No, quelli veri, quelli spuri
Basterebbe la presenza di una Bonino, di un Saviano, di Prodi o Veltroni, anche di una sola Sardina, nello schieramento del “no al taglio dei parlamentari” per indurci a votare l’opposto. Ma non basta che in una questione sacrosanta si intrufolino personaggi spuri, con le loro motivazioni spurie, perché quella questione diventi melma. Li ignoriamo, ci ripuliamo della melma e ricominciamo da dove avevamo cominciato: più, o meno parlamentari?
SI’, quello degli zanzaroni lanciato dagli zanzaroni
Non è forse sacrosanto il SI’ al referendum sul taglio degli zanzaroni succhiasangue? Ma, a pensarci, non sono proprio questi zanzaroni, che da sempre ci pungono, gli uni e gli altri, e non solo con gli aghi, per una questione che quelli dei 5Stelle hanno tirato fuori come ultima spiaggia, per riprendersi un po’ di popolo gabbato e alla quale si sono uniti di slancio i democristiani del PD, con dietro il solito schieramento belante della stupidità di gregge?
La melma, la bratta, il guano (vedete che faccio di tutto per circumnavigare il termine che rischia di farmi bannare da Facebook) vengono lanciati sul popolo onde gli si imbrattino gli occhi e non riesca a vedere l’ennesima fregatura con la quale gli sottraggono un altro pezzo di libera scelta. Dopo quel quasi niente che gli era rimasto dopo le tagliole e i ceppi impostigli con la scusa delle varie guerre globali: contro l’AIDS, contro la droga, contro il terrorismo, contro i popoli governati da “dittatori”, contro il virus; poi per i diritti umani, lo sradicamento dei popoli con i trafficanti ONG, la democrazia, le donne, i LGBTQI e, insomma, il pensiero unico.
Un uomo, molte stragi
Il futuro dell’Italia tra Gelli e Grillo.
E’ nientemeno la riesumazione di uno dei capisaldi del Piano di Rinascita del maestro P2, Licio Gelli. Anche lui voleva la “riduzione del numero dei parlamentari”. Anche lui, come Grillo, voleva “cambiare tutto”. Ci pensate, Di Maio, Grillo e compagnia cantante come la cosca massonica fascista e terrorista creata da CIA e Gelli!
E’ quanto allora a Gelli, venditore ambulante, tra l’Italia mafiofascista, l’Argentina dei generali e gli Stati Uniti, della Cupola mondialista che aveva innestato la quarta, venne negato, a Grillo minaccia di riuscire: fare del nostro paese l’avamposto della globalizzazione imperialfascista che, poi, sarebbe diventata bio-tecno-totalitaria. Ci volevano una classe politica, un parlamento, un governo, una gran parte della magistratura, una stampa, del tutto omologhi. Un’accozzaglia indegna per incompetenza, scandalosi conflitti d’interesse, ferocia antipopolare (detta antipopulista), che però rappresenta con efficienza gli indirizzi dei poteri transnazionali e la peggiore combinazione dei quattro poteri che si sia vista dall’unità d’Italia.
Un paese di rinnegati
Dopo le grandi speranze tradite dal PCI, dai suoi infiltrati e dai suoi figli e nipoti apocrifi, arriva il trauma paralizzante e castrante del megainganno a cinque stelle, altrettanti buchi neri. Imbroglio grillino sfacciato quanto la peggiore lapdance, nel quale anche il sottoscritto era caduto, abbagliato dalla buona volontà e dal buon cuore della pur variegata base. C’è il tradimento di tutte le premess/promesse su cui si era fondato il consenso del 33% degli elettori ambiente, guerra, UE, Grandi Opere, giustizia (boss liberati, De Matteo...), rapporti internazionali autonomi, sovranità. Il momento clou viene con l’apparizione sul proscenio del comico ”Illuminato” in versione buffone di corte di Bilderberg. Politicamente nudo, vestito di mascherina, algoritmi e megabite, totalmente distanziato dai suoi elettori, alla rincorsa di una sposa decrepita e maleodorante per restare a galla nella palude.
