mercoledì 20 novembre 2024

IL COLPO DI CODA DEL SERPENTE DEMENTE PICCHIARE (FILO)PALESTINESI MA COMPIANGERE (FALSI)SEMITI DESTRE BICEFALE E SINISTRE ACEFALE



“CALEIDO” Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

https://youtu.be/QOvrv7ix4O4

https://www.youtube.com/watch?v=QOvrv7ix4O4  

QuiradiolondraTv: “Mondocane e Punto”: martedì e venerdì, ore 20.00

https://www.quiradiolondra.tv/live/

Byoblu (canale 262) “Le interviste”, Michele Crudelini intervista Fulvio Grimaldi: Gaza, Libano, Netaniahu sotto processo, missili sulla Russia e contro Trump. Mercoledì 20 ore 16.00 e 21.30 https://www.byoblu.com/2024/11/20/netanyahu-passeggia-da-padrone-a-gaza-ma-senza-guerra-ha-le-ore-contate-fulvio-grimaldi/

 

I missili che la schizzata schiatta bipartisan (ma essenzialmente Democratica) dei Neocon ha fatto lanciare contro la Russia dal più rintronato dei suoi epigoni, più che ai russi, che non ne risentiranno più di tanto, intendono provocare danni al nuovo presidente e ai suoi spaventosi (per gli armaioli) progetti di evitare la cosiddetta terza guerra mondiale (quella in Medioriente, invece, gli risulterebbe digeribile: la fanno altri, come d’abitudine).

Spedendo questi bonbon a casa di Putin, tra la sua gente, per la prima volta nella Storia (dopo i missili a Cuba, subito svaporati) gli USA rischiano di vedersi arrivare tra i piedi la ritorsione, in forma di bonbon equivalenti. La bella favola che di guerre se ne possono fare a gogò, quante ne servono a mantenere al complesso militar-industriale il potere in casa e su gran parte del resto del mondo, finirebbe con un assaggio della stessa pietanza al desco di casa propria.

Cosa inaudita, storicamente evitata facendo leva sulla disponibilità di “alleati” di farsi sbranare e di collaborare a spese del proprio paese. Alleati, si fa per dire. Ragazzi di bottega, fattorini, sicari fascisti, o finte-BR, vallette, presstitute, magliari, mafie. Insomma mercenari tenuti a servizio a forza di debito, basi militari che garantiscano il controllo del territorio (da noi oltre 100): Gladio, simpatie gratuite, Emme Bonino, premier donne svizzero-yankee obamiane et similia. E soprattutto “alleati” che abbiano ben presenti il modello rimozione e, magari, esecuzione, di devianti tipo Aldo Moro. O John Kennedy.

Da noi, di conseguenza, non c’è discussione. Di fronte all’emergere dall’orizzonte del Giorno del Giudizio accanitamente ricercato dai necrofili del Deep State, un irregolare come Donald Trump, vista la mira sbagliata dei sicari, va fermato inducendo all’armageddon colui con il quale convivere avrebbe significato un buco nella mongolfiera di guerra e il suo afflosciarsi al suolo.

Di fronte a queste evidenze, logiche e consequenziali, pretendono l’ineluttabilità del concorso d’intenti tra Biden e Trump (come se fossero loro a determinare il corso della Storia e non i rispettivi ventriloqui) coloro che investono il nobile termine di “complottisti”, preziosi smascheratori di complotti al tempo del Covid, di significati negativi.

Sono quelli superbravi che giurano che, al di là delle mosse scenografiche per tenerci un po’ sulla corda, un Biden e un Trump starebbero mettendo in piedi una finta alternativa, tanto per compiacere i cultori delle contraddizioni interne al padrone, mentre si spartirebbero lo stesso bottino: via la Russia e dominio del mondo. Un po’ come quelli che, anche davanti ai corpi spezzettati di Haniyeh e Sinwar, giurano che Hamas e Israele sono giocatori della stessa squadra. Come si sarebbe visto il 7 ottobre. E che centrosinistra e centrodestra sono zuppa e pan bagnato (esempio sbagliato: qui ci hanno preso).

Siamo seri. Sparando missili in faccia a Putin e alla sua gente, questi non contano sulla comprovata prudenza del presidente russo che, come avrebbe potuto mangiarsi a colazione l’intera Ucraina, si è limitato a liberare il Donbass e a spegnere le reti elettriche, sicuramente avrebbe continuato a far sopravvivere l’ologramma Zelensky, come ha fatto a Kursk.

Siccome sono quelli che sono e la lora idea di umano è quella che dal 1945 ha fatto 50 milioni di morti di guerra e, da Obama in qua, che rimediano al proprio debito mortale con la necrofilia e ininterrotti macelli, che contano su un Putin modello Obama, o Bush, o Clinton. Cioè su uno che ai cazzotti risponde togliendosi i guantoni.

Ed ecco che in questo caso la grigliata di ucraini a fuoco lento si dovrebbe tramutare in incendio che tutto avvolge, compresi noi europei, che, inceneriti, finalmente ci toglieremmo dai piedi e dai mercati. E The Donald, con le sue fisime di lasciar perdere l’Ucraina e a lasciare fare a sionisti e altri le guerre grazie alle quali i suoi avversari pentagonali potranno placare la propria inimicizia verso di lui, continuando a vendere armi, il 20 gennaio di troverà la famosa patata bollente.

La Russia atomica che potrebbe anche incombere sul suo paese e che, dunque lo costringerebbe, sì, al MAGA, Make America Great Again, ma a un MAGA corretto alla neocon. Toccherebbe lasciar perdere il rientro dalla delocalizzazione dell’industria nazionale manufatturiera e il riassetto di un’infrastruttura allo sfascio, con conseguente riemersione della classe lavoratrice dalle bidonville di roulotte in cui si era rifugiata inseguita dall’inflazione e poi vedersela con la Cina per chi produce e vende di più e meglio.

Toccherebbe farsi indicare da Dick Cheney e dalla tenera figlioletta Liz con le bombe a mano nella borsetta chi massacrare, occupare, rapinare, oltre al già acquisito mattatoio mediorientale a fini di petrolio e rotte cruciali e al diavolo le ubbie rinnovabili.

E, soprattutto, toccherebbe eliminare dalla vista e rinchiudere a Guantanamo Tulsi Gabbard, la pacifista amica di Putin e di Assad, nominata capa dell’Intelligence (cioè di tutto quello che di più infame non dovrebbero più fare gli USA). Lei insieme a Robert Kennedy Jr, il folle che ha messo i bastoni tra le ruote all’altro progetto neocon: ridurre e forza di “vaccini” quei segmenti di umanità che guerre e fame non hanno tolto di mezzo e che superano il miliardo e mezzo.

