mercoledì 5 giugno 2019

Come ti sistemo quelli del sovranismo altrui ------ IL BILDERBERG DEI NOSTRI



Mai otterrai che il granchio cammini diritto (Aristofane, Le Commedie)
https://www.fanpage.it/bilderberg-tutti-i-partecipanti-italiani-nei-60-anni-di-incontri/  Ecco coloro che ci hanno guidato alle nostre magnifiche sorti e progressive. E insistono.

Trentesimo anniversario dei fatti di Tien An Men, 65esima riunione segreta del Gruppo Bilderberg. C’è qualcosa che collega i due anniversari? Inevitabilmente, l’uno, nella congiuntura, è propedeutico all’altra e ne fonda l’attualità. Insieme a temi vari, segretissimi nella definizione del metodo, tra i quali abbastanza scoperto è quello delle Quinte Colonne politico-economico-mediatiche da infiltrare in campo amico, neutro o nemico. Però manifesti negli obiettivi, giacchè praticati dalla fondazione in piena prima guerra fredda, 1954. Fondazione in Olanda agevolata e protetta dai servizi segreti angloamericani e a cui hanno dato corpo, denaro, tattica e strategia le residue case monarchiche e le massime divinità del capitalismo imperial-tribale, Rockefeller e Rothschild. Obiettivo finale: globalizzazione, affermazione di una sovranità di portata planetaria e guerra totale a quella altrui, a partire – o finire – con la conquista del “cuore terrestre del mondo” (“Heartland”, nella famosa espressione di Brzezinski), Russia e Cina.


L’evento, dagli aspetti securitari di una trasparenza democratica da far scoppiare d’invidia un vertice mondiale della ‘ndrangheta e di Cosa Nostra messi insieme, ha avuto luogo dal 30 maggio al 2 giugno  tra i fasti ultralusso dell’Hotel Montreux, congeniali a questo parterre de Rois , ascendente nobile dei Casamonica, nell’omonima cittadina svizzera. 130 partecipanti da 23 paesi, euro-atlantici con poche eccezioni. Tra cui la créme de la créme di quell’0,1%, poche decine di individui,  che veleggia sulla ricchezza di metà dell’umanità grazie a una pervicace creazione di diseguaglianza tramite guerra di classe capitalista , colonialismo, guerra e, appunto, globalizzazione.

Chi c’e
Ministri dell’economia e delle finanze, megabanchieri e governatori di banche dette centrali (che le governano per conto dei loro proprietari privati), AD e padroni di multinazionali, alti gradi militari con al guinzaglio il segretario Nato Stoltenberg (ospite fisso), alti bonzi politici, prestigiosi - per servizi resi – giornalisti, capi dell’Intelligence, stimatissimi cibernetici, strizzacervelli in sostituzione dei demodé preti e psichiatri, Jared Kushner con doppia rappresentanza Usa-Israele, nientemeno che il braccio destro del papa, Parolin, animatore della resistenza anti-Chavez in Venezuela e, ad ascoltare le direttive, Mike Pompeo, segretario di Stato. Più gli amici delle diverse filiali: Trilaterale, Council of Foreign Relations, Chatham House, World Economic Forum, P2, P3, Gladio, Greta, Messina Denaro, Ong varie….

Più ospitanti che ospiti, gli immarcescibili garanti della continuità: i Kissinger, i Soros, le Lagarde, un qualche Rockefeller con la sua J.P. Morgan (che manda ai governi italiani sollecitazioni a cestinare la Costituzione) e un qualche Rothschild a nome delle loro 166 (centosessantasei) banche sparse sui 5 continenti. Infine una serie di accademici e intellettuali messi lì  a infiorettare di bella forma gli scambi di opinioni tra i gentiluomini e impedire che qualche malvissuto sospetti che si tratti di un convegno per decidere le sorti del genere umano a forza di complotti.

