Elezioni: il punto, anzi il puntino
Archiviamo subito la sempre deprimente questione “elezioni”,
per poi passare alle cose serie: pace e guerra, finta la prima, vera la
seconda. Sfuggiamo a fatica all’onda anomala dello tsunami orgasmatico del 98%
dei media italiani, scatenato dagli esiti giudicati esaltanti da chi padroneggia
l’intero sistema di fake news nazionale, simboleggiato dalle 10 pagine della
“Repubblica” dedicate ai sette punti di vantaggio di Bonaccini su Borgonzoni,
seguite da una pagina sola in cui si nascondono i quasi venti punti di
vantaggio del centrodestra in Calabria. Ecchissenefrega, alla Calabria (e molto
oltre) ci pensa la ‘ndrangheta.
L’autofagia di Grillo e Di Maio
Quanto ai Cinque Stelle, hanno raccolto quanto hanno
seminato Grillo, l’equivoco chierichetto degli orchi piattaformisti di Silicon
Valley, il suo ragazzo di bottega Di Maio, il premier all’orecchio della Curia
e soci. Hanno raccolto il frutto marcio prodotto dall’inquinamento di Sistema,
dalla perdita di alterità, terzietà, rispetto a coloro che dovevano restare
l’opposto e il contrario su tutti i piani, internazionale e domestico. Dall’ambiente
abbandonato agli ecocidi, ai diritti degli ultimi, penultimi e non primi, dalle
servitù in politica estera, all’annacquamento del contrasto all’etnocida
operazione migranti del globalista Soros, con le sanguisughe Ong attaccate al
bancomat costruito dalle Ong con la pelle degli africani, siriani, afghani. Fino
al mancato recupero di una sovranità indispensabile alla democrazia, al
riscatto sociale, alla liberazione dal cappio degli eurotiranni. Sulle loro
spoglie mortali, ora si erge luminosa la figura di Vito Crimi, uno che suscita
lo stesso entusiasmo ed emana lo stesso carisma di una patatina abbandonata dopo il Camparino.
Nell’armata brancaleonica dei parlamentari 5S, scesa dalla
piscina sull’attico direttamente nelle canalizzazioni sotterranee, c’è una
truppa di sprovveduti e opportunisti che dalla catastrofe trae il rimedio letale:
consacrare in matrimonio la pratica sodomitica subita dalla Lega e poi dal PD.
Masticati prima dall’una e poi digeriti dall’altro. O ci si libera di
costoro, ultra-papisti alla Conte e ultra-atlantisti alla molti altri, che
governano in nome del già citato brigante ungherese e di Padre Pio, cappellano
squadrista nel 1922, e quel tantissimo che rimane del MoVimento sul territorio,
più i vari Di Battista, Paragone, Morra, si dà una mossa, anche sotto altro
nome, o è la fine. Che, per un bel po’, sarebbe la fine di tutti noi, diversamente
italiani, diversamente umani. A sistemarci per le feste ci penserebbero spaventevoli
sinistri, tipo Orfini e Renzi e loro fans nelle grazie di Soros, come le
Sardine, o la “coraggiosa” Eli Schlein, decisiva per la vittoria a Bologna del
primatista italiano di consumo del suolo (nella lista degli eurodeputati cari al
globalista Soros, insieme a Cofferati e Spinelli).
La cruciale scelta tra zuppa e pan bagnato
Al di là dei trionfi celebrati dall’ ormai istituzionale unanimismo
destra-destrosinistra, fatto passare per bipolarismo, il risultato
emilianoromagnolo calza come un pedalino stinto il piede caprino del miscione
politico nazionale. Uno è benemerito per clientelismo - do nido ut des
voto - Grandi Opere, privatizzazioni, trivelle, cemento e asfalto a gogò,
Nato e UE, secessione e, dunque, per alto tradimento dell’unità nazionale sancita
dalla Costituzione. Costui ha sconfitto un altro benemerito per clientelismo – do
armi per tutti ut des voto - Grandi Opere, privatizzazioni, trivelle,
comento e asfalto a gogò, Nato e UE, secessione, dunque, per alto tradimento
dell’unità nazionale sancito dalla Costituzione. Il più ganzo ed epico dei
commentatori, Massimo Giannini di “Repubblica”, insignendo se stesso delle più
alte onorificenze alleate, in attesa di essere proclamato baronetto dalla
Regina, Sir Maximus, chiama questa collusione di operosi sensi, con meraviglioso
senso delle proporzioni, “Stalingrado non è caduta”.
Sarebbe come proclamare megalopoli Sgurgola, o chiamare il
mio bassotto Mohammed Ali. Peste colga invece quei Cinquestelle che, col voto
disgiunto, hanno deciso la vittoria del cementificatore secessionista.
Complimenti per come hanno recepito l’insegnamento del Grillo Sparlante, ahinoi
non raggiunto dal martello di Pinocchio.
