sabato 19 settembre 2020

Un po’ di oblio, un po’ di Covid e Porta Pia non c’è più ----- BERSAGLIERI CONTRO LA PIU’ LUNGA E SANGUINARIA MONARCHIA ASSOLUTA ----- 20 settembre 1870, fine del Pensiero Unico. Una data, una breccia, uno spirito che servirebbero oggi. E un’autocelebrazione

 Un po’ di oblio, un po’ di Covid e Porta Pia non c’è più

 

BERSAGLIERI CONTRO LA PIU’ LUNGA E SANGUINARIA MONARCHIA ASSOLUTA

 

20 settembre 1870, fine del Pensiero Unico. Una data, una breccia, uno spirito che servirebbero oggi. E un’autocelebrazione

 


 Porta Pia, 1870

https://www.youtube.com/watch?v=DKNcX_Z6rO4,  Fanfara.  CTRL + CLIC SUL LINK

 Fanfara e piume al vento

Che io alla leva dei 18 mesi abbia fatto il bersagliere, Primo Reggimento Bersaglieri, e perchè abbia scelto quel corpo, può interessare nessuno, se non qualche rattrappito reduce, o qualcuno cui venga l’uzzolo di sfottermi per militarismo. Bene. Io quella mia esperienza la collego non solo a mie personali ragioni e vicende, ma, e questo può essere interessante, ai paralleli che la Storia stabilisce oggettivamente tra quanto accadde allora e quanto succede oggi, a quanto facemmo allora, e quanto stiamo facendo, subendo, volendo, oggi. Dalla temperie della nazione che vuole superare divisioni e dominii interni ed estranei, a quella di una nazione che, 150 anni dopo, torna a dover superare divisioni e dominii prepotenti, dogmatici ed estranei, con tanto di collaborazionisti e vendipatria, come allora.



A scuola, astutamente, ci hanno privati della Storia dell’Arte, segno della nostra identità, e della Geografia, segno di come stiamo nel mondo. Da quando, con il digitale, ci hanno ridotto alla minorità alfabetica, costretta a tecno-balbettare nel presente, in tempi sempre più forsennati, ci è rimasto solo il presente, un presente peraltro misero come una noce marcita. Così il passato è passato, ce lo siamo persi,. Anzi, ce l’hanno rubato. E non sappiamo più da dove veniamo e, dunque, chi siamo, cosa vogliamo al di là della connessione velocissima, e dove andiamo.

 1957

Bersagliere del Risorgimento e bersagliere della Nato

Certo che, nel 1957, non è per questo che mi sono fatto bersagliere. Si diceva da noi, “bersagliere a vent’anni, bersagliere tutta la vita”. Già, ma da bersagliere di quei tempi! Mica di quelli delle vergogne colonialiste, o che la repubblicaccia di oggi manda in giro a uccidere e a morire sotto comando USA-NATO, in odio ai popoli liberi.

Bersaglieri a difesa della Repubblica Romana, 1849

 I miei bersaglieri erano quelli di Porta Pia contro il papa re che si voleva tenere il potere temporale e un gran bel pezzo d’Italia e, a chi non ci stava, gli mandava contro i gendarmi a tagliar teste, o i borboni, francesi, austroungarici, a seppellirli sotto le bombe. Erano i bersaglieri che accorrevano a Mentana e alla difesa della Repubblica Romana, quella del ‘48 e della costituzione davvero più bella del mondo; che volavano davanti a tutti nelle battaglie del Risorgimento, che, avanguardie rivoluzionarie, si ammutinavano nel 1920 ad Ancona, e poi con il popolo di tutta Italia, contro Giolitti che voleva fare la guerra all’Albania. E non pote’ più farla! E tutto il mummificato e corrotto regime liberale andò in pezzi. E le città e le fabbriche venivano occupate dai rossi. Prima di Togliatti.

Maiali, volete vivere in eterno?” (Federico II Hohenzollern)

 I bersaglieri di quel generale Lamarmora che, primo comandante al mondo, abolì i massacri dissennati dell’avanzata in file fitte fitte, quelle per le quali si veniva falciati come grano dal fuoco nemico. Insegnò ad attaccare in pattuglie di soli tre, sfruttando la copertura del terreno, risparmiando vite a migliaia. Primum vivere! Vinse su strateghi, teorici della guerra e generaloni di mezza Europa. Non vinse sugli scellerati Cadorna e Diaz che, quarant’anni dopo, riattivarono le mattanze.

Alessandro Lamarmora

Fin da bambino: mi piaceva correre , tanto da poi diventare fondista. E i bersaglieri correvano. Tanto e sempre.Per un anno e mezzo non ho fatto che correre. Era bello e salutare. Correvano i corpi, mica le connessioni. Mi piacevano le bande e quelli suonavano la fanfara, suonavano stupefacentemente correndo, con le piume svolazzanti, e la gente ci si commuoveva e gridava “Viva i Bersaglieri!”, davano un senso di patria/matria. E i ragazzini gli correvano appresso saltellando..

 “Bersagliere a vent’anni, bersagliere tutta la vita”

Son cose che rimangono, al di là del mutazione politico-morale sopravvenuta, quando spirito e fisionomia vennero corrotti in mercenariato bellicista (grazie D’Alema). E rimane la botta al tiranno nel Vaticano e la fine di un’Italietta, “espressione geografica” (Metternich) spezzettata tra feudi, camarille aristocratiche, contee, marche e predazioni imperialiste. Sentite il coro dell’Adelchi di Alessandro Manzoni:

Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti,
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor....

S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha...

