“Le guerre
verranno fermate solo quando i soldati si rifiuteranno di combattere, quando
gli operai rifiuteranno di caricare armi su navi e aerei, quando la gente boicotterà
i presidi economici dell’Impero sparsi su tutto il globo” (Arundhati Roy. “Il
potere pubblico nell’era dell’Impero)
Una
prima risposta
La risposta iraniana,
una prima risposta, è venuta subito. Da poche ore, sette milioni di iraniani
avevano terminato il corteo funebre, quando dozzine di missili iraniani si sono
abbattuti su due basi USA in Iraq, a Ain el Assad, nella provincia centrale di
Anbar e a Irbil, Kurdistan iracheno. Qui alcune decine di militari italiani,
lasciati lì col cinismo servile propri di tutti i nostri regimi dal 1945, l’hanno
scampata nei bunker, dato che Tehran, consapevole del diritto di internazionale
e delle pratiche di guerra quanto non lo sono gli USA e tutta la Nato, aveva
dato preavviso dell’attacco alle autorità irachene.
E’ una prima ritorsione all’assassinio
del generale Suleimani, ma è anche un monito a Washington e alla Coalizione, in
linea con la richiesta di Baghdad, di togliersi di mezzo. A Tehran, nella
mattinata successiva, è precipitato un aereo delle Ucraina Airlines (perfino l’Ucraina,
dissestata più di noi, ha una sua compagnia di bandiera!). 177 le vittime.
Entrambe le parti
minimizzano. Le 80 vittime dell’attacco missilistico iraniano non ci sarebbero,
le 177 dell’aereo di linea sarebbero dovute a un guasto dopo il decollo. E’
probabile che il conto dei morti nelle basi sia esatto, e forse riduttivo, ma
che la propaganda provi a sminuire l’efficacia dell’azione. Che nel caso dell’aereo
caduto, potrebbe avere tutte le caratteristiche di un’operazione emulativa del
principale alleato degli Usa nel Vicino Oriente.
Difficile fare
previsioni come quelle in cui si avventurano i guru della geopolitica a seconda
del vento che soffia (sono le apocalissi che fanno vendere i giornali), dato
anche che il caso ha il suo ruolo in partita. Ragionevole sembrerebbe aspettarsi
un ping pong di operazioni dei due avversari senza arrivare allo scontro generale,
che Trump ha escluso nel suo messaggio a Rouhani. Non la vera potenza che lo
condiziona e spesso lo manovra. Ma che per i nostri sapienti esperti
politico-mediatici non esiste proprio. Guardate.
I quotidiani del
5 gennaio:
Excusatio non petita a reti unificate: ha fatto tutto Trump.
Il Messaggero: Trump ha ordinato di uccidere il generale
Il Tempo: Trump fa uccidere il n.2 dell'Iran
La Repubblica: Trump fa uccidere il generale
Corriere delle sera: Trump, dovevamo ucciderlo prima
La Stampa: eliminazione frutto della volontà di Trump
Libero: Evviva Trump
Il Giornale: Trump elimina il generale
Il Fatto: Trump uccide Soleimani
Il Piccolo: su ordine di Trump
El Paìs: attacco ordinato da Trump
WallSJ: decisione di Tump
Le Figaro: eliminazione su ordine di Trump
Le Monde: operazione ordinata da Trump
Excusatio non petita a reti unificate: ha fatto tutto Trump.
