martedì 11 agosto 2020

BEIRUT COME BELGRADO, KIEV, TEHRAN, BENGASI, DAMASCO…. , MINSK COME CARACAS, ROMA COME ALLORA. ANZI PEGGIO

 


I “comunisti” neocon del Terzo Millennio e i loro “rivoluzionari”

In prima pagina, con esaltata gigantografia, titolo e occhiello che un giornale, con la tracotanza di chiamarsi “quotidiano comunista”, dovrebbe dedicare all’ottobre 1917 di Leningrado, al luglio 1789 di Parigi, al gennaio 1959 dell’Avana. E, invece, confermandosi organetto dei neocon globali, sussidiato da pubblicità turbocapitaliste e, indecentemente, da cittadini ignari depredati per questo scopo dallo Stato, celebra in tal modo il contrario di quanto chiedevano le lotte di massa in quegli eventi emancipatori.

Le rivolte in cui il giornale, peggio mimetizzato da indipendente, o di sinistra, si riconosce sono altre. Tutte di destra estrema. Quelle i cui fili dipartono dalla Vedova Nera, il mostro letale che fa tessere la sua tela a Langley, Wall Street, Pentagono, Bilderberg, Davos. Parliamo dei “rivoluzionari libici”, così omaggiati da Rossana Rossanda, dei vari “colorati” alla Otpor, dei “ribelli democratici” di Hong Kong o Portland, di “Black Lives Matter”, Me TooI e affini. E, si parva licet, delle nostrane Sardine, anch’esse fasulle e dunque di vita brevissima, rispetto a quella dei nobili pesci di cui avevano usurpato il nome.

Il modo più facile per riconoscerli è l’uniformità degli slogan, l’attrezzatura logistica omogenea e immediata, la violenza estrema e indistinta nella ricerca del caos, lo sfruttamento di rivendicazioni popolari mutate, su ordine della Cupola, in regime change attraverso il depistaggio su obiettivi che i militari chiamano “falsi scopi”. Immancabili il plauso unanime di tutta la propaganda finto-giornalistica del globalismo, il finanziamento da centrali occulte, ma per niente oscure, tipo Open Society di Soros, Fondazione Ford, Fondazione Rockefeller, National Endowment for Democracy e tante altre.

Si ripete anche il modello della sinergia: attentati-manifestazioni violente, fatte passare per pacifiche e dove la sola violenza è quella della polizia che difende governi sgraditi. E lo sforzo di stornare attenzione e riprovazione dal vero responsabile (perlopiù lo stesso che detta questa strategia) a quello preordinato e da abbattere.


Infatti il “falso scopo”, il governo di Hassan Diab, non esattamente un apparato da “Città del Sole”, ma neanche il responsabile della catastrofe, si è dimesso. Si arriverà ad elezioni che produrranno risultati sgraditi alla teppa di Soros e una nuova affermazione di Hezbollah. Per cui ci sarà la rivolta dei “brogli”, con dietro ovviamente tutto il servitorame della stampa occidentale. Intanto Israele, elefante nella stanza che nessuno vede, è uscito di scena. Sparite tre invasioni sanguinarie, attentati a gogò, bombardamenti, quotidiane violazioni della sovranità, provocazioni, eccidi, sabotaggi, Sabra e Shatila, le infami armi proibite, le mine anti-bambini….

In assenza di guerre, "pacifisti" colorati e armati


Da Belgrado a Maidan, da Tegucigalpa in Honduras a Deraa in Siria, a Bengasi, a Tehran a Beirut la tecnica si ripete pedissequamente. Prima una grossa provocazione fatta passare per giusta reazione alle malefatte del “regime”, che ponga in fibrillazione e apprensione l’intero paese. Poi, a rinforzo, manifestazioni “popolari” da tempo preparate, armate, rifornite e circondate dal sostegno di media e governi occidentali.

La Serbia messa in ginocchio dalle bombe Nato (e del sinistro D’Alema, invocate dall’ecologo Alex Langer e dall’editorialista del “Foglio”, Adriano Sofri) e, subito, i violenti tumulti di Otpor, specialisti addestrati da generali della CIA. In Honduras golpe militare con morti e feriti, ordinato da Hillary e Obama, e successiva jacquerie di bande di marginali guidati da un dirigente del Mossad. A Bengasi assalti di sicari islamisti armati a stazioni di polizia, aeroporti, caserme, bombe francesi e poi Nato e mercenariato terrorista in arrivo da Qatar, Tunisi, Colombia, che da Bengasi muove verso Tripoli. Così a Deraa, cecchini infiltrati in cortei di protesta pacifica che sparano ai manifestanti come ai poliziotti, risposta molto contenuta del governo e, subito, bombe e tagliagole da mezzo mondo fatti passare per “ribelli”. E se non si può innescare l’operazione con le bombe, si applicano sanzioni mostruose che provocano devastazioni sociali, da imputare al governo contro cui scatenare le turbe “pacifiche”.

Il cocktail servito al bar della Vedova Nera: bombe, sanzioni, terrorismo, manifestazioni per la democrazia


A Beirut, ripetuti tentativi dell’Occidente, dei sauditi e di Israele di mandare il paese, segmento importante dell’Arco della Resistenza (non solo scita), a gambe all’aria con mariuoli e spie infiltrati in tutti i gangli dello Stato, governanti corrotti lapidatori delle grandi ricchezze del paese (tipo i due “sauditi” Hariri) e, soprattutto, un’invasione israeliana dopo l’altra, attentati di indubbia matrice finalizzati alla stessa destabilizzazione. Infine, l’apocalisse del 4 agosto e successiva ripresa dei tumulti dei soliti noti, comandati dalle solite centrali. Obiettivo, non la riunione di tutte le forze sane e patriottiche del paese a contrastare la cospirazione dalla chiara paternità del perenne carnefice, ma un governo responsabile di non aver sorvegliato 3000 tonnellate di nitrato d’ammonio e di aver così favorito l’immane esplosione del deposito.

Deposito diventato, è ovvio, arsenale di armi Hezbollah, come denunciato tra il 2018 e l’altro giorno, dall’indefettibile Netaniahu. Un governo da annientare e, con esso, ogni presenza politica ed armata di Hezbollah e, quindi, della sua efficacissima rete assistenziale che, finora, aveva risparmiato al paese milioni di morti di fame. Non per nulla a Macron i tumultuanti hanno chiesto di riprendere il controllo del paese. Proprio come a Hong Kong il ribellismo è tutto in nome di un ritorno del colonialismo britannico e, ora, anche yankee.

