https://www.youtube.com/watch?v=vZmWlQfFuMk dedicato
agli innominabili
Vittorie, liberazioni, processi
Nei giorni scorsi, in Normandia,
rianimando un po’ di vecchietti scampati al pianificato massacro e
ciononostante belli giulivi, con in testa il basco e sul petto la spilletta di
reduce, hanno iniziato alla grande a scassarci quanto è particolarmente caro a
noi e prezioso alla continuità della specie minacciata. E diabolicamente
persevereranno quando, dallo sbarco, l’anno prossimo, passeranno al
settantacinquesimo della “vittoria”. Da noi, in mancanza di quella, si blatererà di “Liberazione”, che è come dire
bravo a chi ha raso al suolo Montecassino. Indi, un altro anno, ottobre 1946,
fanfare, piatti e timpani per la celebrazione del primo processo chiamato “Giustizia”,
inflitto dal vincitore al vinto, dal bene assoluto al, per antonomasia, “male
assoluto”.
Da lì in poi, come sappiamo, non
passa anno che non vi sia occasione per celebrare la ricorrenza di un qualche
glorioso effetto della “vittoria”. Tipo l’UE, con concomitante fine di
un’obsoleta forma di democrazia costituzionale antifascista e della pericolosamente
nazionalista autodeterminazione dei popoli; tipo Nato, che ci permette di
diffondere i suddetti principi a un universo mondo preda di fobie
anti-occidentali; tipo mercato, addetto a una più felice distribuzione della
ricchezza, come già sperimentata in forme meno radicali nella migliori
tradizioni della civiltà umana: feudali, imperiali, coloniali. E non ci sarà
celebrazione nella quale non si onorerà
anche il magistero della Chiesa, sempre e comunque patrocinatrice di ogni forma
di processo che irrobustisca i forti e nobili.
Il processo di Norimberga era quella
fantasiosa innovazione post-giuridica (come c’è il post-fascismo, c’è pure il
post-diritto), che in inglese viene chiamata “Kangaroo Court”, tribunale del
canguro, probabilmente perché nel marsupio il soggetto porta già bell’e pronte
le sentenze dell’addomesticatore. Ha poi figliato efficaci succedanei sotto
forma di Tribunale Penale Internazionale per la Jugoslavia, o per il Ruanda, o
Corte Penale Internazionale (riservato ai soli umani di colore scuro), o,
ancora, i Grandi Giurì segreti statunitensi, tipo quello che tiene in carcere quella
capocciona di Chelsea Manning, finchè non testimonia contro il “traditore e
spione Assange”. Incombenza che le verrà risparmiata quando il trattamento
riservatogli prima dagli ecuadoriani e poi dai servizi britannici avrà ottenuto
lo scopo: la scomposizione fisica di Assange. Ma anche alcune magistrature italiane vi si
sono ispirate, come è venuto a galla in questi giorni.
Giudici e giudicati
Accantonando per l’occasione il nostro
disprezzo e dispetto per fascismi e
nazismi (quanto le loro eredità di dittature non più in orbace e campi di
concentramento, ma psicotropiche, con tanto di campi di internamento mentali),
dobbiamo attribuire a chi si è ispirato a dadaisti come Duchamp, o surrealisti
come Breton, la scelta dei padrini di certi processi. Come quelli in cui le
accuse a generali e bonzi del nazismo venivano da giureconsulti del livello di Churchill, che a milioni di
cittadini inermi in Iraq, India, Dresda, aveva insegnato il diritto a forza di
bombe e gas tossici. O come dai successori di un Napoleone che aveva, sì,
portato il Codice e l’emancipazione laica al resto d’Europa, ma a costo di
ridurre al lumicino la popolazione maschile francese dai 15 ai 70 anni; o di
quelli del Mayflower che, per portare il diritto all’America e al resto del
mondo, dall’eliminazione dei nativi sono passati alla media di una guerra
all’anno al resto del mondo.
