“La bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna” (Eugenio Montale, “La casa del
doganiere”)
Giornalisti e sinedri
Di certezze, in questo mondo di spinte e controspinte in
costante e confusa moltiplicazione, che lo fanno sembrare un cesto di serpenti
in fregola di libera uscita, ce ne sono poche. Ce l’hanno in esclusiva
inconfutabili mediatici che questo mondo lo interpretano con la saggezza,
l’indipendenza e la competenza che gli
assegna l’Ufficio delle Risorse Umane del rispettivo datore di lavoro, a sua
volta responsabile verso qualche sinedrio molto in alto e poco conoscibile.
Sinedrio che, tra gli altri, cura il ministero della “Difesa” e quello, di
orwelliana definizione, della “Verità” (“Miniver”). Noi che ritenevano
come i giornali di opposizione dovessero criticare e contestare l’esistente e
il governante, nel caso “il manifesto” o “Il Fatto Quotidiano”, ci dobbiamo
rassegnare al dato che quell’ufficio delle risorse umane e quel sinedrio non
permettono giri di valzer a nessuno. Su quel che conta nel sinedrio, il coro è
uno e unico. E allora la possibilità di una ricerca, non tanto di certezze, ma
di qualche brandello di probabilità sfuggito al coro di queste eccellenze
ministeriali, si riduce a un criterio molto primitivo, rozzo, ma di discreta
approssimazione.
Anche per quei due giornali si può tranquillamente
ragionare, al netto delle oneste penne, non intinte nel veleno di quegli altri
rettili, che insistono a fornirgli foglie di fico, su un criterio di questo
tipo: ciò che essi sostengono e promuovono, va avversato e respinto;
viceversa, ciò che li irrita e li muove al vituperio, ha ogni probabilità di
meritare consenso e appoggio. Per esemplificare il paradigma, basta
ricordarsi del trattamento riservato al M5S quando era ancora tale e pareva la
famosa leva di Archimede. O quando parlano di Assad “macellaio di Damasco” e di
“ribelli nella guerra civile siriana”. Strumento di misura infallibile è poi
Roberto Saviano. Basta un suo appello pro o contro, per sapere con assoluta
chiarezza dove collocarsi. In questo caso l’appello è pro-curdi, ovviamente; in
un altro è anti-Chavez, ovviamente. Il nostro è una specie di Bernard Henry
Levy cispadano (l’originale ha infatti firmato il suo appello, nel bel mezzo di
una delle feste di tagliagole che frequenta in Medioriente).
Vediamo un numero a caso del “manifesto”. Quello del 19
ottobre u.s. E’ assoluta e capillare la sintonia, su tutti i temi di rilevanza
internazionale, con quanto garba e viene argomentato e promosso nei cunicoli
dello Stato Profondo Usa, a sua volta formattato da una delle sopra citate
consorterie. Quelle che reggono in piedi e abitano l’edificio del capitalismo
di caveau e di guerra.
Sinite parvulos ad nos venire
Che si dice della Siria? Si abbaia con virulenta
indignazione, pari a quella dei cani da guerra Usa, in questi giorni capeggiati
dalla primatista del bellicismo Usa, Hillary Clinton (prediletta del
“manifesto”) e dei sottoposti botoli Nato, contro il “tradimento di Trump e
l’abbandono dei curdi da parte dei militari americani”. I migliori solisti
del giornale, riuniti in coro con quelli della meglio stampa bellicista Usa,
quasi un tonitruante “Pavarotti and friends”, ci informano che “i
curdi combattono anche per noi” (Sgrena), che quello dei curdi “è un
progetto ambizioso e rivoluzionario persino per gli standard occidentali”
(sempre Sgrena); che lo sterminio del popolo curdo ricorda “come sono stati
malvagi i tedeschi (tutti! N.d.r.) a sterminare sei milioni di ebrei e zingari”
(Ginevra Bompiani), che i curdi “combattono per l’umanità intera”, “che
vanno aperte le prigioni dove 3 milioni di esseri umani sono oppressi e
torturati e che noi accoglieremo in modo decente e diffuso” (sempre
Bompiani).
A sua volta il tenore Alberto Negri denuncia la “vecchia
cara pulizia etnica” dei curdi, lamenta “l’annessione di interi
territori sottratti ai curdi”, ovviamente “traditi per l’ennesima volta”
e l’aiuto che forse riceveranno da Assad e dalla Russia è naturalmente “assai
interessato”, Lo stesso Michele Giorgio che, in un giornale
del tutto in sintonia con i propositi strategici della nota lobby sion-mondialista,
salva le apparenze informando sulle cattive azioni degli occupanti della
Palestina, denuncia pulizie etniche sui curdi e si riconosce in Amnesty
International, “l’Ong a difesa dei diritti umani che denuncia esecuzioni
sommarie e attacchi indiscriminati contro una casa, una scuola, una panetteria
(sic)”.