Libano non solo: nitrato d’ammonio contro Siria, Iraq, Iran

Non c’è “manifesto”, o altra velina atlanto-sionista, che sottolinei l’imbecillità dell’idea che Hezbollah, massima forza di difesa dei popoli dell’area, collochi i suoi armamenti in un porto, oltre tutto pieno di esplosivo chimico, oltre tutto sotto controllo totale dell’ultradestra armata cristiano-israelo-maronita dei Gemayel e Geagea. Né rilevano il fatto accertato che a questo governo, con un presidente cristiano, ma patriota e ministri e robusta presenza parlamentare di Hezbollah, i controllori del più grande porto di Tripoli abbiano occultato l’esistenza di quel nitrato d’ammonio. Forse anche perché arrivano prove di come esso fosse usato per gli ordigni confezionati dai mercenari antisiriani e antilibici e per i recenti ripetuti attentati a installazioni industriali e commerciali in Iran. Tutto si tiene.

 

Il ritorno della “Grandeur”

Emmanuel Macron, con un governo francese che, come per la Libia bombardata da Sarkozy, dal Sahel al Medioriente si fa mosca cocchiera del revanscismo colonialista, è riuscito a presentarsi come salvatore del paese (naturalmente dagli Hezbollah), raggranellando ben 230 miserabili milioni di dollari di aiuti. Con i quali conta di ricomprarsi il Libano, uno dei nodi strategici del Medioriente. Elemosina schifosa, con schiaffone in faccia a una nazione che la sua parte ha offeso, umiliato e distrutto centro volte in cent’anni. Dal canto suo i benefattori del FMI hanno condizionato i loro 11 miliardi di prestito all’eliminazione di ogni traccia di Hezbollah e alla svendita, per ripagare il debito, dei vastissimi beni del paese, a partire dal suo immenso patrimonio immobiliare, dalle banche alle società dei servizi, dai porti e aeroporti. E soprattutto che si obliteri l’idea che il Libano possa costituire il principale passaggio dall’Est all’Ovest della vituperata e temutissima Via della Seta cinese.

Elemosina agli sguatteri, aiuti agli umani

Su un piano un po’ diverso si collocano i tre grandi aerei da trasporto russi, carichi di soccorsi, atterrati a Beirut a poche ore dall’attentato. Cina e Iran preparano grandi investimenti per rimettere in piedi le infrastrutture, con i cinesi impegnati meglio di altri, nei porti. Lo stesso Iran e la Siria, nonostante rimanga squartata e incendiata, sono in primissima fila negli aiuti, con Tehran che ha allestito un ospedale da campo e macchinari e la Siria che, nonostante gli Usa continuino a bruciarli i campi di grano, fa arrivare generi alimentari. Tanto più urgenti dopo che l’attentato ha distrutto i silos che contenevano le riserve di granaglie. Ne avete sentito parlare dai vostri media?

Bielorussia, chi vince è un dittatore

 
 
   

Sulla terza vittoria di seguito del presidente Bielorusso Aleksandr Lukashenko, con l’80% dei voti contro i 6 virgola qualcosa dell’avversaria Svetlana Tikhanovskaja (una Carneade il cui unico merito era di essere la moglie di un candidato finito in prigione per corruzione, naturalmente un “martire” per l’Occidente), c’è poco da dire. I dittatori del pensiero unico, distruttori del mondo a forza di guerre, sanzioni, fame ed epidemie, coloro che ingabbiano i loro e altrui popoli in una Vergine di Norimberga fatta di menzogne e condizionamento fisico-mentale, quando vince uno fuori dall’ordine da loro costituito o programmato, vince con i brogli ed è un dittatore. E le proteste che subito vengono innescate e magnificate sono quelle dei democratici. Come nel Venezuela quando Guaidò ci provò con Maduro, o las Damas de Blanco, fidanzate dei fasciomafiosi di Miami, contro Fidel.

Lukashenko, come Vucic di Serbia, ha l’imperdonabile colpa di governare un paese che, situato, come Ucraina, i Baltici, i Balcanici, addosso alla Russia, diversamente dagli altri va per conto suo (anche rispetto a una gelosissima Russia) e non marcia sotto le insegne a stelle e strisce. Anzi non pratica nemmeno il turbocapitalismo neoliberista e, crimine assoluto, non ha seguito le procedure da Coronavirus, finendo meglio in termini di contagi e decessi, a dispetto di niente lockdown, campionato di calcio con pubblico e parata nazionale con folla. Salvando così l’economia dei suoi piccoli e medi e non finendo con l’affamare il popolo. Quelli che all’umanità danno esempi del genere (vedi Nicaragua, Svezia, tanti paesi africani, Giappone più o meno) fanno uscire dai gangheri la Vedova Nera. Da cui le livide scempiaggini che vi arrivano dai nostri schermi e giornali. Come dall’impeccabile democratico Ignazio La Russa.


 Italia peggio di allora


Non fosse che poi le cazzate le paghiamo sulla nostra pelle, ci sarebbe da farsi prendere da crampi spasmodici di riso a seguire le imprese del nostro regimetto. Pare un istrice con gli aculei puntati in tutte le direzioni. Vittima, insieme a tutta la confraternita del buon vaccino, di una tranvata come quella, a Berlino, del milione degli anti-pandemia di balle (si ripete il 29 agosto!), ha reagito da vipera pestata sulla coda. Ritorsione al veleno sono i nuovi picchi di contagi, di positivi (gente che non ha niente, ma viene dichiarata malata dal tampone) e di morti (tuttora negati all’autopsia e onni-includenti). E ovviamente non c’è niente da temere dei cari migranti che arrivano come cavallette, chi con Covid, chi indirizzato alla mafia nigeriana e che il manifesto vuole disseminati sul territorio anzichè concentrati nei lazzaretti-bomba galleggianti.

La colpa è tutta di quegli scapestrati che si sono permessi una vacanza a Monaco, o in Istria. La colpa è dei giovani, meno vittime dell’ipnosi di massa diffusa dai gas propagandistici e che perciò si riuniscono al mare, o in piazza. Vivono, come ne hanno diritto. E’ dunque occorre abbassare di colpo l’età media dei contagiati, dei positivi, qualunque cosa queste due parole false e bugiarde significhino.  Ormai solo i boccaloni masochisti ci credono, e il picco rischia di essere quello della gente che ha capito come contagiati, positivi e decessi si producano inclinando di qua o di là il pallottoliere dei tecno-scienziati, a seconda se le persone siano sufficientemente spaventate, o si danno alla presa di  coscienza.

Modello Italia

Ma il buffo, o, se volete, lo scandalo sta nel come nei confronti degli sparapanzane nominatisi esperti, lo sparamanette al governo rivendichi il primato delle fandonie e i suoi lustrascarpe mediatici ce lo assecondino. Così quando i titani della scienza chiedono la zona rossa per due centri lombardi stroncati da guai cardiorespiratori, innescati dalla camera a gas in cui sono stati ridotti a vivere dallo “sviluppo”, il tirannello leguleo traccheggia, misurando i pro e contro rispetto ai competitors lombardi e all’opinione pubblica. Poi, come nel caso dei trafficanti di presunti naufraghi di Open Arms, per cui se l’è cavata con grande eleganza morale scaricando il “sequestro” sul solo Salvini, piagnucola che non glie l’avevano detto. Credibile e nobile, in entrambi i casi, quanto Sciaboletta quando separa il suo destino da quello del Duce. Sono mediocri, ma sanno essere feroci, certi aspiranti caudilli.