 
Composizione di Adriano Colafrancesco


Chi impara
Chiaramente per affinità elettive e palmares di servizio, ci sono anche due eccellenze  del giornalismo italiano, Gruber e Feltri, e un politico in disarmo, Renzi, ma da cui, forse, si spera di ricavare ancora qualcosa. Della sudtirolese Lilli Gruber non può non essere stato apprezzato la rigorosa ed elegante imparzialità e l’orgogliosa monotematicità con cui gestisce il suo Parnaso delle “Otto e mezzo” secondo il modulo napoleonico del nemico – di solito un 5 Stelle, o chi non li tratta come deiezioni sul marciapiede – da prendere, con amici alla Mieli, Lerner o Carofiglio, da davanti, dietro e dai fianchi.

L’agenda
Nell’Hotel Montreux,  dopo meticolose e ripetute disinfestazioni della Zucchet,  contro eventuali, ma, dato il contesto, del tutto improbabili tracce di populismo, sovranismo, plebeismo , dagli ospiti in arrivo considerati al pari di blatte e peggio, i temi erano quelli classici, più qualche novità. Governo mondiale, amici, nemici, domestici, cani da caccia, da riporto e d’attacco, profitti dal cambio climatico (tutti per Greta), difesa della Vergine di Norimberga, detta UE, alla faccia di Brexit, Orban, Le Pen (Salvini è finto, va bene), l’impero carolingio franco-germanico e sue forze armate in confronto con l’impero anglosassone e Nato per una comune strategia di obliterazione di Russia e Cina, passando per le tappe intermedie Siria, Iran, Nordcorea, Venezuela e altre. Come armare certi social e disarmarne altri, come sgomberare il sud del mondo di genti, estrarne risorse e confondere in un megamiscione le identità dei popoli in generale, attivando sradicamenti e migrazioni, come fare in modo che le intelligenze artificiali operino, in guerra e in pace, da nuovo strumento maltusiano di sfoltimento delle erbacce umane.

E’ la Nuova Via della Seta, baby


Negli anni ’80 e ’90, quando mi sbizzarrivo in Rai su ambiente, clima, guerre, sport estremi, fui frequentemente onorato da quell’intelligente, ironico, acuto e astuto collage di giustapposizioni demistificanti che era il “Blob” di Enrico Ghezzi. Tipo, volavo in parapendio col bassotto Rambo e di seguito si vedeva la corte dei miracoli di Craxi in volo sull’aereo di Stato. Era la cosa più frizzante della tv dei quegli anni. Oggi Blob, con Ghezzi fuorigioco per malattia, è una stanca “voce del padrone” che arranca sciropposo tra buonismo dell’ipocrisia sinistra, con migranti in barcone, lacrimosità e savianismi vari, e geopolitica funzionale. Da settimane va scassandoci ogni organo interno con la ripetizione di immagini di Tien An Men e relativi mezzibusti d’ordinanza. All’Hotel Montreux non se ne sono fatti sfuggire una puntata.

Fa peggio, se possibile, il resto dei media, primo fra tutti, immancabile quando si tratta di lastricare la strada all’evento e agli obiettivi Bilderberg, “il manifesto”, con ben quattro pagine di inserto di anatemi anticinesi, proprio in coincidenza coll’acme del Bilderberg.. Che sono, implicitamente e in prima linea oggi, anatemi contro la Via della Seta, temuta e odiata dagli Usa. Tant’è che quel “quotidiano comunista”, tenuto in piedi da miei e tuoi soldi, abusivamente sottrattici, stava però spaparanzato su ogni poltrona damascata del Montreux.