Sugli altri temi nei titoli, vedere i filmati. Qualcuno vuole andare a Gaza e beccarsi la taglia di 5 milioni che un Netaniahu alle corde e al ridicolo, presto sotto processo, promette a chi gli rende gli ostaggi sopravvissuti?  Di cui non gliene ha mai fregato niente. O andare in Libano a scoprire chi ciurla nel manico quando incolpa un apparentemente invincibile (altro che IDF) Hezbollah di aver tirato addosso ai fantasmini di UNIFIL? E divertirsi a sentire dichiarare le due destre, quella con le zanne e quella con la dentiera e il rossetto, di aver vinto l’una in Liguria e l’altra in Emilia-Romagna e Umbria?

martedì 19 novembre 2024

SIAMO PER SEMPRE COINVOL

 

SIAMO PER SEMPRE COINVOLTI


Qui Radio Londra TV : Fulvio Grimaldi con “Mondocane e…punto”

https://www.quiradiolondra.tv/live/

Questa sera, martedì, alle 20.00

 

In ricordo di Licia Pinelli, morta l’11 novembre scorso

“Quella sera a Milano era caldo / ma che caldo che caldo faceva / Brigadiere apri un po’ la finestra / una spinta e Pinelli va giù….  https://www.youtube.com/watch?v=t6y4vlOXwJE

E’ la Ballata di Pinelli, Giuseppe, ferroviere anarchico, fatto volare giù dal quarto piano della Questura di Milano, tre giorni dopo la strage di Piazza Fontana, perché, innocente, quelli lì dentro non erano riusciti a sostituirlo ai colpevoli della Strage di Stato.

E’ stato l’inizio del mezzo secolo in cui i poteri mafio-fascio-statali, interni ed esterni, hanno voluto tenerci in riga a forza di stragi.

Rispetto alla destra dalle zanne affilate, recente vincitrice in Liguria, in assenza di sinistra, alle elezioni in Emilia Romagna e Umbria ha vinto la destra con le zanne limate e nascoste dal rossetto.

Meloni-Netaniahu days in 40 città italiane, a Torino e ad Amsterdam: dove i delinquenti e provocatori, terrorizzati dal ricordo delle sconfitte subite tra 1968 e 1977, si fanno vittime per continuare a farsi carnefici.

Dopo un genocidio a Gaza, pulizia etnica in Cisgiordania, terrorismo e guerra a Libano, Siria e Iran, Netaniahu, pendaglio da forca, corrotto e corruttore, va a quel processo che, per evitarlo, ha ucciso 44mila persone innocenti.

Raso al suolo dall’elettorato americano, il ventriloquo di Biden fa dire al suo fantoccio che ora si possono lanciare missili su tutto il popolo russo. Siamo nella NATO siamo belligeranti, Putin avrebbe diritto di colpirci.

E se credete ora
Che tutto sia come prima
Perché avete votato ancora
La sicurezza, la disciplina
Convinti di allontanare
La paura di cambiare
Verremo ancora alle vostre porte
E grideremo ancora più forte
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti

martedì 12 novembre 2024

Colpi di coda, colpi d’azzardo, colpi a segno --- TRUMP L’INCALCOLABILE, PUTIN LA CERTEZZA

 


“Caleido, il mondo da angolazioni diverse”. Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=q8vD9QyZ1KA

https://youtu.be/q8vD9QyZ1KA

Fulvio Grimaldi inMondocane…punto”. Martedì e venerdì alle 20.00.

https://www.quiradiolondra.tv/live/

 

A parte la posizione sulla pandemia e relativi parafernalia, in cui Trump si ritrova su posizioni negativiste diffuse in gran parte del mondo scientifico e dell’opinione pensante, di buono c’è poco più che la vaga prospettiva della fine del ricatto bellico USA-NATO a Europa e Ucraina, con prospettiva seria di Terza Guerra mondiale, insieme alle lodevoli riserve sul disciplinamento sociale e politica tramite mega-raggiro climatico.

Il disastro vero è il personale di levatura melonian-salviniana di cui si va circondando nella formazione del suo circolo politico intimo, uniformandosi ai livelli etici (perfino estetici, poiché ognuno diventa quello che è) e ai Q.I. delle classi politiche che abbiamo sul gobbo da mezzo secolo, di qua e di là dall’oceano.

Sulla Palestina, che è il nervo scoperto del mondo, sta con quella sezione dei mille miliardari USA che dormono con la kippa in testa e impegnano i loro dollari per collocare la Menora sugli altari di banche e Fondi d’investimento, oltrechè sugli altarini dei rispettivi chierichietti mediatici.

Tutto questo ci preoccupa quel tanto che il pessimismo della ragione ci impone. Ma siccome disponiamo, in misura crescente da qualche tempo, anche dell’ottimismo della ragione (in aggiunta a quello della volontà), non ci facciamo spaventare troppo. Abbiamo forti sostegni a cui appoggiarci.

Pensate dall’altro lato del fosso c’è un omino che ha rimesso in piedi, in meno di 10 anni, il più grande paese del mondo, dopo un ruzzolone rispetto al quale l’impero bizantino spianato dagli ottomani è una brezza nella tempesta della Storia. Un paese che, caduto il muro di protezione da provocatori e epidemie sociali varie, era stato ridotto a rapportarsi al suo glorioso passato come una scatola di fiammiferi caduta nella pozzanghera sta alla temperatura del sole nel momento dell’esplosione (sole che ogni tanto fa variare la nostra di temperatura dando l’estro alle nuove zecche green di cambiare i capillari da cui nutrirsi).

In 10 anni quest’uomo ha sottratto ai predatori i bocconi che già stavano masticando, in termini di economia, coesione sociale, fiducia in se stessi di 150 milioni di persone dall’invitto passato. Riuscite ad immaginare l’impresa avendo contro i sabotatori, traditori, rapinatori, congiurati e spettatori passivi, perché attoniti, di mezzo mondo e passa?

Ora quest’uomo, e i compagni che ha raccolto e gli ex-vampiri che ha saputo ridurre a obbedienza e collaborazione, ha fatto un bel discorso. E’ stato la scorsa settimana in occasione dell’incontro del Valdai International Discussion Club. Un discorso epocale, a dir poco. Nel senso che ce lo ricorderemo come un discorso che ha cambiato il mondo, sottraendolo a un destino che qualcuno aveva intitolato “la fine della Storia”. Per cui non se ne è minimamente accennato nei nostri media.

Bei discorsi, fondati su bei pensieri e auspici li sanno fare tanti. E’ che qui il bel discorso è fondato non solo su bei pensieri e auspici, ma sulle robuste basi di un concerto in cui alcuni miliardi di strumenti hanno suonato la stessa musica. Vladimir Putin l’ha chiamato “polifonia”. Che è l’opposto della monofonia e anche del policentrismo, nel senso che di centri, che si arrogano di esserlo, non se ne vuole più sapere. Né di egemonie, né di imperi, né di globalismi unipolari. Né soprattutto di colonialismo.

