I cavalli
di Troia dello 0,01%
DA
GESU’, PASSANDO PER T.I.N.A, A GRETA
Segui
i soldi e trovi Goldman Sachs
“Noi non dovremmo mai accettare il
linguaggio dei nostri nemici” (P.P.Pasolini
“Petrolio”)
Giovanni Falcone: “Segui i
soldi e troverai la mafia”.
Qui, seguendo i soldi che sostengono, propagano e
pubblicizzano l’ondata ecogretista, troveremo Soros, NED, Amnesty, Goldman
Sachs & Co. Ma di questo dopo, al capitolo “Segui Greta e trovi Paperone”.
Torno in pista dopo quasi un
mese di assenza impostami dalla rottura del hard disk del mio computer con
relativa perdita di tutti i dati. Rimedio alla bell’e meglio perché il recupero
dati per ora non è ancora riuscito. Comunque, ben trovati!
Giuramento ecologista
Metto subito le mani avanti
rispetto a chi, e sono turbe smisurate, mi salterebbe addosso non appena
mettessi in dubbio – e lo farò, ah, se lo farò! – il verbo del culto di Greta e
dei suoi seguaci. Follower, come
dicono gli aggiornati (che non distinguono il singolare inglese dal plurale),
che si contano a milioni e sono tutti belli, forti, fichi, biondi, con gli
occhi azzurri e popolano quartieri perbene, parlamenti, governi, consigli
d’amministrazione e redazioni affiliate. E ricordo a tutti che da decenni mi
occupo di ambiente, nel senso che combatto chi lo invade, disturba, sconvolge,
sporca, avvelena e ne massacra gli abitanti (allora, secolo scorso, si poteva).
Tanto che, tra l’altro, per tre lustri, prima al TG1 e poi al TG3, ero il
riferimento mediatico delle migliori associazioni ambientaliste italiane e
perfino del, dai devastatori oggi tolto di mezzo, Corpo Nazionale della Guardia
Forestale. E anche da inviato di guerra mi sono premurato – cosa del tutto
anomala per i colleghi del settore – di evidenziare come bruciare petrolio e
spargere chimica bombarola per distruggere popoli e paesi costituisca
un’impronta ecologica più disastrosa di quella di ciminiere, marmitte, caldaie
e allevamenti. Ma di questo né Greta, né i suoi infervorati chierici parlano.
Eterni ritorni e corsi e
ricorsi, tutti del padrone
Gli eterni ritorni di Nietzsche
e i corsi e ricorsi di Giambattista Vico pare riguardino essenzialmente chi
comanda e spadroneggia. Molto meno chi è sottomesso, subisce e, ogni tanto, si
oppone. Ieri eravamo quelli che, per 10 anni, nella seconda metà del secolo
scorso abbiamo spiaccicato i dominanti contro il muro. Poi siamo finiti a stare,
con Ungaretti, “come d’autunno sugli
alberi le foglie”. Oggi ci vedo, e non credo di essere il solo, come pesci
rossi nella boccia a girare in tondo, mentre quello che c’è al di là del vetro
ci appare deformato e incomprensibile.
La boccia è il Grande Inganno,
via via articolato in tante versioni, nel quale l’umanità fa il pesce rosso da
quando, a mio avviso, i monoteismi e, con particolare virulenza quello
cristiano, hanno spazzato via il mondo classico, espressione massima
dell’evoluzione umana, lasciandocene, tra massacri e distruzioni di monumenti e
testimonianze, appena l’uno percento. Poco più di un’ombra, come Palmira dopo
il passaggio dell’Isis. Eppure ancora talmente potente da vichianamente
riemergere e caratterizzare intere ere nel Rinascimento, nell’Illuminismo,
nell’anticlericalissimo Risorgimento (niente crocefisso in aula dopo l’unità
d’Italia), nel tentativo comunista originario, nell’anticolonialismo socialista
e laico. Poi basta. Poi i famosi “ritorni” sono stati tutti padronali e
clericali.