Ci sono montagne di reportage contrari alla vulgata subito impostata dall’imperialismo e dai suoi ascari contro un Cina dal modello sociale insidiosissimo e dal potenziale di crescita incommensurabile. I 300 morti degli scontri, dopo due mesi di occupazione della piazza, con ampia presenza criminale di spaccio e prostituzione, scontri detti feroci da parte dell’esercito e pacifici da quella dei rivoltosi, sono diventati “migliaia”. Dei  soldati linciati, bruciati vivi nei loro mezzi, sparati, dei gas tossici usati dai manifestanti, nessuna menzione. E  la solita radio Cia, “The voice of America”, che 24 ore su 24 incitava alla rivolta e inneggiava a Zhao Ziyang, il dirigente infiltrato dagli Usa al vertice di Partito e Governo, per le sue promesse di democrazia e mercato, scompare dalla cronaca e dalla Storia. Come Radio B-92 di Belgrado, dello stesso circuito, cara a Luca Casarini e ai suoi.

Tien An Men, prima rivoluzione colorata

La prima rivoluzione colorata, con tutti gli attrezzi dell’organizzazione – tende, armi, cecchini, rifornimenti, soldi delle Ong - visti poi a Belgrado, Kiev, Cairo e oggi a Khartum e Algeri,  diretta a Pechino da quel Gene Sharp che  dei regime change è stato l’inventore e diffusore tramite i serbi di Otpor. E’ grazie alla risposta, estremamente controllata del governo, che la Cina ha evitato un Guatemala, un Kosovo, un Cile, una Libia. Il rilancio dell’anniversario, più massiccio delle passate ricorrenze si spiega con quella brutta bestia, anzi brutto drago, della Nuova Via della Seta, Belt and Road Initiative, che senza bisogno di fottermi la sovranità, togliere migranti  da casa loro e metterli in casa altrui,  tirarmi addosso bombe e soldati, costringermi all’austerity, rischia di inferire un colpo mortale a chi , invece, quelle cose le infligge giorno e notte a me a tutti.

Feltri, nessuno come lui

Ma la “Croce di ferro da Cavaliere, con alloro d’oro, spade e brillanti”, non va negata a colui che ci ha restituito il fenomeno Bilderberg, quello di cui financo benevoli assertori rilevavano una qualche tendenza all’operare sott’acqua, nella sua pura, cristallina, veste di innocente consesso tra il bridge e il circolo della Caccia: Stefano Feltri, vicedirettore del Fatto Quotidiano  e capo dell’Economico a griffe Draghi. Uno di cui ho sempre pensato che fosse stato messo lì, forse da Bilderberg, forse da Draghi, forse da Friedman, data la comunanza confessionale, per sorvegliare l’intemperante e imprevedibile Travaglio. Whitewashing, è quello che gli anglofoni chiamano il riciclaggio, meglio: la ripulitura , la riabilitazione di una roba sporca in anima più bianca del bianco. Il paginone di Feltri sul Bilderberg nel numero del 4 giugno ne è la sublimazione. La sua partecipazione, a fianco dell’uomo del Condor in America Latina e dei massimi succhiatori di midollo dalle colonne vertebrali dei popoli, andava giustificata.

Aah quei complottisti!. Chi potrebbe anche lontanamente sospettare che si complotti in quella specie di fortilizio blindato da trincee e schieramenti di mezzi e uomini militari, poliziotti, Forze Speciali, guardie eco-zoologiche, pompieri, funamboli, maghi e  qualche ricuperato Isis? Cosa c’è di male in un po’ di privacy e distinta discrezione quando si tratta di discutere di tutti gli altri esseri, umani e non, del loro destino individuale e collettivo, e magari di correggerlo e si fa divieto ai partecipanti, tipo P2 o Gladio, di divulgare quanto detto, concordato, deciso.

