martedì 5 novembre 2024

Baraccone USA: Più gente entra più bestie si vedono Bolivia: c’era una volta Evo America Latina: ritorno e andata Contro le alluvioni fate le guerre

 


In SPUNTI DI RIFLESSIONE di Paolo Arigotti: “Il ringhio del bassotto”, con Fulvio Grimaldi:  Dalla Bolivia che si dilania, all’America Latina sull’ennesimo crinale tra liberi o predati- https://youtu.be/6Ln3Hy_AeuA

In CALEIDO  Francesco Capo  intervista Fulvio Grimaldi: Miliardi alle armi, spiccioli all’ambiente, BRICS: Lula contro Maduro, Nordcoreani pretesi a Kursk, NATO per davvero in Ucraina. https://www.youtube.com/watch?v=58PLDMnqt4c  https://youtu.be/58PLDMnqt4c

QTV, Alluvionati armatevi e affogate,  baracconata delle elezioni, Medioriente carta vince carta perde, Ucraina… perde, Legge Bilancio:  chi piange e chi ride

https://www.quiradiolondra.tv/live/  martedì e venerdì alle 20

 

il dato è questo, al di là di quello che uscirà dall’indecente e fuorilegge baraccone elettorale statunitense: l’establishment dal quale nell’Occidente politico veniamo maltrattati e turlupinati è a favore del rigurgito di Biden, Kamala Harris con un accanimento che rende moderato il fanatismo tifoide della curva ‘ndranghetista dell’Inter. Di quanto di più maleodorante inquina la vita del cittadino e della nazione all’interno del perimetro di quanto pomposamente e grottescamente si definisce la “COMUNITA’ INTERNAZIONALE” (con tutte le maiuscole, come la SCIENZA, definita tale dal concerto farmaceutico-climatico-oligarchico), ogni singola cellula tumorale sostiene Kamala, vale a dire il nulla-con-la dentiera da cavallo drogato.

Si va da Mentana a Mieli, da Renzi a Conte, dal mafioso al parroco, dal finto socialdemocratico e vero piddino a quella che, scordatasi la cresima ricevuta mentre l’organo tuonava “Dio stramaledica gli inglesi” (e gli ebrei), si fa baciare in fronte dal rintronato sostenitore di due genocidi e, se avesse fatto in tempo, di una terza guerra mondiale. E poi naturalmente tutta la créme de la créme che suole prendere il tè a Davos o negli alberghi a 25 stelle di Bilderberg.

Questo nel nostro piccolo, riguarda i ratti che marciano verso il burrone al suono del piffero. Quanto ai suonatori, che frenano prima del burrone, ci sono tutti quelli che già una volta erano riusciti a imbrogliare le carte, meglio le schede, per garantire la prosecuzione del modello lanciato l’11 settembre del 2001: quello della famiglia di Jack-lo Squartatore-Cheney, fisiologicamente transitato nel partito che i genocidi li ama e li pratica con maggiore frequenza e convinzione.

Tutto questo per lo spettatore, legato dai media alla poltrona di ferro in platea, è come l’Atellana che, nel teatro romano antico, era la farsa ridanciana finale, che doveva farti riprendere dopo le psicomazzate inflitteti dalla Tragedia nella prima parte dello spettacolo.

Al di là di queste piacevolezze, libabili tra le offerte votive che vi propongo nelle sopraelencate trasmissioni, potete, cari ragazzi, ora riuniti con me sotto l’ombrello della consapevolezza che sta piovendo fango peggio che a Valencia, constatarne natura, dimensioni ed effetti collaterali.

Dell’America Latina, continente con 700 milioni di, perlopiù simpatici e assennati, abitanti e più ricchezze naturali di quante Creso abbia mai potuto sognare, né il Programma del Nuovo Secolo Americano (PNAC=11 settembre) di Obama, Cheney, Biden annettersi, i nostri politici e mediatici si curano una cippa. A fatica sanno che ci sia e dove. Ogni tanto gli viene di battere le mani quando il dollaro, armato di golpe e dittatori, vi tenta una qualche incursione. Ultimamente un paio di volte in Venezuela, ogni due per tre, invano, a Cuba (a proposito: all’ONU 187 paesi hanno votato per la trentesima volta contro l’embargo USA a Cuba. A favore solo USA e Israele (convinti che far morire di fame popoli faccia bene alla salute della democrazia). Astenuta la Moldavia, testè messasi a disposizione nel lupanare UE.

E pensare che da quelle parti c’è tanto litio da alimentare più macchine elettriche e congegni elettronici di dieci pianeti come il nostro. Cosa che forse è all’origine di uno spiacevolissimo scazzo che lacera da mesi la nobilissima componente dello schieramento antimperialista che è la Bolivia. Superati brillantemente tutti golpe allestitivi nei secoli dagli USA, stabilitovi nel 2006, e io lo vidi succedere, un governo sovrano rivoluzionario con a capo un indigeno, Evo Morales, oggi siamo all’autogolpe.

Nel senso che Evo, superati i tre mandati tra il 2006 e il 2018, scampato con la – non edificante -  fuga in Messico alle cattive intenzioni dell’ennesimo colpo di Stato USA, trovatosi al ritorno un valido successore, Luis Arce (valido economista di tutti i suoi governi), democraticamente eletto, non ha voluto rassegnarsi alla sua stessa Costituzione che gli inibiva ulteriori mandati. E ha iniziato a fare casini utilizzando il suo proprio retroterra: i Quechua e gli Aymara, eminentemente contadini cocaleros.

