.com/2024/08/13/la-russia-ha-la-guerra-in-casa-fulvio-grimaldi/

 

 

“Una terra senza popolo per un popolo senza terra”, Elena Basile?

Stimo e seguo con vero affetto Elena Basile, scrittrice, ex-ambasciatrice e analista geopolitica. Mi è cara per la nobiltà formale e sostanziale dei suoi interventi sul Fatto Quotidiano e altrove. Interventi segnati da accurata conoscenza dei fatti, dei contesti, dei retro- e avanterra, sempre percepiti e trasmessi con la sapienzialità fiorita dall’esperienza e suonata con l’archetto della sensibilità umana.

Elena, o Ipazia, come agli esordi significativamente sul FQ si pseudonomizzava. Ipazia, filosofa e grande scienziata, martire della civiltà greco-pagana, quando con Costantino e poi con Teodosio, il monoteismo imperiale cristiano si fece spietato giustiziere della classicità, dei cui monumenti e opere non lasciò che lo 0,1%. Ipazia fu assassinata insieme alla Biblioteca di Alessandria, massima custode del patrimonio intellettuale di secoli, data alle fiamme dalla turba inconsapevole scatenata dal vescovo Cirillo. Una specie di rivoluzione colorata, di quelle alle quali reca omaggio Franco Fracassi con il suo documentario “La Fabbrica delle Rivoluzioni”.

Detto tutto questo, mi posso anche prendere la libertà di afferrare una matita rossa e tracciare un grosso frego sotto una frase inserita in un suo articolo sul FQ dell’11 agosto scorso.

Si tratta delle parole di commento alla sentenza di un tribunale tedesco contro… “ i manifestanti pro-Palestina che hanno gridato l’atroce slogan ‘Palestina libera dal fiume al mare’, implicitamente condannando Israele alla distruzione, esattamente come il Likud e Netaniahu non riconoscono la Palestina e teorizzano l’espansione di Israele.

No, Elena Basile, mia strepitosa collega, la parola d’ordine gridata da quei manifestanti a Berlino, come da tutti i palestinesi, come da 450 milioni di arabi (al netto delle 4 o 5 migliaia di satrapi e famigli nel Golfo), da 1,7 miliardi musulmani, come da milioni di altri nel mondo, non è atroce, né condanna chi non merita di essere condannato. E’ equa e giusta. Storicamente, politicamente, moralmente. Atroce, iniqua e ingiusta, è quell’altra, “Israele dal Nilo all’Eufrate”, legato biblico riesumato e inscritto su quella terra con il sangue di chi non chiede altro che restarvi e condividerla. Vedi Marwan Barghouti, segretario legittimo di Al Fatah, leader palestinese in carcere con cinque ergastoli, la cui liberazione è oggi in vetta alla lista dele condizioni avanzate da Hamas: “Siamo qui, palestinesi e ebrei, e qui resteremo” (da una mia intervista nel documentario “Fino all’ultima Kefiah!”). 

Nessuna organizzazione palestinese chiede la distruzione del popolo ebraico. La rimozione dello Stato Sionista dell’Apartheid, sì. Il modello è il Sudafrica, dove la giustizia è stata possibile dopo due secoli di apartheid colonialista. Che da questa sorga lo Stato unico, democratico e plurale di Palestina, come ritengo debba essere un futuro vivibile, o ne discendano i due Stati monoetnici, però di pari voce, dignità e diritti, saranno gli eventi a determinarlo. Possibilmente senza interferenze di istanze colonialiste.

E neanche l’Iran ha teorizzato la distruzione di Israele. Anche in questo caso, ciò di cui si nega la legittimità è lo Stato sionista dell’Apartheid e la negazione dei diritti palestinesi. A questo proposito, è istruttivo fare un confronto tra quanto l’ipocrisia occidentale esige a gran voce da Tehran, cioè di astenersi dalla risposta al crimine terrorista israeliano, e il riguardoso silenzio osservato nei confronti di quegli stessi crimini israeliani. Ed è ancora più significativo l’esempio che ci offre l’Iran quando ipotizza la rinuncia alla sacrosanta ritorsione in cambio di un cessate il fuoco che preservi i palestinesi dalla totale eliminazione. Quando da noi in Occidente si ciarla di solidarietà umana non si ha un cazzo di idea di cosa si vada parlando. Si provi ad ascoltare l’Iran.