Il Messaggero: Trump ha ordinato di uccidere il generale
Il Tempo: Trump fa uccidere il n.2 dell'Iran
La Repubblica: Trump fa uccidere il generale
Corriere delle sera: Trump, dovevamo ucciderlo prima
La Stampa: eliminazione frutto della volontà di Trump
Libero: Evviva Trump
Il Giornale: Trump elimina il generale
Il Fatto: Trump uccide Soleimani
Il Piccolo: su ordine di Trump
El Paìs: attacco ordinato da Trump
WallSJ: decisione di Tump
Le Figaro: eliminazione su ordine di Trump
Le Monde: operazione ordinata da Trump
Dai destri
supposti sinistri e dai destri orgogliosamente destri, il coro è unanime. E’
stato Trump, e chissenò? Ogni unanimità che così si stabilisce tra presunti e
finti opposti e dalla quale ormai si distinguono solo singole voci in rete (sulla
quale rete non per nulla si chiedono misure sempre più ferocemente censorie),
punta a un risultato. Far fuori l’elemento estraneo e imprevisto alla testa
della potenza più armata della Terra che, per uno scherzo fatto dai “deplorables”
col loro voto sbagliato, così definiti da Hillary Clinton, ha sottratto la
vittoria all’anima nera che avrebbe dovuto rappresentare il passato nero, il
presente nero e il futuro nero degli Usa e del loro dominio sul mondo.
Il
nero, il bianco e le anime nere
E qui la negrità
del predecessore di Trump impallidisce al confronto col nero nerissimo della
sua presidenza. Non è stato Obama quello delle 7 guerre, dell’installazione di
barbarie terroristiche in mezzo mondo, onde giustificare gli interventi Usa e
Nato, della militarizzazione della polizia domestica, con un’impennata di gente
ammazzata dalla polizia? Non è stato colui che ha inaugurato gli assassinii
extragiudiziali con drone, che ha espulso più migranti dagli Usa (1,5 milioni)
di qualsiasi altro presidente, che ha proseguito e intensificato le extraordinary
renditions di sospetti o fastidiosi
in carceri segrete della tortura in paesi compiacenti, carceri governate
di persona da Gina Haaspel, oggi capa della Cia?
Donald Trump sarà
pure l’imprevisto, colui che esce dal seminato, promettendo in campagna
elettorale di fermare, almeno sospendere, almeno ridurre, una storia di
interventi sanguinari, spesso genocidi (3,5 milioni nel solo Iraq). Interventi
che le classi dirigenti si permettono in virtù di una tara genetica segnata da
decine di milioni di autoctoni uccisi e di un’Africa la cui depredazione
attuale supera in sterminii sociali ed economici quelli di tutte le potenze
coloniali messe insieme. Ma è anche colui che, non avendo alle spalle una
qualche lobby determinante come Wall Street, o il complesso militar-securitario-tecnologico
e del controllo dell’industria della droga, sta nella Casa Bianca esposto a
tutti i venti, ai quali sistematicamente gli tocca piegarsi. Per cui questo
puntare da ogni parte frecce, colpe, responsabilità sul riportante giallo, non
è solo la semplificazione del pressapochismo mediatico che se la cava con l’unico
protagonista, il moloch, a cui far risalire ogni cosa. Nasconde consapevolmente
l’intero meccanismo che, in ogni apparato, fa muovere le persone, le cose, gli
eventi e si adegua alla tendenza generale, diciamo allo Zeitgeist. E’
come riferire tutto il bello e il brutto a Prodi, Renzi, Conte, Andreotti,
sorvolando su multinazionali, Vaticano, Bilderberg, massoneria, mafia….
Uno spirito del
tempo che scaturisce sistematicamente dall’impunità delle classi dirigenti (vedi
la virulenta opposizione alla prescrizione subito). Storicamente quella dell’ipercapitalismo
USA, come storicamente impersonato dall’apparato politico bipartisan e, nelle
contingenze, da quella che i poteri di vita e di morte negli Stati Uniti (le
banche, gli armieri, le multinazionali, l’intelligence) decidono essere il loro
rappresentante. L’altro ieri i neocon repubblicani, ieri e oggi i Democratici.
Al di là della critica strumentale al crimine perpetrata contro il generale
Qassem Soleimani, sono coloro che stanno cercando di rovesciare il verdetto
pronunciato dagli elettori attraverso la farsa dell’impeachment, ad aver sulle
mani il sangue dell’eroe iraniano. E altri oceani di sangue, con l’impunità
confortata dall’oblio, dallo sterminio degli indiani a quello delle popolazioni
nel Sud geopolitico del mondo.
