In SPUNTI DI RIFLESSIONE di Paolo Arigotti: “Il ringhio
del bassotto”, con Fulvio Grimaldi: Dalla Bolivia che si dilania, all’America
Latina sull’ennesimo crinale tra liberi o predati- https://youtu.be/6Ln3Hy_AeuA
In CALEIDO Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi: Miliardi alle
armi, spiccioli all’ambiente, BRICS: Lula contro Maduro,
Nordcoreani pretesi a Kursk, NATO per davvero in Ucraina. https://www.youtube.com/watch?v=58PLDMnqt4c https://youtu.be/58PLDMnqt4c
QTV, Alluvionati armatevi e affogate, baracconata delle elezioni, Medioriente carta
vince carta perde, Ucraina… perde, Legge Bilancio: chi piange e chi ride
https://www.quiradiolondra.tv/live/
martedì e venerdì alle 20
il dato è questo, al di là di quello che uscirà
dall’indecente e fuorilegge baraccone elettorale statunitense: l’establishment
dal quale nell’Occidente politico veniamo maltrattati e turlupinati è a favore
del rigurgito di Biden, Kamala Harris con un accanimento che rende moderato il
fanatismo tifoide della curva ‘ndranghetista dell’Inter. Di quanto di più
maleodorante inquina la vita del cittadino e della nazione all’interno del
perimetro di quanto pomposamente e grottescamente si definisce la “COMUNITA’ INTERNAZIONALE”
(con tutte le maiuscole, come la SCIENZA, definita tale dal concerto
farmaceutico-climatico-oligarchico), ogni singola cellula tumorale sostiene
Kamala, vale a dire il nulla-con-la dentiera da cavallo drogato.
Si va da Mentana a Mieli, da Renzi a Conte, dal mafioso al
parroco, dal finto socialdemocratico e vero piddino a quella che, scordatasi la
cresima ricevuta mentre l’organo tuonava “Dio stramaledica gli inglesi” (e gli
ebrei), si fa baciare in fronte dal rintronato sostenitore di due genocidi e,
se avesse fatto in tempo, di una terza guerra mondiale. E poi naturalmente
tutta la créme de la créme che suole prendere il tè a Davos o negli
alberghi a 25 stelle di Bilderberg.
Questo nel nostro piccolo, riguarda i ratti che marciano
verso il burrone al suono del piffero. Quanto ai suonatori, che frenano prima
del burrone, ci sono tutti quelli che già una volta erano riusciti a
imbrogliare le carte, meglio le schede, per garantire la prosecuzione del
modello lanciato l’11 settembre del 2001: quello della famiglia di Jack-lo
Squartatore-Cheney, fisiologicamente transitato nel partito che i genocidi li
ama e li pratica con maggiore frequenza e convinzione.
Tutto questo per lo spettatore, legato dai media alla
poltrona di ferro in platea, è come l’Atellana che, nel teatro romano antico,
era la farsa ridanciana finale, che doveva farti riprendere dopo le
psicomazzate inflitteti dalla Tragedia nella prima parte dello spettacolo.
Al di là di queste piacevolezze, libabili tra le offerte
votive che vi propongo nelle sopraelencate trasmissioni, potete, cari ragazzi,
ora riuniti con me sotto l’ombrello della consapevolezza che sta piovendo fango
peggio che a Valencia, constatarne natura, dimensioni ed effetti collaterali.
Dell’America Latina, continente con 700 milioni di, perlopiù
simpatici e assennati, abitanti e più ricchezze naturali di quante Creso abbia
mai potuto sognare, né il Programma del Nuovo Secolo Americano (PNAC=11
settembre) di Obama, Cheney, Biden annettersi, i nostri politici e mediatici si
curano una cippa. A fatica sanno che ci sia e dove. Ogni tanto gli viene di
battere le mani quando il dollaro, armato di golpe e dittatori, vi tenta una
qualche incursione. Ultimamente un paio di volte in Venezuela, ogni due per
tre, invano, a Cuba (a proposito: all’ONU 187 paesi hanno votato per la
trentesima volta contro l’embargo USA a Cuba. A favore solo USA e Israele
(convinti che far morire di fame popoli faccia bene alla salute della
democrazia). Astenuta la Moldavia, testè messasi a disposizione nel lupanare
UE.