Chi a Putin ha dato la forza per esprimere questa sicurezza sono i BRICS che, scopertisi, sullo spunto dato dai quattro paesi fondatori, con alle spalle una lunga storia di aggressioni subite e colonialismi sofferti, diversi tra loro per tante variazioni di tono e timbro, su una melodia hanno trovato il modo di armonizzare: mai più colonialismi. Né conseguente commercio di schiavi, o, oggi, manodopera schiavizzata, deportata con le buone o con le cattive, onde annichilirne identità, nome, storia, futuro e amalgamarla in zuppa o pan bagnato con altri, pure espropriati di nome, terra, comunità e futuro. Tutto a unico vantaggio del monocentrista monofonico.

Sentendo un vento che, piuttosto di gonfiarle, minaccia di abbattere le vele imperiali c’è chi vuole mettere a remare un po’ di gente ancora convinta che un po’ più in là c’è il paese dei balocchi. Scansata la metafora, la procedura è quella di chi s’impegna a disgregare, separare, isolare, diminuire (autonomie differenziate, ricordate?). Non più ex pluribus unum, come si è riusciti a combinare nell’era della scoperta e della fabbrica delle nazioni, ma il suo dannato contrario. Il corollario dovendo essere un mondo di dispari, con ognuno che tira fuori il peggio di sé per sopraffare l’altro. Competizione, scontro, guerra, sopraffazione.

Il mondo che alla volontà diffusa di identità e polifonia emersa nel convegno dei BRICS , ormai avviati a formare la maggioranza sul pianeta, è proprio il mondo che, decretando dopo mezzo millennio la fine del colonialismo, ha avuto da Putin il manuale delle istruzioni. Leggetevi quel discorso. Sarà una forzatura, ma per me è anche una postfazione al testamento di Yahya Sinwar, martire palestinese.

Da noi, a dispetto di quanto si va comprendendo e preparando al di là della cortina che da di ferro è diventata di bugia e deformazione, regna ancora il cialtronesco e il miserabile. Può non essere condannata a essere ingoiata e poi espulsa dalla realtà e dalla Storia un governo che deporta le vittime del suo colonialismo straccione in un paese prostituitosi nel ruolo di carceriere? E che poi si ritrova, buttato un miliardo al mendicante sul marciapiede, a dover trasformare la discarica albanese in grottesco carosello di escursioni da weekend di quattro poveracci a bordo di una nave da guerra. Un andirivieni da bari d’azzardo che si ripromettevano che a Bruxelles non se ne sarebbero accorti.

E neanche i nostri giudici, quelli resistenti in una magistratura che, siccome ha il compito costituzionale di controllare e impedire o punire le violazioni, è in aperta collisione con chi campa in virtù della pratica dell’abuso, del malaffare, dell’impiccio, della trovata canagliesca e per questo, oltre che a Russia e Palestina, ha dichiarato guerra ai giudici.

Ma poi, in tutto questo bailamme di paesi sicuri o insicuri (oltre tutto definiti tali spesso sulla base di criteri più di affinità o contrarietà politica), vogliamo chiederci se poi noi, Italia, potremmo definirci paese sicuro?  Noi a cui stanno levando il diritto di opporci alle malefatte di padroni, speculatori, generaloni. Noi che compiamo reati quando ci opponiamo con la disarmata forza della voce e del corpo, a prepotenze e ingiustizie. Noi che, da quando siamo Repubblica, ci siamo prostituiti a un padrone straniero dagli irrimediabili caratteri criminali. Noi che ci hanno tenuto in riga a forza di stragi di Stato, di mafia e di fascisti (con ancora ieri loro celebrazioni a Bologna, zona stazione).

Noi di Gladio, di P2-3-4 e di altissime cariche dello Stato con il busto di Mussolini sul comodino. Noi che ci sveniamo per armare aguzzini e genocidi. Noi che ci facciamo occupare da 90 basi extraterritoriali ed extrasovranità, in cui sono annidati coloro che ci fanno fare guerre agli altri, e, così, a noi ci rendono potenziali e legittimi bersagli.

Noi con primi ministri e ministri condannati perché al soldo della mafia, o con la mafia al soldo loro. Noi con la democrazia che è come una coperta sbrindellata e lisa, buona da rifugio per ratti e topi con i colletti bianchi. Noi il cui capo più venerato, un volgare puttaniere, corruttore di giudici, ufficiale pagatore della mafia, evasore del fisco a spese del contribuente è stato onorato dal Capo dello Stato nella figura della figlia, beneficiaria delle sue ruberie. E gli hanno pure fatto un francobollo, come a Garibaldi. E gli hanno nominato un aeroporto, come a Pertini.

Noi quelli del lockdown, del green pass, del futuro pandemico e digitale e del ministro del lockdown che si conferma per quello che è girando, in tempo di elezioni altrui, con un grande cartello “KAMALA”. Sul retro, in inchiostro simpatico, firmato dalla stessa, c’è scritto: “W il Genocidio”. Si chiama Roberto Speranza. E lo fanno passare per uno dei buoni.

E, per completare l’idilliaco quadro, noi siamo quelli ai quali uno qualunque, l’uomo più ricco del mondo, statunitense, fascistoide e perciò intimo di Giorgia Meloni, in virtù di tale intimità si può permettere di determinare cosa è giusto e cosa no nel nostro paese, in barba a una magistratura a ciò deputata dalla Costituzione voluta da noi, e di disporre che i giudici che disturbano la marcia sull’Italia della sua amica vanno cacciati.

mercoledì 6 novembre 2024

USA, HANNO PERSO QUELLI DE LI SORDI E DE LI SPARI

 



E adesso le chiacchiere stanno a zero. Si ricomincia dai fatti. L’uragano tossico della ciurmaglia vociante a favore della banda di assassini di massa, che ha imperversato sul mondo negli ultimi quattro anni, si azzitterà. Una classe che fa dello scilipotismo in tutte le stagioni lo strumento del potere, inizierà le sue prime conversioni. Siamo abituati, da millenni, a vederla transitare da una religione di carattere, come si dice oggi, multipolare a un’altra, di segno opposto, unipolare. Sempre con la stessa convinzione, tanto da ridurre la precedente in macerie e abiezione morale. Da dei onorati a demoni diabolici. Le nostre classi dirigenti sono fatte così. E, almeno nell’immediato, quanto era oggetto di celebrazioni sacre incontestabili verrà calpestato e ridotto, come a suo tempo, a polvere di templi e alla damnatio memoriae di “dei falsi e bugiardi”..