Sia come sia, non si può negare che
Trump, Macron e la May in via di dissoluzione, in Normandia abbiano tratto
dallo sbarco vittorioso la certezza, primo, che l’Unione Sovietica – e oggi la
Russia - non c’entra nulla in tutto questo, sebbene si vanti di aver
sacrificato 27 milioni di suoi cittadini e sconfitto la Germania quando il
D-Day era ancora di là da essere concepito. Del resto i morti mica si contano,
si pesano. Un conto sono quelli dei paesi civili. Un conto gli altri. E cosa
sono le 148,3 le vittime russe su 1000
abitanti, 95,1 le tedesche, rispetto alle 3,1 Usa, le 7,6 britanniche e le
13,4 francesi? Dice, già, ma sono i tedeschi ad aver incominciato. Intanto non
è proprio del tutto vero, ma c’è anche chi ha contribuito a dargli la forza per
farlo. Come per esempio, Wall Street e sue banche e imprese come Ford, General
Motors, Du Pont, ITT e altre, tutte statunitensi. Hanno tutti collaborato a
fare di World War II il più bel fuoco d’artificio della storia umana.
Una storiografia come i vangeli, una cronaca come le
tavole di Mosè
Vabbè, ognuno si guardi in casa sua
e, come ci informa la Storia, di cui si sa chi la scrive e su quale pelle viene
scritta, quella tedesca, o italo-tedesca, era indubbiamente la casa che andava
rasa al suolo, per essere poi ricostruita “più
bella e più superba che pria”. E visto che c’erano, anche quella di tutta
Europa. Ed ecco che ci siamo goduti settant’anni
di pace, osservando dall’alto le macerie fumanti della Jugoslavia (che c’entra,
era fuori dall’UE e pure socialista) e lasciando che furori bellici si
scatenassero, ma lontano da noi, seppure spesso con il nostro fattivo
contributo in armi e salme, sempre per diffondere la pace e quel diritto che
era germogliato da Norimberga. Corea, Vietnam, Palestina (per interposti
terzi), America Latina, Caraibi, Cambogia, Laos, Somalia, Iraq, Libia, Siria,
prossimamente Iran, Venezuela, Russia, Cina. E dove l’ordine democratico poteva
essere ristabilito evitando terrorismi, invasioni e bombe, ecco che si procedeva
sul velluto, con rose, gelsomini e altre inflorescenze colorate: Georgia,
Ucraina, Kirghizistan, Libano, Honduras, Egitto, DDR, Tien An Men, Budapest. E
ora Algeria, Sudan, paesi, questi, sotto
regime change, sui quali le solite disossate
pseudoradicalsinistre cadono nelle più scontate e grossolane trappole allestite
dai colonialisti….
Fedeli alla linea
Gli inconsapevoli vegliardi in
basco, tremolanti sull’attenti a Caen, ma più sinceri di qualsiasi loro
commilitone con più di un grado sul braccio o una stella sulle mostrine, e i
del tutto consapevoli Trump e soci, hanno di che vantarsi della missione
condotta dai loro predecessori e oggi da
loro portata avanti. Dalle spiagge imbiancate dagli ossi di seppia e di uomo
della Normandia, possono guardare a un continente liberato ed evolutosi a
immagine loro e di dio. Saggi piovuti dal cielo dei management supergalattici,
ci dicono da Bruxelles cosa fare, dire, pensare, amare, detestare. Noi li
confortiamo ogni cinque anni con un voto che i loro missi dominici locali ci consentono di dare e ci consigliano di
indirizzare, anche a forza di odorose fritture di pesce. E in tal modo che da
noi ha potuto fiorire una classe dirigente omologa, perfettamente rispondente
agli auspici scaturiti dagli sbarchi, con tutti i suoi presidenti (tranne uno),
tutta la sua magistratura (tranne forse una dozzina di PM), tutti i suoi media
(tranne mezzo) in linea.
L’uomo e la società nuovi
Ma non solo politica e istituzioni.
