mercoledì 24 settembre 2025

Palestina. Grimaldi: “La criminalizzazione della resistenza è l’arma degli oppressori” --- Grimaldi su Gaza, proteste e crisi dell’informazione occidentale Settembre 23, 2025


Palestina. Grimaldi: “La criminalizzazione della resistenza è l’arma degli oppressori”

Grimaldi su Gaza, proteste e crisi dell’informazione occidentale

Settembre 23, 2025 

Francesco Mastrobattista


https://www.corrieredellecitta.com/2025/09/23/palestina-grimaldi-la-criminalizzazione-della-resistenza-e-larma-degli-oppressori/

 


Fulvio Grimaldi, classe 1934, giornalista di lungo corso, inviato di guerra per la RAI e la BBC e autore indipendente. Negli anni ha scritto per storiche testate militanti di sinistra e collaborato con importanti giornali come La Repubblica, L’Espresso e Il Manifesto. Grimaldi è da sempre famoso per le sue posizioni filo-palestinesi riguardo al conflitto arabo-israeliano. È noto soprattutto per aver seguito da vicino il conflitto israelo-palestinese e aver prodotto numerosi reportage e documentari, frutto di esperienze sul campo a Gaza, in Cisgiordania e Libano. Non un giornalista “neutrale” nel senso classico, ma una figura da sempre vicina a cause anti-imperialiste e anti-NATO. Francesco Mastrobattista ha deciso di intervistarlo in esclusiva per il Corriere delle città con qualche domanda piccante in merito agli ultimi avvenimenti sullo scenario italiano e mondiale.

 

F.M: Ciao Fulvio. Innanzitutto grazie per la disponibilità. Dalla Capitale è partito un grido di battaglia che si è esteso in tutta la nazione. Milano e Torino, in particolare, sono state teatro di guerra tra manifestanti pro-Palestina e forze dell’ordine. Come mai improvvisamente una buona parte dell’opinione pubblica prende questa posizione netta? Perché anche una parte del mainstream cambia narrazione rispetto a mesi fa?

Non mi sembra che le imponenti manifestazioni in un’ottantina di città italiane, indette, assieme allo sciopero generale, da sindacati nemmeno di sistema, costituiscano un fenomeno improvviso. La consapevolezza dell’abominio del genocidio israeliano, parallelo a quello dell’isteria riarmista e guerrafondaia europea, ha suscitato prima apprensione e poi reazione. Si è superata la condizione indotta dai poteri con altre intimidazioni, tipo pandemie, guerre, terrorismi. Si è formata una solida consapevolezza del tasso di criminalità che caratterizza le classi dirigenti europee, a partire dalla nostra che, per simbiosi fascista, è in Europa, insieme a Germania e Austria, altrimenti motivate, la più vicina allo Stato sionista. Quanto al graduale, ma sempre esitante e contradditorio, massimamente ipocrita, allineamento dei media di sistema al sentire e agire collettivo maturato in questi anni, mi sembra il segno positivo che la forza delle cose, la volontà maggioritaria ormai consolidata, convinca anche il rettile più velenoso a cambiare pelle per non soccombere. Resta comunque rettile.

 

 F.M: Abbiamo assodato che la narrazione mediatica è cambiata. Come reputi che i media italiani stiano raccontando queste proteste? Rimangono distorsioni o omissioni?