Nel video sul mio canale Youtube sottolineo ancora una volta l’estrema pericolosità della fase che stiamo vedendo evolversi. Il culto di morte da setta antropofaga che caratterizza il centro e la periferia dell’Occidente politico e che prova a coinvolgerci con sempre maggiore ferocia e impegno manipolatorio, ha ora affiancato ai fronti aperti in Europa e Medioriente, un terzo, latinoamericano.

Qui è in atto un’offensiva che coinvolge diversi paesi da “recuperare”, a partire dal boccone principale, il Venezuela, titolare della più vasta riserva energetica del pianeta e portatore di un modello politico, sociale, istituzionale, incompatibile con gli interessi del neocolonialismo euroamericano e dei suoi centri di potere: i grandi fondi di investimento e gestione che hanno in mano la finanza del mondo e che, osservazione incidentale, ma non banale, casualmente compongono una rete che casualmente professa le stesse credenze religiose e globaliste dei millenaristi insediatisi in Palestina.

Una banda di scappati, non da casa, ma dal manicomio criminale, questa setta del culto della morte, avvoltolata nella sua sua pre- e post-umana matrix biblica, cerca di favorire il suo rientro nella Storia, da dominus legibus solutus, attraverso la pratica di sacrifici umani su scala planetaria. E’ il sogno vampiresco di sopravvivere alla propria dissolvenza grazie al furto della vita altrui.

La vittoria in Venezuela, come in Bolivia, Nicaragua, Honduras, Cuba, Messico, Brasile, ora anche Colombia, di istanze popolari, più o meno fedelmente interpretate e rappresentate, ha innescato l’ennesimo tentativo golpista, sproporzionato come tutti i precedenti (di quello del 2002 ero stato testimone, vedi il documentario “Americas Reaparecidas”), rispetto alla determinazione di un popolo che sa benissimo cosa rischia di perdere nell’ipotesi di un ritorno dei gringos e dei suoi corifei locali (in notevole quota italiani, arrivati quando la borghesia compradora locale invitava al banchetto gli amici).

Sul Venezuela, nella foga di riaprire una partita che ripetutamente è stata persa, vedi la barzelletta Juan Guaidò, riconosciuto presidente senza avere neanche il sostegno di mezza compagnia di fanteria, i ventriloqui del pupazzetto Biden non temono di precipitare oltre il ridicolo. Gli hanno fatto fare la promessa a Maduro di un’ ”amnistia”, purchè rinunci alla sonante vittoria, documentata da controlli senza pari nel mondo (li illustro nel video) e si rifugi nella colonia Panama, prontamente dichiaratasi disposta a garantire all’usurpatore asilo politico.

Così Biden concede la grazia a un presidente a condizione che ignori e tradisca la volontà espressa dalla stragrande maggioranza dei suoi cittadini e affidi paese e popolo a chi ne disponeva negli anni della spoliazione imperialista e a chi quel popolo ha dissanguato e fatto morire a decine di migliaia a seguito di sanzioni tra le più feroci ma imposte. Sono ridicoli e hanno la faccia come il culo.

L’aggressività dell’apparato bellico globalista arriva a vertici senza precedenti. A fronte del terrorismo sionista, pronto ad affiancare al genocidio palestinese una campagna di assassini mirati extragiudiziali, sul modello di quelli inaugurati da Obama con la sua firma sotto un settimanale elenco CIA di “sospetti” da liquidare, c’è l’impresa del sicario ucraino. Un regime nazista (i cui rappresentanti militari AZOV stanno in queste settimane compiendo una tournee di autopromozione in vari paesi democratici europei) nato dal colpo di Stato mandato dagli USA e condiviso dall’UE, fallito il tentativo di far fuori a cannonate un segmento della propria popolazione restia al fascismo, prova ora ad avventarsi contro chi quel segmento era entrato a difendere.

L’incursione in territorio russo, sotto evidente comando NATO (contractors e militari) dei disperati rastrellati dal sicario sotto la minaccia di botte, carcere, torture e fucilate, non avrà conseguenze sui rapporti di forza tra le parti in campo. Rientrerà, ma avrà sancito un principio mai neppure rasentato, per quanto vagheggiato fin dal 1945 trumaniano e atomico: la Russia, URSS o altro che sia, può essere attaccata, invasa. Anzi, deve.

Non c’è dubbio che finirebbe come con Napoleone e con Hitler. Ma il tabù è stato rimosso. E sul vuoto di tabù vedremo lanciarsi a tuffo domestici, famigli, garzoni, fattorini, valletti, sottopancia e tirapiedi che popolano e commentano i risultati delle nostre libere elezioni. Gliene verrà in termini di sopravvivenza politica, prosperità economica, licenza di malaffare e profitti di guerra.