 

Cos’è che gridava l’astuto Bracardi?

Infinitamente sospetto di complotto contro tutti noi, già solo per aver secretato gli atti che hanno sconvolto e, perlopiù, rovinato la vita degli italiani da zero a cent’anni, solo per obbedire a chi ci ritiene tutti obsoleti e ridondanti, quest’omino in preda alla sindrome di Caligola, senza averne le qualità, ha poi disatteso il minimo di credibilità attribuibile al Comitato tecnico-scientifico. Quando questo suggerì di limitare la reclusione alle tre regioni infette, travalicando quel minimo di oculatezza scientifica, chiuse in casa e perseguitò per strada 60 milioni di italiani, fin nelle regioni dove il Covid non s’era neanche affacciato al cancello. Il motivo essendo – e qui da ridere c’è davvero poco – non l’epidemia e la protezione da essa, bensì una prova generale di ingegneria sociale destinata a ridurre i cittadini in sudditi, reclusi, se del caso e puniti, annullati in quanto faccia e persona, peggio, molto peggio del grezzo fascismo. Proprio come previsto per tutti dalla Vedova Nera. Ingegneria sociale inghirlandata da bonus a tutto spiano, compreso quello che assegnava 600 euro, poi 1000 alle partite Iva in difficoltà.

Solo che questi, non si sa se più ruffiani o pasticcioni, a tale bonus non hanno fissato un tetto. E così se lo sono fregati cinque parlamentari e 2000 amministratori sul territorio. Degna classe dirigente, degna di degno premier. E’ il “Modello Italia”, bellezza

“In galeeera!”

Allora, con la scusa di salvarci dal nazifascismo, ci misero in mano a quelli della trasumanza nel biotecnofascismo, la cui preparazione fu affidata a mafie, Vaticano, Gladio, governanti arruolati da costoro. Il che dovrebbe portare Pippo Conte e un sacco di gente  sotto processo e noi al Manzoni dell’Adelchi, un genio più veggente di Tiresia.

Roma:Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha…


Passa la voglia di ridere anche ascoltando che allo Spallanzani, nella fregola di arrivare primi col vaccino, danno 700 euro al “volontario (diciamo pure morto di fame) che rischia la ghirba accettando di sottoporsi alla sperimentazione del vaccino. E’ dichiarato impunemente “genetico” e sperimentato solo in vitro e sui disgraziatissimi animali, detti altamente rassicuranti per quanto diversissimi dall’uomo. Genetico vuol dire che riguarda la mappatura genomica, quella che produce profili genetici. Il vaccino genetico li può modificare. E così avremo finalmente l’”uomo nuovo”. Quello che era quasi riuscito al Talidomide della farmaceutica tedesca Chemie Gruenenthal, con i suoi neonati focomelici e privi degli arti. Peccato che venisse ritirato dal commercio nel 1961.

L’Adelchi continua così:

Domani, al destarvi, tornando infelici,
Saprete che il forte sui vinti nemici
I colpi sospese, che un patto troncò.
Che regnano insieme, che sparton le prede,
Si stringon le destre, si danno la fede,
Che il donno, che il servo, che il nome restò.


Sono 75 anni da quando Gli Usa scagliarono sul Giappone le bombe atomiche. Centinaia di migliaia di morti, allora e nei decenni. Solo per ridurre alla sottomissione l’URSS.  Poi 75 anni di aggressioni ininterrotte. Un’ecatombe che ha reso modeste tutte le precedenti  Credete davvero che si possa mai e poi mai, nei secoli dei secoli, dar retta a una sola parola, a un solo gesto, a una sola azione, a una sola indicazione di uno Stato capace di questo? E dei suoi corifei?

sabato 8 agosto 2020

Basta riavvolgere il filo ----- BEIRUT: CHI, COSA, DOVE, QUANDO, PERCHE’ ----- Mia intervista a caldo a Byoblu e riflessioni successive

 

 

“La fiducia dell’innocente è lo strumento più utile al bugiardo(Stephen King)

https://www.youtube.com/watch?v=JTNC2hmR_BM  

Disinformare evitando il contesto

Intervista fattami da Edoardo Gagliardi di Byoblu (aprire con CTRL e clic sul link), a poche ore dalle due esplosioni che il 4 agosto hanno distrutto il porto di Beirut, ucciso circa 150 persone, ferito altre 5000 e devastato gran parte della capitale libanese. Qui si tratta di un primo giro d’orizzonte lungo le domande che, codificate un tempo dalla stampa anglosassone, un qualsiasi cronista dovrebbe porsi. Le risposte dovrebbero inserire il fatto con le sue coordinate nel suo contesto ambientale, politico, geopolitico, temporale, storico. Un’abitudine da lungo tempo persa, o piuttosto abbandonata, dalla stragrande maggioranza della stampa nazionale e occidentale, che, in omaggio agli interessi dei suoi editori e referenti politico-economici, preferisce fornire le risposte da costoro richieste. Avendo attraversato più di mezzo secolo di pratica giornalista per un notevole numero di testate stampa, radio e televisive, sono testimone di questo trapasso.

Libano, la preda negata


E ho potuto anche essere testimone di ciò che è culminato ora a Beirut: una storia dei popoli arabi che, liberatisi dal gioco coloniale europeo, da quel momento subiscono la ritorsione, via via più feroce e letale, degli ex-colonialisti, dei quali hanno preso la guida due nuove presenze innestate in Medioriente, Usa e Israele. A Beirut sono arrivato la prima volta venendo dalla Palestina della guerra dei Sei Giorni, trovando un paese florido, culturalmente vivacissimo, risparmiato dall’aggressione israeliana, in cui 500mila profughi palestinesi, un’intellettualità progressista dalla ricca pubblicistica, strati popolari resi coscienti dal contesto antimperialista, tenevano testa a una cricca interconfessionale di corrotti speculatori e alle bande terroristiche, sostenute da Francia, Usa e Israele, della comunità cristiano-maronita.

Media dei gatekeeper: guardare dall’altra parte

Poi ho percorso il paese tante volte. Nella guerra civile 1975-1990, come inviato di “The Middle East” alle varie invasioni israeliane, insieme a Stefano Chiarini, il grande giornalista del “manifesto”, in perenne conflitto con la linea ambigua di quel giornale, a testimoniare l’orrore di Sabra e Shatila e raccontare la nuova resistenza di Hezbollah. Inviato di guerra nel 2006, nella Beirut rasa al suolo dai missili e dalle bombe di Israele e tra le file dei combattenti Hezbollah, quando per la seconda volta, l’invasore fu battuto e dovette ritirarsi dal paese, sconfitto da una guerriglia di contadini. Rievoco questo, per offrire al lettore una base di competenza. Quella che nella superficialità, tendenziosità, manipolazione, decontestualizzazione dei servizi su Beirut dei giornalisti italiani è rigorosamente, ostinatamente assente e la si cercherebbe invano tra le allusioni, accuse, accostamenti nei quali vengono fatte svolazzare riferimenti a Hezbollah (organizzazione terroristica per gli USA), Siria, Iran e all’inetto, e perciò correo, governo libanese che non avrebbe custodito adeguatamente il deposito di nitrato d’ammonio al porto. Tutto, per non vedere l’impronta, l’interesse e l’obiettivo dell’immancabile sospetto numero uno. Quello che nasconde la mano, ma non il compiacimento. Quello di sempre.