Cambieranno sacerdoti e chierichietti, preci verranno elevate ad altre divinità, altre formule magiche, altre musiche ci invaderanno  dagli organi e incanteranno le schiere dei fedeli. Resterà solo una costante nell’immagine sacra sopra l’altare: una bandiera a stelle e strisce.

E’ stata spazzata via una delle due massime espressioni di barbarie subculturale nichilista che ha tenuto per la gola il pianeta, minandone la sopravvivenza. Ne sopravvive l’altra. Ma questa ha percepito che l’alluvione di arroganza e violenza dell’insieme antiumano è stata frenata da argini cresciuti impetuosamente tutt’intorno alle marche dell’impero.

Ha stravinto uno che di questi argini pare tener conto e, insieme a lui, come mai prima, tutto il coacervo di presunta rappresentanza popolare del suo partito nella Camera e nel Senato. Le polveri da sparo che contro costui sono state armate, sotto forma sia di dollari, andati massimamente a tenere in piedi il cartonato dell’improbabile continuatrice del vigente, sia di fucilate, sono risultate bagnate. Come bagnate sono uscite dalla contesa le pagine stampate della tifoseria mediatica, tutta al servizio dei munifici finanziatori di Kamala Harris.

Una miserabile ciurmaglia di contractors europei, capeggiati, sia a Bruxelles che a Roma, da figure tratte da un sottobosco che coniuga criminalità organizzata e criminalità politica, appare spiazzata e medita il modo più spiccio per riallinearsi. Qualcuno, molto in basso, gli chiederà conto, se davvero in Ucraina sia andrà alla giusta sistemazione, di quanto gli è stato sottratto a forza di miliardi in missili e tangenti riversati su un lestofante pronto a infilare il suo popolo nelle fauci dell’assassino di massa. E noi, dal basso, dovremmo darci da fare per agevolare quella resa dei conti.

Ora c’è uno che ha accusato l’altra, a ragione, di collaborare all’armageddon mondiale e finale. Che ha detto ai subordinati dell’UE di farsela loro la guerra e di pagarsela (già fatto). Ma è anche quello che ha stretto nel più forte degli abbracci Jack lo Squartatore di Tel Aviv mentre sguazzava in un oceano di sangue. E che gli ha promesso il coronamento biblico della sua capitale a Gerusalemme, E’ colui che ha assassinato il generale Kassem Suleimani, strappato l’accordo nucleare con l’Iran (nefasto per l’Iran), pronto a obliterare la Cina. Ma è pure colui che non ha partecipato alle guerre mediatiche e golpiste degli Obama e Biden contro l’America Latina in lotta di resistenza.

Ragazzi, in carrozza, si riparte. Capotreno e treno sono cambiati. Gli hanno sparato e ci aveva contro, da noi come da loro, il peggio del pessimo. Cerchiamo di capire percorso e destinazione. E di non farceli imporre. In ogni caso, brutto o bello, “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole”.

martedì 5 novembre 2024

Baraccone USA: Più gente entra più bestie si vedono Bolivia: c’era una volta Evo America Latina: ritorno e andata Contro le alluvioni fate le guerre

 


In SPUNTI DI RIFLESSIONE di Paolo Arigotti: “Il ringhio del bassotto”, con Fulvio Grimaldi:  Dalla Bolivia che si dilania, all’America Latina sull’ennesimo crinale tra liberi o predati- https://youtu.be/6Ln3Hy_AeuA

In CALEIDO  Francesco Capo  intervista Fulvio Grimaldi: Miliardi alle armi, spiccioli all’ambiente, BRICS: Lula contro Maduro, Nordcoreani pretesi a Kursk, NATO per davvero in Ucraina. https://www.youtube.com/watch?v=58PLDMnqt4c  https://youtu.be/58PLDMnqt4c

QTV, Alluvionati armatevi e affogate,  baracconata delle elezioni, Medioriente carta vince carta perde, Ucraina… perde, Legge Bilancio:  chi piange e chi ride

https://www.quiradiolondra.tv/live/  martedì e venerdì alle 20

 

il dato è questo, al di là di quello che uscirà dall’indecente e fuorilegge baraccone elettorale statunitense: l’establishment dal quale nell’Occidente politico veniamo maltrattati e turlupinati è a favore del rigurgito di Biden, Kamala Harris con un accanimento che rende moderato il fanatismo tifoide della curva ‘ndranghetista dell’Inter. Di quanto di più maleodorante inquina la vita del cittadino e della nazione all’interno del perimetro di quanto pomposamente e grottescamente si definisce la “COMUNITA’ INTERNAZIONALE” (con tutte le maiuscole, come la SCIENZA, definita tale dal concerto farmaceutico-climatico-oligarchico), ogni singola cellula tumorale sostiene Kamala, vale a dire il nulla-con-la dentiera da cavallo drogato.

Si va da Mentana a Mieli, da Renzi a Conte, dal mafioso al parroco, dal finto socialdemocratico e vero piddino a quella che, scordatasi la cresima ricevuta mentre l’organo tuonava “Dio stramaledica gli inglesi” (e gli ebrei), si fa baciare in fronte dal rintronato sostenitore di due genocidi e, se avesse fatto in tempo, di una terza guerra mondiale. E poi naturalmente tutta la créme de la créme che suole prendere il tè a Davos o negli alberghi a 25 stelle di Bilderberg.

Questo nel nostro piccolo, riguarda i ratti che marciano verso il burrone al suono del piffero. Quanto ai suonatori, che frenano prima del burrone, ci sono tutti quelli che già una volta erano riusciti a imbrogliare le carte, meglio le schede, per garantire la prosecuzione del modello lanciato l’11 settembre del 2001: quello della famiglia di Jack-lo Squartatore-Cheney, fisiologicamente transitato nel partito che i genocidi li ama e li pratica con maggiore frequenza e convinzione.

Tutto questo per lo spettatore, legato dai media alla poltrona di ferro in platea, è come l’Atellana che, nel teatro romano antico, era la farsa ridanciana finale, che doveva farti riprendere dopo le psicomazzate inflitteti dalla Tragedia nella prima parte dello spettacolo.

Al di là di queste piacevolezze, libabili tra le offerte votive che vi propongo nelle sopraelencate trasmissioni, potete, cari ragazzi, ora riuniti con me sotto l’ombrello della consapevolezza che sta piovendo fango peggio che a Valencia, constatarne natura, dimensioni ed effetti collaterali.

Dell’America Latina, continente con 700 milioni di, perlopiù simpatici e assennati, abitanti e più ricchezze naturali di quante Creso abbia mai potuto sognare, né il Programma del Nuovo Secolo Americano (PNAC=11 settembre) di Obama, Cheney, Biden annettersi, i nostri politici e mediatici si curano una cippa. A fatica sanno che ci sia e dove. Ogni tanto gli viene di battere le mani quando il dollaro, armato di golpe e dittatori, vi tenta una qualche incursione. Ultimamente un paio di volte in Venezuela, ogni due per tre, invano, a Cuba (a proposito: all’ONU 187 paesi hanno votato per la trentesima volta contro l’embargo USA a Cuba. A favore solo USA e Israele (convinti che far morire di fame popoli faccia bene alla salute della democrazia). Astenuta la Moldavia, testè messasi a disposizione nel lupanare UE.

