Semo venuti già menati. (Striscione studentesco 24 novembre 2012)
Don’t be choosy, choose to fight. (Striscione all’Università di Ca’ Foscari)
Du’ cancri in più? Una minchiata (Fabio Riva, secondo il GIP Patrizia Todesco coperto da Vendola)
Son rose e fioriranno
Da cronista di vicende di guerre, conflitti, rivolgimenti, di scuole e aule universitarie ne ho frequentato parecchie. Rimanendo sempre felicemente sorpreso di quante mele buone si trovassero nei cesti marciti intrecciati da chi di questi luoghi, assopita e dispersa la mitica classe operaia, ha oggi il più sacrosanto dei terrori. Non per nulla quelli che vanno dai 15 ai 25 anni sono di nuovo in queste ore, come quarant’anni fa, al centro del bersaglio che è diventata l’umanità del 99%. Ho avuto il privilegio di essere invitato a parlare di Palestina, Siria, informazione, Nato, “dittatori” islamici, guerre di Obama e di Monti, al liceo “Vian” di Bracciano. Menti fresche e attente, come quelle di lupacchiotti cui il rimbombo sempre più vicino dei fucilatori e, magari la falcidie dei fratelli maggiori, ha insegnato a dubitare di ogni fruscio nel folto, di ogni esca e trappola, con l’unica certezza che quei colpi mirano a uccidere. Altro che quella fauna sparsa a prezzemolo sulle comunicazioni di tv e stampa, che ci vorrebbe rassicurare come i “ggiovani” siano quelli decerebrati e giulivi che, non calandogliene niente di studio e posto fisso adeguato a desideri, ideali e talenti, sgomitano, gli uni contro gli altri, sconvolti per un verso o per l’altro, nei recinti del loro onanistico apparire apprestati da allevatori e domatori.
Un grande liceo
Un gran bel liceo, il Vian, quanto meno per la sua popolazione studentesca (ma si sono fatti vedere anche insegnanti), con quelle sue avanguardie lucide, consapevoli, dinamiche, che hanno saputo coinvolgere nell’incontro almeno 300 partecipanti all’occupazione. Ammirate per contrasto, senza vomitare, la foto di queste ragazzine israeliane che, sistemate psicologicamente come da noi neanche il fascismo, firmano e mandano saluti sui missili che andranno a disintegrare loro coetanei arabi. E poi lamentiamoci della nostra gioventù. Una gioventù, dall’intelletto più maturo e aperto del 90% dei nostri adulti, che incomincia a tener testa alla brutalità del regime totalitario bancariocratico, evidenziandone la ferocia sollecitata dall’impunità. Una ferocia inculcata dai piani alti dai quali si è arrivato a sparare su manifestanti in fuga. E fa bene Grillo, unico, a vaticinare quell’intervento sulle forze del disordine che, come accadde 40 anni fa, faccia togliere ai militi di regime quel casco di sadismo che gli è stato incastrato sul cervello e li faccia riconoscersi nelle istanze dei bastonati.
Mentre scrivo sono 70 a Roma – centinaia in giro per l’Italia - gli istituti che, con occupazione e giornate di cultura riappropriata, di comunità, solidarietà, autonomia, di lotta, rispondono al cannoneggiamento di chi vuole ridurre scuola e università a vivaio aziendalistico di polli da disossare e consumare. E, dopo il fenomenale 14 novembre di rinascita giovanile nazionale, si apprestano a potenziare un movimento antagonista che, per quanto sciaguratamente isolato da partiti e sindacati, si auspica si prolunghi in lunga miccia, fino a far esplodere la collera di tutto il paese. Una collera di massa che si cerca di soffocare mettendole il cappio della diffamazione: “frange estremiste, black bloc, anarcoinsurrezionalisti, infiltrati, provocatori”, da schedare, sorvegliare, prevenire, imbrigliare, quasi fossero un qualsiasi manipolo di paramilitari di regime, come vengono coltivati nelle curve degli stadi. Non c’era bisogno di dire molto sulla natura del gorgo sociale e politico nel quale i giovani di oggi vengono centrifugati con le due opzioni, o di esserne espulsi sulla scogliera dell’esclusione e della estinzione civile, o di esserne ridotti a marmellata da stendere sul pane imburrato dei padroni.
