mercoledì 6 ottobre 2021

Per la soddisfazione dei tiranni e la desolazione dei tirannicidi --- AMMINISTRATIVE, NON E’ SUCCESSO UN GRAN BEL NIENTE --- Su Byoblu: da dove si arriva a questa tornata, e dove si andrà


Byoblu intervista sulle elezioni amministrative il Prof. Paolo Becchi e il giornalista Fulvio Grimaldi

https://www.byoblu.com/2021/10/05/speciale-elezioni-amministrative-con-paolo-becchi-e-fulvio-grimaldi/

Visione TV, miei interventi da 1:10:48 

https://youtu.be/RSRGQvbMVcE  da 1:10:48


Voto e non voto, tra non vedenti e vedenti

Paolo Becchi e io ci siamo incontrati nei commenti Byoblu sui risultati del voto amministrativo. Entrambi siamo degli spiaggiati di quel mare che si chiamava sinistra (magari radicale) e, poi, di un firmamento a cinque stelle. Cinque stelle come quelle sulle spalline dei grandi generali delle grandi guerre (“Generale, queste cinque stelle / ‘Ste cinque lacrime sulla mia pelle…”. Stelle e lacrime, come ci aveva preso De Gregori!). Credo che tra Paolo e me, sollecitati intelligentemente da Francesco e Edoardo di Byoblu, abbiamo pensato e detto cose di non comunissima percezione su processo ed esito elettorali. Per cui ve le propongo insieme ad altre considerazioni.

Gli italiani, essendo masochisti da duemila anni e, quindi, pronte vittime della sindrome di Stoccolma che fa amare i propri seviziatori, hanno fatto arrivare primo il partito responsabile massimo della loro rovina economica e sanitaria. Ci si chiede come gli altri italiani, quelli che colmano le piazze, non abbiano trovato dove esprimersi elettoralmente.

Due sono le ipotesi. Le formazioni politiche che si presentavano sul versante antagonista, o sono affette da personalismi che, dopo Grillo, Draghi, Berlusconi, Renzi, disgustano più che mai, o sono ancora troppo minuti e negati alla visibilità dei mass media. L'altra ipotesi è che quelli delle piazze  e dei cortei, cioè la parte consapevole e pensante di questo paese, in larga misura giù fiduciosi nei fallimentari Cinque Stelle, ai partiti e al voto non credono più. 

Discrasia tra voto e piazza



 Intascato il trauma inflittogli da una congrega di perlopiù scappati di casa, eletti sulla base fedifraga di una lotta al sistema falso, bugiardo, mafioso e corrotto fino all'osso e poi sposatisi ad esso, di dar retta a qualcuno con il voto non ci hanno pensato minimamente. Nemmeno quando sono riusciti a produrre un ultimo candidato, credibile. Fottuto dalla sovrapposizione tra lei e il movimento, operata più che altro dai media. 

Parlo di Virginia Raggi, sindaca massacrata da magistrati e media come nessuno mai prima, aveva la colpa di non prestarsi alle zozzerie dei predecessori. Ma ha perso nel momento in cui sono girate foto in cui, al suo fianco, ad Alessandro Di Battista si sono sostituiti i Conte, i Grillo e i Di Maio. Siamo al 1815, la Santa Alleanza, la restaurazione. E così il 33% raggiunto dagli italiani perbene nel 2018, in meno di tre anni è tornato a casa, a mordersi le mani e la mascherina e a fare occasionali sortite in piazza. 

Circonvenzione di incapace



Però, più di  questo immane retroterra di fangazza e ribrezzo, gli italiani consapevoli e pensanti, metà del popolo, hanno capito che oggi come oggi la maggioranza che fa vincere è quella il cui cervello - e quindi i comportamenti e le scelte - sono determinati da una circonvenzione di incapace, praticata ogni ora del giorno dai mezzi d'informazione unificati. 

Può una società, di cui la parte massima è rimasta ferma alla terza media (nella scuola di questi tempi, poi!), analfabetizzata ulteriormente dall'onnivoro digitale, avere gli strumenti per difendersi e restare integra davanti allo tsunami di manipolazioni che la investe h24? E votare con piena autodeterminazione? La risposta la danno quei 6 milioni (su 12 qualificati) del turno amministrativo che hanno eletto Calenda, Gualtieri, Sala e loro equipollenti.

Infine, come abbiamo già accennato nei video, la testa al toro, inteso come democrazia, la taglia il Manolete a capo del regime. Qui c'è una specie di vitello d'oro, adorato dal sinedrio intero e da turbe di fedeli, donatoci dai maggiorenti di Bancostan, unica e massima potenza, che per grazia sua e del papa, governa tutti senza essere stato eletto da nessuno. Non ne ha avuto il minimo bisogno e, del resto, nessuno se ne è lamentato. 

 


Del resto, la via è segnata da tempo, supergiù da inizio 2020, quando assistemmo all'arrivo di un primo mago che, con la bachetta DPCM, senza nemmeno dover dire abracadabra, fece sparire l'intero parlamento, per poi mostrarne l'ologramma al momento delle fiducie. Una via rischiarata da ben cinque stelle. Ora, se per quella via Draghi ascenderà al colle romano più elevato, come alcuni si augurano e tantissimi si toccano, avremo il trionfo di una nuova Italia nella quale nessuno che conta, dal premier al presidente, debba essere eletto. Sul parlamento, come sul conclave, modello di autorevolezza sacrale, scenderà lo spirito. Innovazione anche questa, nuova normalità. 

A questo punto, 60 milioni di italiani, quanto meno quelli vaccinati nel muscolo come nelle sinapsi, indipendentemente dal loro bisogno, o dalla loro volontà, restano interdetti davanti all'urna. Ma perchè mai dovrebbero infilarci il loro pensiero circonvenzionato, se poi ne escono figuranti di contorno, mentre il capo va avanti senza nemmeno voltarsi a vedere cosa da quell'urna sia uscito? Che gliene frega.

 


Ha saputo, il capo, il vitello d'oro, trascinarci in una catastrofe collettiva rispetto alla quale quella di Fukushima è un mozzicone di sigaro (tanto che proveranno a ripeterla qui col nucleare cingolato di nuova generazione). Quante le vittime di Fukushima? Ventimila. Quante le nostre ad oggi: 130mila. Di cosa soprattutto? Sicuramente di cure domiciliarti negate. Il numero di quelle dovute a terapie, visite, esami, screening sospesi? Non interessa. 

Ci siamo inoltrati a capo chino, senza guardare. Dopo il seggio elettorale, un po' più in là, c'è il mattatoio. Quello delle pecore.


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