E pensare che da quelle parti c’è tanto litio da alimentare più macchine elettriche e congegni elettronici di dieci pianeti come il nostro. Cosa che forse è all’origine di uno spiacevolissimo scazzo che lacera da mesi la nobilissima componente dello schieramento antimperialista che è la Bolivia. Superati brillantemente tutti golpe allestitivi nei secoli dagli USA, stabilitovi nel 2006, e io lo vidi succedere, un governo sovrano rivoluzionario con a capo un indigeno, Evo Morales, oggi siamo all’autogolpe.

Nel senso che Evo, superati i tre mandati tra il 2006 e il 2018, scampato con la – non edificante -  fuga in Messico alle cattive intenzioni dell’ennesimo colpo di Stato USA, trovatosi al ritorno un valido successore, Luis Arce (valido economista di tutti i suoi governi), democraticamente eletto, non ha voluto rassegnarsi alla sua stessa Costituzione che gli inibiva ulteriori mandati. E ha iniziato a fare casini utilizzando il suo proprio retroterra: i Quechua e gli Aymara, eminentemente contadini cocaleros.

Ha preteso di essere candidato unico alle elezioni presidenziali del 2025 e, visto che le istituzioni glielo negano, ha allestito la spaccatura del suo partito, MAS (Movimento al Socialismo), tra blocco Evista e blocco Luisista, ha lanciato una gigantesca marcia su La Paz, poi posti di blocco che hanno fermato il paese e la sua economia. Affrontato dalle forze dell’Ordine gli ha sparato. per poi fingere di essere stato vittima di un tentativo di assassinio. E Infine, non essendo riuscito a smontare Arce dalla presidenza, si è buttato sullo sciopero della fame, sulla profferta di dialogo (prima negato) e sulla richiesta di mediazione di paesi amici. Lo stallo perdura, ma Evo pare aver esaurito le cartucce.

A essere maligni, ma occhiuti, si può intravedere all’orizzonte il luccichio delle immense distese boliviane di litio, le più grandi del mondo il minerale dell’ennesima rivoluzione industriale, questa sì, globale. Chi ne incamererà i benefici politici ed economici?  Intanto Luis Arce lo ha nazionalizzato e ne ha concesso la gestione ai cinesi. Chi se ne avvantaggerà? La rivoluzione?

Prima di risalpare in senso contrario al Colombo foriero di sventure senza fine e provare a non affondare nelle sabbie mobili nostrane, salutiamo con sincera passione il resistente Nicolas Maduro del Venezuela, l’insostituibile (alla faccia di USA e Vaticano) Daniel Ortega, ma non ci facciamo mancare uno sberleffo all’Erdogan dell’America Latina, neopresidente brasiliano Lula da Silva. Andatosi a prendere l’OK di Biden, prima visita dalla sua rielezione, se lo è ulteriormente ingraziato con una mossa davvero epocale: il veto al Venezuela per la partecipazione al BRICS in Russia.

Fatta la figuraccia, ha cercato di attenuare attribuendo l’iniziativa a un oscuro diplomatico. Figurarsi! Anche perché solo pochi mesi prima aveva condiviso con gli yankee e Corina Maria Machado, la sostenitrice del golpe yankee di Juan Guaidò nel 2018, la farsa della vittoria alle presidenziali venezuelani del vecchio detrito coloniale Edmundo Gonzales.

Ancor prima che si aprissero le urne, aveva vantato la propria vittoria per il 60% contro il 30% di Maduro. Naturalmente, dalle nostre solite parti, nessuno ha riso. Tantomeno Mentana o Mieli

 

 

 

 

 

 

lunedì 4 novembre 2024

IL GURU E IL DIBBA

 



 

A proposito di A.Di Battista e del suo riferimento politico-ideologico, cioè Gianroberto Casaleggio

Non si può negare la caratura politica e ideologica di Di Battista. I suoi interventi nei talk e sul Fatto Quotidiano sono condivisibili. Lui è uno dei rarissimi del mainstream che ha posizioni corrette, soprattutto quando affronta temi come la guerra, Israele e Palestina e il sud globale.

E’ da ammirare la sua capacità comunicativa, il suo rigore e la sua totale mancanza di soggezione nei confronti dei poteri forti.

Ha preso delle cantonate (vaccini, una certa ambiguità nella questione ucraina, il non accettare di mettersi a capo del M5S, quando il movimento, ancora forte sia in parlamento che tra gli elettori, ma in fase discendente per i motivi che sappiamo, aveva bisogno di un leader radicale e amato dalla base), ma gli va riconosciuta una dose rara di sincerità e passione.

Dov’è che casca l’asino? L’aperta contraddizione fra quell’ideologia che lo contraddistingue e fa di lui un dissenziente e la sempre dichiarata ammirazione per G.Casaleggio.

Se veramente le teorie di quest’ultimo, guru e portatore di una visione del mondo e della politica preoccupante, sono fatte proprie senza una totale dissociazione del nostro, allora c’è da essere molto, ma molto preoccupati.

E’ inutile ricordare che quando è nato il movimento M5S, tutti noi ci siamo gasati, affascinati dalla novità e dalla critica alla politica dei partiti di Grillo e GRC.

Eppure c’erano già allora grossi elementi di ambiguità, che dipendevano dall’impostazione che era stata data al movimento da GRC.

Innanzi tutto lo strumento fondamentale di costruzione del soggetto politico erano i meetup, cioè canali di comunicazione telematici che modificavano le relazioni fra militanti, i cosiddetti nodi di rete, che sostituivano le riunioni di partito e trasferivano sui territori le posizioni della dirigenza, cioè di GRC e in secondo piano di Grillo. Chi non seguiva i diktat di questo comitato a due, o meglio a uno e mezzo, veniva espulso.

Vigeva l’iscrizione on line, non c’era quindi alcuna selezione in base all’impegno ecc..

La famosa piattaforma Rousseau in mano a GRC gestiva tutte le attività e possedeva i nomi degli iscritti, aveva quindi in mano tutta l’organizzazione, che si articolava secondo regole non stabilite da alcuno statuto. Non vi ricorda qualcosa? Magari la celebrata diarchia di DSP, Rizzo-Toscano? Se poi pensiamo alla enfatizzazione sulle magnifiche sorti di internet, che avrebbe portato, secondo il pensiero casaleggesco, alla creazione di un’intelligenza collettiva interfacciata e organizzata da Google, siamo molto vicini all’Agenda 2030.

