https://youtu.be/rHg47241Q-I Mia intervista di Byoblu su Giulio Regeni
Manifestazione di Amnesty International: Regeni "prigoniero di coscienza", ma non Julian Assange, Nelson Mandela, o Chelsea Manning. Basterebbe questo.
In tre occasioni di un'unica strategia, la stampa italiana ha esibito l'eccellenza deontologica e pluralistica della sua informazione. Ricchezza di notizie e varietà di analisi che, di conseguenza, retribuiamo molto soddisfatti all'edicola, con l'abbonamento RAI e con il sovraprezzo sui nostri consumi che comporta la pubblicità nei media (perfino quella, che ci fa un po' vomitare, affidata a bimbetti resi mercenari delle marche e prostituiti dai genitori) .
Si tratta della valutazione mediatica, tanto diversificata che più variegata non si può di vari temi, ampiamente dibattuti. A partire dall'uomo Mario Draghi (banchiere, bancarellaro dei nostri beni pubblici, affossatore della Grecia, ma qui salvatore della patria); a seguire, nella pluralità dialettica delle opinioni, con la pandemia, che ha visto l'amichevole e chiarificatore confronto tra pro e contro; e a finire con l'approccio, davvero aperto e democratico, alle varie ipotesi che correttamente si possono avanzare sulla morte di Giulio Regeni. Confronto tra varie e opposte analisi che, oltre ai media, ha visto anche coinvolta una varietà multicolore di mondo politico, civile e delle pubbliche amministrazioni. Su Regeni sappiamo poco di cosa stesse facendo al Cairo, ma tutto sul ritrovamento in pieno giorno e piena strada, torturato e assassinato dal più stupido e autolesionista dei servizi di sicurezza del mondo.
A edicole e reti unificate
Dalla ricchezza e varietà di interpretazioni che hanno accompagnato, ormai da cinque anni, la complessa vicenda Regeni e il ruolo dell'Egitto e del suo governo, non si potrebbe pensare che si tratti di un nodo dello stesso filo multicolore in cui a valutazioni, anche opposte, sia consentita ampia cittadinanza? Invece: Regeni, giovane ricercatore dagli ottimi sentimenti, lo ha ammazzato e fatto torturare il dittatore Al Sisi. Punto e basta, zitti e mosca. Ma pure nella sua particolarità, esso fa parte di una strategia unica che allo stesso obiettivo è mirata: estrarre dal confronto una verità consolidata. Ho provato a dare un mio modesto contributo, con ripetute analisi dei fatti, retro-fatti e post-fatti, alcuni dei quali sfuggiti alla pur meticolosa e coscienziosa ricerca degli altri media.
La risonanza di queste rivelazioni è stata enorme e diffusa, tanto che non ha meritato considerazione, o replica, da zero organi d'informazione (che qualche malevolo definisce "di propaganda"). E nemmeno dal presidente della Camera, Roberto Fico, quando gli ho indirizzato una lettera aperta in relazione alla da lui decisa rottura della Camera da lui presieduta con la Camera dei deputati egiziana. Una cosa che ha sconvolto un centinaio di milioni di egiziani. Ne ho parlato in una trasmissione degli ottimi informatori di "comedonchisciotte" e, ora, in questa intervista di Michele Crudelini di Byoblu. A questa aggiungo qualche riflessione conclusiva. Quanto al confronto chiesto a vari contradditori, hanno avuto lo stesso riscontro che viene riserevato dai virologi Galli, Ricciardi, Pregliasco, Crisanti ai medici e scienziati di rango assai più prestigioso di loro, ma, ahinoi, negazionisti.
L'ambiguità" è il pregio dei giornalisti intelligenti, che sanno mantenersi in equilibrio e sopra, o sotto, le parti. Una virtù nella quale eccelle il mediorientalista di lunga data Alberto Negri (già "la Stampa", ora "il manifesto"). L'ho incrociato alcune volte nel mondo arabo. Avrebbe dovuto dialogare con me in confronti pubblici, ma si è ritirato poche ore prima. Coraggioso, come tutti quelli con qualche dubbio sulle cose che dicono. Specie se messi a confronto con minus habentes, indegni di considerazione, che magari hanno alle spalle soltanto la BBC, la RAI, una decina di testate internazionali e nazionali.
Ambiguità. dolce chimera sei tu
Nel giorno successivo alla mia intervista su Regeni, ha però fatto uno strappo: mi ha replicato indirettamente, rimproverando Draghi per non aver messo al centro delle sue presentazioni in parlamento, Regeni e il "crimine contro l'umanità del dittatore Al Sisi". Così s'è fatto scappare tra le righe, sia il collega Julian Assange, che Regno Unito e USA cercano di far morire da dieci anni in clausura, sia la decina di indizi che fanno la prova che Giulio Regeni, da quando cosciente, è stato un fedele apprendista e collaboratore di entità e ambienti delle varie intelligence occidentali. Antiamericano di provata fede, quando si tratta dei loro scagnozzi sauditi, lo parrebbe molto meno quando spende invettive, lacrime e articolesse a esaltazione dei curdi, scagnozzi degli USA e predatori di terre e popolazioni siriane.
Cosa hanno in comune le richieste di lockdown di un prof. Massimo Galli (il virologo dalla testa dondolante, ma mai per dubbi), le minacce di tale Erasmo Palazzolo, presidente di una del tutto onanistica "Commissione Parlamentare sul caso Regeni", o ancora i bravi giornalisti investigatori con pista prescritta, come il caro Alberto Negri? E' che il primo coglie l'attimo della proliferazione di varianti micidiali per porre in atto la strategia annunciata dal premier Draghi su un rafforzamento delle politiche pro e anti virus di OMS-Bill Gates-Davos. E il secondo e il terzo colgono lo stesso attimo per votarsi al neo-Leviatano Draghi, sicuro prosecutore dell'intento commissariale di Palazzolo, come dell'intento geopolitico di Negri. Un intento inteso a togliere di mezzo "il dittatore" Al Sisi (condividendo tale obiettivo con i terroristi ISIS che imperversano contro i civili da Luxor al Sinai). Resta una domanda: eliminare Al Sisi perchè "assassino di Regeni", o non piuttosto eliminare l'Egitto, perchè liberatosi della quinta colonna della Fratellanza Musulmana, è anticolonialista anche in Libia e padrone, con l'ENI, del più grande giacimento di gas del Mediterraneo? Fatevi la domanda e datevi una risposta.
Vogliamo provarci?
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