Naturalmente le
analisi di quelli che impeccabilmente sono definiti gli sguatteri non si
discostano dal meme “E’ stato ucciso un massacratore di soldati americani (neanche
uno) e che stava per commettere altre stragi di cittadini USA”. Dalla
bugia al processo alle intenzioni. La colpa vera, come ho già scritto, essendo
quella che in Iraq e Siria il probabile futuro leader dell’Iran, colui che
avrebbe strappato il governo alla conventicola “moderata” che aveva
sottoscritto con gli Usa l’accordo capestro e castrante sull’industria
nucleare, aveva fatto fallire i piani di spartizione israeliano-americani delle
nazioni arabe in staterelli etnico-confessionali. Non per impedire che entro
dieci anni l’Iran si sarebbe fatto la bomba atomica, come qualche voce del Mossad
ha inventato, ma per bloccare l’emancipazione industriale, fortemente in corso
in quel paese, attraverso l’annullamento di un nucleare categoricamente civile,
finalizzato a fornire isotopi sanitari ed elettricità a tutto il paese.
Non
dimenticherò mai i medici volontari e i pazienti leucemici di Tehran che, in
ambulatori improvvisati, sopperivano con trasfusioni al taglio dei medicinali
imposto dalle sanzioni di Obama (li potete incontrare nel mio documentario “Target
Iran”, insieme a tanti altri protagonisti dell’Iran indomito e
antimperialista). Sanzioni che Obama mantenne e inasprì, a dispetto dell’accordo
sul nucleare concepito, come le aperture a Cuba, per minare il paese dall’interno,
piuttosto che attraverso costosi mezzi militari.
I
sinistronzi nel gregge dei destri
Non stupisce che
dai noti sguatteri mediatici si deplori lo svaporamento delle proteste
cosiddette “popolari e per ragioni sociali” che incompetenti, o volponi,
avevano individuato in Iraq (e prima in Libia e Siria) e che avevano provato a
mescolare con altre di segno opposto. Le prime essendo l’ennesimo prodotto
dell’innesco e controllo su tensioni popolari degli organi occidentali di
destabilizzazione collaudati in Ucraina, Venezuela, Algeria, Libia (Cia,
Mossad, NED, USAID, ecc.). Le altre essendo rivolte contro regimi dispotici agli
ordini dell’impero (a partire dal Cile). Si lamenta che dai modesti tentativi
di Sardine locali, già in corso di esaurimento, contro governi in urto con gli
Usa, di Abdul Mahdi in Iraq, dei pur “moderati progressisti” iraniani di
Rouhani, si fosse passati a sterminate masse in corteo d’onore a Suleimani e in
marcia d’odio contro gli Usa. Sette milioni solo a Tehran, a discredito di
tutte le varie presunte “primavere” care a Soros e ai regime changers
Democratici. Sono questi oceani di popolo, questi milioni di persone il cui
sano e salutare odio indica l’avvicinarsi inesorabile della fine dell’impero,
nato dal sangue e spento nel sangue.
Si arriccia il naso
sul consolidamento in Iran e Iraq delle forze sociali e politiche della
resistenza (dette “conservatrici!”) in reazione ai crimini occidentali, a
scapito delle espressioni collaborazioniste, dette “moderate, democratiche,
progressiste”, che si annidano soprattutto in un governo iraniano che, fin dai
tempi del moderato Khatami, molto gradito agli Usa, ha cercato di neutralizzare
la militanza sociale e politica poi
espressasi con Ahmadinejad, della quale il capo dei Pasdaran, insieme alla
Guida Suprema Khamenei, sono gli esponenti più illustri e più amati (se non dai
quartieri alti e dai fuorusciti in Occidente). E, in Iraq, si prova a
indebolire il carattere nazionale, rappresentativo della volontà di libertà e
autodeterminazione di tutta una nazione, insistendo ossessivamente a definire
puramente “scite” le Forze di Mobilitazione Popolare che hanno debellato Isis e
Al Qaida e che comprendono ben 40 formazioni di ogni confessione. L’ennesima
tattica del divide et impera colonialista, che si tira dietro anche
alcune delle migliori intenzioni.