Subito un Pietro Valpreda

Trump ha immediatamente parlato di attentato per le due esplosioni di Beirut. Il Pentagono, sostenuto da tutta la conventicola del Deep State e, come è fisiologico nell’era del neoliberismo globalizzato, da quasi tutta la stampa europea, ha insistito sull’incidente determinato dalla trascuratezza dei governanti libanesi. Un video inconfutabile illustra la presenza di un drone nei cieli sopra il porto prima degli scoppi. Tecnici degli esplosivi, sulla base della forma a fungo della seconda, più potente, esplosione, e della coloratura dei fumi sprigionatisi, parlano di ordigno termonucleare, di mini-atomica, quanto meno di missile caricato a uranio impoverito. L’ambasciata canadese fa circolare sui social questo messaggio, poi rapidamente rimosso: “Si tratta di una bomba all’uranio impoverito (il rosso dei fumi). Dite a tutti i vostri cari di allontanarsi e di non inalare. Muovetevi in direzione opposta a quella del vento”.

Analogo l’invito sui social subito partito dal Centro Medico dell’Università Americana di Beirut: “Tutti in Libano rimangano in casa… Dall’aspetto delle fiamme, l’esplosione risulta da esplosivo a base di acido. PER FAVORE RIMANETE CHIUSI IN CASA”.

Resta da chiedersi chi, nell’area, dispone di armi di tal fatta e, magari, ne ha già fatto uso? Chi è il massimo specialista mondiale di attentati terroristici, bombardamenti a piacere (suo), minacce di obliterazione? Basta porla la domanda e la risposta scatta come la molla di una trappola per topi.

A chi conviene

Quasi sempre il cui prodest indica la strada da percorrere per arrivare alle responsabilità. Come nel caso delle Torri Gemelle, della finta battaglia nel Golfo del Tonchino, dell’incendio nazista del Reichstag, di Piazza Fontana, o del capolavoro P2-Servizi a Bologna. Né il Libano, né le sue forze di difesa, popolari o governative, hanno mai attaccato nessun altro paese, tanto meno i suoi aggressori. Semmai si sono difesi, o hanno rivendicato propri territori. Discorso che vale per altri paesi martirizzati o demonizzati: Libia, Siria, Iran, Egitto, Algeria, i paesi del Sahel, Russia, Cina… Tutte le aggressioni dal dopoguerra ad oggi sono dell’Impero, delle sue succursali e dei suoi sicari. Terrorismo compreso.

40 anni di attacchi israeliani

Negli ultimi 40 anni Israele ha invaso il Libano nel 1980 (la strage di Sharon a Sabra e Shatila è del 1982), nel 1992 e di nuovo nel 2006. In tutti i casi lo Stato ebraico è stato sconfitto da Hezbollah, formazione patriottica a maggioranza scita appoggiata dall’Iran, non senza che prima avesse raso al suolo Beirut con bombardamenti a tappeto, disseminato il Sud Libano di mine che continuano a uccidere e a mutilare bambini e contadini, utilizzato armi proibite, chimiche, che lacerano e fanno incancrenire gli organi interni dei colpiti (lo evidenzia il mio documentario su quella guerra, Delitto e Castigo”, terzo di quelli in cui ho unito i destini di Libano e Palestina, dopo Patria Palestina” e Fino all’ultima kefiah”). Tutto nell’assenza assoluta di reazioni da parte della “comunità internazionale” e dei suoi organi di garanzia e nella completa indifferenza della cosiddetta Missione di Protezione, Unifil, di cui tanto vanto si mena da noi e di cui non si capisce perché sia installata nel paese più volte aggredito e non in quello aggressore.

Beirut 2006, colpita dai bombardamenti

Il rinforzo dei “colorati” all’attentato

Hezbollah, la meglio organizzata e più numerosa organizzazione civile e militare, è stata in tutti questi anni il presidio della libertà, indipendenza e integrità libanesi, come lo è con i suoi combattenti per quelle di Siria e Iraq. Per annientare questo semisecolare e finora insuperabile scoglio sulla via del Nuovo Medioriente, intento perseguito fin dagli anni 60 e mirante alla frammentazione dei maggiori Stati arabi lungo linee etniche e confessionali, si è tentato di tutto. Rivoluzioni colorate fomentate dalle élite maronite filo-francesi e sostenute da Israele, sia agli inizi del millennio, sia recentemente e addirittura riprese adesso, in funzione di depistaggio dal carnefice alla vittima, quando ancora i fumi delle esplosioni non si erano dissipate Riappare, come in tutti i casi analoghi, il pugno sorosiano di Otpor.

 “Colorati” a Beirut

Manifestanti violenti, subito riattivati, che provano a invadere il parlamento per proiettare al mondo l’immagine di una responsabilità interna libanese, di governo e parlamento, nei quali si deve intravvedere la figura prominente di Hezbollah. Ovviamente i media italioti, PR dell’atlantosionismo, innescano la quarta, mentre la quinta è come sempre appannaggio della mosca-cocchiera del “Deep State, “il manifesto”

Le motivazioni: la corruzione della classe politica (effettivamente imputabile a tutti, ma non ai parlamentari e governanti Hezbollah), lo sfascio economico, la crisi sociale. Espressione massima del tasso criminale di quell’istituzione sovranazionale finanziaria che è il FMI, era stato il ricatto allo Stato sovrano libanese per cui, o si sarebbe liberato con tutti i mezzi (!) di Hezbollah, forza politica democraticamente eletta e da decenni partecipe del governo, o gli 11 miliardi di dollari di prestito se li sarebbe sognati. Sono i propositi di chi ha tagliato la giugulare alla Grecia.

Beirut, il colore dell'uranio impoverito

Un collasso nazionale perseguito da “fuori”

Tutto questo viene, dai “colorati”, imputato al governo, insieme all’esplosione del deposito di nitrati d’ammonio, immagazzinati dal 2013, provenienti da una nave sequestrata e abbandonata dal suo armatore, un russo di Cipro, sul quale imbastiscono ora miserevoli speculazioni i nostrani invasati di Russiagate. La crisi libanese viene da lontano e, senza negare responsabilità di una classe dirigente certamente inadeguata, ha ben altri responsabili. 15 anni di sanguinosa guerra civile, innescata dall’alleanza in fieri tra Israele e i satrapi del Golfo, tra destre maronite e sinistre popolari patriottiche e palestinesi che ha minato alla base lo sviluppo e la stabilità del paese. Poi, sotto il Primo Ministro Rafik Hariri, voluto dai sauditi (come poi suo figlio e successore Saad), una ricostruzione all’insegna della speculazione/devastazione immobiliare che ha cancellato il patrimonio storico di Beirut, ha cementificato e inquinato, fatto di Hariri il quarto uomo più ricco del mondo, indebitato il paese oltre ogni limite e impoverito ulteriormente le masse popolari del Sud.