Un’ecologia peggio del tornado
Katrina
Come quello che sta
percorrendo il mondo intero, fatti salvi popoli scampati alla boccia in Asia,
Latinoamerica e Africa, sotto forma di uragano ecologico con davanti, col
piffero, la ragazzetta svedese che schifa l’aereo e trasvola a vela e, dietro,
milioni di pesciolini rossi. Pesciolini con la conoscenza scientifica dei
fenomeni naturali e corrispondente antropia che si può avere dall’interno di
una boccia, ma certissimi del verbo della guru e di tutto l’augusto notabilato
politico-scientifico-mediatico che ne incensa i riti. Terrorizzati da
un’apocalisse, pompata al di là di ogni evidenza scientifica con un
bombardamento di catastrofi incombenti che ridicolizza Hiroshima, perfetto
ricorso vichiano del Giudizio Universale col quale ci ricattano da 2000 anni, milioni
di pesciolini rossi intanto se la godono per essere acclamati, vezzeggiati,
coccolati, additati a esempio ai turpi adulti tutti.
Chi sta a tavola, chi sul menu
Cose mai viste. Alice nel
paese delle meraviglie. Scioperano, si fa per dire, con l’entusiastico consenso
della controparte.Si confortano degli abbracci e tappeti rossi, come fossero
per loro, che alla somma sacerdotessa offrono i potenti, megapotenti, ultrapotenti,
da Macron e Merkel, al papa, al segretario ONU, ai filantropi di Davos e a
quella della BCE, Lagarde, ai parlamenti e ai presidenti. A tutti quelli che,
dietro al fumogeno ecologico, affamano miliardi, disintegrano Stati,
disseminano deserti, svuotano continenti dei loro titolari, che poi scaricano dove
meglio conviene, in quel gioco di spostamento delle merci e delle persone-merci
che richiede la globalizzazione neoliberista. Sono coloro che gli sprovveduti
in lotta contro tali loro pratiche li affrontano in modo diverso dai bravi
militanti di Greta: a gas asfissianti, mazzate, pallottole flashball,
accecamenti, mutilazioni, galera. Vedi i Gilet Gialli. Oppure a fucilate in
testa, o al basso ventre ai Friday for NO
Future di Gaza. Greta e i suoi chierici stanno a tavola e, si sa, coloro
che a tavola non stanno, li trovi sul menu.
Per annunciarci “la fine è
vicina”, nel vecchio Medioevo si aggiravano torme di straccioni invasati che,
guidati dal magniloquente santone, ci inducevano a flagellarci e a salire scale
in ginocchio. E se ne avvantaggiavano cattedrali e feudi. In quello nuovo, i followers della piccola santa – per
quanto in sbigottita buona fede - come “Fridays
for Future”, o “Extinction Rebellion”,
tutti ampiamente sostenuti anche in termini economici dagli stessi, Soros e NED
in testa, che finanziano le “rivoluzioni colorate” tipo Hong Kong dove gli Usa
sono impegnati contro la terrificante Cina
della Via della Seta, ci avvertono che “il
mondo brucia!”
Belli i cartelli, belli i
vestiti
I loro “stracci”, però, sono
made in India e Tailandia, perlopiù con tessuti sintetici derivati dal
petrolio, da schiavi che sguazzano in acque avvelenate dai coloranti, i loro
pensieri si perdono nei cellulari alimentati dal sangue di chi estrae coltan
per le multinazionali, i loro spray e colliri sono testati su animali accecati,
se non gli fai il motorino perché viaggino sul bus ti tengono il muso fino a
Natale e se gli chiedi dove hanno mangiato con gli amici, la risposta è da
McDonald’s. E dei videogiochi che ne modellano la visione delle cose, sempre
attraverso il vetro della boccia, non ce n’è uno, salvo quelli sportivi, che
non premi chi ammazza, brucia, distrugge, fa saltare in aria, scuoia, sventri
di più. E’ per queste virtù che li esalta sistematicamente tale Federico Ercole
sul “manifesto”. A vederli esibiti nelle vetrine del potere, sugli schermi di
tg e talk-show, nelle pagine dei fautori di tutti gli armageddon “contro le dittature e per i diritti umani”,
non mi sembrano diversi dai bimbetti violentati da agenti e parenti prosseneti,
indotti in tv a magnificare quell’auto, o quella merendina (tranquilli, poi la
tassiamo).