Ha preteso di essere candidato unico alle elezioni presidenziali del 2025 e, visto che le istituzioni glielo negano, ha allestito la spaccatura del suo partito, MAS (Movimento al Socialismo), tra blocco Evista e blocco Luisista, ha lanciato una gigantesca marcia su La Paz, poi posti di blocco che hanno fermato il paese e la sua economia. Affrontato dalle forze dell’Ordine gli ha sparato. per poi fingere di essere stato vittima di un tentativo di assassinio. E Infine, non essendo riuscito a smontare Arce dalla presidenza, si è buttato sullo sciopero della fame, sulla profferta di dialogo (prima negato) e sulla richiesta di mediazione di paesi amici. Lo stallo perdura, ma Evo pare aver esaurito le cartucce.

A essere maligni, ma occhiuti, si può intravedere all’orizzonte il luccichio delle immense distese boliviane di litio, le più grandi del mondo il minerale dell’ennesima rivoluzione industriale, questa sì, globale. Chi ne incamererà i benefici politici ed economici?  Intanto Luis Arce lo ha nazionalizzato e ne ha concesso la gestione ai cinesi. Chi se ne avvantaggerà? La rivoluzione?

Prima di risalpare in senso contrario al Colombo foriero di sventure senza fine e provare a non affondare nelle sabbie mobili nostrane, salutiamo con sincera passione il resistente Nicolas Maduro del Venezuela, l’insostituibile (alla faccia di USA e Vaticano) Daniel Ortega, ma non ci facciamo mancare uno sberleffo all’Erdogan dell’America Latina, neopresidente brasiliano Lula da Silva. Andatosi a prendere l’OK di Biden, prima visita dalla sua rielezione, se lo è ulteriormente ingraziato con una mossa davvero epocale: il veto al Venezuela per la partecipazione al BRICS in Russia.

Fatta la figuraccia, ha cercato di attenuare attribuendo l’iniziativa a un oscuro diplomatico. Figurarsi! Anche perché solo pochi mesi prima aveva condiviso con gli yankee e Corina Maria Machado, la sostenitrice del golpe yankee di Juan Guaidò nel 2018, la farsa della vittoria alle presidenziali venezuelani del vecchio detrito coloniale Edmundo Gonzales.

Ancor prima che si aprissero le urne, aveva vantato la propria vittoria per il 60% contro il 30% di Maduro. Naturalmente, dalle nostre solite parti, nessuno ha riso. Tantomeno Mentana o Mieli

 

 

 

 

 

 

lunedì 4 novembre 2024

IL GURU E IL DIBBA

 



 

A proposito di A.Di Battista e del suo riferimento politico-ideologico, cioè Gianroberto Casaleggio

Non si può negare la caratura politica e ideologica di Di Battista. I suoi interventi nei talk e sul Fatto Quotidiano sono condivisibili. Lui è uno dei rarissimi del mainstream che ha posizioni corrette, soprattutto quando affronta temi come la guerra, Israele e Palestina e il sud globale.

E’ da ammirare la sua capacità comunicativa, il suo rigore e la sua totale mancanza di soggezione nei confronti dei poteri forti.

Ha preso delle cantonate (vaccini, una certa ambiguità nella questione ucraina, il non accettare di mettersi a capo del M5S, quando il movimento, ancora forte sia in parlamento che tra gli elettori, ma in fase discendente per i motivi che sappiamo, aveva bisogno di un leader radicale e amato dalla base), ma gli va riconosciuta una dose rara di sincerità e passione.

Dov’è che casca l’asino? L’aperta contraddizione fra quell’ideologia che lo contraddistingue e fa di lui un dissenziente e la sempre dichiarata ammirazione per G.Casaleggio.

Se veramente le teorie di quest’ultimo, guru e portatore di una visione del mondo e della politica preoccupante, sono fatte proprie senza una totale dissociazione del nostro, allora c’è da essere molto, ma molto preoccupati.

E’ inutile ricordare che quando è nato il movimento M5S, tutti noi ci siamo gasati, affascinati dalla novità e dalla critica alla politica dei partiti di Grillo e GRC.

Eppure c’erano già allora grossi elementi di ambiguità, che dipendevano dall’impostazione che era stata data al movimento da GRC.

Innanzi tutto lo strumento fondamentale di costruzione del soggetto politico erano i meetup, cioè canali di comunicazione telematici che modificavano le relazioni fra militanti, i cosiddetti nodi di rete, che sostituivano le riunioni di partito e trasferivano sui territori le posizioni della dirigenza, cioè di GRC e in secondo piano di Grillo. Chi non seguiva i diktat di questo comitato a due, o meglio a uno e mezzo, veniva espulso.

Vigeva l’iscrizione on line, non c’era quindi alcuna selezione in base all’impegno ecc..

La famosa piattaforma Rousseau in mano a GRC gestiva tutte le attività e possedeva i nomi degli iscritti, aveva quindi in mano tutta l’organizzazione, che si articolava secondo regole non stabilite da alcuno statuto. Non vi ricorda qualcosa? Magari la celebrata diarchia di DSP, Rizzo-Toscano? Se poi pensiamo alla enfatizzazione sulle magnifiche sorti di internet, che avrebbe portato, secondo il pensiero casaleggesco, alla creazione di un’intelligenza collettiva interfacciata e organizzata da Google, siamo molto vicini all’Agenda 2030.

L’umanità, ridotta a un miliardo di persone (sic)diventa un unico soggetto e l’individuo è fruitore e produttore di dati: non vi è più divaricazione fra la vita reale e quella virtuale e l’architrave della politica e della vita di ogni cittadino diventa il web. Quindi l’agorà elettronica sostituisce la mediazione fra il cittadino stesso e la politica. Ognuno può proporre leggi, può votare, sempre on line, ecc. insomma siamo di fronte a quello che alcuni filosofi chiamano ribellismo cellulare.