Senza calcolare quanti inconfutabili pretesti la società di guerra, le mobilitazioni, il nemico ti ascolta, il filoputinismo, le fake news, le False Flag, gli attentati qua e là, offrano per concedersi di spazzare via quanto di Costituzione, di diritti, di voce, protezione sociale, ci è rimasto dopo il passaggio del Covid e dei vari Russiagate.

Il nuovo duce promessoci dal premierato è solo l’antipasto. E nessun par.e accorgersene

sabato 10 agosto 2024

Luci e ombre nell’estate del nostro scontento RUSSIA E IRAN, PROBLEMI D’IMMAGINE BARGHUTI, LUCE IN FONDO AL TUNNEL BERNOCCHI, PUNTO NERO NEL TUNNEL

 

Luci e ombre nell’estate del nostro scontento

RUSSIA E IRAN, PROBLEMI D’IMMAGINE

BARGHUTI, LUCE IN FONDO AL TUNNEL

BERNOCCHI, PUNTO NERO NEL TUNNEL

 


Un mio intervento video  https://youtu.be/0e2acPBrSoE

1)    Sui colpi tattici e d’immagine subiti dall’Iran (assassinio di Hananieh a Tehran) e dalla Russia (invasione di forze ucraine in profondità, non previste né contrastate);

2)    sull’ipotesi, fattasi concreta, di un ritorno alla libertà del sei volte ergastolano leader di Fatah e della Seconda Intifada, Marwan Barghuti, condizione posta da Hamas nei negoziati per un cessate il fuoco, forse in cambio della rinuncia iraniana alla ritorsione;

3)    sull’indegno libello di Piero Bernocchi, segretario dei COBAS, di esaltazione dei curdi siriani, collaborazionisti e mercenari degli occupanti USA, predatori di terre arabe, definiti “l’espressione più luminosa di una rivoluzione politica, civile, sociale, morale e culturale, che li rende la punta mondiale più avanzata di un’idea completa e ricca di democrazia, multiculturalismo, tolleranza, femminismo ed ecologismo e un riferimento ideologico senza ugual nel mondo”.

 

La “stupefacente” tirata, un po’ fuori di testa, dell’ex-leader sessantottino, ci conferma, come ampiamente dimostra Joe Biden, che non tutti reggono con disinvoltura e leggerezza il deterioramento degli anni. Il suo cerchio sion-atlantista-senile si chiude, all’ombra delle bandiere israeliane svettanti sulle manifestazioni delle soldatesse curde, con la complementare e coerente esaltazione del “sionismo, che pure è l’espressione della volontà ebraica di avere una patria dopo quasi due millenni di persecuzioni, desiderio di avere una patria dove non essere perseguitati (e poter liberamente perseguitare, n.d.r.), mentre i palestinesi si sono dati una leadership orrenda, ultrareazionaria, ultrasessista, omofoba, dittatoriale e repressiva di qualsiasi cosa fuoriesca dall’islamismo jihadista… Usa i palestinesi come carne da macello pur di far avanzare la propria guerra santa contro Israele, ebrei e infedeli vari…avendo come finanziatore e sponsor l’orripilante Iran dei boia iraniani, satrapi e dittatori…” (Piero Bernocchi 9 luglio 2024)

 

Immagino che, a questo punto, il sorvegliante del Mossad, sbuffando, abbia fatto pat-pat sulla spalla del nerotinto arzillone suggerendogli: “Calma e gesso, amico, non esagerare, così ci stai facendo riedere dietro…”

 

Comunque versatile, lo stagionato reduce, inutilmente nerochiomato. Passare dalla corsa dei vent’anni al grido di Fe-fe-fedayin, o Ho-Ho-Ho Ci Min, a lustrare i cingoli dei tank israeliani a Gaza, al grido “siamo tutti sionisti!”, è un salto che neanche Tamberi sotto cocaina.

 

Se la ridono a sentire sbraitare Bernocchi, dalle forbite pagine del “Foglio” e della “Repubblica”, i confedifraghi Adriano Sofri & Co. Almeno a loro li pagano…

mercoledì 7 agosto 2024

ESTATE ROVENTE ESTATE COSCIENTE A dopo….

 



Prima di dileguarmi per un mesetto di intervallo e prima di ricomparire qua e là e con Mondocane su Byoblu, vi lascio qualche immagine e qualche racconto in video miei e di copasseggeri.