Eterogenesi
dei fini adolescenziali
Nessuno
dubita dell’onestà dei loro intenti. Ciò di cui neppure si deve dubitare è la
disonestà, lo spaventoso cinismo di chi li fa zampettare allegri, appesi ai
fili del burattinaio. Ma domani, secondo molti studiosi, delusi e depressi,
zeppi di sindromi post-traumatiche, a seguito del terrorismo da futuro negato e
pianeta in coma. Chi è della mia generazione ancora porta il peso di una
rivoluzione finita nella Milano da bere, nella “marcia dei quarantamila”
agnelliani e in una lotta persa dopo l’altra, con il suo corredo di droga,
nichilismo, Sofri e suicidio.
Già
perché non è detto che il loro mondo si salverà semplicemente facendo andare i
motori ad acqua. Sempre che l’acqua ci sia. Qualche correttivo, forse, ma
sempre – e ne sono garanti i potenti che pettinano le treccette a Greta –
nell’ambito del Sistema. Che è quello capitalista, quello del There Is No Alternative (T.I.N.A.), o
così o pomì, quello dell’estrazione del plus-valore che non può in nessun modo
fare a meno di sfruttamento, disoccupazione, precariato, autoritarismo, controllo,
manipolazione e guerre. E sai quanta sorveglianza su ogni cellula del tuo
essere e fare assicurerà a quei potenti la “Green
New Economy”, quando criminalizzerà ogni tua deviazione dal dettato
ecologico. Basta lo Stato d’Emergenza invocato, nel plauso dei burattini
politici, da Greta e dai venti milioni di suoi corifei per i quali, sempre
secondo la profetessa svedese, “nella
casa che brucia non si tratta di nutrire speranze, ma di essere terrorizzati”
(sic!). E per sapere a cosa apre lo Stato d’Emergenza, basta riandare agli
“anni di piombo” e alla Legge Reale, o all’11 settembre e al Patriot Act.
Per il controllo: dopo il
terrorismo, l’emergenza climatica
Non ci sono riusciti con la
guerra alla droga? E con quella al terrorismo? Prima il male lo si produce e
diffonde. Poi, con la scusa di combatterlo, se ne fa pretesto per
“normalizzare” ogni cosa. Pensate all’Afghanistan dell’oppio, cresciuto sotto
occupazione Usa del mille per mille. Pensate all’11/9, o all’Isis. Così col Co2
e i gas climalternati. L’inquinamento di terra, acqua, aria, cibo, che il
pianeta lo rovina cento volte di più e mille di più ne ammazza che quel grado
di calore in più, nessuno se lo fila. Vuoi vedere perché? Dalla conversione in
energie rinnovabili ci si guadagna. Dalla riduzione della chimica ci si
rimette. E allora vai con gli scenari da apocalisse,con i ghiacciai che si
sciolgono, con la pianura padana che diventa il deserto del Gobi, con i mari
che ti sommergono, con le banane, la cioccolata, la soia, il caffè, che scompaiono,
con te che a soli trent’anni sarai già una caldarrosta.
Vuoi non accettare qualche
intrusione nella tua privacy, qualche mordacchia alla tua voce, qualche freno
alla tua libertà per salvare l’umanità dalla fine del mondo? E allora immagina quali
forzieri di beni e denari pubblici la combinazione tra “Green New Economy”, la
“casa che brucia” e lo Stato d’Emergenza vorrà aprire agli artigli
dell’economia privata, sotto forma di tasse, balzelli, investimenti “ecologici”
e misure atte a neutralizzare chi contesta. Tutto verrà imposto come
“strategico”, legibus solutus,
militarizzato. Tipo le trivelle e gli inceneritori al tempo dello “Sblocca
Cantieri” del saltimbanco di Rignano.
Business contro business
Nello schieramento di coloro
con cui Greta e il suo movimento dicono di confrontarsi già serpeggia una
contraddizione. Contraddizione tra
coloro, petrolieri impegnati in guerre per gli idrocarburi e nella ricerca,
affamata di investimenti, di sempre nuove risorse e infrastrutture fossili, o
l’industria delle armi a cui l’ecologia è puro anatema, o quella agro-chimica
che campa di veleni e OGM, da una parte, e finanza e multinazionali,
dall’altra. Malavita capitalistica entrambi, ma più lungimiranti i secondi
affidano alla “Green New Economy” la
nuova rivoluzione industriale, lo scatto innovativo tecnologico e culturale che
prometta una nuova spanna di vita all’estrazione di valore e unifichi costumi e
consumi a ulteriore accelerazione della globalizzazione e del dominio unico.