Magnifiche e progressive se ne sono sparse per l’Europa società e cultura. Un
rinnovamento e rilancio di civiltà. Lucky Luciano, in diretta dalla New York
dei Gambino, dalla Chicago degli Al Capone, giunto sulla scia di un altro
sbarco glorioso, in Sicilia, ha proposto e fatto realizzare una nuova forma di
coesione sociale, di solidarietà e fratellanza umana. Tutta proiettata sulle
opere di emancipazione e progresso. Ne è uscita, in fattiva sinergia, la classe
dirigente più illuminata e perspicace d’Europa. Una società dell’armonia tra le
sue componenti destrosinistre e di perfetta aderenza al paradigma formulato al
momento di quegli storici sbarchi. Non stupiamoci, dunque, semmai
sbigottiamoci, se ci capitano dinastie, se non arcaicamente di sangue,
modernamente di destinazione d’uso, come
quelle degli Andreotti, Renzi, Napolitano, Salvini. A proposito di quest’ultimo,
può succedere perfino a un Saviano di dire una cosa giusta, ricordate…..
Culture e popoli sul collo
Forme e contenuti innovano su schemi logorati dal tempo: niente
cappuccetto rosso, ma Barbie, basta col lupo cattivo, Mazinga. E la favolistica
che costituiva la narrativa di formazione delle nostre infanzie assume quel
carattere concreto, realistico e pedagogico a Hollywood, fucina di cultura, dove la plebe lavoratrice
vivacchia residuale nelle sole pellicole di un vecchio fissato inglese. Nuovi
portatori di giustizia e libertà sono gli LGBTQI e nei videogiochi si vince
sfoltendo l’umanità a colpi di spada o pallottola e allargando gli spazi ai
buoni. E se prima per farti una giocatina alla roulette, e spararti in frak
sulla gradinata del casinò dopo la rovina totale, oggi scommesse e giochi ce li
hai a ogni angolo e di azzardo ti puoi strafare perfino a casa, online. E poi,
non è forse meglio del vaiolo la ludopatia?
Quanti turbamenti e cambiamenti da
assimilare nel corso dei secoli quando sopra ci passavano, perlopiù predando e
bruciando, goti, longobardi, turchi, unni, borboni, francesi, austroungarici,
germani (unici a comportarsi bene, greci e arabi, toh!). Poi, assunto il peso
dell’unità nazionale, abbiamo, da soli, sbagliato un po’ tutto, sia come
colonialisti, sia nella scelta tra perdenti e vincitori. Ma poi, un bel giorno
del 1945, ci siamo detti liberati. Procedendo con coerenza, c’è chi pensa a
liberarci anche dall’unità.
Alessandro Manzoni, lamentando che
un popolo, i longobardi, e l’altro, i franchi, ci stavano sul collo, denunciava
quella che allora, pure, era detta liberazione: non liberati dagli uni e, in
compenso, dominati dagli altri. A lui pareva brutto, ma eravamo nell’800. Oggi
tra Usa, UE, Nato e Vaticano, di liberatori sul collo ne abbiamo tanti. E
stiamo benissimo. Viva il 75°!
Il
forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha.
Col novo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha.
15 commenti:
Proprio ieri su "La Stampa" ho trovato un articolo che attaccava le televisioni russe, colpevoli di "riscrivere la storia". La scusa era la nuova serie su Chernobyl che andrà in onda su Sky, alla quale i russi hanno intenzione di rispondere con una loro produzione che parlerà della presenza di un agente della CIA nella centrale la notte dell'esplosione. L'autore si collegava poi al 75° anniversario attaccando una serie di film dove i russi ridimensionavano la portata del D-Day ed esaltavano, giustamente, la grande vittoria a Stalingrado, vera svolta della Seconda Guerra Mondiale.
A proposito, di recente su Cronologia Leonardo (ottimo sito di storia di fine anni 90 che racconta anche risvolti poco conosciuti) ho trovato questo articolo: https://cronologia.leonardo.it/storia/a1941i.htm
Un'analisi da cui emerge che smonta, documenti alla mano, il mito che vuole Stalin e l'intera Unione Sovietica impreparati all'invasione tedesca. E che fin dai primi giorni di scontri era emersa la superiorità del T34 sui Panzer tedeschi, poi sancita definitivamente a Kursk.