Premetto che l’estrema, parossistica manifestazione del grado di barbarie ultranazista raggiunto dallo Stato fuorilegge sionista con l’assassinio di Ismail Haniyeh, ha offerto ai nostri gabbamondo politico-mediatici l’opportunità di rappresentare l’Iran, colpito, ferito e umiliato, la Grande Minaccia di un conflitto generale. E’ la risposta al crimine senza precedenti – risposta eventuale, che non l’Iran, ma i prostituti mediatici sentenziano imminente – il pericolo che incombe sul mondo. Mica il crimine, l’ennesimo, sistemico. L’ipotetica ritorsione.

Mica è questa conventicola di spiaggiati della Storia, di criminali psicopatici, senza neanche più il minimo freno legale e morale, comunità di genocidi, infanticidi, torturatori di inermi, a rappresentare il carcinoma che va facendo marcire il mondo. Macchè, sono invece tutti quelli che si trovano sul lato ricevente. Orwell non ci sarebbe mai arrivato. Ma forse neanche il tizio che si sono inventati: Satana.

E’ la Storia sta a guardare. E non solo la Storia.

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++




Le foto si riferiscono a tre eventi cui ho partecipato in giorni recenti.

Al Trullo, Roma, sulla Palestina e sulla drammatizzazione che vanno facendo della risposta dell’Iran all’atto criminale dello Stato-delinquente sionista, sulla gigantesca mistificazione delle False Flag impiegate per guadagnare consenso ai crimini d’aggressione, con un eccezionale intervento del palestinese Jihad sulla fascistizzazione globale (e italiana), della quale Israele è simbolo e punta di diamante.

A Gambassi Terme (FI), dove ho presentato il mio libro “Uno sguardo dal Fronte”, che, vi ricordo, tra Palestina e Irlanda, Latinoamerica e Africa, Serbia e Medioriente e perfino Italia, copre quasi un secolo di vita, di vite, di guerra, di criminalità padronale e di eroismo umano. Amici molto pazienti mi hanno ascoltato leggere qualche brano.

A Pontedera, alla festa annuale dei CARC, sulla NATO ieri, oggi, domani, con partecipazione di numerosi comitati ed associazioni, e specifico accento sulla militarizzazione dei nostri istituti d’istruzione di ogni grado, a partire dall’alternanza scuola-lavoro che diventa alternanza scuola-guerra. In evidenza urgente la mobilitazione contro la sede del Comando Nato a Firenze che, con l’arrivo a Solbiate Olona (VA) della Forza NATO di Rapido Intervento, le circa 120 basi USA e NATO insediate in Italia e l’occupazione del 64% del demanio in Sardegna di poligoni militari, rappresenta una morsa mortale sulla sovranità e sulla pace del nostro paese. Il bersaglio delle ritorsioni saremo noi, mica gli USA.

Qua e là mi è anche venuto di tirare le orecchie al mio ottimo uditorio. Bravi su tutto, ma sordi e muti su due attacchi fascisti e oscurantisti che capovolgeranno questa nazione: “Autonomia Differenziata” e “Premierato”: disgregazione e riduzione a espressione geografica, da un lato, ducismo per grazia di dio e volontà del popolo dall’altro. Bene le firme, ma non basta! Se mai volessimo conquistare barca e timone, tocca mobilitarsi prima che tutto venga sfasciato.




 



PALESTINA, SAPERNE DI PIU’ PER MEGLIO DARE UNA MANO

 

Consiglio vivamente a tutti, per una più approfondita conoscenza/coscienza della questione israelo-palestinese, oggi ombelico del mondo, il Webinar internazionale di “Infopal” sull’attualità palestinese e mediorientale. Interventi del sottoscritto (“False Flag: 7 ottobre e 11 settembre, coincidenze che hanno cambiato il mondo”), di Ramzy Baroud (direttore Palestine Chronicle, sulla nascita e caduta del Sionismo), Romana Rubeo (Palestine Chronicle, “La profonda connessione tra il sionismo e i movimenti di estrema destra in Europa”), Patrizia Cecconi (“Il dominio della narrazione egemonica sulla Palestina”), Razie Amani (analista di geopolitica, docente universitaria: “La nuova presidenza iraniana: la Palestina e la Resistenza”) e la direttrice di Infopal, Angela Lano (“Colonialismo di insediamento, il più devastante dei colonialismi”)

Intero Webinar: https://www.youtube.com/@AssociazioneInfopal

Mio intervento: https://youtu.be/b7MM3XWM37c?si=2pQPJV8p7u8ks8Ru

 

ITALIANI? ANCHE NO.