Come non bastasse, agitazioni sociali promosse dai ceti privilegiati, l’invasione israeliana del 2006 e la distruzione del centro delle maggiori città e di gran parte delle infrastrutture del paese a forza di bombardamenti. A mantenere il paese sotto pressione, ricatto, terrore, come a dimostrare il proprio rispetto per il diritto internazionale, aerei israeliani penetrano quotidianamente nello spazio aereo libanese, minacciando di ripetere le stragi del 2006 e quegli orrori che, con analoga frequenza, infliggono alle popolazioni della Siria.

Il precedente di Hariri, per eliminare il protettore siriano

Episodio centrale di un nuovo tentativo di destabilizzazione, nel 2005 Rafiq Hariri, uomo dei sauditi, salta per aria sul lungomare di Beirut grazie a un attentato di alta tecnologia che lascia un cratere di 10 metri x tre, fa a pezzi lui e altre 20 persone. Il postribolo mediatico atlantico-sionista punta il dito sulla Siria. La pressione è tale, che Damasco decide di abbandonare il paese, del quale fin lì era stato il garante militare contro le aggressioni interne (Falange maronita) ed esterne (Israele). Cui prodest? Svanita, per lampante inconsistenza, la pista siriana, ci si accontenta di Hezbollah. Un Tribunale Speciale sul Libano viene prontamente costituito all’Aja sul modello di quello, di esaltante integrità giuridica, sulla Jugoslavia, dai verdetti preordinati da Washington, tutti contro i serbi e che, trovatolo incolpevole, ha lasciato morire in carcere, per rifiuto di cure, il presidente patriota serbo Slobodan Milosevic. Naturalmente nessuno all’Aja, e neanche nei nostri media, prenderà in considerazione l’unico dato di prova emerso: Il video registrato da Hezbollah che riprende i mezzi della sorveglianza aerea israeliana sul luogo dell’attentato nel suo preciso attuarsi e una registrazione audio israeliana che illustra il percorso del corteo di Hariri prima che stesse per compiersi.

Le coincidenze funzionano sempre e, così, la nostra premurosa stampa, riempite le testate di riferimenti a Siria, Iran e Hezbollah, si accorge che, guarda un po’, l’esplosione su cui vien fatto aleggiare il sospetto scita, accade proprio a pochi giorni (18 agosto) dalla sentenza che i lealissimi giudici dell’Aja pronunceranno a carico di 4 ragazzi Hezbollah (in absentia) accusati allo scopo.

Netaniahu annuncia l’operazione

 Il 27 settembre del 2018 il primo ministro Benjamin Netaniahu illustra all’assemblea generale dell’ONU, con tanto di cartina del'aeroporto di Beirut, la zona in cui gli Hezbollah stoccherebbero le armi. Siccome la stessa affermazione l'ha fatta a proposito del deposito di nitrato d'ammonio al porto, evidentemente intendeva anche quello come bersaglio. Dice che lì sono depositati i missili di Hezbollah, attribuendo a questi protagonisti delle istituzioni libanesi la criminale demenza di collocare un rischio apocalittico ai piedi delle sedi in cui opera e tra la gente che ne costituisce la base sociale. Il baro israeliano ribadisce la stessa credibilità  di quando, sempre all’ONU, esibì un ridicolo disegno della “bomba” iraniana, ormai pronta. Lui, che di ordigni nucleari ne ha 400 e che, insieme agli altri caporioni dello Stato sionista, ha ripetutamente promesso la distruzione definitiva, sia di tutto l’Iran, sia delle infrastrutture del Libano.

Il premier incriminato per una serie di delitti e che ha un evidente bisogno di riscattare la sua figura di corrotto maneggione, prepara il grande diversivo? Trump lo sa quando pronuncia la parola “attentato”? Il Pentagono e l’Intelligence lo occultano quando smentiscono?

Contro lo scoglio Hezbollah un classico: bombe e fame

Militante Hezbollah

E’ davvero umiliante, alla luce abbagliante delle evidenze, dover ribadire al cialtroname mediatico l’elementare logica per cui nessuno fa saltare la poltrona su cui siede, né favorisce il nemico dichiarato, collocandosi da solo alla colonna infame con sotto le chiappe una bomba fine del mondo. Hezbollah trae la sua forza dalla difesa del paese, dalle vittorie sull’aggressore e dalla vasta rete di assistenza sociale che, in assenza dello Stato, fa sopravvivere nella crisi, anche da Covid, decine di migliaia di poveri libanesi e profughi palestinesi e siriani. I rifornimenti dal porto, unico vero sbocco verso l’esterno, di importazioni e aiuti alimentari sostenevano questa rete e impedivano una carestia dalle proporzioni inimmaginabili. Ora il porto non c’è più e, alle sue spalle, l’infrastruttura logistica di magazzini, carico e scarico, percorsi e mezzi di distribuzione, è polverizzata.

Mentre Pompeo, Macron, Johnson, versano lacrime e promesse di “non vi lasceremo soli” (tipo Mattarella, Renzi, Gentiloni, Conte, dopo il terremoto), qualcuno i libanesi, dopo gli attentati, le carneficine belliche, i sabotaggi colorati, ma anche le sconfitte subite sul campo come “esercito più potente e morale del mondo”, pensa di prenderli per fame. E’ dura con la Siria, l’Iraq, la Libia, l’Egitto, l’Iran. Si riparta dall’anello più debole. E da colui che conta sui suoi cittadini perché, preda del solito delirio di guerra, fermino i giudici che lo vogliono sbattere in galera.

Tornando al “contesto”, concetto familiare ai nostri amanuensi incaricati di vergare incunaboli da fregamondo quanto lo sono le onoranze funebri a sciacalli e avvoltoi, sono tanti i fili che vanno tirati per ricostruire la ragnatela. Come ci ha insegnato la più grande delle insegnanti italiane, Maria Montessori: vedere i dettagli, scoprire le connessioni.  Inevitabilmente si arriverà al centro, alla Vedova Nera che tesse i fili. Delle guerre, delle depredazioni, dello sradicamento e sballottamento di popoli, del globalismo, della depopolazione, del terrorismo, perfino del Covid.


giovedì 6 agosto 2020

Numeri da sballo dal Covid al Recovery Fund e al milione di Berlino ----- VENGHINO, SIGNORE E SIGNORI: GRANDE SPETTACOLO DI ACROBATI, GIOCOLIERI, ILLUSIONISTI ------ E qualche rettifica nell’intervista di Vox Italia TV al sottoscritto