La Soros-Jugend
Voi invece provate a indovinare chi dei due gemelli
bipartisan è centrosinistra e chi centrodestra. Le Sardine del
filo-petrolieri Santori, con endorsement entusiasta del peggiore brigante
mondiale, perciò anche dette Soros-Jugend, oggi in campo per lo Jus
Soli, piede di porco (non c’è termine più adatto) per scardinare popoli,
identità, radici, sovranità, cultura e futuro dei dominati, specchietto
delle allodole della tratta, non hanno avuto dubbi: da sempre al fianco
di chi queste cose le fa meglio. Sono rivoluzionari in difesa dell’esistente
piramidale, amatissimi dal Potere, a chi lo rosicchia nei bassifondi, a chi ne
prende il sole sui colli più elevati. Per fortuna fra un anno non ci saranno
più. Li troverete, come certi predecessori del ’68 calpestato, nelle redazioni,
nei consigli d’amministrazione, in Parlamento, o da Zuckerberg, alla cui
libertà d’espressione la petrosardina Santori collabora, esigendo il DASPO per
chi parla male di loro e dei loro referenti e sponsor.
Roma, manifestazione per la pace, o per la Pax
Americana?
Una superfetazione di Ong, associazioni, gruppi e
gruppuscoli, sindacati gialli, club del confortevole vivere colonialista e
razzista, all’ombra e con le idee – e talvolta gli sghei – del solito Soros,
commesso viaggiatore dello Stato Profondo USA, golpista e guerrafondaio, hanno
proclamato e poi condotto, il 25 gennaio a Roma, una manifestanzioncella
definita “per la pace”. Per la pace della coscienza di brave persone, sciocchi,
utili idioti, amici del giaguaro e aperti propagandisti delle guerre USA-Nato con
relativo mercenariato terrorista. Hanno colto al volo un appello della maggiore
organizzazione pacifista statunitense e internazionale, l’UNAC (United
National Antiwar Coalition), quella di cui vi ho fatto la cronaca da
Dublino in occasione di un’assembla contro le basi USA-Nato. Una manifestazione
chiara e precisa, quella negli Strati Uniti: “No alla guerra all’Iran, Usa
fuori dall’Iraq e dalla Siria, Basta sanzioni, No Nato”
I finti emuli nostrani l’hanno pervertita e si sono
gonfiati come tacchini di pacifismo farlocco. Quella che era una chiamata
contro l’imperialismo, le sue guerre, in difesa dei popoli aggrediti, dalla
parte delle vittime e contro i carnefici, è stata degradata in un
fiancheggiamento politico-ideologico ai pretesti falsi e bugiardi addotti
proprio dagli stessi carnefici
Concorso esterno in omicidio
Dal palco di questi sfigati, conniventi e collusi, si sono
sentite soprattutto voci contro quelli che stanno sulle palle al colonialismo
di ritorno. Ospiti d’onore, dissidenti iraniani e siriani, hanno imprecato contro
l’Iran martoriato dalle sanzioni Usa, la Siria insanguinata e frantumata e i
rispettivi “dittatori”, cantato alleluja per l’uccisione del generale
Qassem Soleimani, “feroce assassino”, inni ai “popoli che si rivoltano
contro dittature e lottano per la democrazia”. Dove si rivolterebbero codesti
“popoli”? In Bolivia, Cile, Colombia, Francia? Scherziamo? Andiamo sul sodo dei
Soros, Clinton, Bush, Obama, Blair,Trump: si parla di “popoli” alla Otpor, che
danno fastidio ai governi che danno fastidio agli Usa, ai paesi Nato, al
colonialismo-imperialismo tutto. Quindi: Libano, Iran, Iraq, Algeria, Sudan,
Hong Kong e quanti altri “colorati” la Cia e la NED sanno mettere in piazza.…
Io ovviamente non c’ero e se ci fossi stato ci sarei andato
come chi affronta il Coronavirus, la nuova SARS in Cina, quella pompata a dismisura
dai media pur di parlare male della Cina e pur di occultare il proprio silenzio
sul colera in Yemen, o dell’Ebola in Africa che ne stanno ammazzando a migliaia.
Ho criticato in rete, con un po’ di ortiche, un attivista
statunitense che, contro l’avviso dei
suoi, ha voluto dare il suo concorso alla sorosata romana. Fa il capo del
gruppo “No War”, ma è politicamente tagliato con l’accetta liberal yankee. Dal
connubio con i tre trotzkisti e rifondaroli presenti e in oggettiva combutta con
Soros per la guerra ai “dittatori” sgraditi alla plutodittatura USA, come
all’etnocrazia israeliana, gli è venuta l’allucinazione di un “grande fronte
antimperialista”. I “volemose tutti bene”, cultori del galateo praticato
all’ora del tè con la Regina, si sono scatenati per la natura “scomposta”
del mio rimbrotto. Naturalmente nessuno è entrato nel merito di quella che era
una ragionata confutazione del perché ai collusi con le ragioni “democratiche e
dirittoumaniste” avanzate per le guerre, semplicemente non ci si va. O semmai
ci si va per buttare all’aria il palco. Verbalmente, per carità.
