Francesco Capo – L’Identitario: “Strategia e intrighi del
Dissenso” con Fulvio Grimaldi, Gigi Lista, Marco Mori, Moreno Pasquinelli
(l’elenco è alfabetico)
Il successivo link è di un’intera trasmissione di Vito
Monaco, su Canale Italia, per chi avesse tempo e interesse per cosa va
formicolando nel piccolo mondo dei sedicenti partiti antisistema e per chi
volesse perforare il velo di Maja che la combutta politico-mediatica va
tessendo attorno a quanto capitato a Israele nella nefasta/felice notte dal 13
al 14 aprile.
https://www.youtube.com/watch?v=YkMypiVGWdg
Il tasso di mendacità intorno all’ennesima debacle subita da
Israele per mano dei suoi nemici è, per universalità e compattezza dei
partecipanti, al livello di quelli dell’11 settembre, o del 7 ottobre, o della
Donazione di Costantino. Massimo sforzo per massima bugia. Ne parliamo in
apertura del programma di Francesco Capo, per poi divertirci e sconcertarci
passeggiando tra quelli che si presentano, in vista delle elezioni Europee e
del nostro futuro in genere, come schieramento antisistema: partiti, o presunti
tali, da un lato, il movimento del Fronte del Dissenso, insieme a tante realtà
associative locali, dall’altro.
Dei primi, dopo la radiosa alba della campagne per le
elezioni politiche del 2022, poco rimane: diserzioni, spaccature, disfacimenti,
a dimostrazione di un’abissale carenza di solidità ideologico-teorica, di
faciloneria organizzativa, di disinvoltura politica, insomma di pretese per le quali non
esistevano nè le basi organizzative, né quelle programmatiche.
Rimane un perno, più della discussione che della rilevanza
politica: una formazione al cui richiamo rispondono molti spiaggiati di altre
esperienze. Quella guidata da uno che ha tutta l’aria di essere una specie di
Silvio in sedicesimo, ma che è anche l’unico a promettere, col suo sicuro
pacchetto di voti, qualche spiraglio di successo ai suoi candidati.
Molto più interessante è lo scenario delineato nella
trasmissione di Canale Italia, dove si cerca di approfondire, sul tema dello
scontro Iran-Israele, qualcosa di meno becero e manipolatorio di quanto
impartitoci dal solito personale politico-mediatico di corte. Superiamo subito
il mito, disperatamente perseguito anche stavolta, di un Israele onnipotente,
invincibile, dotato del quarto o quinto esercito del mondo e, quindi, della
migliore Difesa (chiamano così le costanti aggressioni sioniste) del mondo, Un
mito necessitato dal bisogno di suscitare intimidazione e soggezione da un
lato, rassicurazione e fiducia totali dall’altro. Fuori dal coro delle voci del
padrone, ascoltiamo quelle dal resto del mondo.
Israele ha subito l’ennesima, umiliante sconfitta. Battuto e
ricacciato oltre i confini due volte in Libano, 2000 e 2006, da una formazione
di combattenti contadini in sandali, salvato dagli USA nella guerra del Kippur,
dopo sei mesi di feroce aggressione a Gaza, senza il minimo scrupolo riguardo
alle leggi internazionali di guerra e una determinazione illimitatamente
genocida, non ha raggiunto neanche uno degli obiettivi dichiarati: la Striscia
non è sotto suo controllo, Hamas non è debellato, gli ostaggi non sono
liberati.
Nel frattempo si è formato un asse ostile regionale che la
vede circondata: il Libano degli Hezbollah, gli Huthi nello Yemen, le Unità di
mobilitazione Popolare in Iraq colpiscono Israele da mesi e sono stati parte
attiva dell’offensiva della notte dei fuochi su Israele. Come capita all’Impero
in decadenza, le difficoltà, la perdita di egemonia e, quindi, di prospettiva,
inducono a colpi all’impazzata. Dopo i massacri di Gaza, i pogrom in
Cisgiordania, ora contrastati da una resistenza armata di nuova formazione,
Israele ha perso il controllo del suo nord (ne sono fuggiti 200.000 coloni) e,
soprattutto, l’aura morale-scudo strategico per cui riusciva a passare per
vittima, “unica democrazia in Medioriente” a cui tutto è lecito e tutto resta
impunito. La caduta è epocale, irrimediabile.
A superare l’uragano propagandistico e a venire a sapere i
fatti da chi li racconta onestamente, si capiscono le dimensioni anche della
sconfitta subita l’altra notte in virtù della fenomenale destrezza militare
esibita dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione, nella risposta al
terroristico attacco subito alla sede diplomatica di Damasco con perdita di sei
alti ufficiali. Al terrorismo praticato dallo Stato sionista e dagli USA,
Tehran ha risposto con un’operazione militare di legittima difesa. Se oggi Tel
Aviv dice di piegarsi alla spinta alla moderazione che le viene da sponsor e
alleati, è perché sa che la risposta a una nuova provocazione gli costerebbe un
prezzo insostenibile.
Nessuno nel nostro giro ci dice che il diluvio di ordigni
volanti piovuti su Israele è stato preceduto da un attacco cibernetico degli
hacker iraniani “Cyber Avengers” e “Hanzaleh Bammad”, che ha messo fuori uso
gran parte della rete elettrica e di radar a Tel Aviv e nel paese, ostacolando
la risposta tempestiva all’invasione dal cielo.
A questa operazione sono seguite le quattro ondate
successiva di droni Shahed 136 e missili
di crociera, balistici Kheibar Shekan e ipersonici Fattah. I primi intesi a
distrarre dall’arrivo velocissimo dei secondi in partenza sia dall’Iran, sia
dai paesi in cui agiscono i reparti dell’Asse della Resistenza.
Obiettivi colpiti, installazioni. Depositi di munizioni e
arei F15,16 e 35 distrutti nelle basi militari fissati come obiettivi: Nevatim e
Ramon, basi dell’aeronautica nel Negev (da dove era partito l’attacco alla sede
diplomatica iraniana a Damasco) e Kila, sulle alture del Golan occupato.
Azione dimostrativa, certo, ma che contiene in sé la
prospettiva di qualcosa che Israele non si è mai immaginato. Da lì,
probabilmente, la “moderazione” che sospende per il momento ogni reazione.
Dettagli e approfondimenti nei programmi citati.
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