“La verità è tradimento in un impero di bugie" (George Orwell)

https://www.youtube.com/watch?v=wYlDLIN2McQ   Vox Italia TV intervista Fulvio Grimaldi sulle urgenze del presente tra Covid, 5G e sovranità

NO CENSURA

Una premessa che riguarda Facebook e Mr. Zuckerberg. Personalmente non avrei gravi motivi per lamentarmi del trattamento riservato ai miei articoli, spesso di segno politicamente scorrettissimo e antagonista rispetto all’Ordine prevalente. Solo in un paio di occasioni in cui, per motivi davvero futili e, come sempre, non esplicitati, sono stato bannato per qualche giorno. Provvedimenti cui ho reagito con l’avvertimento di ricorrere agli strumenti legali e sindacali (da giornalista) a mia disposizione e che, da allora, non si sono ripetuti. Ora però si apprende di censure indebite inflitte da questa impresa privata a suoi legittimi e corretti utenti per pura discriminazione politica, di visualizzazioni di pagine e profili non graditi che vengono filtrate e ridotte artificialmente (anche a me?). Ed è oggi la notizia dell’odiosa rimozione d’autorità del post in cui un noto medico palestinese definiva eroina un’infermiera della stessa nazionalità per aver salvato vite nella spaventosa esplosione di Beirut.  

A questo punto si pone l’urgente necessità di formare un nucleo di giuristi, assistito da un centro di informazioni, che si ponga il compito di individuare, denunciare e perseguire tutte le violazioni e gli abusi che dai padroni dei social vengono perpetrati ai danni degli utenti. Un compito che, nell’ambito della professione giornalistica, avrebbe dovuto essere assolto già da tempo da parte dell’Ordine dei Giornalisti nei confronti dell’alluvione di fake news somministrataci giornalmente dai media detti “mainstream”.

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Media: climax e anticlimax

Pensavamo di aver visto e letto tutto? Di aver raggiunto l’apice, il vertice, l’estremo, il non plus ultra? O, come dicono i fichi vernacolari, il top, il climax, il peak, il summit? Eravamo convinti che il giornalismo italiano (non solo) avesse superato, dopo le guerre per la democrazia e i diritti umani, il pericolo islamico, i migranti “salvati da naufragio” e “in fuga da guerra fame e dittatura”, la pandemia sterminatrice, ogni capacità di inventiva? Che la sua capacità di manipolazione, falsificazione, occultamento, distorsione e imbroglio avesse svergognato perfino gli inventori della Donazione di Costantino, delle reliquie del sangue di Cristo, delle schegge della sua croce, della Sacra Sindone, delle stimmate di Padre Pio, della pietra filosofale, della filantropia di Bill Gates?

Con i numeri del Coronavirus, in cui milioni di sanissimi e innocui positivi diventano decine di migliaia di contagiati malati e l’ambiente umano intorno a noi si riempie di minacciosi untori; dove tutti i decessi transitano, obbedendo disciplinatamente all’ordine ministeriale di evitare accertamenti autoptici, da senza virus, o con virus in insignificante aggiunta a patologie terminali, a morti DA virus. Cui venivano poi addizionati i morti sicuramente a causa del virus, non perché l’avessero, ma perché, con la scusa del virus, erano strati rinchiusi e privati delle necessarie cure, del sole, del movimento.

Pippo come Cesare, prima di Crasso e Pompeo


Breve accenno agli altri numeri miracolosi, grazie ai quali al maestro delle cerimonie di Corte, Pippo Conte, governatore di un paese allo sfascio, sono stati tributati gli onori di Giulio Cesare di ritorno dalle Gallie. Per una divertente eterogenesi dei fini, lo strangolato dagli usurai, viene fatto passare per nipotino beneficiato da Paperone. Gli è dunque dovuta la proroga fino a metà ottobre del suo e loro biotecnofascismo e, impropriamente, per altri quattro anni, la leva di comando sui servizi segreti (che si sa a cosa siano addetti, da Piazza Fontana, ieri, a Beirut oggi).

Della truffa di un Fondo Recupero (Recovery Fund, per i fichi vernacolari) che non ci metterà neanche più le pezze al culo, ma incatenerà ciascuno di noi, solo e a vita, a una tastiera con schermo, sotto tiro del 5G, avete già sentito le controindicazioni. Dai 1.500 miliardi, per riparare i danni dell’Operazione Coronavirus, dopo l’intervento dei regimi pidocchiosi del Nord, s’era scesi alla metà. Di questa, la maggioranza doveva essere a fondo perduto (regalia, per senso di colpa da virus) e una parte minore in prestito. Poi il senso di colpa è svaporato, le proporzioni si sono invertite e per noi la quota buona si è ridotta a 80 miliardi, a partire da 2021 inoltrato. Di questi 80, se teniamo conto del nostro dare e avere con l’UE, solo una trentina emergeranno dal rosso. In compenso il nostro rosso stellare, con le rate in scadenza entro l’anno, ci divorerà molto prima. Vedi qui.

https://www.sinistrainrete.info/europa/18360-guido-da-landriano-recovery-fund-un-sommario-di-tutti-i-veri-dati.html da “Sinistra in rete”


Ci sono quelli che stappano champagne, non al Papeete (il cui figurante di punta va a processo per aver fatto l’unica cosa giusta della sua vita, condannato, tra l’altro, da chi aveva condiviso il suo blocco dei negrieri), bensì tra Nazareno e Sant’Ilario. Strafatti di bollicine, straparlano di “massa immensa di miliardi in arrivo”, senza condizioni. Come quelle del MES, che ti congelano il conto appena non fai le riforme transumane e subumane che servono; o quelle del Recovery, appunto, dove, micio micio, hanno inserito la formuletta, già occultata da Vittorio Colao (Vodafone) nel suo “report” di 121 capitoletti: digitale (5G e poi 6G) per tutti, ovunque, sempre. Altrimenti piccioli stop, nisba, nix, niet.

 Dove sono le Fake News?

 



Chiudo riandando all’argomento 1.agosto a Berlino (un’altra mega-manifestazione contro le misure governative è annunciata per il 29 agosto) . Ecco qualche titolo di tutti i media (al solito, il più carino è dell’ultra-destro “il manifesto”), che, nella loro infinita costernazione e sconfinata capacità di mistificazione pro domo regis, avevano ridotto il milione e passa di smascherinati manifestanti per la libertà/verità e anti-Operazione Coronavirus, a qualcosa tra i 10 e i 20.000. Tutti, poi, neonazi e “negazionisti” , ovviamente anche dell’olocausto. Volutamente ignari che la stessa polizia berlinese aveva comunicato, in un primo tempo, la cifra di 1,3 milioni di persone.