Le distorsioni e omissioni sono connaturate a mezzi d’informazione che si propongono di essere strumenti di comunicazione e convinzione con obiettivi esterni alla rappresentazione della realtà. Basta considerare il peso dato agli scontri con alcune decine di manifestanti, rispetto a quello riservato a centinaia di migliaia fluiti pacificamente nei cortei di tutta Italia. Fondamentale resta l’omissione del ruolo, nel conflitto in Palestina, della resistenza palestinese nelle sue varie espressioni. Inammissibile, per i media embedded, rivelare la debolezza, la fortissima crisi, vissute da Israele a seguito dei colpi ricevuti da Hamas e dell’isolamento internazionale, foriero di agonia. E’ grazie al mito della sua invincibilità, già ampiamente compromessa dalle sconfitte subite in Libano e, appunto, il 7 ottobre, che Israele induce diffamazione, ma soprattutto scarsa credibilità di ogni forza di contrasto, con conseguente rassegnazione ai propri soprusi. E qui ha una funzione cruciale il mantenimento della saga del 7 ottobre, con rovesciamento totale della responsabilità per le vittime e di chi le ha causate. Sia in Israele che all’estero, da investigatori indipendenti sono state compiute ricerche ed inchieste che hanno totalmente smentito la versione del massacro compiuto da Hamas, con relative grottesche decapitazioni di neonati – che non c’erano – e stupri che nessuna vittima, viva o morta, ha corroborato e nessun testimone reale ha confermato.  La criminalizzazione di ogni forma di resistenza resta lo strumento strategico per ogni oppressore, che sia di minoranza o maggioranza.

 

 F.M: Come mai improvvisamente il Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo hanno dichiarato di riconoscere la Palestina?

Il riconoscimento di un immaginario Stato di Palestina da parte di una maggioranza di governi fino allora complici o ignavi,, finzione che raggira il dato reale di una presenza nazionale palestinese su quella terra da millenni, comporta comunque un affronto al regime che manifesta la determinazione di far sparire anche l’ultimo palestinese e che nel corso dei decenni non ha cessato di incorporare territori palestinesi. E che oggi non ha più neanche lo scrupolo formale di proclamare l’esclusione definitiva di ogni ipotesi di quello Stato. Per quanto connotata di ipocrisia e velletarietà, ogni volta che risuona la parola Palestina,   si infila un chiodo nella bara dello Stato occupante.

 

F.M: L’Italia si è bloccata per queste proteste. A Milano c’è stato un assalto alla stazione, a Napoli sono stati creati numerosi disagi alla stazione centrale, a Roma e Torino altri scontri ancora e così via. Alcuni stanno criticando la modalità con cui tali proteste vengono portate avanti. Cosa pensi in merito?

Per gli scontri alla stazione di Milano, è facile invocare una diffusione di violenza che, rendendo lo Stato, come impersonato da questo regime, vittima , lo autorizza a “difendersi”. E’ il discorso sul quale galleggia la residua credibilità di Israele nel portare avanti la sua strategia contro un  popolo espropriato e ora genocidato. Ho già detto che è un aspetto del tutto secondario rispetto alla portata delle manifestazioni in tutto il paese. Ma viene utilizzato per rilanciare il famoso discorso dell’odio che serve da trampolino per le misure repressive, antidemocratiche di cui abbiamo dimostrazione quotidiana dal giorno in cui i La Russa, le Meloni, i Vannacci e gli altri cascami della rivincita autoritaria sono riusciti a prendere il potere da una classe dirigente, meno belluina, ma altrettanti antipopolare. In ogni caso, si consideri il dato storico che ogniqualvolta il potere vede messo in discussione il proprio monopolio della forza, fosse anche in forma verbale o passiva, gli schiamazzi sul carattere delinquenziale e inammissibile del fenomeno di contestazione servono all’introduzione di misure liberticide. Si pensi al Decreto Sicurezza e al carcere riservato di chi oppone il proprio corpo inerme alle ruspe del Ponte sullo Stretto.

 

 F.M: C’è chi ha sollevato preoccupazioni per episodi di antisemitismo nelle manifestazioni pro-Palestina. Chi addirittura ha riportato di foto della Premier Meloni bruciate e di atti di vandalismo nelle strade. Secondo te sono casi isolati o un rischio reale da monitorare?