I propedeutici dell’Autonomia Differenziata

Una puntata di “Metapolitica- Il fuoriscena del Potere”. Conduce Francesco Capo.

E, dal momento che in queste sfessanti giornate di estenuante riposo, frastornante spasso, iperattività sessuale, avete abbondanti riserve di tempo per stordirvi di cultura e conoscenze, eccovi un ultimo contributo prima della mia dissolvenza. Trattasi stavolta di qualcosa che è partita come forum su che italiani siamo ed è finita in tumultuoso divertissement revisionista. Mai sono volate più alte le mie piume di bersagliere.


https://www.youtube.com/watch?v=DJzGRPgSniQ&t=12s

Il confronto, oggi acceso, addirittura virulento, peggio che ai tempi del confronto tra Vittorio Emanuele II e Ferdinando II, o tra Garibaldi e Pio IX, io lo avrei sottolineato con, sullo sfondo, le note del “Canto degli italiani”, sommariamente chiamato “Fratelli d’Italia”. Anche se ormai, al tempo dei patrioti (a stelle e strisce e con stella di David) che vanno amministrando un paese, al tempo stesso frantumato e ducizzato, quell’inno risuona quasi solo dalle gole svogliate dei giocatori di qualche nostra Nazionale.

Con davanti gli strepiti da volti paonazzi di neoborbonici e neopapisti alla minima menzione dell’Italia unita come processo di emancipazione, maturazione, compimento di un’istanza naturale, geografica, culturale, sociale e politica, già riconosciuta e consacrata 2.500 anni fa da Roma repubblicana, la provocazione mi viene facile. E Goffredo Mameli si presta benissimo.

Insomma. da Roma in poi, per 2000 anni, un variegato e multiforme popolo, unito da lingua, incontro e scontri storici, i secondi spesso da esterni voluti, da una funzione geopolitica determinata dalla collocazione, rigorosamente definita da confini naturali, al centro del nodo più strategico del pianeta, ha provato, più o meno consapevolmente, a darsi il ruolo a lui confacentesi nel contesto di imperi e nazioni.

Roma aveva capito che consolidare in unità la penisola e i suoi abitanti era la base irrinunciabile per contare qualcosa, farsi rispettare, estendere la propria egemonia ed esercitare scambi, influenza, dominio. Il dominio, a parte la parentesi che agita ormoni e neuroni di YosoyGiorgia e quelli dei suoi ballila catacombali, ai patrioti veri non interessa. Interessa essere in condizione di farsi valere al pari di altri e non farsi mettere in testa i piedi da austriaci, francesi, spagnoli, germani vari. Come da tutti coloro che, da Enea in qua, si infastidiscono a trovarsi di fronte una forza, un’identità, una coesione che tieni in mano le chiavi del mare che separa/unisce nord, sud, est, ovest e, con Roma prima e, poi, con un Risorgimento che ci ha fatto diventare noi e durare tali, bene o male, per quasi due secoli.

Sibilano che a fare questa zozzeria del Risorgimento, che tanto male ha fatto alla Chiesa, al Sud, ai civilissimi borboni (massacratori di tutta l’intellettualità napoletana), ai Gonzaga e ai Doge, siano stati gli inglesi, anche un po’ i francesi, magari pure qualche spagnolo e transilvano. Che Garibaldi si limitava a obbedire e stuprare. Che la ferrovia l’avevano fatta loro (falso). E gli italiani? Quelli delle Cinque Giornate, della Repubblica Romana, dei Vespri Siciliani, della cacciata dei Borboni, di tutti i moti insurrezionali, Savoia o non Savoia?  E Battisti? E Anita? E Filangeri? E Settembrini?

Alti si levano i lai, lo sdegno sanfedista e le feroci denunce di incommensurabili crimini che agitano le fisionomie dei miei interlocutori, nella trasmissione del serenissimo Francesco Capo, al solo, inaudito, tentativo di definire lo sciagurato processo di unificazione e cacciata di stranieri e sovrani assoluti dal paese “Risorgimento”, o addirittura “rivoluzione”. Ora che, con l’autonomia differenziata, i neosanfedisti fascisti ci ridurranno a volgo disperso che nome non ha, come 200 anni fa, quegli interlocutori si placheranno. Saranno contenti. Proprio come quegli inglesi e francesi che avrebbero fatto, loro, l’unità d’Italia. E che la loro, di unità, se la tengono ben stretta.

venerdì 2 agosto 2024

COME SI ESPRIME IN OCCIDENTE E NEL SUO STRUMENTO DEMOCRATICO GOOGLE LA LIBERTà DI STAMPA E DI ESPRESSIONE.