Di questo c’era consapevolezza disinibita, espressa da consensi particolarmente intensi quando riepilogavo le appena sancite nefandezze dell’ “Accordo di produttività”, estremo compimento del percorso che dall’abolizione della scala mobile ci ha portato alla Legge 30, agli accordi del 28 giugno 2012 e, in queste ore, alla fine dell’articolo 41 della Costituzione, già azzannata da Berlusconi (“E’ permesso all’impresa tutto ciò che non è proibito dalla legge”), che prescrive un’impresa libera, sì, purchè circoscritta da utilità sociale, principi della stessa Costituzione e diritti dei lavoratori. Il corto circuito tra questo olocausto sociale e quanto, per prepararveli, a questi ragazzi è stato fatto dal tiro bipartisan del nostro duopolio partitico colluso-colliso, a cominciare con Berlinguer e a finire con una Gelmini potenziatasi in Profumo, non ha avuto bisogno di molti approfondimenti. Lavoratori e studenti, merce a disposizione dell’uso e abuso delle gerarchie economiche (e catto-economiche) e di quelle di uno Stato con in una mano la carota per la sottomissione, retribuita con la sopravvivenza fisica, e nell’altra, il bastone per i devianti.
Quella che ancora baluginava fioca all’orizzonte era però la percezione della propria vicinanza ad analoghe comunità di dolore e di rivolta, nell’analoga condizione di aggredite, neutralizzande e depredande, legate dal filo rosso del capitalismo totalitario ai ragazzi nelle nostre scuole e università, ai giovani nelle nostre fabbriche e nei nostri call center, agli intossicati dall’ILVA, ai trapanati della Val di Susa, ai buttati in discarica dall’Alcoa, a quelli seppelliti da mille frane e alluvioni di regime, agli ammanettati di Pomigliano d’Arco. Stragi da bombe su popoli antichi e giovani, non globalizzabili, meno rattrappiti di noi; massacri civili e sociali, ambientali e sanitari, culturali e politici, dalle nostre parti. La sinergia tra le due tattiche della stessa strategia di dominio, tra mandanti e sicari, sarebbe di un’evidenza abbagliante qualora non fosse mistificata dall’aporia per cui quelli cui stavo parlando al “Vian” e i “nostri eroici soldati” che difendono i nostri interessi in Afghanistan (quelli di Marchionne, Finmeccanica, Eni e Banca Intesa), starebbero insieme nella stessa barca. Quella della civiltà, della democrazia e dei diritti umani. Mentre “loro” sarebbero tutti quelli dell’altra parte.
Le immagini e le parole che, nel docufilm “Armageddon sulla via di Damasco”, hanno raccontato ai ragazzi un’altra storia rispetto ai media di proprietà degli stessi che ingrassano sulle guerre, forse sono riusciti a elevare a conoscenza corretta i loro sani dubbi circa quanto gli viene presentato dagli sguatteri Nato, che sono tutti i nostri governi. Lo rivelavano gli applausi e gli interventi, le domande. Spero siano riusciti anche a dissipare l’annebbiamento prodotto dai propagandisti delle guerre imperialiste, quando, dai loro scranni di governanti antidemocratici, blaterano di “dittatori” e di diritti delle donne. Proprio loro che tengono in piedi regimi totalitari e quelli (a partire da Israele) nei quali il femminicidio e l’infanticidio sono pratiche correnti.
L’MI6 ci spedisce da Londra la strega del mago di Oz.
A questo proposito s’è verificata una fortuita coincidenza. Pochi giorni prima del nostro incontro al “Vian” c’era stata la calata di Shirin Ebadi, l’osannato Premio Nobel per la Pace. Lo scontro tra quanto raccontato da questa signora, in fuga da un’imputazione di evasione fiscale nel natio Iran, e ciò che veniva illustrato da film e testimonianze dirette, non poteva essere più deflagrante. Nel pomeriggio dello stesso giorno questo strumento Nato della demonizzazione e destabilizzazione dell’Iran, in vista dell’attacco USraeliano, era stata accolta in pompa magna nel castello degli Odescalchi dal fior fiore della società attorno al lago di Bracciano. Nelle prime file, zeppo di pompa e autocompiacimento, tutto il notabilato, sindaci cementificatori, assessori cacciatori di Rom, consiglieri mazzettati, bonzi del burin-capitalismo, arrampichini del potere locale, su poltrone con la democratica scritta “riservato” sotto le natiche. Subito dietro, signore in ghingheri, fresche di parrucchiere, e signori impettiti dalla passione per democrazia, pace e diritti umani, da spellarcisi le mani e da inculcare a forza di balle e bombe a popoli riottosi alla nostra superiore civiltà. E chi poteva accogliere, omaggiare e curare, sia l’ospite eccelsa, sia questo corpo mistico della créme de la créme lacustre, impegnato con appassionati battimani a rovesciare il truce regime di Ahmadi Nejad, guadagnandosi il di lei e di altri Nobel della pace zuccherino per cuccioli ammaestrati? Chi se non una nutrita squadra di giovani hostess in divisa da convention di Marchionne. Tutto perfettamente in tono.
