Si incrociano in questi giorni a Roma due esponenti del più feroce bellicismo atlantosionista, il Segretario alla Difesa USA, Lloyd Austin, da una vita sostenitore accanito di tutte le aggressioni imperialiste, a partire da Iraq e Siria, e il primo ministro Benjamin Netaniahu, reduce da una serie di massacri di civili palestinesi.
Austin,
che proseguirà verso il Medioriente (Israele, Giordania, truppe d’occupazione
USA e curde in Siria), si consulterà con il premier israeliano su come
proseguire l’offensiva di Israele, USA e NATO contro l’Iran, ora che è fallita
la strategia della “rivoluzione colorata” per il regime change, degli
assassini mirati e dei sabotaggi terroristici.
Dall’inizio
dell’anno le forze di sicurezza e l’esercito israeliani, uniti a squadre di
picchiatori delle colonie insediate illegalmente su territori palestinesi,
conducono una guerra ibrida contro le popolazioni palestinesi asserragliate e
assediate in quanto resta del loro territorio. Ultimo episodio, il pogrom
contro la città di Hawara sulla quale, nei giorni scorsi si sono avventati i
coloni di un insediamento vicino, protetti dai soldati, incendiando e
devastando. Lo si è definito la rappresaglia per due giovani israeliani uccisi
in un agguato.
Netaniahu
raggiunge un primato di violenza repressiva dello Stato di Israele rispetto ai
suoi predecessori, da Ben Gurion a Golda
Meir, Begin, Sharon, Rabin, tutti comunque impegnati a imporre una violenta
apartheid ai quasi 6 milioni di palestinesi sopravvissuti ai ripetuti esodi.
Un’Apartheid che nega addirittura i modesti, se non truffaldini, risultati
degli Accordi di Oslo, violando con esercito e insediamenti abusivi, le
disposizioni relative all’autonomia, almeno amministrativa, dei ridottissimi
territori rimasti alla popolazione originaria della Palestina.
Il
mondo assiste passivo, o complice, al martirio dei palestinesi. Vanno deprecati
tutte le violenze contro civili, da ogni parte provenganmo. Ma non va definita
terrorismo una resistenza, legittimata dall’ONU, all’occupazione. Parimenti, la
sedicente “comunità internazionale”, si commuove e si attiva militarmente sull’Ucraina,
il cui regime aggredisce e stermina la popolazione del Donbass in parallelo con
quanto il regime sionista fa nei confronti dei palestinesi. Ignora i diritti
dei russofoni d’Ucraina, quanto quelli dei palestinesi cui, da 75 anni, è negato il diritto al proprio Stato.
A
Roma è indetta una manifestazione contro le politiche di Netaniahu riguardo ai
palestinesi. Anche la comunità ebraica manifesta, come in Israele, contro i
tentativi del regime Netaniahu, costellato di corrotti e pregiudicati, di
sovvertire la costituzione sottoponendo la magistratura al governo.
Su
quella della comunità ebraica, dall’intento democratico condivisibile, va
comunque rilevato che si vorrebbe che analoghe proteste si indirizzassero
contro la sanguinosa apartheid inflitta ai palestinesi.
Quanto
alla manifestazione in appoggio al popolo palestinese, ne sosteniamo con forza
e convinzione, come è nella nostra tradizione politica, la richiesta di fine
dell’apartheid, della violenza dei coloni e dell’esercito, dei pogrom e dei
bombardamenti su Gaza, il diritto del popolo palestinese al proprio Stato
sovrano e indipendente.
Ai
palestinesi va dedicata una solidarietà inequivocabile e scevra da ogni
compromissione con chi mantiene una gamba in un campo e l’altra nel campo
opposto.
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