Il grande quesito non risolto è: chi possiede la rete e chi ha la capacità di gestirla? Da Uno vale Uno a Uno vale nessuno.

Sembrerebbe che la grande menzogna e la grande illusione del M5S siano contigue e funzionali alle ipotesi e proposte formulate a Davos. Casaleggio anticipatore di Schwab.

Carissimo Alessandro, scegliti pensatori di riferimento autenticamente rivoluzionari. Per fortuna ce ne sono parecchi, anche se non appaiono mai  nel mainstream e non hanno un comico che faccia loro da ventriloquo.

sabato 2 novembre 2024

PALESTINA INVICTA “Araba Fenice, il tuo nome è Gaza”

 


 


DA TUTTA LA TOSCANA E REGIONI VICINE VI ASPETTIAMO NEL BORGO PIU’ BELLO D’ITALIA E NEL CUORE DELLA SUA RIBELLIONE.

Gambassi Terme giovedì 7 novembre, ore 18.00

Massa e Carrara sabato 9 novembre , ore 16.00

martedì 29 ottobre 2024

CON I BRICS A KAZAN CAMBIA IL MONDO MOLDAVIA E GEORGIA, SOTTO A CHI TOCCA ITALIA GUERRA PER BANDE

 


 

Fatti, delitti, lotte di oggi alla luce del passato e nelle prospettiva del futuro

MIEI INTERVENTI

In “Spunti di riflessione” di Paolo Arigotti: “Il ringhio del bassotto” https://youtu.be/wAEtLXpjKl0

In “Caleido” di Francesco Capo, “Kermesse e Sconvolgimenti” https://www.youtube.com/watch?v=dspj3Yvst7s

In “Mondocane…punto”  https://www.quiradiolondra.tv/live/  questa sera alle 20.00

 

Cosa è successo davvero quando l’Iran ha bombardato Israele e quando Israele ha contraccambiato sull’Iran? Ah saperlo!

Incominciamo col dire chi ha cominciato, come fa l’insegnante quando entra in classe e trova devastazione e due ragazzini con ammaccature? Chè qui il sistema è quello dell’occultamento dei precedenti, così uno si sofferma sull’ultimo evento e non gli si fa capire da cosa è derivato, in che cosa è radicato. E’ il trucco padronale dell’annientamento della memoria e, dunque, dalla Storia. Storia che per chi la conosce e interpreta, è proprio maestra. Esempio, a vedere le mosse della combriccola Meloni tra premierato e scazzi con la magistratura e a ricordarsi poi di Mussolini e dei suoi antecedenti sovrani assoluti, non credete che, dalle similitudini, si capisca meglio cosa vanno architettando e come converrebbe rispondere? Non proprio come con la Ghigliottina, o con Piazzale Loreto, ma insomma che reagire si deve.

Secondo Enrico Mentana, i pappagalli del Deep State in tutti i media e, sorretto nell’argomentare dalle bretelle, l’eccellenza tra questi, Federico Rampini, tutto è cominciato, uno, perché l’Iran è intrinsecamente cattivo, il capo dell’Asse del Male e merita qualsiasi punizione; due, perché, con inusitata e ingiustificata protervia, ha lanciato su Israele ben 200 missili. Di cui alcuni hanno fatto addirittura male (detto dalle riprese satellitari, con grande irritazione degli assertori israeliani della propria invincibilità).

Le precedenti imprese – bombardamento dell’ambasciata iraniana a Damasco, l’assassinio di Raisi, Haniyeh e Nasrallah, dopo centinaia di attentati terroristici nel corso dei decenni, la decimazione di dirigenti Hezbollah e Pasdaran (con corredo ci migliaia di civili, lì per caso) - tutte scomparse. Restano i due ingiustificati attacchi missilistici all’unica democrazia del Medioriente.

A questo punto saremmo, a spanne, su qualcosa come una goleada di 20 a due per Israele e, se consideriamo anche i graffi fattigli dagli altri dell’Asse della Resistenza (Hamas, Hezbollah, yemeniti, iracheni), potremmo concedere un 10 a zero. Il dato è questo, cari corifei dell’ “Israele ha il diritto di difendersi”, dato che sono 80 anni che viene attaccato dalla potenza palestinese.

Ora pare che le armi grosse tacciano. Almeno per un po’. L’hanno suggerito, per finta, Biden e Kamala, con in coda le perorazioni delle succursali UE e, sul serio, Russia e Cina. Con i primi addirittura in delegazione a Tel Aviv. Qualcuno mormora che potrebbero fare di più. Intanto hanno, collateralmente, qualcosa di più, a dispetto delle furie belliciste di USA, Israele e accoliti: al vertice BRICS hanno fatto riconciliare Cina e India e confermare la stupefacente intesa Riad-Teheran, ora celebrata perfino con esercitazioni navali congiunte. Roba che va togliendo dal fuoco mediorientale parecchie castagne statunitensi.

Nell’intervista di Francesco Capo c’è dell’altro. C’è la Moldavia che, a forza di aiutini da di là, e la Georgia che, tutta da sola, resta di qua. Se ne è parlato in vario modo, perlopiù sempre uno, lo stesso: in Georgia ha stato Putin, in Moldavia hanno fatto tutto i moldavi. Va ricordato di striscio che in Moldavia alle prime proiezioni i neutrali (per favore non “filorussi”) erano al 58%. Questo a dispetto del pellegrinaggio a Chisimaio di tanti seducenti politici europei.