In mattinata, ai ragazzi del “Vian”, questa nera me(ssag)gera dell’Impero, sostenuta e pagata perché tiri su ignari, ignavi e complici gli ordigni tossici delle rivoluzioni colorate ordite in Cia, aveva recitato il copione siriano dettato da Obama, valvassori delle Nato e Petrotirannie: Assad, macellaio del proprio popolo, subito al tribunale dell’Aja; i ribelli in Siria sono tutti siriani a prova di DNA e neanche uno è mercenario Nato; meglio una Siria in mano ai salafiti che in mano ad Assad, e, via via, percorrendo tutti i piani del menzognificio e delle demonizzazioni ad usum delle guerre Nato. Il paradosso di una preferenza accordata, sul governante laico e pluralista, ai forsennati carcerieri, se non decimatori, di donne, impiegati in Libia e Siria dall’Agenzia Cia Al Qaida, rasentava il sublime.Tanto più che, a poche ore di distanza, davanti a un pubblico più devoto al politically correct femminista, la passione per i salafiti in Siria, che bruciano scuole femminili e macellano donne svelate, si rovesciava in sdegno per “i fondamentalisti che chiudono le scuole femminili in Iran” . La seconda che hai detto è falsa e in Iran le donne primeggiano nelle professioni più impegnative.
Ci voleva la dabbenaggine, tra l’ignorante e l’ipocrita, della zuppa scaduta di questi destri e pseudo-sinistri, per dar retta a una che si presentava come pasionaria e martire dei diritti delle donne e poi celebrava l’annientamento dei diritti delle donne da parte di coloro che avevano prevalso nella laica Libia e sgozzano donne urlando Allah u Akbar nella laica Siria. Un energumeno che respingeva a spallate chi si avvicinava all’ospite (credo l’allestitore della sceneggiata), apriva poi il dibattito concedendo ben tre domande tre. Due, di sicofanti che ricordavano le interviste di Minzolini a un qualsiasi trombone berlusconide. Una terza me l’accaparrai io: “Cosa hanno in comune tre Premi Nobel per la pace come Ebadi, Obama e l’Unione Europea?” La collaudata embedded fiutò la trappola, se la svignò con “Lo chieda al Comitato Nobel di Oslo” e portò via quel suo ghigno da strega del Mago di Oz. Ancora mi chiedo come mai non avesse detto nulla del nuovo controllo elettronico applicato in Arabia Saudita alle donne che si spostano senza guardiano maschile.
Tutto questo squallore, falso-rosa e vero-a stelle e strisce, veniva poi seppellito dalle verità che circolavano nell’aula magna del “Vian” e che finivano col convincere anche chi ancora si attardava tra gli stereotipi mediatici su “dittatori” da abbattere e “diritti umani” da esportare. Come credere a coloro che, facendosi co-becchini a Gaza, avallano l’infamia dell’ “autodifesa” israeliana e, nel nome dell’ “autodifesa” italiana, spendono 16 miliardi per 90 F-35 da sterminio, quando sono gli stessi che, insieme alla scuola, annichiliscono la tua cittadinanza e il tuo futuro? Qualcosa di questa consapevolezza deve essere penetrata anche tra gli studenti della grandiosa manifestazione del 24 novembre (stavolta padrona delle città, senza picchiatori di regime tra i piedi e, dunque, senza bisogno di difesa attiva), che ha saputo respingere la strategia dell’intimidazione terroristica, tentata 14 giorni prima dalla neo-Gestapo montiana, e affermare il diritto, da difendere all’ultimo sangue, alla propria piazza, che è quello alla libertà. Bandiere palestinesi in testa al corteo. Come dire, con Lenin, che il capitalismo che t’ammazza qui è l’imperialismo che ammazza altri come te fuori di qui. Per cui, un giorno o l’altro, dovranno arrivare anche le bandiere siriane e tante altre.