L’otporino italico
E quindi non ho visto Fabio Alberti, uno degli intervenuti
anti-guerra. Lo conosco bene. Con un suo gruppo del “Ponte per…” sono stato
varie volte in Iraq, quando, collaborando con le agenzie di Saddam, accompagnava
gruppi di visitatori solidali e portava cartoni di medicine al popolo. Insieme
a Baghdad nel 2003, nell’imminenza dell’attacco di Bush figlio, abbiamo perfino
fatto gli scudi umani. E prima, insieme pure in Serbia, sotto le bombe, quando
saltavano i ponti, i treni, gli ospedali e la grande Zastava, cuore operaio
della Jugoslavia e davvero ci voleva coraggio. E, poi, al tempo del golpe
contro Milosevic e la prima apparizione, con Otpor, dei “colorati” Cia. Era un altro “Ponte per…” allora.
Oggi si è dato una mutazione genetica. Alberti e i suoi si
sono ravveduti e la stella di Soros, quanto meno dei suoi propositi su
migranti, guerre e mondo, splende sui ravveduti. L’ultima volta l’ho visto a
Piazzale Ostiense, sotto lo sventolio delle bandiere dei “ribelli” siriani e tra gli slogan di chi
voleva Assad morto e la Siria democratizzata dagli americani e dall’ISIS. E lì
è rimasto.
Confortato da quei personaggi che pensano di fare gli
antimperialisti sui presupposti propagandistici degli imperialisti: “lotta
contro i dittatori, la corruzione (non manca mai), per la democrazia, per i
diritti umani”. Patrick Boylan, capo di No War Roma, che sei corso a
rinfoltire questa gente, forse lo sai, forse no: hai fatto da stampella.
E continuerai a farlo finchè condividerai il trucco della “lotta contro i
dittatori e la democrazia”. Come facesti a Zagarolo, sul palco accanto a
me, ricordi, a proposito di Assad.
Alberti e facilitatori affini, celebrando i “movimenti
di rivolta dei giovani iracheni” si riferiva a quei sodali di Otpor in
Serbia, Venezuela, Bolivia, Georgia, Ucraina, Hong Kong che, in coincidenza con
la crescente protesta contro la presenza americana e Nato, da parte dei partiti
e dei vincitori dell’ISIS, ISIS scelleratamente foraggiato dagli Usa, hanno
allestito una loro “rivoluzione colorata” nel Sud del paese “Contro la
corruzione, la mancanza di acqua ed energia, le infrastrutture a pezzi e,
ovviamente, le interferenze iraniane”. Non una parola dedicata alle due
guerre e all’occupazione Usa, alle devastazioni causate dall’irruzione
dell’ISIS, alle rapine della risorsa petrolifera da parte delle multinazionali
arrivate al seguito dei missili americani. E basterebbe questo.
CHI VIVRA’…IRAQ!
Ma dal volto sporco di servilismo e complicità col nemico,
la maschera colorata è caduta definitivamente quando quei “giovani iracheni
in rivolta” hanno reagito con efferata soddisfazione all’assassinio di un
altissimo rappresentante istituzionale di uno Stato sovrano, ospite di un altro
Stato sovrano, prestigioso e amatissimo vincitore della marmaglia mercenaria
dell’imperialismo, protetto da immunità diplomatica: Qassem Soleimani.
Milioni contro gli USA e…Otpor
Quando venerdì scorso le città irachene, a partire da
Baghdad, sono state sommerse da una autentico popolo in rivolta, ma stavolta
contro gli occupanti e rapinatori a mano armata, e perfino le agenzie
internazionali hanno dovuto parlare di una massa sterminata di donne e uomini,
tra uno e quattro milioni, che esigevano l’uscita dal paese di chi ne ha già
ucciso tre milioni e affamato il resto, la rivolta del popolo colorato a stelle
e strisce, celebrato dai cabalisti del 25 gennaio romano, si è risolta in
pigolìo, per poi tacersi.
Quei milioni hanno dimostrato che, nonostante trent’anni di
aggressione, genocidio, devastazione, sanzioni, depredazione, un oceano di
sangue, il popolo culla della civiltà umana, che ho frequentato da quasi mezzo
secolo, di cui ho visto la gloria, la prosperità, l’orgoglio, l’impegno per la
Palestina e per gli oppressi tutti e, poi, l’incommensurabile ingiustizia,
l’indicibile dolore, la distruzione, l’oscena diffamazione e al quale ho
lasciato parte del mio cuore, è vivo. E lotta, purtroppo non posso dire
“insieme a noi”, ma per tutta l’umanità. Cerchiamo di esserne degni.
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