 Il mio crmine: aver portato prove e testimonianze sugli  attentati che USA e Israele compiono e attribuiscono ad altri, per giustificare le proprie strategie di sterminio e di dominio.

VERRA' IL MOMENTO IN CUI GOOGLE, QUESTE NEFASTO APPARATO DI MANIPOLAZIONE IMPERIALISTA, DOVRA' RENDERE CONTO ALL'UMANITA'

     Un saluto da Google,

 

     Come forse già saprai, le nostre Norme della community 

(https://blogger.com/go/contentpolicy) descrivono i limiti di ciò che 

consentiamo, e non consentiamo, su Blogger. Abbiamo ricevuto una richiesta 

di revisione per il tuo post intitolato "Lo strumento principe della 

criminalità di Stato organizzata        FALSE FLAG". Abbiamo stabilito che 

viola le nostre norme e abbiamo eliminato il post, in precedenza 

all'indirizzo 

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2024/07/lo-strumento-principe-della-criminalita.html.

 

     Perché il tuo post del blog è stato eliminato?

     I tuoi contenuti hanno violato le nostre norme sull'incitamento 

all'odio. Per ulteriori informazioni, visita il link in questa email alla 

nostra pagina delle Norme della community.

 

Se ritieni che sia stato commesso un errore, puoi presentare ricorso 

all'indirizzo: 

https://www.blogger.com/go/appeal-post?blogId=7151627638375573418&postId=4087051895248294461. 

Potresti avere la possibilità di presentare le tue rivendicazioni in 

tribunale. In caso di domande di natura legale o se vuoi esaminare le 

eventuali opzioni legali a tua disposizione, ti consigliamo di rivolgerti 

al tuo consulente legale.

 

     Ti invitiamo a rivedere l'intero contenuto dei tuoi post del blog per 

assicurarti che siano in linea con i nostri standard, poiché ulteriori 

violazioni potrebbero comportare la chiusura del tuo blog.

 

     Per ulteriori informazioni, consulta le seguenti risorse:

 

     Termini di servizio: https://www.blogger.com/go/terms

     Norme della community di Blogger: https://blogger.com/go/contentpolicy

 

     Cordiali saluti,

 

     Il team di Blogger

 

ATTENTATO DI TEHRAN



 Oggi su Byoblu (canale 262), Michele Crudelini intervista Fulvio Grimaldi sull’assassinio a Tehran di Ismail Hananiyeh – chi, come, a che scopo -  sulla strategia del terrorismo israeliano in generale e sulle implicazioni politiche dell’attentato.

Alle 16.00, 17.55 e 21.00

giovedì 1 agosto 2024

Nous sommes tous des assassins --- VENEZUELA, HA VINTO IL GIUSTO TEHRAN, HANNO ASSASSINATO IL GIUSTO TRENTINO, HANNO FUCILATO IL GIUSTO

 


VIDEO DI FULVIO GRIMALDI:  https://www.youtube.com/watch?v=ZguBS93nOvA

https://youtu.be/ZguBS93nOvA

Il giorno che l’opposizione venezuelana saprà mettere in campo qualcosa come questa manifestazione bolivariana della vigilia delle elezioni, potrà FORSE considerare un’opzione diversa dall’ennesimo colpetto di Stato, tipo Guaidò, lubrificato dalle ONG germogliate dal Dipartimento di Stato, incensato e benedetto dalla Chiesa cattolica, eseguito da operativi di CIA e Mossad e inesorabilmente destinato al fallimento. Nel caso del pupazzo amerikano Juan Guaidò, indecentemente riconosciuto subito dal nostro governo, capace di raccogliere intorno a sé non più di due dozzine di sottufficiali per la conquista del potere, destinato al ridicolo.

Intanto scrolliamoci di dosso la polvere tossica dei nostri sicofanti politico-mediatici di Zelensky e Netaniahu che si strappano le vesti sulla “morte della democrazia in Venezuela”.

Questo video s’intitola “Nous somme tous des assassins!, che era il titolo di un film di André Cayatte del 1952, formidabile denuncia di un mondo che stava rinnegando, con i suoi errori e orrori, ciò per cui tanti esseri umani nel nostro mondo solo pochi anni prima si erano battuti. Criminalità comune, criminalità economica, criminalità politica. L’assassinio come metodo strutturale e strategico di dominio.