E dovrebbe rimanere nella nostra memoria, nel nostro immaginario collettivo e, quindi, nella coscienza e nei propositi, quanto si volle e si fece, appena un secolo e mezzo fa. Lo si volle e fece anche perchè nel nostro bagaglio emotivo e intellettuale c’erano, a torto o a ragione (tocca sempre guardare al contesto) la Roma della Repubblica, della resistenza ai barbari (compresi, a mio vedere, quelli cristiani), i liberi Comuni, i vespri siciliani, il modello francese del 1789, i moti della prima metà dell’800.

Radici recise, pianta secca

Diffidate a priori di coloro, i globalisti, che vi danno del “sovranista” e vengono per rapirvi la memoria, cancellando, occultando, diffamando. Lasciandovi inermi ed esanimi nel presente del TINA (“There is no alternative”). Vi tagliano le radici. Dopodichè non saprete mai più chi siete e faranno di voi ciò che vogliono. Non sta forse succedendo?

 1958

 1958 con, per primo, il caporale Amati, leccese, grande bersagliere, grande amico

Insomma, i 18 mesi di militare di leva erano sicuramente meglio che il successivo mercenariato volontario di mestiere. Intanto un colpo di Stato con quelli di leva, contadini, operai, studenti, impiegati, tutta una generazione, non riesce. E per molti era la prima e a volte l’unica, ottima, occasione per conoscersi tra italiani di varia estrazione geografica e di classe, di unirsi nella sopportazione di inedite fatiche e assurdità, nella resistenza a superiori imbecilli o tracotanti, a condividere le libere uscite in compagnia, a cantare insieme correndo e a dirsi le cose che facevano male e quelle che facevano bene. Io, poi, grazie a un commilitone amico, della mia stessa Firenze, cambiai la mia opinione politica nel suo opposto, quella di oggi. E imparai anche cose che mi sarebbero state utili molto più tardi.

1970 (prescritto) A qualcosa la leva era servita

Dopo il Papa, il Covid contro Porta Pia

I sacrosanti festeggiamenti della Breccia del 1870, dell’unità completa raggiunta, a dispetto di un potere della superstizione che rivendicava il potere temporale su terre e cittadini, vengono organizzati dall’Associazione Nazionale Bersaglieri. Sono stati rinviati al 2021, causa Covid-19. Brutto segno. Un nemico impiegato da rinnegati contro il popolo e la sua patria. Come già quello del 1930. Era stata festa nazionale, laicissima, fino a quell’anno, quando Mussolini regalò al Vaticano i famigerati Patti Lateranensi. ”Scurdammoce ‘o passato...”

Dieci anni prima della Breccia, era stato proclamata l’unità nazionale nella forma di Regno d’Italia. Erano stati spazzati via i Borboni, ancora oggi impropriamente rimpianti, cacciati gli austriaci, neutralizzati i francesi e tolti di mezzo i vari conti, duchi, dogi, del mosaico italico. Il paese finì nelle mani di una dinasta che, al netto del liberale Cavour, era la peggiore, più incolta e ottusa, tra quelle che erano rimaste inchiodate al trono in Europa. E ancora si discute se Garibaldi, alla luce dei rapporti di forza e degli atteggiamenti popolari, avesse fatto bene a dire “obbedisco”, o se avesse potuto marciare su Torino e poi su Roma, accelerando di molto i tempi e il giusto e il buono.

Fanfara contro canto mariano



Fatta l’Italia nel 1860, dopo quasi un millennio di aspirazioni e sforzi, restava quel bubbone incistato in Roma. I bersaglieri non riuscirono a farlo fuggire, come nel 1848, quando Pio IX scappò a Gaeta, sotto il borbone (tornò e commissionò al noto cardinale Antonelli una strage di romani che si erano voluti liberi, come non si era vista dal tempo del Sacco di Roma). Riuscirono, però, a togliergli dalle grinfie lo Stato della Chiesa (Lazio, Umbria, Marche, Romagna) e a impostare un mezzo secolo di politica anticlericale e anche antireligiosa.


 Nell’estate del 1870 erano andati a schierarsi tutt’intorno a Roma cinque divisioni con 50mila uomini, agli ordini dei generali Rafaele Cadorna (non l’inetto macellaio, suo figlio, del 1915) e Bixio. Il 12 settembre le truppe italiane violarono i confini dello Stato Pontificio. Il comandante di quel feudo papale, Kanzler, rispose all’intimazione di resa di Cadorna con un “Difenderemo lo Stato con tutti i mezzi”. A chi avesse aperto il fuoco sulla città, il papa minacciava la scomunica. Per evitarla, il fuoco dei cannoni sulle mura fu fatto aprire al capitano Giacomo Segre, ebreo.

Oggi, quale breccia ?

Nella breccia aperta a 50 metri da Porta Pia irruppe un battaglione di bersaglieri. La sua fanfara si scontrò con un canto mariano dei gendarmi pontifici dall’altro lato delle mura. Quasi immediatamente, lungo tutta la cinta muraria, si levarono bandiere bianche. Lo Stato Pontificio si era arreso. L’Italia tutta divenne laica. Più nessun infedele, eretico, apostata, agnostico, ateo, fu perseguitato, ostracizzato, frustato, incarcerato, condannato e ucciso.

Ci sono voluti 150 anni e due guerre mondiali perchè qualcuno riattizzasse il bubbone e lo potenziasse a metastasi, permettesse il ristabilimento del potere temporale sotto forma di trame oscure, proprietà immobiliare immensa e occulta e massima conncentrazione della ricchezza del mondo (e il Segretario di Stato, Parolin, da Bilderberg). Perchè a forza di guerre al sesso, alla droga, al terrorismo e, ora, alla libertà e alla vita tramite Covid, il potere, aprocrifamente detto spirituale e quello apocrificamente nominatosi temporale e pubblico, si congiungessero in un nuovo assalto alle libertà, alle verità, alla ragione. In quanto ghibellini, durarono di più quelli del Medioevo.  