L’umanità, ridotta a un miliardo di persone (sic)diventa un unico soggetto e l’individuo è fruitore e produttore di dati: non vi è più divaricazione fra la vita reale e quella virtuale e l’architrave della politica e della vita di ogni cittadino diventa il web. Quindi l’agorà elettronica sostituisce la mediazione fra il cittadino stesso e la politica. Ognuno può proporre leggi, può votare, sempre on line, ecc. insomma siamo di fronte a quello che alcuni filosofi chiamano ribellismo cellulare.

Il grande quesito non risolto è: chi possiede la rete e chi ha la capacità di gestirla? Da Uno vale Uno a Uno vale nessuno.

Sembrerebbe che la grande menzogna e la grande illusione del M5S siano contigue e funzionali alle ipotesi e proposte formulate a Davos. Casaleggio anticipatore di Schwab.

Carissimo Alessandro, scegliti pensatori di riferimento autenticamente rivoluzionari. Per fortuna ce ne sono parecchi, anche se non appaiono mai  nel mainstream e non hanno un comico che faccia loro da ventriloquo.

sabato 2 novembre 2024

PALESTINA INVICTA “Araba Fenice, il tuo nome è Gaza”

 


 


DA TUTTA LA TOSCANA E REGIONI VICINE VI ASPETTIAMO NEL BORGO PIU’ BELLO D’ITALIA E NEL CUORE DELLA SUA RIBELLIONE.

Gambassi Terme giovedì 7 novembre, ore 18.00

Massa e Carrara sabato 9 novembre , ore 16.00

martedì 29 ottobre 2024

CON I BRICS A KAZAN CAMBIA IL MONDO MOLDAVIA E GEORGIA, SOTTO A CHI TOCCA ITALIA GUERRA PER BANDE

 


 

Fatti, delitti, lotte di oggi alla luce del passato e nelle prospettiva del futuro

MIEI INTERVENTI

In “Spunti di riflessione” di Paolo Arigotti: “Il ringhio del bassotto” https://youtu.be/wAEtLXpjKl0

In “Caleido” di Francesco Capo, “Kermesse e Sconvolgimenti” https://www.youtube.com/watch?v=dspj3Yvst7s

In “Mondocane…punto”  https://www.quiradiolondra.tv/live/  questa sera alle 20.00

 

Cosa è successo davvero quando l’Iran ha bombardato Israele e quando Israele ha contraccambiato sull’Iran? Ah saperlo!

Incominciamo col dire chi ha cominciato, come fa l’insegnante quando entra in classe e trova devastazione e due ragazzini con ammaccature? Chè qui il sistema è quello dell’occultamento dei precedenti, così uno si sofferma sull’ultimo evento e non gli si fa capire da cosa è derivato, in che cosa è radicato. E’ il trucco padronale dell’annientamento della memoria e, dunque, dalla Storia. Storia che per chi la conosce e interpreta, è proprio maestra. Esempio, a vedere le mosse della combriccola Meloni tra premierato e scazzi con la magistratura e a ricordarsi poi di Mussolini e dei suoi antecedenti sovrani assoluti, non credete che, dalle similitudini, si capisca meglio cosa vanno architettando e come converrebbe rispondere? Non proprio come con la Ghigliottina, o con Piazzale Loreto, ma insomma che reagire si deve.

Secondo Enrico Mentana, i pappagalli del Deep State in tutti i media e, sorretto nell’argomentare dalle bretelle, l’eccellenza tra questi, Federico Rampini, tutto è cominciato, uno, perché l’Iran è intrinsecamente cattivo, il capo dell’Asse del Male e merita qualsiasi punizione; due, perché, con inusitata e ingiustificata protervia, ha lanciato su Israele ben 200 missili. Di cui alcuni hanno fatto addirittura male (detto dalle riprese satellitari, con grande irritazione degli assertori israeliani della propria invincibilità).

Le precedenti imprese – bombardamento dell’ambasciata iraniana a Damasco, l’assassinio di Raisi, Haniyeh e Nasrallah, dopo centinaia di attentati terroristici nel corso dei decenni, la decimazione di dirigenti Hezbollah e Pasdaran (con corredo ci migliaia di civili, lì per caso) - tutte scomparse. Restano i due ingiustificati attacchi missilistici all’unica democrazia del Medioriente.

A questo punto saremmo, a spanne, su qualcosa come una goleada di 20 a due per Israele e, se consideriamo anche i graffi fattigli dagli altri dell’Asse della Resistenza (Hamas, Hezbollah, yemeniti, iracheni), potremmo concedere un 10 a zero. Il dato è questo, cari corifei dell’ “Israele ha il diritto di difendersi”, dato che sono 80 anni che viene attaccato dalla potenza palestinese.

Ora pare che le armi grosse tacciano. Almeno per un po’. L’hanno suggerito, per finta, Biden e Kamala, con in coda le perorazioni delle succursali UE e, sul serio, Russia e Cina. Con i primi addirittura in delegazione a Tel Aviv. Qualcuno mormora che potrebbero fare di più. Intanto hanno, collateralmente, qualcosa di più, a dispetto delle furie belliciste di USA, Israele e accoliti: al vertice BRICS hanno fatto riconciliare Cina e India e confermare la stupefacente intesa Riad-Teheran, ora celebrata perfino con esercitazioni navali congiunte. Roba che va togliendo dal fuoco mediorientale parecchie castagne statunitensi.

Nell’intervista di Francesco Capo c’è dell’altro. C’è la Moldavia che, a forza di aiutini da di là, e la Georgia che, tutta da sola, resta di qua. Se ne è parlato in vario modo, perlopiù sempre uno, lo stesso: in Georgia ha stato Putin, in Moldavia hanno fatto tutto i moldavi. Va ricordato di striscio che in Moldavia alle prime proiezioni i neutrali (per favore non “filorussi”) erano al 58%. Questo a dispetto del pellegrinaggio a Chisimaio di tanti seducenti politici europei.

Poi sono arrivati gli espatriati e hanno fatto vincere i filo-UE (questi sì, vanno chiamati così) per un mezzo grammo di bruxellismo: lo 0,57%. Forse non vi hanno riferito qualche dettaglio di questo trionfo europeo. Per il milione mezzo di moldavi all’estero erano stati allestiti 231 seggi in Europa e appena 20 in Russia. In Russia le autorità diplomatiche moldave hanno fatto arrivare 9000 schede per 300.000 elettori.

La presidente filo-Ursula, Maia Sandu è passata per il rotto della cuffia – ha stato Putin - al ballottaggio con Alexander Stoianoglu, cui andranno anche i voti dell’altro neutrale (ergo filorusso) Renato Usatii. Sarà una bella gara. Le ONG ce la dovranno mettere tutta.