Poi sono arrivati gli espatriati e hanno fatto vincere i filo-UE (questi sì, vanno chiamati così) per un mezzo grammo di bruxellismo: lo 0,57%. Forse non vi hanno riferito qualche dettaglio di questo trionfo europeo. Per il milione mezzo di moldavi all’estero erano stati allestiti 231 seggi in Europa e appena 20 in Russia. In Russia le autorità diplomatiche moldave hanno fatto arrivare 9000 schede per 300.000 elettori.

La presidente filo-Ursula, Maia Sandu è passata per il rotto della cuffia – ha stato Putin - al ballottaggio con Alexander Stoianoglu, cui andranno anche i voti dell’altro neutrale (ergo filorusso) Renato Usatii. Sarà una bella gara. Le ONG ce la dovranno mettere tutta.

Come in Georgia, dove pur essendocene 25.000, tutte occidentali, dai tempi funesti di Saakashvili (quello venuto su con la “Rivoluzione delle Rose” e andato giù con l’invasione dell’Ossezia scissionista nel 2008, bloccata dai russi nel giro di 5 giorni)

In Georgia, retta da un governo neutrale, aperto sia al lontano continente europeo sfigato, sia all’adiacente e prospera Russia, a dispetto delle ONG occidentali che hanno invaso la Georgia e si sono impadroniti di sanità, istruzione, Giustizia, privatizzazioni, vince sui filo-UE il premier neutrale Kobakhidze di “Sogno Georgiano” con il 54,08. Sulle TV georgiane erano circolate immagini bandite in Moldavia: morti, distruzioni, dittatura in Ucraina.  Anche perché s’era capito chi fossero quelle ONG quando una legge gli ha imposto di dichiarare i dollari e euro che ricevevano dall’estero.

L’Europa, poi guidata dagli USA, sotto le insegne del “fardello dell’uomo bianco” ha nel suo cursus honorum 500 anni di genocidi, predazioni, devastazione. Colonialismo prima nel nome di Cristo, poi in quello dell’esportazione della democrazia. Come risulta dal PNAC, Programma del Nuovo Secolo Americano, inaugurato l’11 settembre del 2001, quella strategia, già ripresa a forza di bombe atomiche da Truman e Churchill nel 1945 e coronata dalla caduta del Muro, nei giorni scorsi è andata a rompersi il cranio contro l’assemblea di 32 Stati riuniti intorno al nocciolo duro di 10 BRICS, capeggiati da Russia e Cina, Sudafrica e Brasile e salutati dal segretario generale delle Nazioni Unite.

Stati a cui il G7 sta come un nanetto da giardino di Arcore sta alla Statua di Garibaldi al Gianicolo (mi perdonino i neoborbonici e i fan di Pio IX). Con quasi metà della superficie terrestre, il 45% della popolazione mondiale, quasi il 40% del PIL globale e la stragrande maggioranza delle risorse naturali, questo aggregato, per quanto disomogeneo politicamente e socialmente, ha posto fine alla dittatura di Bretton Woods. I cui pilastri, scomparso il collegamento del dollaro all’oro, erano la farlocca, ma riverita, potenza di un dollaro di carta velina, conventicole transnazionali del soggiogamento e sfruttamento dei paesi tramite debito e austerity detta “ristrutturazione” – FMI, Banca Mondiale, OMC – e, come cani da guardia, mille basi militari sparse sul pianeta.

Tutto questo è finito. Le catene si sono spezzate e sono rumorosamente precipitate sui piedi die pupari che vanno cercando di annebbiarci a forza di ombre cinesi come Harris e Trump. Rien ne va plus con un concerto che canta in coro almeno su alcuni capisaldi: niente più nazione guida per investitura divina, tutti sovrani e autonomi, collaborazione anziché conflitto (vedi la Via della Seta), regole uguali per tutti, rispetto, valute per ora nazionali che gradualmente affossino il dollaro pompato, ma campato per aria., Il sistema di pagamento dei furbi, lo SWIFT, se lo tengano loro, noi ce ne facciamo uno nostro, insieme alle loro sanzioni a chi non gli piace.

E’ poco? E’ molto? Vedete un po’ voi. Per me è come le caravelle di Colombo che tornano indietro, vuote, e restano in porto a fare gare di vela.

Poi, se volete, in “Mondocane… punto” si parla anche di cose nostre. Ovviamente di guerra per bande.

 

 

domenica 27 ottobre 2024

YAHYA SINWAR VIVE E NOI LOTTIAMO INSIEME A LUI

 

 




https://youtu.be/Uh8x3fWtUg8

https://youtu.be/Uh8x3fWtUg8

 

In questo video, che ho pubblicato sul mio canale di Youtube, presento il leader di Hamas caduto in combattimento per la liberazione del suo popolò e della sua patria e ne leggo il testamento, un documento che si incide nel cuore, nei nostri obiettivi, negli scopi per cui viviamo. E nella Storia del Bene e del Male.

Temo che i commenti a questo video siano stati bloccati. Potete pubblicarli sulla chat o sul mio indirizzo email: fulvio.grimaldi@gmail.

Fulvio

venerdì 25 ottobre 2024

1) ELEZIONI IN GERMANIA-AUSTRIA: MA CHI SONO I NAZI? 2) MA I CURDI (A) CHI SERVONO? 3) MA USA O BRICS?

 

1)  ELEZIONI IN GERMANIA-AUSTRIA: MA CHI SONO I NAZI?

2)  MA I CURDI (A) CHI SERVONO?

3)  MA USA O BRICS?

 


Spunti di riflessione” – Paolo Arigotti conversa con Fulvio Grimaldi

Il ringhio del bassotto: o USA o BRICS (con Fulvio Grimaldi)

 

Se fosse una partita di pallacanestro direi che è finita con qualcosa come 89 a 23. A calcio sarebbe sarebbe stato una goleada. A tennis due set a zero. Come dire Sinner contro il numero 140 del ranking mondiale.