Cosa aveva previsto Manzoni?


giovedì 17 settembre 2020

Grillo come Licio Gelli. Grillini come la P2? ------ REFERENDUM: MENO PARLAMENTO, PIU’ CONTI, PRINCIPI, DUCI

 

 


 No, quelli veri, quelli spuri

Basterebbe la presenza di una Bonino, di un Saviano, di Prodi o Veltroni, anche di una sola Sardina, nello schieramento del “no al taglio dei parlamentari” per indurci a votare l’opposto. Ma non basta che in una questione sacrosanta si intrufolino personaggi spuri, con le loro motivazioni spurie, perché quella questione diventi melma. Li ignoriamo, ci ripuliamo della melma e ricominciamo da dove avevamo cominciato: più, o meno parlamentari?


 
SI’, quello degli zanzaroni lanciato dagli zanzaroni

Non è forse sacrosanto il SI’ al referendum sul taglio degli zanzaroni succhiasangue? Ma, a pensarci, non sono proprio questi zanzaroni, che da sempre ci pungono, gli uni e gli altri, e non solo con gli aghi, per una questione che quelli dei 5Stelle hanno tirato fuori come ultima spiaggia,  per riprendersi un po’ di popolo gabbato e alla quale si sono uniti di slancio i democristiani del PD, con dietro il solito schieramento belante della stupidità di gregge?

 La melma, la bratta, il guano (vedete che faccio di tutto per circumnavigare il termine che rischia di farmi bannare da Facebook) vengono lanciati sul popolo onde gli si imbrattino gli occhi e non riesca a vedere l’ennesima fregatura con la quale gli sottraggono un altro pezzo di libera scelta. Dopo quel quasi niente che gli era rimasto dopo le tagliole e i ceppi impostigli con la scusa delle varie guerre globali: contro l’AIDS, contro la droga, contro il terrorismo, contro i popoli governati da “dittatori”, contro il virus; poi per i diritti umani, lo sradicamento dei popoli con i trafficanti ONG, la democrazia, le donne, i LGBTQI e, insomma, il pensiero unico.

 

Un uomo, molte stragi

Il futuro dell’Italia tra Gelli e Grillo. 

E’ nientemeno la riesumazione di uno dei capisaldi del Piano di Rinascita del maestro P2, Licio Gelli. Anche lui voleva la “riduzione del numero dei parlamentari”. Anche lui, come Grillo, voleva “cambiare tutto”. Ci pensate, Di Maio, Grillo e compagnia cantante come la cosca massonica fascista e terrorista creata da CIA e Gelli!

E’ quanto allora a Gelli, venditore ambulante, tra l’Italia mafiofascista, l’Argentina dei generali e gli Stati Uniti, della Cupola mondialista che aveva innestato la quarta, venne negato, a Grillo minaccia di riuscire: fare del nostro paese l’avamposto della globalizzazione imperialfascista che, poi, sarebbe diventata bio-tecno-totalitaria. Ci volevano una classe politica, un parlamento, un governo, una gran parte della magistratura, una stampa, del tutto omologhi. Un’accozzaglia indegna per incompetenza, scandalosi conflitti d’interesse, ferocia antipopolare (detta antipopulista), che però rappresenta con efficienza gli indirizzi dei poteri transnazionali e la peggiore combinazione dei quattro poteri che si sia vista dall’unità d’Italia.

 Un paese di rinnegati

Dopo le grandi speranze tradite dal PCI, dai suoi infiltrati e dai suoi figli e nipoti apocrifi, arriva il trauma paralizzante e castrante del megainganno a cinque stelle, altrettanti buchi neri. Imbroglio grillino sfacciato quanto la peggiore lapdance, nel quale anche il sottoscritto era caduto, abbagliato dalla buona volontà e dal buon cuore della pur variegata base. C’è il tradimento di tutte le premess/promesse su cui si era fondato il consenso del 33% degli elettori ambiente, guerra, UE, Grandi Opere, giustizia (boss liberati, De Matteo...), rapporti internazionali autonomi, sovranità. Il momento clou viene con l’apparizione sul proscenio del comico ”Illuminato” in versione buffone di corte di Bilderberg. Politicamente nudo, vestito di mascherina, algoritmi e megabite, totalmente distanziato dai suoi elettori, alla rincorsa di una sposa decrepita e maleodorante per restare a galla nella palude.

 L’Italia degli italiani e l’Italia dei monnezzari

Scrivendo del voto di Domenica-Lunedì sono ripiombato nella melma. Da cui mi ero nettato qualche giorno fa, fisicamente e mentalmente, nel pensiero e nei sentimenti, scappando nella storia e nella bellezza. Un viaggetto niente male, che vi racconto in due parole e che, vero balsamo dello spirito, consiglio anche a voi, contro tutti coloro che complottano per confinarvi nel presente e nel brutto. Poi torneremo subito al referendum.


 
Vi offro alcune immagini del passato che vive e resiste nel presente e ci fa attraversare l’infernale palude Stigia, nella stagione del nostro sconcerto, su un vascello di gioia e bellezza.

 Prima tappa laziale: il Parco di Ninfa. Un prodigio di felice creazione e fusione di arte e natura nel dialogo tra pensosi, ma dialoganti. ruderi romani e medievali, sposati dall’uomo, rispettoso di entrambi, in un matrimonio la cui armonia, ricchezza di temi di conversazione e felicità poche coppie saprebbero eguagliare.