L’Italia degli italiani e l’Italia dei monnezzari
Scrivendo del voto di Domenica-Lunedì sono ripiombato nella melma. Da cui mi ero nettato qualche giorno fa, fisicamente e mentalmente, nel pensiero e nei sentimenti, scappando nella storia e nella bellezza. Un viaggetto niente male, che vi racconto in due parole e che, vero balsamo dello spirito, consiglio anche a voi, contro tutti coloro che complottano per confinarvi nel presente e nel brutto. Poi torneremo subito al referendum.
Vi offro alcune immagini del passato che vive e resiste nel presente e ci fa attraversare l’infernale palude Stigia, nella stagione del nostro sconcerto, su un vascello di gioia e bellezza.
Prima tappa laziale: il Parco di Ninfa. Un prodigio di felice creazione e fusione di arte e natura nel dialogo tra pensosi, ma dialoganti. ruderi romani e medievali, sposati dall’uomo, rispettoso di entrambi, in un matrimonio la cui armonia, ricchezza di temi di conversazione e felicità poche coppie saprebbero eguagliare.
Sermoneta
Seconda tappa: Sermoneta, un gioiello urbanistico medievale assolutamente integro, proprio sopra Ninfa, che la famiglia Gaetani, proprietaria del Castello dal 1.100 ad oggi, e i suoi cittadini hanno saputo mantenere vivo. Ogni edificio, laico, ecclesiastico, privato e pubblico, le vie, le scalinate. maestose o intime, le piazze e piazzette, formano un insieme razionale e poetico da vera estasi. E che non ha niente di museale perchè, insieme al vissuto, c’è la sua continuità nell’identità. Non un borgo antico diroccato, abbandonato per la criminale corsa alle più degenrate parti delle città, e che, magari, uno storico dell’arte un po’ stralunato vorrebbe ripopolare con quelli deportati dai monumenti di Timbuctù
Sabaudia
Terza tappa: le città della Fondazione. Sono, da molti secoli, le prime create ex-novo. Quando mi dicono che “Mussolini non ha fatto niente di buono”, dicono una cosa così stupida da oscurare anche le malefatte del dittatore. In un regime durato vent’anni anche Ivan il Terribile qualcosa di buono avrà fatto. Nell’agro pontino bonificato (alcuni pensano sarebbe stato meglio lasciare le paludi) ci sono queste nuove città create da architetti e urbanisti di una scuola, quella del razionalismo, che fu ammirato modello nel mondo. Sono passato per Sabaudia, Pontinia, Aprilia, quale del tutto integra e ben tenuta, quale un po’ sgarruppata e quale devastata dal successivo urbanesimo democristiano e caltagironesco.
E’ una vera immersione nella fusione tra il costruire moderno e quello della classicità mediterranea in felice evoluzione. Città di generose ampiezze, di chiaroscuri, di vette torreggianti e profondità, i suoi convessi e i suoi concavi, gli spazi porticati che chiamano a percorrerli e a sostarvi e incontrarsi. Anche con le ombre in toga che vi si celano. Un mondo di luce e pace. Il ricordo delle piazze metafisiche di De Chirico. Fin dai viaggi del bambino e poi del giovane, ne ho tratto un senso di serenità e agio, come leggere una bella poesia, dove sostare fuori dal tempo.
Meno parlamentari, più duce
Referendum, cos’è in gioco
Ho divagato, pardon. Ma vogliamo inserire un attimo di gioia nel frustrante contestaccio in cui ci confinano e che domenica e lunedì, nel voto, ci ridurrà una volta di più a presunti e turlupinati decisori democratici? Che dire? Per le regionali non posso che augurare alla nazione che questa banda di malfattori, servi e sicari dei delinquenti globali, riceva da quella che si dice “opposizione” (e mi mordo la lingua) una mazzata da gelarne i bollori sociocidi e vendipatria. Idem per la riduzione dei parlamentari. Dove però i fronti sono tre, mischiati: gli amici del giaguaro un po’ per il sì, un po’ per il no; gli utili idioti (dalla mascherina in poi la maggioranza) che pensano di punire la “casta” con il sì; e gli occhiuti del no, che hanno capito il giochino.
Quanto alla riduzione dell’oltre 36,5% dei parlamentari, a 600, mi viene da sghignazzare se penso agli spiccioli dei 57 milioni risparmiati all’anno, a fronte di quanto sarebbe stato quantitativamente, ma soprattutto qualitativamente, più valido e redditizio il taglio di almeno metà degli emolumenti di questi rappresentanti delle rispettive segreterie. Senza neanche parlare dei dobloni rifilati, sotto e sopra banco, alla famigliola dei clienti e sponsor, o di quelli regalati per le Grandi Opere a Coop o Impregilo.