C’è un parallelo interessante. A Genova nel 2001 c’erano quelli del G8, già incamminati verso la post-democrazia globalizzata, cui andava offerto un saggio di guerra sociale senza remore e senza legge. A Roma il 13 novembre, nientemeno che in Campidoglio, 24 ore prima della manifestazione degli insubordinati del regime Monti, c’era stata la riunione dei centotrenta Terminator del Gruppo Bilderberg (con tanto di Visco, Monti, Fornero, Passera e il boia della scuola Profumo). Quelli che decidono le sorti di un’umanità che deve essere sfoltita e poi acconciarsi alla dittatura globale dell’1%. Anche loro, anzi, più loro che qualunque G8 o G20, avevano facoltà di esigere dalla dependance Monti-Severino-Cancellieri (mamma di Haensel e Gretel, rospo che inutilmente il robot bacia, una grande conferma di Lombroso)) una prova analoga a quella offerta allora dal guitto mannaro. Anzi, il mutante mannaro installato da Napolitano, avrebbe dovuto fare anche di più. Infatti, per la prima volta nella storia della Repubblica si sono bombardati cittadini dai piani alti di un palazzo di governo.
Giochi attorno a Gaza
Che succede in Medio Oriente? C’è chi si associa ad Hamas nel festeggiare una vittoria che, costata a Gaza 157 vittime, tra cui la maggioranza, cara a Israele, di bambini, donne, civili, avrebbe ricollocato Hamas sulla mappa geopolitica a scapito dei rinnegati cagasotto di Fatah e dell’OLP (che oltre tutto osano chiedere all’ONU nientemeno che lo status di “osservatori”). C’è chi elogia il ruolo del Ras egiziano Mohammed Morsi che, da mediatore, avrebbe anche lui ricollocato il suo paese sulla mappa geopolitica mediorientale. C’è ancora chi, come l’ottimo Lucio Manisco e altri, ipotizza che i missili su Gaza, il richiamo di 75mila riservisti, i 200 carri armati ai confini, e il collaudo dello scudo anti-missile Iron Dome, non siano stati che la prova di un attacco all’Iran, giudicato “imminente”. Per la verità, è mezza dozzina d’anni che la guerra USraeliana all’Iran viene data per imminente. Il coro si alza ogni volta che il capo della giunta nazisionista dice imminente la realizzazione dell’atomica iraniana (lo fa, a intervalli di due anni, dal 1999!). Alla faccia di costi e benefici, calcolati soltanto da astrusi obiettori, l’idea è che, alla fine, quella guerra, e qualunque altra, verrà fatta. Non la dicevano “infinita” quanto il (loro) terrorismo? Ormai la gente si dovrebbe essere abituata all’idea. Non per nulla, nella proliferazione a gramigna delle nuove formazioni politiche, tutte più o meno compatibili, c’è un’unica fetta degli “arancioni” ai blocchi di partenza, l’ALBA, a menzionare cosucce come il ritiro dei contingenti dagli scenari di guerra, il taglio di tutti (non di “alcuni”, caro Vendola) gli F-35, la cacciata dalla Sicilia dei signori della guerra Usa e, magari domani, l’uscita dalla Nato e la liquidazione, tipo Correa in Ecuador, delle basi statunitensi.