Parlo del confronto, da remoto, ma giocato sulla nostra pelle e sul nostro futuro, tra gli USA in preda a delirio pseudodemocratico elettorale, finalizzato in un modo o nell’altro a farli sopravvivere finchè la barca (la guerra) va, e i BRICS riuniti a Kazan (Russia!). Questi ultimi, che stanno diventando i primi, erano in 32 (quanti quelli della NATO, ma dieci volte più grossi), di cui cinque fondatori, cinque nuovi arrivati e tutti gli altri a bussare alla porta di casa.

Dall’altra parte si digrignavano i denti sporchi di sangue arabo alla prospettiva di non contare più nulla, se non in un deserto di ossa calcinate, come sarà quello su cui si accaniscono a Gaza. Non gli resta altro che quello come risposta a un mondo che rappresenta più o meno la sua metà in termini di territorio, popolazione, PIL ed energia.

Sono stati giorni della combutta-contesa Harris-Trump su chi possa, ancora per un po’, far camminare per cimiteri lo zombie NATO-Sion e, dall’altro lato del pianeta, un’assemblea di Stati e popoli, con tanto di deprecatissimo Segretario dell’ONU a piegarsi alla realtà oggettiva (non più a quella onirica del Piano della vittoria di Zelensky), che progetta pace, armonia, uguaglianza e vita per tutti e con tutti. Opzioni alternative, chiare e convincenti. Ed è un passo avanti che travolge parecchio filo spinato tessutoci attorno negli ultimi decenni..

Poi, con Paolo, ci siamo intrattenuti sugli esorcismi praticati sugli invasi dal demonio di Germania e Austria, Quelli da cui gli addetti ai lavori degli zombie di cui sopra pretendono di estirpare, a forza di formule liturgiche (“ultradestra”, “neonazi”, “fascisti”), il diritto di votare chi gli pare. E soprattutto qualcuno che non corrisponda al chierico esorcista Scholz e alla sua fissa di distruggere il proprio paese in nome di Biden e Zelensky.

L’esorcista doveva dividersi tra “estrema sinistra” (BSW- Alleanza Sahra Wagenknecht) e “estrema destra” (AFD, Alternativa per la Germania), la prima sull’Intercity del 16% (terzo partito, dal nulla), la seconda sull’Alta Velocità del terzo dei voti di tutti i tedeschi (primo in Turingia e Sassonia, secondo in Brandeburgo), con analoga fenomenologia in Austria, Hanno sfondato il Semaforo.

Semaforo, Ampel, essendo quei governi Democristiani gialli-Socialdemocratici rossi-Verdi verdi, di Berlino e Vienna che rescindendo i legami con chi ne alimentava le fabbriche e le case, avevano ridotto in brandelli la propria economia, il proprio welfare e da benestanti a malestanti i propri cittadini.

Ovviamente dalle nostre parti occidentali non usa chiedersi perché milioni passino da vecchie e corrotte cariatidi partitiche a forze nuove che non sono i lecca lecca degli USA e delle sue guerre, dell’OMS e delle sue pandemie, del FEM e dei suoi Nuovi Ordini Mondiali, del rigurgito olocaustico dei sionisti. No, meglio diabolizzare ed esorcizzare: sono nazi, vanno proibiti. E, sottovoce: Occhio, che questi rivogliono il pane che gli abbiamo mangiato.

UN BELL’ASSIST ALL’IMPERIALISMO

Gli argomenti sono tanti, ma qui ve ne metto sotto il naso uno che mi sta a cuore. Per me che li ho conosciuti e ne ho seguito le opere, è sempre stato un mistero perché certe sinistre si siano tanto incapricciati dei curdi, iracheni, iraniani o, soprattutto, siriani, che fossero.

Quelli iracheni li ho visti per decenni lavorare per il re di Prussia e il suo visir, la CIA. Con questi si sono impegnati a smantellare lo Stato unitario multiconfessionale e multietnico, antimperialista e antisionista. I loro capi, Mustafa e Massud Barzani, sono stipendiati dalla CIA, ne eseguono i mandati e, nel caso del capostipite, vanno a morire negli USA. Essendosi sollevati da musulmani integralisti e patriarcali contro l’Iraq laico ed emancipato, proprio mentre era minacciato di morte da chi gli attribuiva l’11 settembre e armi di distruzione di massa, si è attirato la mano pesante di Saddam.

Quelli iraniani, quando parte una rivoluzione colorata contro il governo, vanno nel Kurdistan iracheno ad addestrarsi e rifornirsi di armi presso contingenti NATO (anche italiani) e, tornati in Iran, danno il loro contributo alla destabilizzazione del paese che sappiamo da chi è stata innescata.

I più amati, però, da chi li considera avanguardia ecologica, femminista, democratica, Wako, della rivoluzione mondiale, sono i curdi siriani.

Usciti dalla loro enclave storico nell’angolo nord-est della Siria, proprio nel momento in cui USA e relativi mercenari ISIS si apprestavano a smembrare quel paese tanto ostico, laico, socialista e tanto anti-israeliano, si sono messi al servizio dell’invasore statunitense. A forza di pogrom anti-arabi, si sono impadroniti di villaggi e terre e hanno facilitato così la creazione di mezza dozzina di basi militari americane alle quali portano i beni del territorio: petrolio e frutti dei campi.

Ad educare il pupo sinistroide europeo si sono attrezzati con video, foto, interviste benevolenti, che ne mostravano le fanciulle in mimetica con mitragliatore sui seni, avanguardie della rivoluzione laica e democratica contro l’oscurantista dittatore Bashar El Assad, a fianco dei liberatori Marines.