Segui Greta e trovi Paperone
A precedere Greta sono stati,
nel 2013, i primi Titoli di Credito Verdi privati emessi dall’Immobiliare
svedese Vasakronan. Seguirono obbligazioni di Apple, delle Ferrovie francesi e
della banca Credit Agricole. Oggi girano titoli verdi per 500 miliardi di
dollari. L’obiettivo è di arrivare a 45 trilioni in tutto il mondo, ora che
sono coinvolte anche la Banca Mondiale, la City di Londra, la Bank of England,
la Banca degli Insediamenti Internazionali con il neo-istituito Gruppo di Consulenza
a banche centrali, investitori, assicurazioni circa rischi e opportunità legate
al clima. Insieme al governo britannico e alla City, questa struttura ha dato
vita alla “Green Finance Initiative”
che, sotto la presidenza del miliardario Bloomberg, punta a investire migliaia
di miliardi in progetti “verdi”. Di questa eccellenza finanziaria, impegnata a
superare la ciclica crisi del capitalismo, fanno parte i fuoriclasse della
globalizzazione neoliberista e della relativa devastazione socio-ambientale fatta di predazioni, speculazione, migrazioni,
guerre, sanzioni e spostamenti di soldi dal basso in alto. Tra le eccellenze
del ramo ecco JP Morgan, Barclays Bank, i pregiudicati per riciclaggio da droga
di HSBC basata a Hong Kong (quella che ha scatenato un po’ di ragazzi per
impedire l’estradizione dei suoi in Cina), Black Rock, l’ENI e le più grosse
multinazionali di acciaio, petrolio, chimica, industria estrattiva.
Una bella compagnia sul cui
blasone verde svettano Al Gore e la sua “Generation
Investment LLC”. Tra coloro che, insieme a mamma e papà di Greta e il loro
apparato PR, hanno creato il fenomeno e le sue ripercussioni di massa, Al Gore,
già vicepresidente del rimpianto Clinton, di jugoslava memoria, è il nume
tutelare e da tempo il fornitore delle più impeccabili credenziali verdi. Non
per nulla a Kyoto, al vertice del clima del 1997, dove ero inviato del Tg3, ho
potuto accarezzarne il pastore tedesco. Propagandosi da irriducibile eco-animalista,
Gore l’aveva portato appresso al summit. Per avere a Kyoto azzerato, con il No
americano, tutti i termini del protocollo che avrebbe fin da allora dato una
scossa alla (in)coscienza climatica universale, per la solita eterogenesi dei
fini e gli scherzi che fanno a Stoccolma, Gore è poi assurto ad antagonista
ecologico di Bush e, nel 2007, consacrato Nobel della Pace per meriti
ambientalisti. Poi gli spiritosi dell’accademia svedese si sono ripetuti con il
comandante in capo di sette guerre, Obama.
Da Al Gore a Goldman Sachs, per
Greta la créme de la créme ecologista
Non poteva mancare, nel ruolo
di protagonista assoluto, quella che alla globalizzazione e all’UE ha donato
Mario Draghi e il capo della Bank of England, Mark Carney: Goldman Sachs,
fornendo la cornice all’affresco verde che salverà il mondo nell’occasione dell’epifania
di Greta al Palazzo di vetro, ha rivelato al mondo il primo Indice Globale dei
più validi titoli ambientali. Vi figurano la molto peccaminosa HSBC, JP Morgan
Chase, ma anche Merrill Lynch, American International Group e altri.
Nell’indice, intitolato CDP Environment
EW, che punta ad attirare fondi di investimento, fondi pensionistici e
altri verso obiettivi meticolosamente selezionati, figurano anche Google,
Microsoft, Philips, Danone, Diageo e, ovviamente, Goldman Sachs.