Per
uccidere Saddam non è bastato il boia Moqtada
E’ una costante dell’unanimità
mediatica e politica degli odiatori dell’Iraq e di Saddam Hussein, sicuramente
uno dei più grandi leader nella Storia della liberazione araba, denigrare
facendone dei trasformisti e opportunisti che saltano da un carro all’altro.
Così si favoleggia di un Saddam “alleato degli Usa” e che contro l’Iran da
questi sarebbe stato armato. Si insulta l’evidenza di un Iraq rivoluzionario, da
me frequentato fino alla fine, che in nessun momento, dalla rivoluzione di
Kassem negli anni ’60, ha cessato di denunciare l’imperialismo e il sionismo. Quanto
ad armi americane, mai arrivata neanche una colt. Bastava vedere, a me capitò
sul posto, come le uniche armi a disposizione dell’Iraq nel 2003, durante l’attacco
Nato-Usa, fossero antiquati armamenti russi, carri degli anni ’70, pochi aerei
Mirage francesi, parcheggiati in Iran. Punto.
C’è poi chi da
quelle parti non sembra aver mai messo il naso, ma che se lo sia soffiato
utilizzando i Kleenex prodotti dal “manifesto” e affini. Secondo i quali non
v’è mai stata una resistenza nazionale all’occupazione americana e Nato che non
fosse quella del clerico scita Moqtada el Sadr, capo di una milizia detta del
Mahdi. Ebbene si tratta del personaggio più ambiguo e nefasto dell’intera
classe dirigente irachena. Prima devoto all’Iran e studioso da ayatollah a Qom,
ai piedi della statua di Khomeini, poi rientrato e convolato a esiziali nozze
con i sauditi del bravo assassino Mohammed Bin Salman al Saud, principe
ereditario della famigliola padrona dell’Arabia Saudita. Sfortunamente, in
combine con il solito Partito Comunista revisionista (che, su ordine di Mosca,
si schierò contro Saddam, con cui era al governo), aveva vinto le ultime
elezioni parlamentari.
Quando,
per screditare l’Iraq, lo si diceva alleato degli USA
Altra panzana,
noleggiata dai disinformatori delle centrali sinistro-destre, è quella del
Saddam armato dagli Usa, grazie a tali armi lanciatosi in guerra contro l’Iran e allo
sterminio dei curdi col gas. Si deve capire che i poteri che alimentano le
balle dei sinistro-destri, o fessi, o pali delle rapine, pencolavano nel loro
odio dall’Iraq all’Iran, a seconda di quale dei due paesi risultasse il più
fastidioso. Così, quando la minaccia massima a Israele e ai colonialisti tutti
era l’Iraq rivoluzionario, panarabo e laico di Saddam, si riforniva Tehran di
armi israeliane (scandalo Iran-Contras), si inventavano nefandezze del rais
iracheno, come l’uccisione di ben 400.000 curdi (cioè quasi tutti i maschi
adulti), mai avvenuta, e la gassazione di 5000-8000 curdi a Halabija, che era
invece il bombardamento di un villaggio del tutto abbandonato a cui, secondo l’Istituto
di Guerra Usa, sarebbero stati gli iraniani a rispondere con i gas.
Sono fole che
equivalgono alle armi chimiche di Assad su Douma, oggi smentite dagli onesti tra
gli scienziati dell’OPAC, e all’immensa menzogna degli 8000 bosniaci (cifra che
fa impressione, e magari si arriva ai 6 milioni) fucilati dai serbi a
Srebrenica. Quanto poi a Saddam che avrebbe iniziato la guerra all’Iran, ci si
dimentica che dalla rivoluzione khomeinista in poi, l’Iran non ha cessato di destabilizzare
l’Iraq a forza di martellamento propagandistico, di invito agli sciti a
sollevarsi e di bombardamenti sulle zone irachene di confine, prima dello
scoppio del conflitto, di cui io stesso, nel 1979, sono stato testimone,
proprio a Halabija! Ora, demolito l’Iraq di Saddam, il pendolo di Israele, Usa
e Nato torna a centrare sull’Iran (ma anche sull’Iraq, visti i recentissimi
sviluppi che rivelano un popolo e le sue forze combattenti ancora in piedi e, stavolta,
in alleanza con l’Iran!).