E’ un’operazione di infima demagogia “populista” che volge nel suo contrario il sacrosanto disgusto per i lazzaroni succhiasanguedel Palazzo, di cui proprio i suoi inventori si sono resi complici, deformandolo in disgusto per le istituzioni.
Fidarsi di Cinque Buchi Neri?
Intanto non mi fido più dei Cinque Stelle parlamentari, neanche per accompagnarmi ad attraversare la strada. Col rischio che mi metta sotto quel TAV cui hanno concesso libero transito in Val di Susa. Non mi fido più di coloro che, in combutta con la cialtroneria politico-sociale-culturale storica con la quale giocoforza convivevamo bene o male, ci hanno chiuso tutti nella gogna di un virus. Virus nutrito a tamponi fasulli che lo trovano dove non c’è ed è mantenuto in vita dall’Intelligenza Artificiale, cosiddetta.
Se dicono NO al taglio i Prodi, i Veltroni, i Salvini e Giorgetti convertiti dell’ultima ora, ma tutti fratelli nella setta dell’(ab)uso di Terra ed esseri viventi a vantaggio proprio e dei loro signori, è perchè di più peones disponi, in un sistema in cui, al posto del popolo, sono i capibastone ad eleggere i LORO rappresentanti, pià controlli il territorio e di più clientes acquisti il voto.
Il NO onesto e ragionato constata che meno parlamentari ci sono e più ha mano libera un governo che, come il nostro, a forza di pseudo-tecnici, complicità clericale e DPCM, si è preso mano libera per fare il peggio che gli pare (e il superconnesso grillino, Casaleggio Davide, non si è permesso di vaticinare un prossimo superamento del parlamento?). Quindi parlamento ridotto nella rappresentatività e nel ruolo. Se ne avvantaggiano i nostri padroni e costrittori: il ridicolo parlamento europeo, la Commissione, il Consigrlio, i casinari vernacolari dei consigli regionali, organismi supernazionali vari.
Il NO onesto e ragionato constata che il taglio (della Costituzione, prima ancora che degli eletti) riduce in misura stravolgente e antidemocratica la rappresentanza di interi territori, per la quale le regioni più piccole, sottorappresentate, avranno in parlamento vocine scarse e flebili. La Liguria anzichè sei, di seggi ne avrebbe uno. Si potenzia il controllo dei capi-partito e si riduce il pluralismo politico. Per un parlamentare ci vorranno una marea di voti in più: accentuazione della distanza tra eletti ed elettori, quella che già ha radicato nella gente l’idea di casta, lassù, nell’Olimpo.
Lo sbarramento al 5% della legge elettorale che accompagna questo parto deforme e la fiducia costruttiva, spazzano via i piccoli e nascenti (non sempre saranno solo Calenda e Renzi)e potenziano l’intero assetto verticistico, che i parlamentari siano 945, o 600. Tenendo anche presente che di quei 600 un buon centinaio passerà dal legislativo all’esecutivo, tra ministri, viceministri, sottosegretari e bonzi vari.
La manomissione della Costituzione tentata da Renzi, riempiendo il Senato di parvenue vernacolari, prosegue con questa operazione a Cinque Buchi Neri. E non è sicuramente che l’inizio, visto quanto hanno combinato Conte e mandanti in questo scorcio di bio-tecno-totalitarismo. Scrive Carlo Galli, storico della dottrine politiche a Bologna: “Questa riforma è l’ennesima di una strategia anticostituzionale. E banalizzare l’attività costituente che dovrebbe invece essere il più alto esercizio politico. La fine del rispetto per la Costituzione è in realtà la fine del rispetto di un popolo per la qualità della propria esistenza politica”.
A forza di riforme, infatti, ci ritroveremo, belli belli, con un parlamento controllato da cacicchi, regioni differenziate, più o meno separatiste, che si faranno le scarpe tra loro e allo Stato e l’inevitabile uomo solo al comando. Il “Piano di Rinascita Democratica”di Licio Gelli, dei postfascisti, della Cia, della Cupola, del Vaticano, con 44 anni di ritardo. Complimenti, Grillo.
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