E da questo retroterra che
fiorisce il Green New Deal con le sue sibille oracolanti, Greta Thunberg
e Alexandria Ocasio-Cortez, sotto diretto padrinato di Al Gore e del suo
partner David Blood, ex-Goldman Sachs. Ocasio-Cortez, uno degli idoli della
sinistra imperialista, alla “manifesto”, ha elaborato una trasformazione in
verde dell’intera economia statunitense al costo di 100 trilioni di dollari. In
Svezia la piccola Greta è Consulente e Fiduciaria Speciale dell’ Ong “We don’t have time” (Non ci rimane tempo), fondata dal suo
Amministratore Delegato Ingmar Rentzhog. Il quale Rentzhog è socio
dell’associazione di Gore “Leader dell’Organizzazione per la Realtà Climatica”,
a sua volta affiliata a “We don’t have
time” di Greta Thunberg. Quanto a Ocasio-Cortez, madrina dell’operazione
negli Usa, è stata sostenuta nella sua candidatura al Congresso da un gruppo
chiamato “Justice Democrats”. Ora che
è deputata, Ocasio-Cortez vanta un collaboratore parlamentare di primissimo
piano: Zack Exley, Dirigente di “Open
Society Foundation”, da questa finanziato,
come anche dalla Ford Foundation, proprio per dar vita a “Justice Democrats”, gli sponsor di
Ocasio-Cortez. Non credo di dirvi alcunchè di sorprendente se ricordo che “Open Society Foundation” è
l’organizzazione con la quale George Soros finanzia mezzo mondo. Quello
impegnato in tutti regime change,
colorati o meno, e nella deportazione via Ong di popolazioni dalle terre
fertili e ricche di risorse in Africa, Asia e America Latina.
Juncker: baci ed euro sonanti
per il nuovo Sessantotto del “manifesto”
Bel campionario di miliardari,
già carnefici dell’ambiente e ora tutti climatologi. Poteva mancare
l’imperatore dell’austerity europea e principe del paradiso fiscale
lussemburghese? Baciata galantemente la mano alla signorina Thunberg a
febbraio, l’ancora capo della Commissione Europea, Juncker, promise
solennemente che ogni quarto euro dell’eurobilancio sarebbe stato d’ora in poi dedicato
al cambiamento climatico. Chi ne sarebbe stato il ricevente e gestore? Ma
ovviamente il nuovo ente “Breakthrough
Energy-Europe”. E chi fa parte del nuovo ente? Ma ovviamente tanti bravi
filantropi già con l’acquolina in bocca per le tante opportunità che l’esercito
della piccola pifferaia gli rimedierà in termini di rilancio capitalistico:
Aerolinea Virgin, Bill Gates, Alibaba (l’equivalente cinese di Amazon),
Zuckerberg (Facebook), il principe saudita Al Walid bin Talal, David Rubenstein
(Carlyle Group), Softbank di Tokio, il gigante dei fondi di investimento a
rischio, Julian Robertson, l’immancabile George Soros con il suo Soros Fund
Management, per citare solo alcuni del Gotha dell’ambientalismo mondiale.
Il
cerchio si chiude. Magari si chiude su
alcuni milioni di ragazzi che, grazie alla loro perspicacia politica, ora
devono essere abilitati a contribuire al governo del mondo votando fin dai 16
anni, quelli di Greta. Come propone il noto ambientalista Enrico Letta e come
corrobora, superando con ben sette paginoni di impazzimento redazionale gli
orgasmi mediatici di tutte le altre voci del neoliberismo di guerra e di
governo, il “manifesto”. Impazzimento addirittura commovente quando,
nell’editoriale d’apertura, la direttrice Rangeri traveste l’operazione Al Gore-Greta
Thunberg da “Nuovo Sessantotto”. Il che
ci dà l’idea di cose intendesse per Sessantotto il “manifesto”. Avendo
cavalcato a briglia sciolte tre dei cavalli dell’Apocalisse, migranti, femminismo
- LGBTQI, guerra dei diritti umani ai nemici degli Usa , il “manifesto” ora
vola, criniera al vento, sul quarto: il clima.
P.S.
Ideuzza che Greta, di ritorno a casa sul panfilo di Montecarlo, sicuramente
farà sua: taglia le spese del Pentagono, converti le industrie militari alla
bonifica ambientale decuplicando i posti di lavoro e riduci danni ambiente-
vita- e clima-alteranti a vantaggio di alcune centinaia di milioni di ragazzi
che non si sono visti nei cortei di Friday
for Future dacchè, da sotto le macerie e le cataste di cadaveri delle sette
guerre di Obama-Trump, il futuro proprio non riescono a vederlo.
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