Bravo in
proclami, Moqtada, l’uno il contrario dell’altro, non ha mai sparato un colpo
contro gli americani, né è mai stato partecipo con l’Esercito Del Mahdi, della
Resistenza all’occupazione. Quella è stata tutta del partito Baath, dei
saddamiti e del popolo patriottico iracheno. Illuminando Moqtada, si vuole
evidentemente oscurare quella resistenza che ha inflitto agli Usa, nel corso di
ben cinque anni, più di quanto abbiano perso nelle due guerre. A parte alcuni dirigenti
del Baath che, equivocando sulla natura del mercenariato Usa, si sono uniti
all’Isis, sono stati i partigiani della resistenza all’invasore-occupante che
hanno fornito la base scita-sunnita alle vittoriose Forze di Mobilitazione
Popolare.
E ora
cosa succede
Non cessa la
tempesta mediatica che vede conflagrazioni apocalittiche e globali prodotte
dall’evento dell’aeroporto di Baghdad. In varie forme, dal conflitto armato
convenzionale, a quello nucleare (visto che l’unico attore atomico sulla scena
e che non ha firmato il trattato di non proliferazione, è Israele, il più
bellicoso), fino a quello “ibrido”, con successive punture di spillo, sotto
forma di proxies, alla Isis, di contractors, di attacchi a obiettivi
singoli, di sanzioni da non lasciare in vita una mosca. Queste ha promesso il
vacillante Trump, dopo aver sentito della richiesta del parlamento iracheno
(esclusi ovviamente il mercenariato curdo) di portare a casa gli occupanti Usa
e Nato e della lettera del comandante in capo Usa in Iraq, Generale William
Seely III, qui riprodotta, che annunciava tale ritiro per i prossimi giorni.
Tutto questo,
insieme alla minaccia di sanzionare a morte il popolo iracheno e di colpire 52
siti di valore culturale e storico dell’Iran (tipo Isis in Siria e Iraq a ciò
istruiti dagli Usa che, come con i trasferimenti coatti di popoli, le
migrazioni, così intendono recidere le radici delle nazioni), pare farina del
sacco di Trump. In linea con quanto già aveva fatto sapere a Tehran, che tutto
si farà fuorchè una guerra o un regime change, come invece auspicato dai
neocon e dai Dem. Ai quali va fatta invece risalire l’immediata smentita a
Seely da parte del capo del Pentagono Mark Esper. Il quale ha già aggiunto ai
5000 marines e agli incalcolati contractors presenti, altri 750 uomini. Del resto chi mai poteva illudersi che gli
Usa, questi Usa controllati delle forze oscure del Deep State, avrebbero mai
lasciato spontaneamente l’Iraq, l’Iraq del petrolio e l’Iraq piattaforma
indispensabile per l’egemonia militare e dunque economica in Medioriente.
Egemonia, non guerra all’Iran. Esclusa per il semplice fatto che a Tehran basta
bloccare il Golfo Persico. Affondando un paio di grosse navi, manderebbe in
tilt l’economia di mezzo mondo. Per la gioia di Greta e pochi altri.
Vittoria
o caos?
Quanto
ai nostri professionisti inquadrati nella Nato, siamo occupanti e complici
degli Usa, quanto lo erano i repubblichini con le formazioni della Wehrmacht.