Pregiata Casa detersivi Feltri


Così finalmente Stefano Feltri rettifica, bonifica, purifica un’immagine dai complottisti pesantemente deteriorata facendoci il rasserenante racconto, tra la fiaba e l’apologo, di una “riunione di vecchi saggi (sic), la cui opinione è sempre utile, come l’ex-segretario di Stato Henry Kissinger”, brav’uomo, o “gli attivisti dei diritti civili, gente con incarico di rilievo (ovviamente benefico), esperti dei temi in agenda, leader emergenti, qualche giornalista, alcuni (sic) membri facoltosi…” Quanto alla segretezza, non è che l’apoteosi con la cultura americana del networking, costruzione di rapporti personali come ponte tra culture, professioni e idee diverse, fin dalla prima cena con – massimo della democrazia! – freesitting”. E poi i temi: “Cina, tanta Cina, visto che gli americani, hanno confidato per qualche anno che a Pechino arrivassereo le riforme, democrazia e mercato (inscindibili, ovvio). Ora hanno capito che non succederà… la Russia di Vladimir Putin è un vero pericolo o è aggressiva per mascherare le sue fragilità?” E l’ecologia verde?  Greta insegna: “Grande possibilità di business, purchè dai fossili non si esca con troppi traumi”, poverini.

Ai pretenziosi e gossipari che si chiedono se, in democrazia, la gente non ha il diritto di farsi dire dai giornalisti presenti cosa dicono e decidono i più potenti e ricchi personaggi della Terra, Feltri risponde con prontezza: “Che domanda, tutti i partecipanti sono già attivi nel dibattito pubblico (Rothschild e Rockefeller soprattutto)… e poi, quella che dall’esterno pare segretezza , da dentro risulta assenza di distrazioni e formalità, di sera al bar con whisky che gli esperti giurano essere notevoli”, meno male. Più Circolo della Caccia, o Accademia dei Lincei di così?


Quanto ai fissati che vedono complotti ovunque ci siano poliziotti, militari, blindati e cecchini a difendere un consesso di miliardari e triliardari, non va riservato che sfottò: “Che le teorie del complotto ricomincino”, sghignazza l’eulogo alla fine del panegirico. Detto da un maligno Manzoni “vile encomio”. Mentre l’intenzione del buon Feltri era più che commendevole: “put some lipstick on the pig”, come la mettono gli anglofoni.  Se si va per correzioni di grugni, Feltri ha ampiamente battuto la Gruber quando  a Emma Bonino  fece dire quanto filantropo fosse George Soros per averle dato tanti bei soldini.
Intanto Bilderberg, camminando anche sulle stampelle di bravi giornalisti, procede. Grazie all’ingegneria genetica, agli operativi digitali e alle intelligenze artificiali, già sappiamo il mondo che ci prospettano. Dal popolarissimo transgender, all’imminente transumano. Insomma, sempre meno “umanità”. Con una buona mano data dal 5G. E qui non scherziamo.

8 commenti:

Alex1 ha detto...

Ricordavo ai tempi di Tien An Men quanta retorica si fece da parte di gruppi "progressisti e pacifisti" presenti all'università dove muovevo i primi passida studente, i quali criticavano pure l'approccio "duro" dei giornali Marxisti "che fare" perché parlavano di "lotta di classe" invece del "volemose bene" traduzione nostrana di "peace and love". Mi ricordo di un Inviato Radio Rai (e si all'epoca c'erano anche corrispondenti, oggi riporterebbero CNN BBC e Jerusalem Post standosene in albergo) il quale poco prima dello sgombero, racconta va di soldati invitati dai manifestanti apparentemente per" il dialogo " presi a piccoli gruppi e costretti a spogliarsi oggetto di irrisione e di percosse. Tale ricordo lontano è stato confermato da una recente intervista trasmessa credo su Rai notte di un" leader dei manifestanti " il quale ha detto che fra le varie richieste ai soldati c'era quella di" disarmarsi completamente ", in pratica di consegnare le armi. Ve lo immaginate un qualsiasi esercito consegnare le loro armi nei confronti di chi, esigua minoranza raggruppati in una piazza enorme, pretende le dimissioni di ministri se non di un intero governo? Una sorta di anticipo del Golpe a Bengasi nel 2011 ed a Kiev nel 2014.

Alex1 ha detto...