Ora si dà il caso che i tedeschi, non solo si sono posti all’avanguardia della battaglia umana contro il più gigantesco imbroglio, dai tempi di Ramsete II. Quello pro-assembramento del potere dei pochi e pro-distanziamento definitivo di gran parte dei tanti. Ma, come da tradizione riconosciutagli, sono anche più precisini e meticolosi di tutti gli altri. Così eccovi da fonte ineccepibile, tecnoscientifica senza padroni, un video in cui si sono messi a confronto data e ora della foto diffusa dai media di regime sulla manifestazione di Berlino e un’altra che i media hanno occultato e che però si è fatta strada nella salvifica rete.

https://www.youtube.com/watch?v=m4nwVnvexc8&app=desktop video confronto fra foto

https://youtu.be/4qDftjOZgXE video autentico manifestazione Berlino

Non sapete il tedesco? Non importa. Capirete che la foto di Stato è falsa perchè non riproduce la marcia del milione del 1. Agosto, ma quella dell’inizio della Loveparade del 12 luglio 1997, quando il concentramento non era ancora finito. Le ombre determinate dalla posizione del sole dimostrano che questa foto è stata scattata due ore prima dell’inizio dell’evento del 1.agosto.

Ha ragione il bravo Califano (e, prima di lui, Leopardi): “Tutto il resto è noia”.

 

 


lunedì 3 agosto 2020

LIBERTA’, L’AVANGUARDIA STA A BERLINO ----- BIOTECNOFASCISMO, L’AVANGUARDIA STA A PORTLAND



I nostri media: “a Berlino 15.000 negazionisti”
https://twitter.com/i/status/1289506873251528704   (si apre con CTRL e clic sul link)

A Portland  “manifestazioni liberal-pacifiche"
  

Tedeschi? Tutti nazisti!
Forse, dopo che intorno a 800mila cittadini tedeschi, sbavagliati e demuseruolizzati, di ogni età, provenienza, identità sociale e sesso, hanno marciato sotto gli occhi del mondo e del Bundestag (non dei nostri media), palazzo della Merkel e dei suoi compari della dittatura viral-digitale,  per il viale Unter den Linden di Berlino, all’insegna della parola d’ordine “Fine della pandemia – Giornata della libertà”, qualcuno la smetterà. La smetterà di spaccarci le gonadi con i film dove ogni tedesco, in uniforme o meno, urla e sbraita come un licantropo cui abbiano pestato un piede. La smetterà di dare del nazista a ogni tedesco nato prima del 1945 (e anche dopo). La finirà con il ripetere i deliri di Paolo Barnard e tanti altri conclamati “bio-storici” per i quali il nazismo sta nel DNA di ogni tedesco. Compresi Beethoven, Leibnitz e Goethe. Si stancherà delle rievocazioni strumentali dei 6 milioni di vittime, finalizzate a ricattare un’intera nazione con un debito perpetuo, politico e finanziario, e a distogliere l’attenzione da genocidi in corso compiuti dalla propria parte.
Il totale rovesciamento del paradigma lo ha dimostrato, con acuta consapevolezza “tecnicoscientifica”, una bandiera con la nuova svastica sventolata dai manifestanti.

 
 La svastica del controllo, del vaccino, della mascherina, del digitale.


Quasi un milione di persone in Germania si sono riunite il 1.Agosto  nella capitale (1,3 milioni per i giornali locali, 750mila per chi ha misurato, 15mila per le “autorità” e tutti i media italioti, possiamo generosamente mediare sul mezzo milione)) a conclusione di una serie di manifestazioni di massa, iniziate a Stoccarda e che hanno poi percorso città e paesi dal  Reno all’Oder, dal Brandenburgo all’Alta Baviera.
E’ il tasso di contagiosità dell’insurrezione anti-covid tedesca si è subito dimostrato di molto superiore a quella del povero virus: a Londra, il giorno dopo, immediata ripetizone sotto forma di catapulte di negazionismo (evviva!) sparate da migliaia di persone contro l’operazione e il suo simbolo, la mascherina:



E’ la stampa, bellezza!
La nostra informazione, nella sua indefettibile lealtà all’Ordine costituito, ha dato ancora una volta il meglio di sé. Nella conferenza stampa tenuta due giorni prima dell’evento epocale tedesco da Sara Cunial alla Camera dei Deputati (ve ne ho mandato ieri il video), le era stata riconosciuta la qualifica di Ufficio Pubbliche Relazioni dei Poteri, laici e clericali, formalmente legali e effettivamente criminali, più o meno abusivamente costituiti.

Da dove viene quel fetore?

 
Mantenendo pienamente fede a tale suo ruolo, questa eccellenza nella comunicazione del Biotecnofascismo in evoluzione grazie a Covid, ha provato, a forza di riprese strettissime, con non più di una dozzina di presenze umane, di ridurre quella immensa massa antagonista a 10-15.000 irresponsabili complottisti e negazionisti. All’estrema destra (”il manifesto” e gli oligopoli mediatici di Elkann, Cairo, De Benedetti, Berlusconi) non è sfuggita l’occasione, una volta di più, per percepire, dal quasi milione di comuni cittadini smascherinati e manifestanti contro la menzogna e per la libertà, il presunto tanfo dei neonazisti dell’AFD, di ultradestri, sovranisti, populisti e complottisti ontologici vari. E soprattutto di “negazionisti”, termine che accosta ognuno delle centinaia di migliaia ai negatori dell’olocausto che, come è noto, vanno incarcerati. E, come si diceva che la bellezza sta nell’occhio di chi guarda, qui si deve proprio dire che il fetore sta nel naso di chi annusa.

Slogan centrali: contro le mascherine, per la libertà

Non avendo ancora perfezionato la separazione del grano degli asserzionisti dal loglio dei negazionisti in merito a Covid-19 e transumanesimo digitale, le Piattaforme della rete hanno dovuto lasciar passare ben altre cifre e altre vedute su quanto di sconvolgente, nell’assetto programmato per la nuova società globale, è avvenuto ed è partito, si spera, da Berlino. Il che non ha impedito alla “Verità”, pure unico giornale che qualcosa di marcio nell’Operazione Virus l’ha percepita e l’aria di regime che gira l’ha denunciata, di ridurre la prima grande manifestazione contro i virusiani a misera fotonotizia in quinta. Pari sollecitudine del governativo-orgasmatico Foglio Quotidiano. La nuova “Repubblica” di Elkann, primatista comprovata di Fake News, ha fatto sfoggio più di spavento che di sfregio alla professionalità, tacendo il fatto del tutto. Mentre “il manifesto” una colonnina ai cattivi “negazionisti” germanici l’ha dedicata, ma sempre nell’ambito di una impostazione come piace al Deep State USA.

Si tratta, nel caso del foglio, sovvenzionato da inconsapevoli cittadini, come da banche e multinazionali dell’energia fossile e digitale, della zanzara cocchiera dell’intero schieramento mainstream di destra, tutta estrema, e, dunque turiferaro del pandemista Conte. Comprensibile l’entusiasmo italofilo del “New York Times”, organo talmudista e vessillifero di ogni pandemia, virale e bellica. Oggi scioglie inni e fumiga con incensi i cervelli degli sprovveduti, in onore della giunta Conte e della sua formidabile inventiva nella numerazione di “contagiati” e decessI  che gli ha consentito di immediatamente rispondere con un nuovo “allarme rosso” ai nazinegazionisti di  Berlino.