Netaniahu alla catena di montaggio
Contro il terrorismo insieme ai narco-paramilitari colombiani
Tornando al Medioriente, a me, con massima modestia, pare assai più probabile che gli psicopatici occupanti di tutta la Palestina si stiano preparando ad avventarsi sulla Siria, altrimenti imbattibile. Come appare anticipato giorni fa dai missili dal Golan verso Damasco, in risposta a inventati colpi di mortaio siriani. Siriani insoddisfatti di avere a che fare solo con branchi di tagliagole Nato e, dunque, ansiosi di provocare il rottweiler che dorme. Per l’Iran bastano, per ora, le varie Shirin Ebadi, i sicari assassini dei Mujaheddin e-Khalk infiltrati in Iran, gli assassinii mirati del Mossad, i terroristi separatisti del Beluchistan e, hai visto mai, una ripresa della “rivoluzione colorata” in coincidenza con le elezioni presidenziali del 2013. Sulla linea di partenza, il duo della Bella Morte Monti-Di Paola che, per la bisogna, ha testè concluso un accordo con il narcoregime della Colombia, per un addestramento di “forze speciali” italiane nella selva colombiana. Sotto la guida di quegli insuperabili campioni del terrorismo sui popoli che sono l’esercito e i paramilitari colombiani, decisivi anche nel linciaggio di Muammar Gheddafi (come rivela l’audio delle riprese) che tanto ha fatto ridere Hillary. Le aveva sollecitato il famoso Punto G che Grillo, mutatis mutandis sed cetera paribus, ha correttamente individuato anche nell’apparizione a “Ballarò” della valletta grillina Federica Salsi.
Ma prima bisogna vedere come si risolve il guazzabuglio di rivalità per l’assegnazione della futura Siria libizzata tra l’Egitto, rientrato felicemente nella democrazia mubaraqiana con l’assunzione dei pieni poteri dittatoriali del fratello musulmano Morsi, Qatar e despoti del Golfo, Francia e Stati Uniti con annessa Germania. Una mano della partita l’hanno intanto vinta gli Usa del Premio Nobel per la pace, con la Clinton che frega Francia e Turchia sostituendo al Consiglio Nazionale Siriano di Istanbul, già sotto la spia parigina Burhan Ghalioun, la National Coalition for Syrian Revolutionary and Opposition Forces, messa in piedi dall’ambasciatore Robert Ford. Quel Ford che, da assistente di John Negroponte in Iraq, durante lo sterminio di saddamisti e dell’intellighenzia irachena, ha tutto imparato sull’uso di squadroni della morte come praticato dal suo capo anche in Honduras, con i Contras anti-Nicaragua. Bella gente, nostri alleati.
Moaz al Khatib
Dovendo questa accozzaglia di fuorusciti ripulire l’immagine della banda Al Qaida nella Free Syrian Army che, sconfitti nel confronto militare, hanno fatto ricorso a una troppo visibile carneficina terroristica, ecco che il giochino di Hillary le è stato frantumato tra le mani dal rifiuto di sottostarvi di ben 14 “brigate” dello stesso Libero Esercito Siriano. A dominare questo trambusto e a confermare la titolarità anglosassone dell’assalto alla Siria, è stato nominato “presidente” della nuova coalizione di mercenari Nato, che ha formalmente vietato l’inclusione di qualsiasi forza ostile all’intervento armato esterno (i Comitati Locali per il Cambiamento Democratico), tale Sheikh Moaz al-Khatib. Il nuovo fantoccio è stato dirigente della Al Furat Petroleum Company, una consociata della Shell. Proprio come gli ex-banchieri e petrolieri in Libia e come in Afghanistan Hamid Karzai, ex-presidente dell’Unocal, grossa compagnia petrolifera Usa cui i Taliban avevano negato di costruire oleodotti dal Caspio all’Occidente. E’ il petrolio che traccia il solco…
Questo nuovo fantoccio Usa è un Fratello Musulmano, esattamente come chi è stato manovrato al potere, a scapito delle primavere arabe, in Tunisia, Egitto, Gaza. Per ora agli Usa, con soci come Merkel e sguatteri come Terzi in funzione di vivandiere, non hanno trovato di meglio per annientare quanto resta del panarabismo nazionalista arabo, laico, progressista e antimperialista. C’è il bonus aggiuntivo che questi Fratelli sono pure sunniti, mentre in Iran sono sciti e scita è Assad, il che favorisce il piano, lanciato dall’israeliano Oded Yinon fin dal 1982 e recuperato dal vecchio colonialismo europeo, di frantumare l’unità dei popoli da assoggettare lungo linee confessionali, oltreché etniche e tribali. Peccato che sciti, perlopiù oppressi, emarginati, schiavizzati, sono pure la maggioranza della popolazione del Bahrein e una forte minoranza in Arabia Saudita e Yemen. Una presenza che, attualmente brutalizzata dai rispettivi fantocci Usa, rischia di compromettere il risultato dell’equazione. Tanto più che l’Iraq, consegnato dagli Usa al predominio scita, è scivolato nella sfera d’ìnfluenza iraniana e mostra crescente insofferenza a quanto viene chiamato a fare contro la Siria. Pessima fornaia la Clinton: una ciambella da fare col buco le è riuscita con più buchi che pastafrolla.