 

Sermoneta

Seconda tappa: Sermoneta, un gioiello urbanistico medievale assolutamente integro, proprio sopra Ninfa, che la famiglia Gaetani, proprietaria del Castello dal 1.100 ad oggi, e i suoi cittadini hanno saputo mantenere vivo. Ogni edificio, laico, ecclesiastico, privato e pubblico, le vie, le scalinate. maestose o intime, le piazze e piazzette, formano un insieme razionale e poetico da vera estasi. E che non ha niente di museale perchè, insieme al vissuto, c’è la sua continuità nell’identità. Non un borgo antico diroccato, abbandonato per la criminale corsa alle più degenrate parti delle città, e che, magari, uno storico dell’arte un po’ stralunato vorrebbe ripopolare con quelli deportati dai monumenti di Timbuctù

 

Sabaudia

Terza tappa: le città della Fondazione. Sono, da molti secoli, le prime create ex-novo.  Quando mi dicono che “Mussolini non ha fatto niente di buono”, dicono una cosa così stupida da oscurare anche le malefatte del dittatore. In un regime durato vent’anni anche Ivan il Terribile qualcosa di buono avrà fatto. Nell’agro pontino bonificato (alcuni pensano sarebbe stato meglio lasciare le paludi) ci sono queste nuove città create da architetti e urbanisti di una scuola, quella del razionalismo, che fu ammirato modello nel mondo. Sono passato per Sabaudia, Pontinia, Aprilia, quale del tutto integra e ben tenuta, quale un po’ sgarruppata e quale devastata dal successivo urbanesimo democristiano e caltagironesco.

 


 
 Aprilia

E’ una vera immersione nella fusione tra il costruire moderno e quello della classicità mediterranea in felice evoluzione. Città di generose ampiezze, di chiaroscuri, di vette torreggianti e profondità, i suoi convessi e i suoi concavi, gli spazi porticati che chiamano a percorrerli e a sostarvi e incontrarsi. Anche con le ombre in toga che vi si celano. Un mondo di luce e pace. Il ricordo delle piazze metafisiche di De Chirico. Fin dai viaggi del bambino e poi del giovane, ne ho tratto un senso di serenità e agio, come leggere una bella poesia, dove sostare fuori dal tempo.

Meno parlamentari, più duce


 
Referendum, cos’è in gioco

Ho divagato, pardon. Ma vogliamo inserire un attimo di gioia nel frustrante contestaccio in cui ci confinano e che domenica e lunedì, nel voto, ci ridurrà una volta di più a presunti e turlupinati decisori democratici? Che dire? Per le regionali non posso che augurare alla nazione che questa banda di malfattori, servi e sicari dei delinquenti globali, riceva da quella che si dice “opposizione” (e mi mordo la lingua) una mazzata da gelarne i bollori sociocidi e vendipatria. Idem per la riduzione dei parlamentari. Dove però i fronti sono tre, mischiati: gli amici del giaguaro un po’ per il sì, un po’ per il no; gli utili idioti (dalla mascherina in poi la maggioranza) che pensano di punire la “casta” con il sì; e gli occhiuti del no, che hanno capito il giochino.


 
Quanto alla riduzione dell’oltre 36,5% dei parlamentari, a 600, mi viene da sghignazzare se penso agli spiccioli dei 57 milioni risparmiati all’anno, a fronte di quanto sarebbe stato quantitativamente, ma soprattutto qualitativamente, più valido e redditizio il taglio di almeno metà degli emolumenti di questi rappresentanti delle rispettive segreterie. Senza neanche parlare dei dobloni rifilati, sotto e sopra banco, alla famigliola dei clienti e sponsor, o di quelli regalati per le Grandi Opere a Coop o Impregilo.

 E’ un’operazione di infima demagogia “populista” che volge nel suo contrario il sacrosanto disgusto per i lazzaroni succhiasanguedel Palazzo, di cui proprio i suoi inventori si sono resi complici, deformandolo in disgusto per le istituzioni.

 Fidarsi di Cinque Buchi Neri?

Intanto non mi fido più dei Cinque Stelle parlamentari, neanche per accompagnarmi ad attraversare la strada. Col rischio che mi metta sotto quel TAV cui hanno concesso libero transito in Val di Susa. Non mi fido più di coloro che, in combutta con la cialtroneria politico-sociale-culturale storica con la quale giocoforza convivevamo bene o male, ci hanno chiuso tutti nella gogna di un virus. Virus nutrito a tamponi fasulli che lo trovano dove non c’è ed è mantenuto in vita dall’Intelligenza Artificiale, cosiddetta.

 Se dicono NO al taglio i Prodi, i Veltroni, i Salvini e Giorgetti convertiti dell’ultima ora, ma tutti fratelli nella setta dell’(ab)uso di Terra ed esseri viventi a vantaggio proprio e dei loro signori, è perchè di più peones disponi, in un sistema in cui, al posto del popolo, sono i capibastone ad eleggere i LORO rappresentanti, pià controlli il territorio e di più clientes acquisti il voto.


Il NO onesto e ragionato constata che meno parlamentari ci sono e più ha mano libera un governo che, come il nostro, a forza di pseudo-tecnici, complicità clericale e DPCM, si è preso mano libera per fare il peggio che gli pare (e il superconnesso grillino, Casaleggio Davide, non si è permesso di vaticinare un prossimo superamento del parlamento?). Quindi parlamento ridotto nella rappresentatività e nel ruolo. Se ne avvantaggiano i nostri padroni e costrittori: il ridicolo parlamento europeo, la Commissione, il Consigrlio, i casinari vernacolari dei consigli regionali, organismi supernazionali vari.

Il NO onesto e ragionato constata che il taglio (della Costituzione, prima ancora che degli eletti) riduce in misura stravolgente e antidemocratica la rappresentanza di interi territori, per la quale le regioni più piccole, sottorappresentate, avranno in parlamento vocine scarse e flebili. La Liguria anzichè sei, di seggi ne avrebbe uno. Si potenzia il controllo dei capi-partito e si riduce il pluralismo politico. Per un parlamentare ci vorranno una marea di voti in più: accentuazione della distanza tra eletti ed elettori, quella che già ha radicato nella gente l’idea di casta, lassù, nell’Olimpo.