https://twitter.com/Ruptly/status/1183660634417909760
Qamishli, truppe siriane festeggiate dagli abitanti
“Pulizie etniche” e pulizie etniche
Che dire? Adottiamo il meccanismo per la ricerca di qualche
spiraglio di luce. Lamentare che Trump abbia tradito i curdi, esponendoli
all’attacco turco, è come deplorare che la Sublime Porta, con il Sultano Murad
I, invasore dei Balcani, abbia mollato in Serbia i suoi mercenari Giannizzeri (“Nuova Milizia”), tagliagole
antenati di Al Qaida e Isis. Quando poi si arriva a dire che i curdi “combattono
anche per noi”, si parla di un mistero glorioso, per i carnefici e doloroso
per le vittime, occultando che i curdi si sono fatti fanteria degli aggressori
Usa, Nato, sauditi, turchi, israeliani, che intendevano far fuori uno Stato
baluardo di antimperialismo, antisionismo, emancipazione, laicità e convivenza
di etnie e confessioni. Stato davvero impegnato alla morte contro la barbarie
Nato-Isis. Quindi per i valori che si suppongono facciano civiltà. Chi allora
ha combattuto per l’umanità?
Quanto a pulizie etniche e a “territori sottratti ai
curdi”, i turchi stanno invadendo territori sovrani della Siria, nei quali
i curdi, grazie all’appoggio bombarolo Usa e al sostegno materiale e politico
di Israele e sauditi, si sono allargati, decuplicando la propria area di
origine, cacciando da case, villaggi, istituzioni, terre e ricchezze
petrolifere, i rispettivi titolari siriani arabi. Chi ha fatto pulizia etnica?
E’ codesto il “progetto ambizioso e rivoluzionario persino per gli standard
occidentali” celebrato dalla Sgrena? In effetti, se pensiamo agli standard
occidentali degli ultimi secoli nei confronti dei popoli “altri”, magari lo è.
E sotterriamo, per rispetto a femministe meno faziose, l’indecente, per tutti i
versi, similitudine vergata tra i “sei milioni di ebrei e zingari trucidati
dai malvagi tedeschi” (tedeschi tutti!) e le decine di vittime provocate
dall’invasione turca.
Hillary e Suzanne nel Miniver
Chiudo con Amnesty, che non solo Giorgio, ma “il manifesto”
con particolare trasporto e tutta la stampa di regime amano esporre nella
vetrina del proprio arsenale di bombe vere e notizie taroccate. Negli anni
degli assalti a Libia e Siria, perdurando quelli a Iraq, Afghanistan, Somalia e
Yemen), era direttore esecutivo di Amnesty International, dopo essersene
guadagnata i galloni da collaboratrice “per i diritti umani” di Hillary Clinton
al Dipartimento di Stato, Suzanne Nossel. Oggi, coerentemente, direttrice di “PEN
America”, associazione di letterati e comunicatori d’ordinanza che assegna
premi ai meritevoli.
Mentre la sua capa organizza il massacro della Libia e si
compiace sghignazzando dell’impalamento di Muammar Gheddafi, la Nossel,
inaugura la serie di “dossier”, sistematicamente da fonti anonime o di
oppositori, che satanizzano i resistenti alle spedizioni belliche e alle
sanzioni di Washington, attribuendogli fantasiose turpitudini e scelleratezze
inimmaginabili, esonerandone coloro che stanno dalla parte giusta. La rete è
vasta: ad Amnesty, si affiancano HRW,
Save the Children, Avaaz e quasi tutte
le associazioni di cosiddetti “giornalisti investigativi” Numerosi i ripetitori
installati in Italia, a destra e ancor più a “sinistra”.
Cosmesi e controcosmesi
Quello cui puntano tutti questi aggiustatori della verità
nell’apparato mediatico e diritto-umanista, che l’imperialismo s’è costruito
per sostenere le sue operazioni, è di farci spettatori di un teatrino dei
burattini dietro al quale occultare la realtà di un’intera regione del mondo
insanguinata e fatta a pezzi. Il crimine non è più il tentato sbranamento di un
paese sovrano, Siria, Libia, Iraq, Afghanistan tra gli altri, con l’assassinio
e la dispersione dei loro popoli, bensì l’attacco turco ai curdi. Non più i
bombardamenti di massa e l’invasione di bruti psicopatici raccattati tra la
feccia di mezzo mondo, bensì il ritiro degli invasori dal luogo del loro
delitto. Non più la pulizia etnica inflitta dai curdi agli arabi della Siria e
la balcanizzazione di quella nazione, ma la pulizia etnica che subirebbero i
curdi nei territori da loro invasi. E sono i curdi ad aver debellato il tumore
Isis, quando agli Usa conveniva sostituire il proprio mercenariato sputtanato
con uno ammantato di ecofemminismo, mica, da otto anni su mille fronti, un
popolo eroico in armi dagli oltre centomila caduti.