La nave dei folli (vedi Foucault)
Faraoni e faraini
Un appunto su casa nostra. L’emulo kattoliko del fratello musulmano faraone Morsi, il faroino Giorgio, sulla Procura di Palermo e sull’Ilva dei delinquenti si è esercitato alla demolizione dell’ordine giudiziario per dare alla Prima Oligarchia (altro che Terza Repubblica !) potere di vita e di morte sui diritti dei cittadini e sulla democrazia. Poi, come molti di noi, ma per altri versi, s’è fatto della grasse risate alla vista della pseudocaciara tra compari, e tra il loro seguito di corifei rintronati, che viene chiamata “primarie PD”, celebrata come “festa della partecipazione” (oltre un milione in meno del 2005) anche da Asor Rosa, Grande Maestro della sinistra, finito nel paese dei citrulli. Festicciola, piuttosto macabra, delle quattro comparse euro-atlantiche del Bagaglino Nato-neoliberista. Due che devono raccattare voti di destra, due quelli di centro, più una, la peggiore di tutte, che finge il controcanto di sinistra recitando poesie e chiedendo “qualche” F-35 in meno (il catto-gay amico dell’acqua privata, della Marcegaglia, dell’Ilva, di Don Verzè, ora accusato anche per le pressioni praticate sull’ARPA perché non irritasse troppo gli amici Riva di Taranto). Certo, tra un Renzi, che sparge incenso sui santi Marchionne, Clinton, Blair, Obama, e un Vendola che offre indulgenza ai sanitari corrotti e agli avvelenatori industriali e a Netaniahu, macellaio di Gaza, allori raccolti dal “deserto che Israele ha fatto fiorire”, la differenza è abissale. Chi non la vedrebbe.
Le risate del golpista sul Quirinale si alimentano anche della consapevolezza della grottesca inanità, a fronte del mutante mannaro, di questi protagonisti della nuova edizione su Canale 5 di “Amici”, quando si figurano di diventare decisori dei destini nazionali, e del fatto che alla fine decidono soltanto lui e la banda di malavitosi che ha promosso a regime. Ovviamente su imbeccata dall’alto, dall’altissimo di quei briganti di passo riunitisi il 13 novembre al Campidoglio. Che a lui, “per Costituzione presidente di tutti gli italiani e organo supremo super partes”, suggeriscono anche di schierarsi imparzialmente con Marchionne, Bonanni e Angeletti, con Riva e Fornero, con Profumo e Grilli, con Di Paola e Cancellieri (la mamma di Haensel e Gretel, insisto), con gli ascari politici e mafiosi che, a forza di bombe, hanno aperto la strada del ventennio berlusconiano e ora, potenziando l’armamentario, aprono la strada a Eni e Finmeccanica in Siria.
Ci rallegra fino all’incontinenza anche il cabaret tra il linguetta marchettaro, Fabio Fazio, e il marchettato concentrato di spocchia, ignoranza, mendacità e incompetenza, che Napolitano pretende sia il Presidente del Consiglio. Da quella faccia di cartapesta, da quell’eloquio meccanico, da quel gesticolare spastico, uscivano menzogne da far impallidire il migliore Berlusconi. Scandaloso, anche se ci dovremmo essere abituati a questo pifferaio che, minacciandoci col baratro, ci ha tirato dentro a un baratro che ora è profondo quanto quello dei tempi di “Roma città aperta” o di “Ladri di biciclette”. Modo interessante per “salvare l’Italia”. Il Mussolini di Salò deve morire d’invidia.