Da che mondo e mondo, da quando si manifesta un’opposizione a brutalità, sfruttamento, prepotenza, vengono bruciate immagini e bandiere. Sono azioni simboliche. Dovrebbero rallegrarsi gli sfruttatori, prepotenti e brutali, che le fiamme non si avvicinano alle loro realtà fisiche. Coloro le cui effigi o i cui vessilli vengono aggrediti in piazza, hanno perlopiù alle spalle complicità o sicariato per chi aggredisce e brucia persone in carne e ossa. Vedi il fosforo fatto piovere sui palestinesi di Gaza. Ne sono stato testimone a Gaza, al tempo di Piombo Fuso. Quanto all’accusa di antisemitismo, scudo sempre più logoro alle malefatte di Israele, ci si ricordi che chi ha occupato la Palestina non è semita, ma perlopiù indoeuropeo, polacco, russo, tedesco, britannico, italiano…. Semiti, discendenti di Sem, figlio di Noè, sarebbero coloro che da millenni abitano quelle terre: 450 milioni di arabi.

 

 F.M: Quanto è responsabile l’Italia per le forniture e per le relazioni diplomatiche in ciò che sta accadendo?

Le responsabilità del governo Meloni nel sostegno militare, politico e propagandistico a Israele è provata. Le forniture di armi a Israele riguardano ogni categorie di strumenti offensivi e rappresentano profitti della nostra industria militare per centinaia di milioni l’anno. La protervia del trio Meloni, Tajani, Salvini nel coprire politicamente i crimini di Israele si colloca nella continuità della tradizione italiana nell’affiancare operazioni altrui improntate al razzismo e alle guerre di conquista.

 

 F.M: Allargando il fronte: si è scoperto che la Fondazione dello speculatore George Soros ha finanziato gruppi no profit che organizzano manifestazioni pro-Pal nei college americani (verificato) Anche Greta Thunberg, dopo il declino della battaglia climatica, ha abbracciato la causa palestinese tra la flotilla e altre disavventure. Come mai anche una certa narrazione di stampo globalista si unisce al coro?

Non mi risulta che, al di là di dicerie senza verifiche, George Soros abbia finanziato alcunchè  in relazione con la Global Sumud Flotilla. La presenza di personaggi dalla storia discutibile, non inficia un’operazione che gode del consenso e della riconoscenza del popolo palestinese, in patria e della diaspora. Fattore, questo, decisivo. Si deve anche concedere che chi da bambina è stata manipolata, da persona adulta possa aver maturato un’altra coscienza. In ogni caso per ogni impresa che scuota lo stato di cose presente, non mancano mai coloro che l’avrebbero fatta diversamente, o per niente, o prima. Cacasenno, gufi e frustrati, si consolino così della propria impotenza. Il dato concreto, attuale e storico, è che, mai come in questi giorni, la Palestina è tornata al centro del mondo, e mai Israele si è trovata in tale stato di rigetto e isolamento.  Oggi lo Stato sionista si ritrova in una vera e propria crisi esistenziale,  Stato pariah a livello mondiale, prossimo all’implosione per lacerazione politico-sociale interna, con scale gerarchiche sociali e confessionali che dividono e minano ogni coesione (arabi, europei, drusi, beduini, ashkenaziti, sefarditi, neri africani, immigrati asiatici schiavizzati), insicurezza che costringe a vivere nei bunker parte della propria vita, flusso emigratorio che supera l’immigrazione, ritiro di investimenti industriali, finanziari, tecnologici, esercito minato da suicidi in serie, diserzioni di massa, stress post-traumatico collettivo e, peggio di ogni cosa, discredito universale.

Le opinioni espresse nell’intervista sono esclusivamente dell’intervistato e non riflettono necessariamente la linea editoriale del Corriere delle Città. In ogni caso ringraziamo Fulvio Grimaldi per la disponibilità e il punto di vista alternativo che con il suo enorme bagaglio ha contribuito a portare su questo giornale. La nostra redazione è aperta al dialogo con chiunque.

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