Tanto erano avvenenti e coraggiose, che fu loro attribuita anche la liberazione dall’ISIS  della seconda città siriana, Raqqa. Dove non misero mai piede, se non dopo che la capitale dello Stato Islamico era stata rasa al suolo dai bombardieri di Trump. A Washington parve opportuno, come del resto poi a Mosul in Iraq, dare l’impressione che i jihadisti impiegati qua e là nel mondo, dalla Libia, all’Iraq, all’Afghanistan, in Siria, nel Sahel, in Nigeria, e per vari attentati in Europa, erano nemici, così nettandosi l’immagine compromessa dalle prove tecnico-politiche che l’11 settembre non aveva niente a che fare né con Al Qaida né con i sauditi.

Restava da mettere sotto la lente, neanche tanto da ingrandimento, il meccanismo che assicura la democraticità del voto presidenziale negli USA, al di là degli arzigogoli dei continuisti guerrafondai e colonialisti nei nostri media su come Kamala Harris fosse la scelta della civiltà e del bene contro l’obbrobrio putinista del candidato carota-chiomato.

E sotto la lente cosa appare? Un sistema, ideato alla fine del 700 dai progenitori degli attuali oligarchi bancari, agrari e industriali, sistema che garantisca la perpetuità dell’elezione dell’establishment da parte dell’establishment. Elegge il presidente se non chi è qualificato da conventicola e dollaro. Mica la gente che di queste cose nulla sa e nulla intende.

Trattasi di 538 grandi elettori eletti, per grazia di dollaro e debite affiliazioni, al Senato o alla Camera e che a quel punto non riescono a immaginare altro che eleggere presidente il loro affine, sostenuto dagli stessi fondi che aprirono il parlamento a loro. E se non si mettono d’accordo, ci pensa la corte suprema. Come nel 2000, quando per la differenza di un grande elettore su 538, Al Gore chiese il riconteggio, ma i giudici supremi lo rifiutarono e decisero loro. Decisero a favore del figlio di colui che ne aveva nominato, a vita, come il Garante Grillo, la maggioranza: il papà, Bush Senior.

Sistema le cui infiorettature contemporanee sono le operazioni di media, magistrati e intelligence, grazie alle quali un candidato è il manutengolo del nemico massimo (Russiagate) e l’altro, invece, è persona linda e retta. Tanto che è giusto che procuratori, FBI e CIA seppelliscano ogni inchiesta e ogni dubbio  sul figliolo (Hunter Biden) che si droga, frequenta malviventi e orge con  minorenni, fa affari sporchi in Ucraina, apre ai cinesi redditizi mercati in America grazie alle spinte del papà allora vicepresidente. Senza parlare degli affari pubblici gestiti segretamente su server privati da Hillary Clinton mentre garantisce ai suoi ambasciatori che “in Siria l’ISIS è roba nostra”.

A questo punto chiudo e vado a lavarmi faccia, mani e penna.

mercoledì 23 ottobre 2024

NOI PER SINWAR, SINWAR PER NOI --- Per il programma “Caleido” Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

 



https://www.youtube.com/watch?v=BuNGIQEcdTo
 https://www.youtube.com/@francescocapo
 https://www.facebook.com/francesco.capo.73

*      https://www.instagram.com/francescocapoce/
https://twitter.com/Francesco8884
https://t.me/francescocapoce

 

Al centro del discorso è il martirio di Yahya Sinwar, eroe della Palestina e della lotta umana per la libertà e la dignità, alla faccia dei subumani, e relativa schiera di corifei, che, insieme a quel corpo, in rivolta anche nell’agonia, hanno provato a fare a pezzi anche la sua figura di irriducibile e invitto combattente. Ratti di fogna hanno voluto imbrattare l’immagine di un comandante in capo che, anziché dirigere la lotta dal sicuro del suo quartier generale, scende in campo armato, come un qualsiasi guerrigliero della Resistenza, e accetta lo scontro col nemico in prima persona. Ogni palestinese sa, da 80 anni, che la sua morte è vita per la propria gente e per l’umanità.

Sull’icona Sinwar, che al pari di Guevara, Lumumba, Thomas Sankara, Gheddafi, Malcolm X, Bobby Sands e, perché no, i nostri caduti sotto i colpi dei fascisti e della polizia, suoi compagni nella lotta di liberazione dell’uomo, hanno gettato il fango della loro bassezza: “E’ morto fuggendo, in preda al panico”. Non sono riusciti a cancellare dalla Storia, dal rispetto e dalla riconoscenza dei popoli riscattati e in via di riscatto, l’immagine di un combattente morente che lancia contro il nemico l’unica arma che gli è rimasta, un bastone.

Con Francesco Capo ci siamo fatti due risate sugli 11mila nordcoreani in addestramento russo in Estremo Oriente, pronti a scatenarsi sull’Ucraina, per impedirne la vittoria annunciata urbi et orbi da Zelensky e ribadita dalla diserzione di massa dei reclutati a forza ucraini e dal conseguente rastrellamento di ragazzi e vegliardi nelle discoteche, osterie e per strada. E ulteriormente confermata dal crollo totale di tutto l’apparato militare ucraino, per quanto puntellato da esperti NATO sul posto.