A “Che tempo che fa del lunedì” (26/11/12) abbiamo visto un’esibizione di cialtroneria truffaldina che neanche il peggiore guitto mannaro. L’emulo robotizzato del omuncolo di Arcore, alternando borborigmi da frullatore rotto, ha fustigato la categoria più parassitaria, privilegiata, remunerata, sfaticata, eccedente d’Italia, dopo quella degli operai Fiom. Dando loro del benevolo “corporativi !”, ne ha stigmatizzato l’insensibilità sociale e professionale per aver osato ribellarsi all’aumento di “due ore”, che poi erano sei (il 33% del loro tempo di lavoro), ovviamente a parità di opulento salario. Questi chiacchieroni a ufo dovrebbero sostenere la leggerezza di appena 50 ore settimanali (quando non bamboccioni precari, a carico di babbo e mamma, in attesa di supplenze), tra lavoro “frontale”, in classe, e lavoro sui compiti, di preparazione e aggiornamento a casa. Niente rispetto ai sacrifici di un Napolitano che di “frontale” deve fare interventi addirittura ogni due per tre, a sostegno dei maestri d’ascia da lui installati a Palazzo Chigi e per accorciare il guinzaglio a giudici, sindacati, disadattati vari. Niente rispetto all’onere di uno cui hanno inflitto un contratto di senatore a vita, che guadagna la miseria di 750mila euro netti e che crepa d’invidia per il 36% per cento di giovani italiani liberi da impegni lavorativi, o con la libertà di alternare due mesi di lavoro a dieci di svago.
Con questo automa mannaro, che è intervenuto sugli ammalati di SLA come l’affine Netaniahu ha operato su Gaza e come i loro datori di lavoro stanno intervenendo con attentati e sanzioni sul popolo siriano, non c’è da meravigliarsi che un giorno annunci il dono del servizio sanitario nazionale a benefattori privati tipo CL o Don Verzè e, l’altro, con un decreto, militarizzi l’Ilva per ribadire ai privatissimi signori Riva la licenza di uccidere, del resto protetta anche da Vendola. C’è un obiettivo comune tra tutti questi campioni dell’innovazione a gambero (notare la bellezza della neolingua creata dai detriti revanscisti del feudalesimo schiavista: vandeani rimpannucciati, revivalisti postmoderni, come Renzi o Bersani, si dicono innovatori e danno del “conservatori” alla Fiom. Del resto già Bertinotti, mentre regrediva fino ad Adam Smith, ci aveva fatto annaspare nella putredine della sua ”innovazione”. L’istanza comune, planetaria, è demolire conoscenza e salute, comportante la morte strisciante delle basi di una vita cosciente e libera e, se non funziona, annientare la vita tout court. Per l’Italia si tratta di far combaciare un’indigenza del 99%, ultimamente portata avanti dall’accordo sulla produttività che ci fa variabile dipendente della protervia e dei profitti del padrone, con l’incremento di quella che è già la più grande ricchezza patrimoniale d’Europa.
Concludo. Trascinandoci dietro la busta di rifiuti indifferenziati PD, SEL, UDC, FLI e scarti vari, veniamo trascinati, come i tonni, dalla camera della morte chiamata Seconda Repubblica, alla mattanza, non di una terza repubblica, ma della Prima Oligarchia, come da costituzione dettata da Napolitano a Monti, a Monti Bis, a Monti Tris, finchè vita li unisca operosi sul palco della ghigliottina.
******************************************************************************Se vi sembra un programma di destra, populista, demagogico, antipolitico… Sono cose che avete sentito dire a Bersani, Renzi, Puppato, o dire, ma non credere, a Vendola? O a qualsiasi altra formazione politica non di nicchia? Nella campagna di demonizzazione o ridicolizzazione di Grillo dell’universo apparato mediatico, gioca forte anche il "manifesto" scatenando il livore classico dei falliti su Grillo e, con due paginoni di miserevole gossip fanghiglioso (“voci”, “si dice”, “pare”, “secondo Donadi”) su Di Pietro. Con tutte le riserve del caso, trattasi degli unici che, bene o male, contrastano il golpe mafio-bancario-vaticano contro l’Italia.