Come in Georgia, dove pur essendocene 25.000, tutte occidentali, dai tempi funesti di Saakashvili (quello venuto su con la “Rivoluzione delle Rose” e andato giù con l’invasione dell’Ossezia scissionista nel 2008, bloccata dai russi nel giro di 5 giorni)

In Georgia, retta da un governo neutrale, aperto sia al lontano continente europeo sfigato, sia all’adiacente e prospera Russia, a dispetto delle ONG occidentali che hanno invaso la Georgia e si sono impadroniti di sanità, istruzione, Giustizia, privatizzazioni, vince sui filo-UE il premier neutrale Kobakhidze di “Sogno Georgiano” con il 54,08. Sulle TV georgiane erano circolate immagini bandite in Moldavia: morti, distruzioni, dittatura in Ucraina.  Anche perché s’era capito chi fossero quelle ONG quando una legge gli ha imposto di dichiarare i dollari e euro che ricevevano dall’estero.

L’Europa, poi guidata dagli USA, sotto le insegne del “fardello dell’uomo bianco” ha nel suo cursus honorum 500 anni di genocidi, predazioni, devastazione. Colonialismo prima nel nome di Cristo, poi in quello dell’esportazione della democrazia. Come risulta dal PNAC, Programma del Nuovo Secolo Americano, inaugurato l’11 settembre del 2001, quella strategia, già ripresa a forza di bombe atomiche da Truman e Churchill nel 1945 e coronata dalla caduta del Muro, nei giorni scorsi è andata a rompersi il cranio contro l’assemblea di 32 Stati riuniti intorno al nocciolo duro di 10 BRICS, capeggiati da Russia e Cina, Sudafrica e Brasile e salutati dal segretario generale delle Nazioni Unite.

Stati a cui il G7 sta come un nanetto da giardino di Arcore sta alla Statua di Garibaldi al Gianicolo (mi perdonino i neoborbonici e i fan di Pio IX). Con quasi metà della superficie terrestre, il 45% della popolazione mondiale, quasi il 40% del PIL globale e la stragrande maggioranza delle risorse naturali, questo aggregato, per quanto disomogeneo politicamente e socialmente, ha posto fine alla dittatura di Bretton Woods. I cui pilastri, scomparso il collegamento del dollaro all’oro, erano la farlocca, ma riverita, potenza di un dollaro di carta velina, conventicole transnazionali del soggiogamento e sfruttamento dei paesi tramite debito e austerity detta “ristrutturazione” – FMI, Banca Mondiale, OMC – e, come cani da guardia, mille basi militari sparse sul pianeta.

Tutto questo è finito. Le catene si sono spezzate e sono rumorosamente precipitate sui piedi die pupari che vanno cercando di annebbiarci a forza di ombre cinesi come Harris e Trump. Rien ne va plus con un concerto che canta in coro almeno su alcuni capisaldi: niente più nazione guida per investitura divina, tutti sovrani e autonomi, collaborazione anziché conflitto (vedi la Via della Seta), regole uguali per tutti, rispetto, valute per ora nazionali che gradualmente affossino il dollaro pompato, ma campato per aria., Il sistema di pagamento dei furbi, lo SWIFT, se lo tengano loro, noi ce ne facciamo uno nostro, insieme alle loro sanzioni a chi non gli piace.

E’ poco? E’ molto? Vedete un po’ voi. Per me è come le caravelle di Colombo che tornano indietro, vuote, e restano in porto a fare gare di vela.

Poi, se volete, in “Mondocane… punto” si parla anche di cose nostre. Ovviamente di guerra per bande.

 

 

domenica 27 ottobre 2024

YAHYA SINWAR VIVE E NOI LOTTIAMO INSIEME A LUI

 

 




https://youtu.be/Uh8x3fWtUg8

https://youtu.be/Uh8x3fWtUg8

 

In questo video, che ho pubblicato sul mio canale di Youtube, presento il leader di Hamas caduto in combattimento per la liberazione del suo popolò e della sua patria e ne leggo il testamento, un documento che si incide nel cuore, nei nostri obiettivi, negli scopi per cui viviamo. E nella Storia del Bene e del Male.

Temo che i commenti a questo video siano stati bloccati. Potete pubblicarli sulla chat o sul mio indirizzo email: fulvio.grimaldi@gmail.

Fulvio

venerdì 25 ottobre 2024

1) ELEZIONI IN GERMANIA-AUSTRIA: MA CHI SONO I NAZI? 2) MA I CURDI (A) CHI SERVONO? 3) MA USA O BRICS?

 

1)  ELEZIONI IN GERMANIA-AUSTRIA: MA CHI SONO I NAZI?

2)  MA I CURDI (A) CHI SERVONO?

3)  MA USA O BRICS?

 


Spunti di riflessione” – Paolo Arigotti conversa con Fulvio Grimaldi

Il ringhio del bassotto: o USA o BRICS (con Fulvio Grimaldi)

 

Se fosse una partita di pallacanestro direi che è finita con qualcosa come 89 a 23. A calcio sarebbe sarebbe stato una goleada. A tennis due set a zero. Come dire Sinner contro il numero 140 del ranking mondiale.

Parlo del confronto, da remoto, ma giocato sulla nostra pelle e sul nostro futuro, tra gli USA in preda a delirio pseudodemocratico elettorale, finalizzato in un modo o nell’altro a farli sopravvivere finchè la barca (la guerra) va, e i BRICS riuniti a Kazan (Russia!). Questi ultimi, che stanno diventando i primi, erano in 32 (quanti quelli della NATO, ma dieci volte più grossi), di cui cinque fondatori, cinque nuovi arrivati e tutti gli altri a bussare alla porta di casa.

Dall’altra parte si digrignavano i denti sporchi di sangue arabo alla prospettiva di non contare più nulla, se non in un deserto di ossa calcinate, come sarà quello su cui si accaniscono a Gaza. Non gli resta altro che quello come risposta a un mondo che rappresenta più o meno la sua metà in termini di territorio, popolazione, PIL ed energia.

Sono stati giorni della combutta-contesa Harris-Trump su chi possa, ancora per un po’, far camminare per cimiteri lo zombie NATO-Sion e, dall’altro lato del pianeta, un’assemblea di Stati e popoli, con tanto di deprecatissimo Segretario dell’ONU a piegarsi alla realtà oggettiva (non più a quella onirica del Piano della vittoria di Zelensky), che progetta pace, armonia, uguaglianza e vita per tutti e con tutti. Opzioni alternative, chiare e convincenti. Ed è un passo avanti che travolge parecchio filo spinato tessutoci attorno negli ultimi decenni..