Lo sbarramento al 5% della legge elettorale che accompagna questo parto deforme e la fiducia costruttiva, spazzano via i piccoli e nascenti (non sempre saranno solo Calenda e Renzi)e potenziano l’intero assetto verticistico, che i parlamentari siano 945, o 600. Tenendo anche presente che di quei 600 un buon centinaio passerà dal legislativo all’esecutivo, tra ministri, viceministri, sottosegretari e bonzi vari.


La manomissione della Costituzione tentata da Renzi, riempiendo il Senato di parvenue vernacolari, prosegue con questa operazione a Cinque Buchi Neri. E non è sicuramente che l’inizio, visto quanto hanno combinato Conte e mandanti in questo scorcio di bio-tecno-totalitarismo. Scrive Carlo Galli, storico della dottrine politiche a Bologna: “Questa riforma è l’ennesima di una strategia anticostituzionale. E banalizzare l’attività costituente che dovrebbe invece essere il più alto esercizio politico. La fine del rispetto per la Costituzione è in realtà la fine del rispetto di un popolo per la qualità della propria esistenza politica”.

 A forza di riforme...

A forza di riforme, infatti, ci ritroveremo, belli belli, con un parlamento controllato da cacicchi, regioni differenziate, più o meno separatiste, che si faranno le scarpe tra loro e allo Stato e l’inevitabile uomo solo al comando. Il “Piano di Rinascita Democratica”di Licio Gelli, dei postfascisti, della Cia, della Cupola, del Vaticano, con 44 anni di ritardo. Complimenti, Grillo.

domenica 13 settembre 2020

Bambini di troppo

 https://youtu.be/8AWD8i9yXTo

BAMBINI DI TROPPO

 

In questa prima metà d’ottobre, alla mobilitazione contro l’Operazione Coronavirus e a quella contro il 5G e la digitalizzazione pervasiva universale, si è aggiunto con forza il tema dei bambini e ragazzi, nelle scuole e fuori.

Si delinea chiaramente un assalto delle forze del Nuovo Ordine Mondiale ai settori più vulnerabili e deboli della società umana. Pesantemente colpiti gli anziani attraverso la negazione di cure fondamentali e anche salvavita con l’arma della detenzione in casa, creato un esercito milionario di nuovi disoccupati soprattutto nelle fasce di età matura e senza prospettive alternative, ora questi necrofori si concentrano sui bambini e ragazzi. Ne pervertono e demoliscono  lo spazio fondamentale dello sviluppo, della maturazione e della socializzazione con gli strumenti sociocidi del distanziamento e dell’occultamento mascherato, preteso per  preservarli da un pericolo immaginario, ma onnipresente.

I responsabili  e profittatori di questa operazione di annichilimento transumano si tirano appresso un’armata di utili idioti del “progresso attraverso l’innovazione tecnologica”. E su questo settore della società che tocca agire per riconquistare il terreno perduto e passare alla controffensiva.

Il video di cui qui sopra il link vuol dare un piccolissimo contributo.

Fulvio


venerdì 11 settembre 2020

“Match” video tra un pro-5G e me; Il 5G e l’albericidio ----- QUANDO UN UOMO CON LA VERITA’ INCONTRAUN UOMO CON LA BUGIA, L’UOMO CON LA BUGIA E' UN UOMO MORTO ----- 5G, a Roma, sabato, contro i negazionisti (Video e pagine)

 


Vengo dalla conferenza stampa di presentazione della manifestazione “Stop 5G” di Roma, Piazza del Popolo, 12 settembre, dalle 15.00. Conferenza stampa alla Camera dei Deputati organizzata da Sara Cunial di R2020. Quello della Cunial e di Davide Barillari è il nuovo movimento politico, uscito dal M5S, che è oggi assolutamente l’unico a riflettere e rappresentare le istanze, l’opposizione e la rabbia popolari contro le strategie che attaccano e minano salute e libertà.  

Alleanza Italiana Stop 5G

Ottimo l’inizio di Maurizio Martucci, presidente dell’Alleanza Italiana Stop 5G (che avremo anche a una nostra iniziativa pubblica in Tuscia a ottobre), con il sacrosanto rovesciamento al mittente della definizione, intesa infamante, di “negazionista”. Negazionista è, invece, inconfutabilmente e irresponsabilmente chi si ostina, per loschi motivi di interesse, sussidarietà o subalternità, a negare gli effetti della connessione di quinta generazione su salute, ambiente, umanità.

Martucci ci ha illustrato le mille e mille iniziative contro il 5G, i 300 comuni che si sono opposti, le 340.000 firme consegnate a Speranza per fermare una tecnologia minimamente verificata, l’ostinato accanimento silenziatore di media e politica, il rifiuto di ogni dibattito aperto alle differenze, anche le più prestigiose e titolate, lo scandalo di un premier che si permette di vendere le radiofrequenze senza consultare medici e opinione pubblica coinvolta. Approfittando del Lockdown, con il decreto “Salva Italia” si è dato il via a nuove installazioni. Con il decreto “Semplificazioni” si è sottratto ai sindaci il diritto e la responsabilità di governare la sanità pubblica. Come è stato anche denunciato dalla sindaca Domenica Spinelli, di Coriano (RN).  



Conflitti d’interesse scandalosi sono quelli esibiti nel “Piano Colao”, uomo di Vodafone e di Verizon, il colosso USA, quando sollecita l’abolizione del limite dei 6volt/metro per l’inquinamento elettromagnetico e una digitalizzazione universale. Qualsiasi invito alla prudenza e al principio di precauzione, rivolto al governo e al Capo dello Stato è stato ignorato, perfino quando proveniva dai malati oncologici delle cui patologie si conoscono le origini elettromagnetiche, “la più grave e pericolosa sperimentazione mai condotta nel mondo”.