A proposito di Feltri e del "Fatto quotidiano", c'è da sottolineare l'orrendo e delirante articolo della misandrica Lanfranco, la quale addirittura ringrazia la povera Noa di essersi suicidata e la sua famiglia di averla lasciata fare, così la causa della misandria basata sulla "teoria delle differenze", sulla "cultura dello stupro" e sulla rivalsa di genere per presunte colpe ataviche da ascrivere a tutto il genere maschile, avrà una nuova martire e le iniziative delle fascofemministe troveranno nuovi spazi. Solo per stomaci forti.

Brolin ha detto...

"dissento" su un solo punto: secondo me la prima delle rivoluzioni colorate fu quella organizzata a Budapest nel 1956 dal cardinale Mindszenty, dalla Cia e dalle croci frecciate

Alex1 ha detto...

Non saprei, però penso per "rivoluzione colorata" debba intendersi in generale un movimento di persone limitato, almeno inizialmente ma molto ben "mediatico", apparentemente pacifico e con richieste iniziali "ragionevoli" (es. contro la censura) e poi via via crescenti (dimissioni di ministri ed a volte di governi interi) con azioni provocatorie fino a sperare in una reazione dello Stato, pur minima (sgombero arresti) per poter aizzare l'opinione pubblica interna ed internazionale contro quel governo. A quel punto entrano in azione Ong, fondazioni varie, diplomatici "mediatori" per costringere il governo legittimo a cedere alle richieste e de facto riconoscere i "ribelli" o "dissidenti democratici" come controparte. Se proprio vogliamo cercare i pprodromi delle "rivoluzioni colorate" personalmente li vedrei nei moti di Solidarnosh in Polonia nel 1980.

Fulvio Grimaldi ha detto...

Alex1@
Esatto. Ricordiamoci anche di Cia, NED, Freedom House, Republican Inrternational Institute, Atglantic Council, Mossad....
Prima di Solidarnosch c'è stata l'Ungheria 1956.

bambilu ha detto...

Non male l'idea del 1956 come inizio. Seconda ondata 1980 dopo la morte di Tito. Miracolo ! appare la Madonna, no, non quella che canta la blasfema volgarona e lo dico da Atea, ma quella di Carol W., quella di medjugorje. Invasione di polacchi spadroneggianti a Roma, non in SCV, come sempre. E' vero che hanno impiegato 9 anni ad organizzarsi... Tien an men, muro ANTIFASCISTA di berlino. L'hanno abbattuto ed ora si lamentano dei "fascisti"...A chi cercano di raccontarla? L'ultimo colore che ricordo è il VIOLA, come la cravatta di Giuseppe Conte, l'affogato degli Italiani...mavava...

Alex1 ha detto...

Anche se la rivolta di Budapest viene raccontata da una certa narrativa, da Lotta Comunista fino a Montanelli (quest'ultimo deluso proprio perché pensava ad una rivolta liberale intellettuale) hanno raccontato come una rivolta operaia, in difesa di Nagy in chiave nazionale e con la richiesta di non riabilitare i collaborazionisti di Horty. Gli Stati Uniti furono invece accusati di aver "barattato" l'Ungheria in cambio della mano libera a Suez. Ps. Sono tesi da me sentite da persone all'epoca attive a seguire la Storia dell'epoca, non necessariamente oro colato.

Anonimo ha detto...

Le croci frecciate erano quasi peggio delle ss e nel '56 arano ancora quasi tutti vivi e vegeti con soli 11 anni in più e tanta voglia di rivalsa. La Cia era a Budapest ma fece male i calcoli,forse confidavano nell'irresolutezza di Krushev ma i comandanti dell'Armata Rossa erano ancora quelli della vittoria sul nazifascismo e schiacciarono la controrivoluzione come era giusto.Suez fu la solita porcata imperialista passata senza troppo clamore perchè il mondo era concentrato sul destino dei "martiri" ungheresi.
Paolo P