Poi, con Paolo, ci siamo intrattenuti sugli esorcismi praticati sugli invasi dal demonio di Germania e Austria, Quelli da cui gli addetti ai lavori degli zombie di cui sopra pretendono di estirpare, a forza di formule liturgiche (“ultradestra”, “neonazi”, “fascisti”), il diritto di votare chi gli pare. E soprattutto qualcuno che non corrisponda al chierico esorcista Scholz e alla sua fissa di distruggere il proprio paese in nome di Biden e Zelensky.

L’esorcista doveva dividersi tra “estrema sinistra” (BSW- Alleanza Sahra Wagenknecht) e “estrema destra” (AFD, Alternativa per la Germania), la prima sull’Intercity del 16% (terzo partito, dal nulla), la seconda sull’Alta Velocità del terzo dei voti di tutti i tedeschi (primo in Turingia e Sassonia, secondo in Brandeburgo), con analoga fenomenologia in Austria, Hanno sfondato il Semaforo.

Semaforo, Ampel, essendo quei governi Democristiani gialli-Socialdemocratici rossi-Verdi verdi, di Berlino e Vienna che rescindendo i legami con chi ne alimentava le fabbriche e le case, avevano ridotto in brandelli la propria economia, il proprio welfare e da benestanti a malestanti i propri cittadini.

Ovviamente dalle nostre parti occidentali non usa chiedersi perché milioni passino da vecchie e corrotte cariatidi partitiche a forze nuove che non sono i lecca lecca degli USA e delle sue guerre, dell’OMS e delle sue pandemie, del FEM e dei suoi Nuovi Ordini Mondiali, del rigurgito olocaustico dei sionisti. No, meglio diabolizzare ed esorcizzare: sono nazi, vanno proibiti. E, sottovoce: Occhio, che questi rivogliono il pane che gli abbiamo mangiato.

UN BELL’ASSIST ALL’IMPERIALISMO

Gli argomenti sono tanti, ma qui ve ne metto sotto il naso uno che mi sta a cuore. Per me che li ho conosciuti e ne ho seguito le opere, è sempre stato un mistero perché certe sinistre si siano tanto incapricciati dei curdi, iracheni, iraniani o, soprattutto, siriani, che fossero.

Quelli iracheni li ho visti per decenni lavorare per il re di Prussia e il suo visir, la CIA. Con questi si sono impegnati a smantellare lo Stato unitario multiconfessionale e multietnico, antimperialista e antisionista. I loro capi, Mustafa e Massud Barzani, sono stipendiati dalla CIA, ne eseguono i mandati e, nel caso del capostipite, vanno a morire negli USA. Essendosi sollevati da musulmani integralisti e patriarcali contro l’Iraq laico ed emancipato, proprio mentre era minacciato di morte da chi gli attribuiva l’11 settembre e armi di distruzione di massa, si è attirato la mano pesante di Saddam.

Quelli iraniani, quando parte una rivoluzione colorata contro il governo, vanno nel Kurdistan iracheno ad addestrarsi e rifornirsi di armi presso contingenti NATO (anche italiani) e, tornati in Iran, danno il loro contributo alla destabilizzazione del paese che sappiamo da chi è stata innescata.

I più amati, però, da chi li considera avanguardia ecologica, femminista, democratica, Wako, della rivoluzione mondiale, sono i curdi siriani.

Usciti dalla loro enclave storico nell’angolo nord-est della Siria, proprio nel momento in cui USA e relativi mercenari ISIS si apprestavano a smembrare quel paese tanto ostico, laico, socialista e tanto anti-israeliano, si sono messi al servizio dell’invasore statunitense. A forza di pogrom anti-arabi, si sono impadroniti di villaggi e terre e hanno facilitato così la creazione di mezza dozzina di basi militari americane alle quali portano i beni del territorio: petrolio e frutti dei campi.

Ad educare il pupo sinistroide europeo si sono attrezzati con video, foto, interviste benevolenti, che ne mostravano le fanciulle in mimetica con mitragliatore sui seni, avanguardie della rivoluzione laica e democratica contro l’oscurantista dittatore Bashar El Assad, a fianco dei liberatori Marines.

Tanto erano avvenenti e coraggiose, che fu loro attribuita anche la liberazione dall’ISIS  della seconda città siriana, Raqqa. Dove non misero mai piede, se non dopo che la capitale dello Stato Islamico era stata rasa al suolo dai bombardieri di Trump. A Washington parve opportuno, come del resto poi a Mosul in Iraq, dare l’impressione che i jihadisti impiegati qua e là nel mondo, dalla Libia, all’Iraq, all’Afghanistan, in Siria, nel Sahel, in Nigeria, e per vari attentati in Europa, erano nemici, così nettandosi l’immagine compromessa dalle prove tecnico-politiche che l’11 settembre non aveva niente a che fare né con Al Qaida né con i sauditi.

Restava da mettere sotto la lente, neanche tanto da ingrandimento, il meccanismo che assicura la democraticità del voto presidenziale negli USA, al di là degli arzigogoli dei continuisti guerrafondai e colonialisti nei nostri media su come Kamala Harris fosse la scelta della civiltà e del bene contro l’obbrobrio putinista del candidato carota-chiomato.

E sotto la lente cosa appare? Un sistema, ideato alla fine del 700 dai progenitori degli attuali oligarchi bancari, agrari e industriali, sistema che garantisca la perpetuità dell’elezione dell’establishment da parte dell’establishment. Elegge il presidente se non chi è qualificato da conventicola e dollaro. Mica la gente che di queste cose nulla sa e nulla intende.

Trattasi di 538 grandi elettori eletti, per grazia di dollaro e debite affiliazioni, al Senato o alla Camera e che a quel punto non riescono a immaginare altro che eleggere presidente il loro affine, sostenuto dagli stessi fondi che aprirono il parlamento a loro. E se non si mettono d’accordo, ci pensa la corte suprema. Come nel 2000, quando per la differenza di un grande elettore su 538, Al Gore chiese il riconteggio, ma i giudici supremi lo rifiutarono e decisero loro. Decisero a favore del figlio di colui che ne aveva nominato, a vita, come il Garante Grillo, la maggioranza: il papà, Bush Senior.

Sistema le cui infiorettature contemporanee sono le operazioni di media, magistrati e intelligence, grazie alle quali un candidato è il manutengolo del nemico massimo (Russiagate) e l’altro, invece, è persona linda e retta. Tanto che è giusto che procuratori, FBI e CIA seppelliscano ogni inchiesta e ogni dubbio  sul figliolo (Hunter Biden) che si droga, frequenta malviventi e orge con  minorenni, fa affari sporchi in Ucraina, apre ai cinesi redditizi mercati in America grazie alle spinte del papà allora vicepresidente. Senza parlare degli affari pubblici gestiti segretamente su server privati da Hillary Clinton mentre garantisce ai suoi ambasciatori che “in Siria l’ISIS è roba nostra”.

A questo punto chiudo e vado a lavarmi faccia, mani e penna.