C’è chi ciancia di “un ruolo dell’Italia” in Iraq, in Libia, ovunque. Ovunque
le vecchie e nuove potenze coloniali provino a ricuperare i beni perduti. E’
una vergogna senza fine. Ne erano consapevoli i 5Stelle fino a qualche tempo
fa. Ora condividono la fola e la vergogna di questo “ruolo dell’Italia”. Magari
con effetto “collaterale” di qualche altra Nassiriya, da far inorgoglire il
Quirinale e piagnucolare il Vaticano. Noi con Mussolini, Graziani, Balbo e
Badoglio, con Crispi e Giolitti, abbiamo già dato. Già rubato, già distrutto,
già ucciso. Nessun ruolo, mai, a noi e a chiunque altro pretenda di farsi
ancora vedere da quelle parti. Fuori dalle palle, punto.
Qualcuno
valuta che avendole perse, o piuttosto non vinte, Washington non rischierebbe un’altra
sconfitta. Ma quello che si sono ripromessi, a partire da Bush, Clinton e Obama,
i poteri cosiddetti occulti, non è tanto la vittoria, quanto il caos. Una
vittoria rischia di sistemare le cose per un verso o per l’altro. Il caos
mantiene in vita le operazioni e, dunque, le catene di montaggio dell’industria
militare a tempo indeterminato. E così il terrorismo, al quale è demandato
anche di giustificare stati sempre più di polizia e sorveglianza. Il caos, poi
è creativo, poichè impedisce che la
Russia e i popoli si assicurino vittorie definitive e si mettano di traverso
nella marcia per il dominio globale. Che un po’ nasce dal caos e un po’ dalla
pax americana, in un benefico mix.
Mi hanno tirato
le orecchie per aver accostato il grandissimo generale Suleimani, il Che
Guevara del Medioriente, al piccolo rinnegato ed espulso Cinquestelle, Gianluigi
Paragone, nella comune opposizione all’arbitrio, alla prepotenza, ai delitti,
di ominicchi, quaquaraquà, ruffiani. Probabilmente i critici avevano ragione. Ma
non rinnego tale similitudine che è quello tra una quercia e un roveto.
Entrambi piante sono. Tanto più che oggi al comune destino di vittime di abusi
si somma un'altra consonanza: quella della diffamazione riservata ad entrambi e
dalle stesse fonti. Che sono quelle dell’unanimità sopra citata, cui tornano in
uggia tutti coloro che non stanno agli ordini del preside. Mi permettete di
includere nella compagnia di alti e bassi, grandi e medi e piccoli, anche
un’altra figura di valore che paga per la sua coerenza e il suo rifiuto di
chinare la testa e di battersi a tutti i costi per il giusto e il vero, non con
la vita, non con l’ostracismo, ma con il carcere? E’ Nicoletta Dosio, No Tav in
Val di Susa, in Italia e nel mondo. Alla faccia di Conte e Di Maio. E chi obietta, peste lo colga.
4 commenti:
Che dire.... e',uno schifo . Sotto gli occhi di tutti ..e ovviamente tutti zitti...
E' da quando hanno assassinato Il generale iraniano, che questa lurida agenzia di stampa Israeliana? Continua a martellare contro l'Iran.
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/01/09/iran-aereo-caduto-tornava-indietro_fe6134d3-78c9-4fc8-9931-966af0b863c5.html
Kennedy,Truman,Clinton,Obama,Bush e quasi tutti gli altri sono stati criminali di guerra aventi nel deep state il loro padrone o azionista di maggioranza. Fin qui la realtà,poi mi tocca leggere un post dove Trump viene dipinto come estraneo a tutto questo. Bah,Grimaldi sta cominciando a capire solo ora che i 5s non hanno mai avuto nulla di rivoluzionario (adesso si trincera dietro Dibba,il suo personale ridotto valtellina)e ha trovato il suo nuovo baluardo anticapitalista in Donald Trump. Alle cazzate della stampa asservita si deve rispondere con la verità,non con cazzate di segno opposto.
G. Capelli
dove sono i sedili dell'aereo?
Iran Ukrainian Plane Crash Missile Boeing 737 Lots of Shoes no Seats
https://153news.net/watch_video.php?v=224N8MH8DN31
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