 
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Corriere della Sera online 
·         ESTERI
GERMANIA
Coronavirus, a Berlino 15mila negazionisti in corteo contro le misure anti-Covid
Tra i manifestanti anche no-vax ed estremisti di destra. Hanno marciato senza mascherine e senza distanziamento fino alla Porta di Brandeburgo all'insegna della «Giornata della libertà»

Grazie, Germania, danke
I tedeschi hanno mostrato direzione e partecipazione. Hanno riproposto a noi tutti l’identità di resistenti, nemici di quanto tra Bilderberg, Davos, Big Pharma e Silicon Valley, con il concorso di nani da giardino politico-mediatico-culturali, si è andato complottando. Sbilanciandoci neanche troppo e alla vista dell’apocalissE anti-umana, programmata da questi cavernicoli usciti dai laboratori dove si è coltiva un darwinismo alla rovescia, potremmo dire che hanno aperto la via alla rivoluzione. Da noi di rivoluzione necessaria parlano Sara Cunial, Davide Barillari e pochi altri con, per ora, poco seguito. Tutti gli altri hanno rosicato, e alla grande: La destra estrema, che si fa passare per sinistra (dal “manifesto” agli altri media, coristi di regime e chierichetti dell’impero), gli omologhi bigotti clerico-atlantisti della destra moderata. E, ben separati sui loro strapuntini, le mummiette in dissoluzione che si arrogano il titolo di estrema sinistra, seccati per essere stati distolti dalle loro novene per migranti e molteplicità arcobaleno dei generi.

Il Virus si schianta al Ministero degli interni
Per ora quella di Merkel e soci è stata una risposta tra ipocrito-democratica e impotente. La polizia ha proibito la manifestazione, impedendo all’ultimo oratore di parlare, quando era praticamente finita. Il ministro degli interni ha promesso “provvedimenti” (a 750mila?). Ma sommessamente, dato che ancora gli incombe il disastro di quella “Coronavirus Kommission”, con le massime autorità accademiche tedesche di medicina, sociologia, economia, giurisprudenza, cui aveva affidato una relazione su come il governo aveva “risposto alla sfida”. La relazione produsse la valutazione unanime che il governo aveva sbagliato tutto e che gli effetti erano stati disastrosi. Il ministro, atterrito, proibì la prevista pubblicazione del documento. Ma non mancò il solito, prezioso, “whistle blower”, la gola profonda dotata di coscienza, che spifferò l’intero rapporto a un giornale. E fu il patatrac. Quello che probabilmente ha contribuito ad alimentare l’evento di Berlino e la diffusa insofferenza dei tedeschi.


Da noi, facendo leva su un’opinione pubblica più per fila destr (come marcia la “sinistra” liberal-imperialista), la reazione alla crepa aperta sabato nel Bundestag da mani opposte a quelle utilizzate nell’incendio del Reichstag nel 1933, è stata più scomposta e viperina. Le istituzioni rimaste in campo dopo lo sterminio della Costituzione, Primo Ministro non eletto e Presidente della Repubblica eletto da elettori scomparsi, hanno attivato le ombre del parlamento, il Golem detto Comitato tecnico-scientifico, e l’apparato propagandistico che qualcuno si ostina a chiamare “giornalismo”.

Correre ai riparti, grida manzoniane

E così, sostenuto da grida manzoniane sulla ripresa della peste, dei suoi “contagiati” (gli asintomatici che malati non sono e che, quindi, possono essere moltiplicati all’infinito) e dei suoi morti (basta metterli dentro tutti a forza di tamponi che rilevano un virus per quanto innocuo), il potere ha immediatamente bastonato chi pareva traballare sulla prosecuzione del terrorismo. Tipo le Ferrovie che ai signori chic delle Frecce Rosse avevano consentito di tornare a occupare tutti i posti in carrozza. Guai! Per i tecnoscienziati con i galloni dei feldmarescialli si torna ai signori tutti distanziati come prima, anche peggio. I pendolari, ammassati come sempre, non contano.

Ma, a parte le solite stronzate, una cosa serissima l’hanno perfezionata. I quattro sciagurati che si sono messi insieme per fare il mazzo all’umanità intera sentono scricchiolare qualcosa. Roditori che ne raschiano il fonDo della barca. Terrorizzati dall’incresparsi del mare che si aspettavano di navigare piatto, aumentano il tasso di terrorismo da seminare tra i pesci per indurli a rifugiarsi nella rete. Dopo la vecchia “Task Force Fake News” degli “esperti” all’orecchio di Conte Pippo, fakenewisti d’antan a caccia di giornalisti veri, immediatamente approvata anche la Commissione d’inchiesta parlamentare sulle Fake News. Dal ridicolo di scribacchini di regime, reclutati per fare i delatori di contravventori agli ukase tecnoscientifici, a una commissione che ancora meglio si attiene al modello orwelliano del “Ministero della Verità”, con grande scorno dei nostalgici del troppo tollerante Minculpop. Si scherza, ragazzi, ma occhio a questi. Malfattori mediocri, ma senza pietà. Quante teste, penne, voci, telecamere, schiacceranno, ora che sentono bruciargli il fondo dei pantaloni dai popoli del mondo che stanno prendendo coscienza dell’inaudito imbroglio. Che incominciano a capire e a muoversi, oggi qui, domani làqui e là, io amo la libertà
e nessuno me la toglierà mai...


 E’ assai istruttivo dare un’occhiata, dopo il video della dimostrazione di Berlino, a quello sui moti di Portland, Oregon, simbolo e culmine di quanto è avvenuto a Seattle e che ancora prosegue in tante città americane. Resi immuni da ogni sospetto di eterodirezione e strumentalizzazione, grazie alle targhe “Black Lives Matter” (figlia adottiva delle Ford Foundation) e “Antifa” (vestita e armata da Soros), i violentissimi tumulti a danno più di cittadini, negozianti, amministratori, che di brutali poliziotti, devono spianare la strada al più corrotto e demente dei Democratici, Biden, presentando all’elettore una nazione in corso di combustione da Covid e razzismo per colpa dell’incerto su Covid e guerre Trump.
 Per il nostro giornale unico e la nostra radio-tv unica la manifestazione anti-Covid è quella dei cattivi, la jacquerie che sta devastando il paese, la rivolta dei buoni. Sono il riflesso assolutamente fedele del giudizio che ne danno i Bill Gates, Soros, Rockefeller, Biden e i suoi Democratici, Obama e i suoi Clinton, Bezos, Zuckerberg e soci, la Cia, il Pentagono, Pompeo, Wall Street, George Soros e quant’altro sta muovendo i fili dei burattini da vaccinare tutti, con tanto di identità digitale sottopelle, e da tenere ognuno per conto suo a digitare da casa. A non far danni. Le iniziative di Sara Cunial e collaboratori, scienziati e giornalisti veri, non potevano venire in un momento migliore.