@Casalegno,la riorganizzazione dell'Armata Rossa iniziata dopo la guerra con la Finlandia sotto la supervisione di Timoshenko era ben lungi dall'essere conclusa allo scoppio della guerra. Quanto agli armamenti è vero che l'Urss ne aveva di eccellenti,basti dire che quando una missione militare sovietica si recò in Germania e i tedeschi gli mostrarono le loro armi corazzate i russi pensarono che gli stavano nascondendo la roba migliore. Sul D-Day permane il solito disgusto nel veder presentata una operazione militare iniziata con la Wehrmacht ormai a brandelli come se fosse stato l'atto risolutivo della guerra.E nessuno conosce la contemporanea operazione Bagration che fu molto,molto più disastrosa per i tedeschi. Propaganda sul passato come sul presente.
Paolo P
Il fatto che il comandante delle difese tedesche in Francia, Rommel, fosse coinvolto nel complotto per uccidere Hitler ci rivela una verità ancora più lontana dalla retorica occidentalista: gli anglo-americani furono lasciati sbarcare in Normandia, come parte del piano che, un a volta tolto di mezzo un führer ormai inutile, prevedeva il rovesciamento dei fronti e la costituzione di una grande alleanza antisovietica che avrebbe compreso la Germania e addirittura la repubblica di Salò, in maniera analoga a quanto si era già tentato di fare tra il 1938 e il 1940. di questo trattava il famoso quanto introvabile carteggio Mussolini-Churchill, di questo era andato a discutere Rudolf Hess in Gran Bretagna nel 1941. il piano, insostenibile sul piano militare (i sovietici sarebbero con ogni probabilità arrivati a Lisbona, anche mettendo in conto la nuclearizzazione di Mosca e Leningrado) si realizzò del resto in forme diverse subito dopo la fine della guerra, con il riciclaggio negli apparati atlantici di centinaia di nazifascisti, da Reinhard Gehlen a Junio Valerio Borghese a Klaus Barbie
@Brolin già, e non dimentichiamoci che diversi scienziati nazisti (gli stessi che avevano sviluppato le V2) parteciparono attivamente al programma spaziale americano. Anche se oggi la propaganda ci racconta che furono i Sovietici a farlo.
@Brolin
Non è un caso. La Grecia si liberò praticamente da sola di fascisti (anche dell'esercito italiano, il quali tentarono di invaderla con scarsi risultati) e della monarchia, ma alla fine della guerra fu invasa dall'esercito inglese e da suoi collaborazionisti, il quale, nonostante tre anni di resistenza dei partigiani repubblicani, le reimpose il re ed il suo apparato repressivo, il quale raggiunse il suo apice nel 1967 con il "golpe dei colonnelli". Un'altra guerra passata come "guerra civile". Con la Yugoslavia, altro Stato con un po' troppa indipendenza, hanno dovuto aspettare gli anni '90 per poterla punire, e fra i punitori in prima fila c'era la nascente UE, la riunificata Germania ed il Vaticano.
Giravo per caso sui siti universitari per cercare, chissà, qualche opportunità ed ho incociato in questa propaganda anti Siriana tenuta sulla pagina ufficiale dell'università di Toronto. Una "eroica" democratica Al Nushra o simile, che annuncia i suoi proclami di guerra indovinate da dove? Dai campi profughi di Idlib? No! Dal fresco prato antistante l'Università di Toronto, Ontario! Un oceano ed una vita agiata (pagata da chi?) da sbattere in faccia ai tanti che non hanno rinnegato il proprio paese e non si sono schierati con gli aggressori.
https://www.utoronto.ca/news/you-cannot-defeat-me-u-t-grad-noura-al-jizawi-leader-syrian-uprising-takes-new-challenge
a proposito di Grecia, nessuno parla mai dei bombardamenti al napalm effettuati dall'aviazione statunitense nel nord del Paese nel 1947-1949. Chissà perché...