Comitato Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà”

Ugo Mattei, del Comitato Stefano Rodotà, un “commilitone” nella battaglia in Val di Susa contro il TAV, già protagonista della campagna vittoriosa per l’acqua bene pubblico, denuncia come il 5G, al di là degli inni alla velocizzazione forsennata delle connessioni, metta in questione il modello di riproduzione della vita sul nostro pianeta. Nel contrastare questo modello, nel chiedere come priorità la costituzione delle scuole in oasi incontaminate dall’inquinamento elettromagnetico, anche alla luce della vulnerabilità di organismi in formazione, si deve assumere il ruolo di avvocati delle generazioni future. Generazioni ignorate a chi si preoccupa esclusivamente del presente.

Osservatorio Scuola

Per l’Osservatorio Scuola dell’Alleanza Italiana Stop 5G, il prof. Andrea Grieco, vicepreside di un istituto milanese, da 25 anni impegnato sull’inquinamento elettromagnetico, è vero quello che temeva Einstein,: “Il giorno in cui la tecnologia andrà oltre l’umanità, il mondo sarà popolato da idioti”. Corriamo il rischio antropologico di una nuova specie, anche nella diffusione incontrollata della DAD, didattica a distanza, in una scuola “transumana”, che sostituisce al rapporto tra esseri umani, nel momento cruciale dello sviluppo della persona e del cittadino, quello con la macchina. La tecnologia deve restare al servizio dell’umano, non viceversa, come succede con ragazzi inchiodati davanti a schermi per 5-7 ore al giorno, a cui si aggiungono quelli della didattica. E’ la sindrome Sicomori: i ragazzi si chiudono in camera e non escono più. Non solo 5G, ma 5G integrato a Intelligenza Artificiale, bioingegneria, dittatura sanitaria, fa in modo che la scala tecnologica sia diventata più breve di quella culturale e che la prima abbia assunto la guida della seconda.



Mi pare che i motivi per correre ai ripari, per resistere, anzi per una controffensiva, ci siano tutti e che ce ne siano anche di più per ritrovarsi in Piazza del Popolo sabato, 12 settembre. Quell’orribile imposizione che è il distanziamento sociale, è anche un ossimoro, perché del “sociale” è la negazione. Ci si vuole fare introiettare l’idea che distanziarsi è bene. Siamo alla neolingua di Orwell “1984”. Teniamone conto quando ci riuniamo in piazza.

In video le nefandezze sociali, sanitarie, ambientali dei 5G

Giorni fa su Vox Italia TV, con Francesco Toscano, nella trasmissione “Match” mi sono in-scontrato con Raffaele Barberio, specialista di comunicazioni elettroniche sulle quali dirige “Key4big”, quotidiano online dal nome criptico quanto le intenzioni dei promotori del 5G. Per me si trattava di colmare una lacuna che spesso manca quando ci si confronta con quelli della connessione ultrarapida e totalizzante: gli effetti sociali, sociologici, antropologici, morali e culturali che il 5G, tornado del digitale che tutto travolge, infligge all’umano e punta a trasformarlo. Per gli aspetti sanitari e tecnici lascio la parola ad altri.

https://www.youtube.com/watch?v=IoTXqy4sA0E&t=10s da Vox Italia TV

5G: Fulvio Grimaldi contro Raffaele Barberio

 


Al video di Vox Italia TV  aggiungo un documento importantissimo e sconvolgente che, tra l’altro risponde al mio interlocutore Barberio quando, con notevole improntitudine, nega che sia in atto, a favore delle antenne 5G un massacro nazionale di alberi. Un vero ecocidio e un crimine di chi lo attua e di chi lo consente. Il video è opera di Massimo Mazzucco, di Controtv, un collega che sulle fandonie interviene come un chirurgo sui tumori.

Massimo Mazzucco, 5G e taglio indiscriminato degli alberi: https://youtu.be/Ib-dKpPDawI

 



C’era e c’è un tempo in cui toccava mettere la mano alla fondina quando si sentiva parlare di “sicurezza”. Era ed è il tempo dell’Aids, del terrorismo, del virus. Tempo di sperimentazione di Stati di polizia. C’era e c’è il tempo in cui la parola era “accoglienza” e si trattava di far passare la deportazione e il traffico di schiavi per “diritti umani”. Continua ad imperversare proprio quella parola da mano alla fondina: “diritti umani”, con la quale ci cacciano in gola una guerra e un regime change dopo l’altro. Ora è arrivato il momento di mettere mano alla fondina quando ti minacciano con la parolaccia “smart”, “brillante, destro, sveglio” per il vocabolario. Per noi “fico”. L’umorismo della lingua, però, vuole che significhi anche “dolore acuto”. Il primo significato è quello che si finge, il secondo quello che è.

 


Gatekeeper, guardiani della villa

In vista della manifestazione nazionale del 5G a Piazza del Popolo, il 12 settembre, dopo aver trascorso un intervallo con il lancia-vermi puntato sull’estero, dove provavano a imbrattare i vari Lukashenko, Putin, Trump, Maduro, e altri eretici del pensiero plurimo, i nostri minus habentes mediatici sono tornati a casa, richiamati dalla manifestazione romana per i bambini da sottrarre agli orchi digital-virusiani. C’era da rimontare le armi, oliarle e munirle delle solite munizioni in navigazione negli scarichi sotterranei. L’allarme è rosso: sta per presentarsi nella capitale un nuovo e ancora più nutrito stormo di negazionisti, terrapiattisti, “psicopatici” (secondo Recalcati), complottisti, inevitabilmente ultradestri, anzi fascisti.