E pensare che da quelle parti c’è tanto litio da alimentare
più macchine elettriche e congegni elettronici di dieci pianeti come il nostro.
Cosa che forse è all’origine di uno spiacevolissimo scazzo che lacera da mesi
la nobilissima componente dello schieramento antimperialista che è la Bolivia.
Superati brillantemente tutti golpe allestitivi nei secoli dagli USA,
stabilitovi nel 2006, e io lo vidi succedere, un governo sovrano rivoluzionario
con a capo un indigeno, Evo Morales, oggi siamo all’autogolpe.
Nel senso che Evo, superati i tre mandati tra il 2006 e il
2018, scampato con la – non edificante -
fuga in Messico alle cattive intenzioni dell’ennesimo colpo di Stato
USA, trovatosi al ritorno un valido successore, Luis Arce (valido economista di
tutti i suoi governi), democraticamente eletto, non ha voluto rassegnarsi alla
sua stessa Costituzione che gli inibiva ulteriori mandati. E ha iniziato a fare
casini utilizzando il suo proprio retroterra: i Quechua e gli Aymara,
eminentemente contadini cocaleros.
Ha preteso di essere candidato unico alle elezioni
presidenziali del 2025 e, visto che le istituzioni glielo negano, ha allestito
la spaccatura del suo partito, MAS (Movimento al Socialismo), tra blocco Evista
e blocco Luisista, ha lanciato una gigantesca marcia su La Paz, poi posti di
blocco che hanno fermato il paese e la sua economia. Affrontato dalle forze
dell’Ordine gli ha sparato. per poi fingere di essere stato vittima di un
tentativo di assassinio. E Infine, non essendo riuscito a smontare Arce dalla
presidenza, si è buttato sullo sciopero della fame, sulla profferta di dialogo
(prima negato) e sulla richiesta di mediazione di paesi amici. Lo stallo
perdura, ma Evo pare aver esaurito le cartucce.
A essere maligni, ma occhiuti, si può intravedere
all’orizzonte il luccichio delle immense distese boliviane di litio, le più
grandi del mondo il minerale dell’ennesima rivoluzione industriale, questa sì,
globale. Chi ne incamererà i benefici politici ed economici? Intanto Luis Arce lo ha nazionalizzato e ne
ha concesso la gestione ai cinesi. Chi se ne avvantaggerà? La rivoluzione?
Prima di risalpare in senso contrario al Colombo foriero di
sventure senza fine e provare a non affondare nelle sabbie mobili nostrane,
salutiamo con sincera passione il resistente Nicolas Maduro del Venezuela,
l’insostituibile (alla faccia di USA e Vaticano) Daniel Ortega, ma non ci
facciamo mancare uno sberleffo all’Erdogan dell’America Latina, neopresidente
brasiliano Lula da Silva. Andatosi a prendere l’OK di Biden, prima visita dalla
sua rielezione, se lo è ulteriormente ingraziato con una mossa davvero epocale:
il veto al Venezuela per la partecipazione al BRICS in Russia.
Fatta la figuraccia, ha cercato di attenuare attribuendo
l’iniziativa a un oscuro diplomatico. Figurarsi! Anche perché solo pochi mesi
prima aveva condiviso con gli yankee e Corina Maria Machado, la sostenitrice
del golpe yankee di Juan Guaidò nel 2018, la farsa della vittoria alle
presidenziali venezuelani del vecchio detrito coloniale Edmundo Gonzales.
Ancor prima che si aprissero le urne, aveva vantato la
propria vittoria per il 60% contro il 30% di Maduro. Naturalmente, dalle nostre
solite parti, nessuno ha riso. Tantomeno Mentana o Mieli