Visto solo l'inizio del video della donzella, non ce l'ho fatta ad andare avanti malgrado il video sia molto breve, avevo i conati di vomito; della serie quando la parola dignità non esiste.
Consentire la più bieca propaganda bugiarda e svergognata dal sito di una prestigiosa università è veramente la fine.
E a conferma di quanto scritto da Brolin c'è il fatto che negli ultimi giorni di guerra la Wehrmacht schierata ad Ovest si ritirò a passo di carica verso Est lasciando quanto più territorio possibile in mano anglo-americana.
Paolo
In effetti fino ai primi anni novanta riguardo all'URSS, esperienza con molti pregi e forse anche alcuni difetti, si sentiva dire di tutto. Che si mangiavano i bambini (e non è solo una boutade da parrocchia del 1950, ma l'ho sentita ripetere da una guida italiana in Russia, riferita alla controversa carestia dei primi anni trenta) che solo gli iscritti al partito non soffrissero la fame perché dentro i negozi non c'era nulla (quando grazie alla perestroika cominciarono a vedersi le prime file, ai giornalisti antirussi non parve vero) senza poi citare le "migliaia di intellettuali rinchiusi in ospedali psichiatrici. Dopo la "benvenuta" dissoluzione DELL'URSS, avvenuta contro il parere dei cittadini sovietici (baltici esclusi) di questi. spaventosi lager con le "migliaia di prigionieri politici" non si seppe più nulla tanto è che dovettero riesumare Solgeniskjn detenuto in ben altra epoca, e Sakharov con la sua rancorosa moglie la quale approvo apertamente il golpe del 1993 con tanto di cannoneggiamento alla Casa Bianca) per poter continuare sulla stessa linea della Russia da "civilizzare" e la sua storia da riscrivere sui libri a scuola.
esatto, e cedendo la Rühr (che aveva tutte le potenzialità per diventare una nuova Stalingrado) senza combattere
Sull'Armata Rossa vorrei ricordare qualcosa:
Leggenda vuole che Josip Vissarionovic Jugashvili, avesse accantonato già prima dell'Operazione Barbarossa 100 divisioni di siberiani oltre gli Urali.
Certo è che almeno tre di quelle divisioni corazzate presero parte, insieme alle forze locali,
agli attacchi che precedettero (fronte di Orel) la gigantesca controffensiva del Fronte Centrale.
A Stalingrado un grande Corpo di spedizione cadde prigioniero dell'Armata Rossa, A Leningrado la sapiente regia del maresciallo Zuchov rompeva la tenaglia nazista sull'eroica città.
Ma è la controffensiva del fronte centrale, quella inarrestabile, quella che arriva fino a Berlino.
Quella che accese la notte con ventimila tubi di lancio in fuoco simultaneo; quella che , oserei, è una stella proletaria.
E sorry per qualche retorica,
Em
Brolin@
Ruhr.
Comunque non va dimenticata l'offensiva delle Ardenne che, nel '45 riuscì quasi a ributtare in mare gli "alleati".
Chiamasi "rimozione dalla memoria storica", come cantava molti anni fa quasi profetico De Gregori "Gesù bambino fa che venga la guerra", "fa che non sia cattiva" (guerra umanitaria?)," perdona poi tutti, tutti tranne qualcuno (processi TPI e simili?) e fa che poi non la ricordi più nessuno". D'altra parte non ci sono tanti a dire "sono settanta anni di pace in Europa"?
@Fulvio l'offensiva delle Ardenne è un'altra operazione tanto propagandata quanto poco risolutiva sul piano militare. Basta vedere le forze che vi furono impiegate e le relative perdite e confrontarle con le contemporanee offensive sul fronte orientale.Potenza della propaganda,sono riusciti perfino a far passare Mc Arthur (il primo nome che mi viene in mente) per un grande condottiero.
Paolo P
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