Per ora è vittoria
Come ora andrà a finire ce lo dicono gli apodittici
depositari di certezze annidati nel Ministero della Verità. E’ vero che finora
hanno vinto il popolo di Assad con i suoi alleati e tutti gli altri, carnefici
e mercenari, hanno dovuto rinunciare agli obiettivi posti, restando solo appesi
alla rete lacerata delle loro menzogne. Ma restano da togliere di mezzo il
bubbone tumorale di Al Tanf, base Usa zeppa di jihadisti e la massa di
terroristi Al Qaida e Isis ammassati dai turchi a Idlib. E c’è da far saltare
l’indecente accordo Usa-Russia-Turchia sulla “fascia di sicurezza” di 32 km per
440, con cui Erdogan si vuole assicurare un pezzo dei più ricchi della Siria.
Lasciando i curdi al di là, ma sempre su suolo arabo siriano. E restano da
neutralizzare i furori mai spenti del groviglio bellicista Usa, quello detto
Stato Profondo militar-industriale, dei neocon, clintoniani, Democratici, con i
loro corvi mediatici (scuse ai corvi), che qui si fanno passare per giornalisti
e, addirittura, per giornalisti comunisti.
Lo scandalo
di un vicepresidente merita l’impeachment di un presidente
Un altro capitoletto va dedicato a quello che, sulla
falsariga di quanto abbiamo appena illustrato sull’inversione della realtà, di
tutto questo è un esempio stupefacente. Gli attori sono sempre quelli. Trump, che ha colto in
fallo un suo antagonista nelle prossime presidenziali, lo smemorato Joe Biden e,
dal lato opposto, la vera estrema destra globalista che si ritrova nello Stato
Profondo e si esprime politicamente nel Partito Democratico. In Italia tra i suoi
pifferai di punta, troviamo quello Stefano-Bilderberg-Feltri che, nel Fatto
Quotidiano, è un valido chierico del
culto antlantosionista e della russofobia.
Per sommi capi. Riuscito a Obama-Hillary, con la mattanza
dei loro cecchini a Maitan, il colpo di Stato in Ucraina, imposto dalla vice della
belluina Clinton per l’Europa, Victoria - “in culo all’UE” Nuland, un
premier made in yankee (Arseniy Yatsenyuk, per Victoria “il caroYats”),
un battaglione di oligarchi economici Usa e ucraini si gettò a capofitto su
istituzioni e beni ucraini, rinnovando in Ucraina i fasti dell’era Eltsin. Fra
loro il vicepresidente Biden per interposto figlio Hunter. Che nel 2014, pure
totalmente ignaro di questa, come di qualsiasi altra materia, venne infilato
nel CDA di una corrottissima società del gas, la “Burisma”, a 50mila dollari al
mese (sic!). Società distributrice di tangenti a destra e a manca, che già
aveva ricompensato il lobbying a suo favore di papà Joe con 900mila dollari, ma
che finisce poi, assieme a Hunter, sotto inchiesta del PM Victor Shokin. A questo
punto il vice di Obama che fa? Si dà da fare perché le massime autorità ucraine
archivino i procedimenti contro il fondatore e padrone di “Burisma”, Zlochevsky,
e i suoi manager e chiede al presidente
addirittura di rimuovere il PM dal caso. Se non lo avesse fatto, il governo Usa
avrebbe trattenuto il miliardo di dollari, promesso a Kiev. E Shokin viene
rimosso.
Sgonfiato il Russiagate, gonfiamo l’Ucrainagate
Ci sarebbe stato, per la maggioranza democratica al
Congresso, ampia ragione per chiedere, se non un impeachment, stavolta
motivato, almeno le dimissioni del vicepresidente corruttore, mentre il governo
ucraino, non fosse poco più di un carillon in mano ai Democratici, avrebbe
dovuto perseguire Biden per ingerenze nel sistema giudiziario e tentata
corruzione. Che fanno invece Nancy Pelosi e gli altri chierichietti delle
rivoluzioni colorate di Obama? Vedovi inconsolabili del Russiagate, l’hanno
visto radere al suolo dallo stesso rapporto del procuratore Mueller, ex-capo
FBI. Sono in ambasce per gli abusi da galera, tra le tante altre nefandezze,
compiuti da Hillary con l’uso del suo computer privato per migliaia di
comunicazioni sotto segreto di Stato. Sono sotto pressione dal nuovo ministro
della Giustizia, William Barr, finalmente non imposto dallo Stato Profondo, il
quale sta trovando il filo rosso, anche tra gli obamiani nostrani, che collega,
fin dal sabotaggio di Sanders da parte del Comitato Nazionale Democratico, gli
intrighi clintonian-obamiani per portare Hillary alla Casa Bianca anche e
soprattutto grazie allo sputtanamento di Trump tramite Russiagate.
1 commento:
A quanto pare era tutto preparato da tempo. Qui ho trovato informazioni che mi hanno aiutato a capirci qualcosa sia a proposito di tattiche e strategie messe in atto dai diversi attori presenti in Siria sia a proposito dell'espansionismo curdo a spese del territorio siriano. https://www.voltairenet.org/article207885.html https://www.voltairenet.org/article207881.html#nh4
Saluti
Michele D'Onofrio
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