La prova era uno sbiadito video, origine sudcoreana, di uomini con gli occhi a mandorla (ce l’hanno anche i russi dalla Siberia in poi), ma piuttosto scuri di pelle, che rimediano indumenti e zaini da soldati russi. Dove? Quando? Chi? Non si dice, “per ragioni di sicurezza”(?). Dovete credere sulla parola a Budanov, capo dell’Intelligence di Kiev.  Il fantasioso inventore dei 600 (prima ”alcune decine”) morti ammazzati dai russi a Bucha, o dei prigionieri ucraini sistematicamente fucilati. Il suggerimento gli era venuto dagli 8.000 “civili”, altrettanto reali, uccisi dai serbi a Srebrenica, dai 40 bambini decapitati e infornati da Hamas il 7 ottobre, o, ancora meglio dalle centinaia di bimbi asfissiati dai gas siriani a East Ghouta.

Conta che l’Ucraina democratica e presto, per forza, anche UE e NATO, ora ha ben due nemici, oltre alla Russia: la micidiale nucleare Corea del Nord, Cosa ci vuole di più perché il Piano per la Vittoria di Zelensky ottenga più armi, subito l’ingresso nella NATO, truppe NATO in Ucraina, truppe Ucraine in Europa, No Flight Zone e la licenza di tirare missili fino a Vladivostok (sono alcuni dei punti del “Piano per la vittoria”)?

Passiamo alle cose serie, sennò finiamo per avere i terroristi atomici di KimJong-un fin sotto palazzo Chigi a interrompere l’ammucchiata di Lloyd Austin e Mark Rutte con Giorgia Meloni e Guido Crosetto (Taiani porta il Viagra).

Grandi sorrisi di soddisfazione riesco a individuare, immaginando, tra i miei grandi ascoltatori e lettori, al sentire del filo rosso che va dipanandosi da Kazan in Russia a metà del mondo e passa e che va disegnando un bel sinusoide con tappe alle stazioni “PACE, COLLABORAZIONE, SOVRANITA’, MULTILATERALISMO, RISPETTO, AUTODETERMINAZIONE, UGUAGLIANZA, e capolinea d’arrivo NUOVO MONDO.

Questa è la promettente linea mondopolitana di cui i 9 BRICS (i fondatori più i 4 nuovi arrivi Iran, Emirati, Etiopia ed Egitto) stanno discutendo con i rispettivi capi di governo e di Stato di altri 30 paesi che hanno già bussato alla porta del Gruppo. Per ora comprendono giganti come Russia, Cina, Brasile, Sudafrica, Iran, più Venezuela e Arabia Saudita con un piede dentro, che già stanno al 45% della popolazione mondiale, al 35% del territorio planetario, al 40% del PIL, al 40% della produzione di petrolio e al 100% dell’opposizione all’unipolarismo globalista e alle sue guerre.

Potete immaginare cosa, con questi numeri, potrà capitare alla giostra dell’orrore con tanto di falciatrici sulla quale stanno girando quelli che si dicono membri della “Comunità Internazionale”, leggi “NATO”, quando i BRICS saranno integrati dagli altri 34 paesi che hanno espresso interesse all’ingresso. Altri 34 disobbedienti alle regole con cui i prepotenti dell’Occidente politico provano a mettersi in tasca il resto del mondo.

Certo non sarà una compagnia politicamente, socialmente, culturalmente omogenea e ci saranno inevitabilmente quinte colonne infiltrate che remeranno contro, sul modello dei reparti di sabotaggio renziani rimasti nel PD. Ma su alcuni punti si rivelano già oggi, con quelle stazioni del percorso programmato sopra elencate, assolutamente estranei e avversi al Nuovo Ordine Mondiale come concepito dagli USA fin dalla loro nascita, ma, soprattutto, come perfezionato dai Neocon con l’abbattimento delle Torri Gemelle attraverso la formula della “Guerra al terrorismo” per il “Nuovo Secolo Americano”. Dove il colpo di coda del serpente pare essere lo scatenamento dello Jack lo Squartatore di massa sionista.

Mentre scrivo, il vertice è ancora in corso e non sembra che abbia approfondito il discorso della dedollarizzazione. Sicuramente il gruppo sta cercando di trovare un altro modo per i pagamenti internazionali, via dallo strumento, del resto in buona misura svuotato, della moneta cartacea di un paese indebitato fin sopra i capelli. Si attuano già molti scambi nelle valute nazionali dei rispettivi i paesi, lo yuan cinese è diventata la terza moneta più utilizzata nel mondo e tra alcuni Stati si commercia in criptovaluta. Di certo si va imponendo la necessità di un sistema di rapporti finanziari diverso dallo Swift, dal quale le sanzioni hanno estromesso la Russia. Ci arriveranno.

Rimane un quesito aperto che tipo di relazioni si potranno stabilire tra BRICS e l’altro grande raggruppamento politico-economico, l’APEC, L’ente di Collaborazione Economica Asia-Pacifico che si riunirà a metà novembre a Lima, Perù. La sua composizione segna un equilibrio nominale favorevole agli Stati Uniti grazie ai pezzi di anglosfera presenti nell’area: Australia, Nuova Zelanda, Canada.

A fronte di questi e agli storici alleati o sottoposti degli USA, quali Giappone, Taipei,Tailandia, Filippine, Corea del Sud, è robusta la presenza, oltrechè di ondeggianti come Cile, Indonesia, Tailandia, dei capifila dei BRICS, Cina, Russia e di influenti stati prossimi ad entraci, tipo Messico e Vietnam. La partita è del tutto aperta, ma non pare poter ribadire la prospettiva di un pianeta a governance unipolare.

L’intervista si chiude con un argomento che resterà attuale e rilevante, quasi decisivo, nei tempi dei tempi. Un po’ come la questione se le mattanze e atrocità contro persone e popoli consentiti dal loro dio al popolo eletto, anzi da lui sollecitati, siano verità storiche, o i presupposti e, dunque, la legittimazione, forniti da antichi favoleggiatori, di massacri analoghi, che i presunti successori del Terzo Millennio vanno compiendo in questi giorni.