Già, proprio quello che vediamo esemplificato oggi negli orrori compiuti dai mostri sionisti in Palestina e, con un tasso di barbarie al parossismo, con l’assassinio a Tehran di Ismail Haniyeh, leader della liberazione del suo popolo. Ciliegina sul massacro israeliano (attribuito a un razzo Hezbollah che è risultato non di Hezbollah) di 12 ragazzi siriani drusi nel Golan occupato. False flag se ce n’è mai stata una. Roba che neanche Hitler. Roba che è nello stile di questa aberrazione statale e ideologica fin dalla sua nascita, 78 anni fa.

Distruggono, uccidono, devastano, ma non vincono, Vale sempre più per gli USA, vale da sempre per Israele. Non è una grande consolazione. UNO SI CHIEDE CHE COSA DEBBA ANCORA COMBINARE QUESTO STATO DI JACK LO SQUARTATORE PERCHE’SI DECIDA  A ESPELLERLO, NON SOLO DALLE OLIMPIADI, DOVE GIA’ INFETTA UN PRESUNTO CONSESSO DI PACE E FRATELLANZA, MA DALL’INTERA FAMIGLIA DEGLI ESSERI UMANI.

Israele sa perfettamente che non vincerà mai, non solo contro i palestinesi, ma contro l’enorme schieramento di nemici che le sue efferatezze vanno assembrando. Forse spera ancora di poter trascinare gli USA, magari quelli di Trump, nell’armageddon biblico che la sua distorta fede prevede e auspica. E per il quale possiede gli strumenti e, ahinoi, la complicità del verminaio politico-mediatico nel quale siamo costretti in Italia e in Occidente.

E, che me lo consentiate o no, in questa sceneggiatura disegnata dai necrofagi del culto della morte (fisica altrui, morale propria) non posso non inserire Maurizio Fugatti, confermato presidente provinciale e masskiller di orsi in Trentino. Come i sionisti, ce l’ha con le donne, specie se madri, e con i bambini. Ha fatto, con la ventenne orsa KJ1, madre di tre cuccioli, l’ennesima vittima della sua brama di morte. Che inevitabilmente si estenderà ai tre cuccioli abbandonati. Come già nel caso dell’orsa ergastolana JJ4.

Bracconieri e cacciatori erano riusciti a far sparire l’orso dal nostro lato delle Alpi, loro habitat millennario. Abbiamo sostituito al loro habitat cemento e veleno. Qualcuno l’ha fatto tornare, ben sapendo che senza l’orso, che non aggredisce se non per difesa, si rompe la catena della vita. Come senza i lupi, come senza le api, come senza i palestinesi. Qualcun altro si è subito impegnato per una sua seconda estinzione. Non ci ha consacrato, la bibbia, padroni del creato e di tutti i viventi? Lasciate che ne facciamo ciò che ci pare utile o divertente.

Pensate l’accanimento di questo Fugatti. Due ricorsi della LAV avevano fatto bloccare al TAR le ordinanze per la fucilazione di KJ1. Ma un Fugatti non sa, non vuole, trattenersi: precipitosamente ha emanato una terza ordinanza e l’ha fatta eseguire seduta stante, prima di un nuovo ricorso, ai Forestali del Trentino. Quando i forestali dell’Abruzzo non fanno nessuna fatica a far convivere 60 orsi e  50  con gli abitanti dell’area. Niente culto della morte. Niente Lega lì.

E’ tragicamente paradossale che si debba ponderare se non sia stato meglio una fucilazione, che non la cattura, come quella di altri orsi, ergastolani innocenti, rinchiusi a vita in un braccio della morte più mostruoso del carcere israeliano nel Negev, dove sono rinchiusi resistenti palestinesi, o palestinesi rastrellati a caso e da cui sono uscite le rivelazioni sull’Abu Ghraib israeliana. Si chiama Castellet, è molto meno di un ettaro per animali che in un giorno si spostano per 30-40km. Vi hanno rinchiuso lo strepitoso Papillon, tre volte evaso superando barriere invalicabili.  Ergastolano per delitto di libertà. Ci farei passare qualche giorno a Maurizio Fugatti. Forse gli balenerebbe l’idea di una campagna di sterilizzazione dell’orso, o del suo trasferimento in santuari anche all’estero.

IL culto della morte (altrui) è una sindrome contagiosa. Si diffonde dalla testa al corpo di una società che si è inserita e allargata in termini di colonialismo. In Israele i sondaggi dicono che fino all’80% della popolazione appoggia quanto gli ultranazisti fanno a Gaza e in Cisgiordania.  Anche in Trentino, dove ho tanti amici, c’è chi incrocia Fugatti, forse sospira, ma va oltre.