Udita la campanella suonata dal dirigente, eccoli lì, sulle mura, muniti di spingarde, catapulte caricate a deiezioni personali, olio bollente, fango di crotali decomposti, riserve di saliva, possibilmente catarrosa, da sparare con cerbottane. Il tutto fornito dal Comitato Tecnico Scientifico, formidabile fonte di impeto guerresco. Che solo si affloscia quando toccherebbe bypassare le fallimentari stramberie organizzative del supercommissario Stefano Arcuri, o le invenzioni colorate di rosso-rossetto di Lucia Azzolina

Il Marco Revelli rivelato

 


Con Tsipras!!!

E’ una grande occasione per i cretini. Ne emergono mediatici di solito assopiti tra gli stereotipi ormai logori di cui vengono marchiati i rastrellati da trafficanti e Ong: “fuggono da guerra, dittatura e fame”. O altri, ai quali le perplessità davanti ad arresti in casa, distanze e mascherine non rappresentano altro che il complesso di Charlie Manson e delle sue ancelle stragiste di far morire il mondo. Alla catena di montaggio di queste pratiche, tra l’idiota e il perfido, eccellono quelli, onnipresenti sul “manifesto”. dei quali mi impressiona moltissimo tale Marco Revelli, un accademico che si aggira tra valli e monti piemontesi, da dove viene tratto alla ribalta dal “manifesto” e dalle consimili trasmissioni in cui si allestiscono roghi di eretici.


 

Un suo ultimo elzeviro, carico di una virulenza da gareggiare con i rabbiosi impeti colonialisti di Zanotelli, membro della stessa confraternita, ha in qualche modo a che fare con l’adunata di popolo contro il 5G del 12 settembre. Concentra in un solo “fascio” (quando ce vo’, ce vo’) personaggi e contenuti che tutti contribuiscono, come mattoni di un’orripilante torre di Babele, a costituire lo schieramento che il movimento contro il 5G e tutto il resto è chiamato a debellare. Marco Revelli è un’avanguardia del rispetto per gli avversari. Dal suo balcone fiorito di buonismo al vetriolo a ornamento del pensiero politicamente orribile, l’illustre voce italiana di Soros stavolta si è sporta troppo. Ed è precipitata.

Il suo è un tentativo di sarcasmo. Si fa indirettamente vindice e sostenitore di tutti coloro che noi eretici, ormai non solo più nazisti, ma addirittura emuli delle Brigate Rosse, quando queste se la prendevano con il SIM, ricordate, lo Stato Imperialista delle Multinazionali. Secca a Revelli che, quelli magari facevano finta, mentre noi parrebbe che facciamo sul serio. Infatti siamo contro le multinazionali che succhiano il mondo e gli esseri viventi. Ciò che a questo polemista “smart” non torna proprio, è che siamo addirittura contro i vaccini salvavita dei benefattori Big Pharma, dei virus-truffa, dell’emigrazione che restituisce alla dignità umana e al benessere africani e asiatici sradicati da multinazionali e Ong; della tecnologia 5G (implicito: vogliamo tornare ai piccioni viaggiatori e alla candela) e – oddio, no! – contro sant’uomini filantropi come Bill Gates e Soros.

Per addossarci queste colpe da girone dantesco, Marco Revelli arriva a citare Carlo Marx. E qui l’asino casca per davvero. Il suo e di tutti quelli che oggi si mimetizzano da sinistra per meglio coglionare il colto e l’inclita. Grazie Revelli, con scemenze e cattiverie come queste, hai fornito biada ai somari (chiedo scusa all’animale) tuoi pari. A noi ha fatto capire ancora meglio con chi abbiamo a che fare e tutto questo ci incoraggia e affolla e assembra verso Piazza del Popolo. “Hasta la victoria siempre!”


COMUNICATO ALLEANZA ITALIAN STOP 5G



La manifestazione “Per la moratoria, la Costituzione, le libertà e l’autodeterminazione digitale”, che si terrà sabato 12 settembre a Roma in Piazza del Popolo, dalle ore 15:00 alle ore 18:00, vuole rinnovare al Governo la richiesta di un’urgente sospensione della pericolosa sperimentazione dell’Internet delle cose. Sono ormai evidenti, infatti, le gravi ripercussioni sociali, sanitarie e ambientali di questa nuova tecnologia, nonché le criticità e i rischi per libertà personali e i diritti costituzionali, ad essa connessi. 

La manifestazione di Roma, alla quale aderiscono diversi accademici, scienziati, giornalisti e artisti, avvocati e giuristi tra cui il Prof. Paolo Maddalena, l’Avv. Luca Saltalamacchia, l’ex collaboratrice ONU, Claire Edwards, si inserisce nell’ambito delle azioni internazionali patrocinate dall’Alleanza Europea Stop 5G che sabato 19 settembre 2020 promuove una manifestazione a Lione (Francia) davanti la sede dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC-OMS).


martedì 8 settembre 2020

Julian Assange all’estradizione negli USA “QUEL GRANDE / CHE TEMPRANDO LO SCETTRO A’ REGNATORI / GLI ALLOR NE SFRONDA, E ALLE GENTI SVELA / DI CHE LAGRIME GRONDA E DI CHE SANGUE…” Un giornalista e i manovali sicari


Mi ribolle il sangue, come suol dirsi, e mi bruciano i nervi. Mi scapperà un discorso retorico. Ma non sarà retorica.

Un primatista, un eroe, un simbolo della libertà in generale e della libertà di stampa su tutte, un faro del giornalismo mondiale, un combattente per la verità e contro la menzogna e il crimine politico-sociale-militare, è finito da anni in un buco nero, inseguito e azzannato da una muta di belve subumane, dimenticato, occultato, tradito, colpito alla schiena da coloro che si atteggiano a colleghi.

Julian Assange è nome, è simbolo, è parola nobile, è impegno, è invocazione, che nessuno dei sedicenti giornalisti, effettivi copywriter di una scadente agenzia di pubblicità italiota al servizio della crocchia mondiale del malaffare, osa pronunciare o mostrare. Gli brucerebbe la bocca, la faccia tutta, facendo il lavoro dell’acido muriatico sullo sporco profondo.