BEPPE GRILLO
Not in my name sarà ceduta la più piccola goccia di sovranità nazionale Not in my name verrà smantellato lo Stato Sociale Not in my name i partiti che hanno distrutto l'Italia si ricicleranno come salvatori della Patria Not in my name i giornali che hanno fatto della menzogna un'arte riceveranno un solo euro di finanziamento pubblico Not in my name ci saranno ancora le pensioni d'oro Not in my name ci saranno i finanziamenti pubblici ai partiti Not in my name rimarremo nell'euro senza una consultazione popolare Not in my name saranno distrutte le piccole e medie imprese Not in my name i concessionari di Stato continueranno a lucrare su beni pubblici Not in my name si faranno Grandi Opere inutili indebitando i cittadini Not in my name chi ha fatto della politica un mestiere rimarrà al suo posto dopo aver rovinato l'economia italiana Not in my name la grande distribuzione ucciderà il commercio locale Not in my name si costruirà un solo inceneritore Not in my name i rifugiati politici saranno più trattati come bestie Not in my name l'Italia parteciperà alle guerre altrui come in Afghanistan o in Libia Not in my name gli alti funzionari pubblici percepiranno stipendi da nababbi Not in my name sarà ancora permesso il falso in bilancio Not in my name l'Italia non avrà una legge anticorruzione Not in my name l'Italia non avrà una legge contro i conflitto di interessi Not in my name sarà più eletto alla presidenza del Consiglio chi non ha avuto una legittimità popolare Not in my name la legge elettorale potrà essere cambiata dai partiti che ne sono i beneficiari, ma solo attraverso un referendum Not in my name esisterà ancora Equitalia Not in my name la RAI sarà più gestita dai partiti Not in my name l'Italia sarà spolpata per comprare il nostro debito pubblico dalle banche francesi e tedesche Not in my name la finanza sostituirà la politica Not in my name la prima casa potrà essere ipotecata per tasse non pagate o soggetta all'IMU Not in my name continuerà la cementificazione dell'Italia Not in my name qualcuno potrà essere lasciato indietro. Molti accusavano Beppe Grillo di non avere posizioni sulla politica estera. Molti israeliani preferirebbero che non ne avesse mai avuta una, dopo aver letto l'intervista concessa al quotidiano israeliano Yediot Ahronot. Il titolo è tutto un programma «Non è divertente». Due ore di chiacchiere su Medio Oriente, Iran, Siria e Palestina. I massacri in Siria? «Non sappiamo se sia una vera guerra civile o si tratti d'agenti infiltrati nel Paese». L'Iran di Ahmadinejad? «Un giorno ho visto impiccare una persona, su una piazza di Isfahan (al tempo di Khomeini, non oggi. N.d.r.). Ero lì. Mi son chiesto: cos'è questa barbarie? Ma poi ho pensato agli Usa. Anche loro hanno la pena di morte: hanno messo uno a dieta, prima d'ucciderlo, perché la testa non si staccasse. E allora: che cos'è più barbaro?». E le iraniane? «Mia moglie è iraniana. Ho scoperto che la donna, in Iran, è al centro della famiglia. Le nostre paure nascono da cose che non conosciamo». Eppure sappiamo che molti scappano dalla tirannia di Ahmadinejad: «Quelli che scappano, sono oppositori. Ma chi è rimasto non ha le stesse preoccupazioni che abbiamo noi all'estero. L'economia lì va bene, le persone lavorano. È come il Sudamerica: prima si stava molto peggio. Ho un cugino che costruisce autostrade in Iran. E mi dice che non sono per nulla preoccupati». Anche se Ahmadinejad vuole cancellare Israele dalle mappe. «Cambierà idea. Non penso lo voglia davvero: lo dice e basta. Del resto, anche quando uscivano i discorsi di Bin Laden, mio suocero iraniano m'ha spiegato che le traduzioni non erano esatte...». Perché le proprietà delle agenzie di traduzione lasciano adito a sospetti: «Tutto quel che in Europa sappiamo su Israele e Palestina, è filtrato da un'agenzia internazionale che si chiama Memri. E dietro Memri c'è un ex agente del Mossad. Ho le prove: Ken Livingstone, l'ex sindaco di Londra, ha usato testi arabi con traduzioni indipendenti. Scoprendo una realtà mistificata, completamente diversa».
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ripeto: facciamo l'evoluzione. consorziamoci tutti i 27 milioni che hanno votato contro la privatizzazione dell'acqua e NON PAGHIAMO PIU' LE TASSE ai pappONE$. smettiamo di fare le rpostitute, liberandoci dai gnaccia... e liberiamoci anche di jové, p'io e stacquà, per liberarci dai Femminicidi e Plestinicidi del popolo auto a letto! ci tlgono la sanità? importiamo Medici Cubani filo Castristi e paghiamo loo anziché sti' punini ountini puntini.
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