Siamo tutti assassini. SONO tutti assassini, sarebbe da rettificare, pensando a tanta brava gente preda del negativismo e che si dispera e non sa più distinguere tra chi è carnefice e chi è vittima e non vede come quattro quinti del mondo si stanno mobilitando contro gli assassini sistemici.

Ancora una volta, sotto gli occhi degli osservatori internazionali, compresi quelli dell’ONU e dello statunitense Istituto Carter, impiegando il meccanismo elettorale più sicuro del mondo, basato sulla verifica complementare, elettronica e cartacea, la rivoluzione bolivariana ha dato sette punti ai rigurgiti a stelle e strisce e stella di Davide. Tutti questi osservatori hanno confermato la correttezza dello spoglio, dei conteggi, di tutto il processo. E la riconquista neocolonialista dell’America Latina, su cui contavano i guerrafondai USA e UE, ha subito una battuta d’arresto.

Fosse una partita di tennis, quella per il controllo del subcontinente, in questo torneo avremmo avuto una serie di dritti, Lula in Brasile, la vittoria popolare sui tentati golpe in Bolivia e Honduras e sulla rivoluzione colorata di Chiesa e CIA contro il Nicaragua; poi alcuni rovesci, l’Argentina finita nelle mani del sicario neocolonialista Milei, i golpe parlamentari in Perù, Ecuador e Paraguay, il Cile ripiombato nel post-pinochettismo; ma, oggi, la schiacciata risolutiva del Venezuela che ha deciso il set.

Brasile, Messico e Venezuela sono, a gradazioni variabili, le avanguardie di un processo di emancipazione latinoamericana, lanciato da Cuba (ma lì oggi in sospensione), dalla condizione di cortile di casa e di fonte di approvvigionamento del predatore nordamericano. Se tralasciamo gli Stati, soprattutto del Centroamerica, vuoi liberati, come Honduras e Nicaragua, vuoi ancorati alla condizione di repubbliche delle banane, tipo Panama, Repubblica Dominicana, Guatemala, Puerto Rico, agli USA rimangono due importanti presidi politico-economico-militari: la recuperata Argentina (dove l’anarcocapitalisa a impronta sionista a stelle e strisce, Milei, ha subito invocato il golpe militare contro Maduro) e il Cile normalizzato, dopo la ventata anti-pinochettismo, dal presidente Gabriel Boric. Immediatamente salutata la vittoria di Maduro dai paesi dell’ALBA: Bolivia, Nicaragua, Cuba, Honduras. Messico e Brasile attendono i risultati finali.

Quanto alla Colombia, va messa nel novero dei giochi persi dal contendente imperiale: con il presidente Gustavo Petro ha preso nettamente la distanza dal ruolo assegnatogli da Washington di “Israele dell’America Latina” e ha cessato di funzionare da trampolino per provocazioni e incursioni contro il Venezuela. Tocca vedere come reagiranno le sette basi militari concesse agli USA dia predecessori vendipatria alla Uribe.

Sono stato tante volte in Venezuela, ne hop frequentato i giovani, gli studenti, i contadini, i militanti, ho visto Chavez assegnare terre e case. Come in altri paesi del riscatto, Libia, Iraq, sanità e istruzione erano gratuiti. In cinque anni si è passato dal 38% allo zero percento di analfabetismo. Ai media sotto controllo oligarchico, rispondevano, spuntando come funghi, le radio e tv comunali, libere. Profumo di rivoluzione. Ho incontrato e intervistato Hugo Chavez. Un fascino paragonabile a quello del Che. Attraversavo i territori del centro e del sud, pesantemente colpiti dalla serrata del monopolio PDVSA, l’ente petrolifero di cui i padroni statunitensi rifiutavano la nazionalizzazione decisa da Chavez. Alla fame indotta, il governo sopperiva con mercati a prezzi calmierati.

Il mio autista, un militante bolivariano, aveva la radio perennemente accesa sulle canzoni di Ali Primera, il cantautore del Popolo, come lo chiamò Hugo Chavez ricordandone la morte, nel 1985, in un incidente assai sospetto, da molti attribuito ai sicari del regime del fantoccio Yankee Jaime Lusinchi. Sentite questa: https://youtu.be/w9Hc-Bi-iE4  “Tetti di cartone”. Al mio autista scendevano le lacrime.