Julian Assange è una bandiera che svetta sul mondo in resistenza all’assalto finale dei congiurati del Nuovo Ordine Mondiale. Ha la colpa irrimediabile, da punire in eterno, di aver gettato un fascio di luce sulla verità per noi tutti più importante, più contraffatta e nascosta: chi governa la parte occidentale della Terra e allunga i suoi artigli sul resto, governa in nome esclusivamente di sé. Del crimine, dell’abuso, della morte, del male assoluto.



Dall’inizio della Storia gruppi di mostri travestiti da umani si sono uniti in setta e covo di potere per infliggere all’umanità un’ininterrotta serie di delitti, abusi, atrocità, stragi, fino al genocidio sistematico e prolungato, come previsto da guerre, sanzioni, neoliberismo, e oggi anche dal virus e dal 5G.

Nel momento in cui questo apparato di morte transnazionale, utilizzando i falsari della democrazia e profittatori di guerra statunitensi e Nato, si è scagliato contro un’umanità indocile, in particolare contro quella irachena e latinoamericana, il mondo dei manipolati, illusi, creduloni, è stato abbagliato e liberato dalla controverità del giornalista australiano Julian Assange e dal suo Wikileaks.

Centinaia di migliaia di documenti segreti, rivelatori dii crimini, hanno squarciato, come fosse carta velina, la parete di calcestruzzo eretta, virtuale, ma efficace quanto il muro in Palestina, a protezione della menzogna e dell’occultamento. Un muro costruito intorno ai colpevoli dal sicariato politico e “giornalistico” da loro assoldato. Un sistema di secretazione, collaudato nei secoli, si è disintegrato e ha mostrato al mondo “di che lacrime grondi e di che sangue…”

Julian Assange è in ceppi da quasi 9 anni. Prima rinchiuso a Londra, ma protetto contro i suoi persecutori, nell’ambasciata dell’Ecuador governato dall'antimperialista bolivariano Rafael Correa . Poi rinserrato e seviziato, attraverso privazioni ed esclusione, dal regime di Quito che i suoi persecutori erano riusciti a intestare a un loro fantoccio-boia. Poi, nel 2019, rapito a forza dalla polizia di uno Stato che vanta più sangue altrui sulla propria storia di qualsiasi altro, è rinchiuso in una prigione della tortura e dell’annientamento psicofisico. Il responsabile ONU per la denuncia della tortura, Nils Melzer, ha ripetutamente denunciato come tale il trattamento inflitto ad Assange.



Si sono sollevati contro le sevizie a Julian, ridotto in fin di vita, e contro gli abusi ai suoi legali, perfino i compagni di prigionia nel medievale carcere di massima sicurezza di Belsham. Ininterrotte sono state le proteste in tanti paesi, al cui oggetto, il giornalista imprigionato, si è poi andato sommando l'incalzare degli osceni abusi contro la libertà di stampa del nuovo bio-tecno-totalitarismo.

Violenze sempre più diffusamente e accanitamente esercitate su chi ancora pretende di informare onestamente, al di fuori e contro la palude della menzogna e dell’inganno e dei rospi che vi gracidano fandonie su soggetti che si sottraggono al dogma del pensiero unico.

Assange, che ha smascherato e svergognato la strategia necrofora della cosiddetta esportazione dei diritti umani, ci ha fornito le armi contro fenomeni di lacerazione, frode e sottomissione dell'umanità, come gli intenti umanitari del regime USA, l’antirazzismo di Antifa e di Black Lives Matter, i mandanti del terrorismo, le virtù del digitale, o la minaccia del Covid.

Lunedì 7 agosto è iniziato il processo per l’estradizione negli Stati Uniti del giornalista australiano. Processo tipo quelli dell’Aja sulla Jugoslavia, o di certa magistratura, a noi assai nota, cui vien fatto sapere sempre dove colpire. La “giudice”, Vanessa Baraitser, “specialista” del ramo e celebrata dal regime per poter esibire il primato del 90% di tutte le estradizioni concesso, ha respinto, come nelle udienze precedenti, ogni richiesta della Difesa.


Ci si avvia verso una consegna a un paese, gli Stati Uniti che, a partire da Obama, ha formulato a carico del giornalista, obbediente al dovere di far conoscere al pubblico quanto il potere nasconde, accuse infondate, come quella di spionaggio, che comportano una pena fino a 175 anni di galera. Mai più un qualunque rivelatore dei misfatti compiuti dagli USA, come Chelsea Manning (pure in prigione), o Edward Snowden, vindici di quanto resta di nobiltà in quella nazione, deve restare impunito. La saracinesca sugli orrori dei Grandi deve calare per sempre. Anche le pandemie servono a questo.

E’ probabile che l’imbarazzo provocato ai potenziali giustizieri dalla crescita delle proteste in varie parti del mondo, possa impedire l’esecuzione di quella condanna. Forse non l’estradizione. Di certo non fermerà l’evidente intenzione degli inchiodati dalle rivelazioni di Assange di fargliela pagare e, con lui, a tutti quelli che ancora si ostinano a remare verso la luce. Assange dovrà morire in carcere.

A noi resta, o di imparare la lezione, del resto già spontaneamente assunta dai più, o di rendere omaggio al giornalista martire mettendo i nostri passi nelle sue orme. Passi che vorranno calpestare le tracce dell’incommensurabile vergogna lasciate dagli altri, prima che siano sepolti dal proprio silenzio.

Mi piace immaginare che le generazioni che verranno dopo di noi e dopo Julian Assange, se saranno libere, vorranno ricordare questo uomo e giornalista parafrasando i versi che Foscolo dedicò a Ettore.


E tu onore di pianti, Julian, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.