Noi, che abbiamo visto, capito e documentato come tutto il terrorismo, proprio tutto, sia l’arma che qualcuno adotta per mettersi sotto i piedi l’umanità, la risposta l’abbiamo pronta e lapidaria.

 

 

 

lunedì 21 ottobre 2024

Iena ridens vs carota anale USA, DAL SOGNO, MAI ESISTITO, ALL’INCUBO DI SEMPRE

 

I

 

Radio28NewsTV: Leonardo Lisanti  intervista Fulvio Grimaldi

In diretta18 ottobre alle ore 20:45

https://www.youtube.com/live/yNY_y4cBwlw
https://youtu.be/yNY_y4cBwlw

Kamala Harris e Donald Trump in corsa alle Elezioni USA 2024 che si terranno martedì 5 novembre: il mondo attende di scoprire chi sarà il vincitore e diventerà il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Cosa accadrà dopo le elezioni? Quale percorso ci attende in caso di vincita dell'uno o dell'altro candidato? Ne parliamo in questa puntata di Radio28News con lo scrittore e giornalista Fulvio Grimaldi.

 

IENA RIDENS VS CAROTA ANALE

Mi scuso con le iene che saranno pure ridentes, buon per loro, avranno i loro motivi, ma meritano ogni rispetto, in quanto animali intelligenti e che sanno stare al mondo, e ogni simpatia, meritano, per la pratica migliore che l’essere umano vanta, il sorriso. Quello che sparge a piena coda il mio bassotto, quando scodinzola in attesa di carezza, o biscotto, o passeggiata.

Sorriso contagioso, tonificante e rasserenante. Quando non è ghigno di magliaro elettorale umano, come quello che caratterizza tutti coloro che ci fottono, da Biden a Meloni, da Larry Fink a uno qualsiasi dei Papi, nessuno escluso. Oggi ai nostri emuli neo-post è caro il ghigno del tizio che è scampato a un paio di fucilate, più o meno ben mirate, ed è in questo caso che le prospettive di penetrazione, solitamente di cetrioli, hanno assunto il colore della carota.

Qui proviamo a uscire dal limbo delle banalità e dei conformismi che caratterizzano, tra tanti altri conniventi, i commenti agli esercizi di anti-democrazia e presa per il culo delle elezioni USA, da parte di notabili come il pontefice, o il presidente, o qualsiasi loro ragazzo di bottega che queste virtù pratichi su giornali o televisioni.

Kamala Harris, o The Donald Trump? La differenza sta mica nel tè che prendono, portogli da valletti e cortigiane. Sta piuttosto nel biscottino che ci intingono: quale al piccantino zenzero, quale alla carezzevole cannella. Il tè rimane sempre quello: botte e vilipendio a tutti coloro che non gli riconoscono la tiara, o la corona che dio gli ha dato. Tè sorbito a las cinco de la tarde, ogni santo giorno di guerra che un qualche logaritmo manda in onda e in Terra..

Ci sono i legulei dell’onanismo mediatico mirato che disquisiscono sul voto USA con la perspicacia di quello che, nell’indimenticabile commedia del Trio, entrava e chiedeva a Pedro col bicchiere tra le labbra e il liquido che gli gorgogliava in gola, “Bevi qualcosa Pedro, bevi qualcosa?” Dicesi tautologia. Trattasi di dissonanza comunicativa, inevitabile conseguenza della dissonanza cognitiva da manipolazione.

Si tratta, in parole accessibili agli scampati alla dissonanza, di circolo vizioso: il padrino-padrone rigurgita qualcosa, tu lo raccoglie nel fazzolettino Kleenex e lo stropicci addosso all’altro passeggero, nel tuo viaggio attraverso i bizantinismi astuti che l’èlite di allora impose per sempre al sistema elettorale più truffaldino, sia nel prima, che nel durante, che nel dopo, che il mago di Oz abbia mai saputo concepire.

Prima fai votare i gonzi, opportunatamente indirizzati da qualche ossessione mediatica in cui si dice che uno dei due tromba il mondo insieme a Putin e che l’altro, sotterrato il suo laptop pieno di schifezze, droga, molestie sessuali, ruberie, è l’ottimo rampollo di un presidente che non si è mai accorto di niente (anche perché il figliolo lo confondeva con ottimi affari cinesi e ucraini). Sono cose che contano nel voto, mica il fatto che ti ritrovi tra alcuni milioni di espulsi in bidonville di roulotte fuori città, come a Lagos Nigeria, perché da Detroit al Kansas, in cambio dei missili per Zelensky, il costo dell’affitto e di tutto il resto è diventato troppo alto.

Fatti votare quelli così illuminati da New York Times, CNN, FBI e Obama, li metti da parte. Non contano molto, qualsiasi cosa abbiano potuto scegliere tra blackout notturni e vagonate di voti postali mai certificati, che arrivano giorni dopo, quando si tratta di rettificare quanto uscito dalle urne e dai logaritmi degli Hightech fidati  A questo punto arrivano i Grandi Elettori, 538, eletti anni prima nei vari Stati e, facendo delle schede del minuto popolo coriandoli con cui rallegrare quello stesso popolo, decidono loro chi debba essere presidente. 

Nel 2000 in Florida tra Bush e Al Gore se la si giocava per alcune decine di voti. Ma un riconteggio avrebbe potuto definire l’esito. Non lo fecero, non avrebbe prodotto l’esito giusto. Si rivolsero ai Grandi Elettori e si accapigliarono su chi ne avesse incamerato uno di più. Alla fine la Corte Suprema, con la maggioranza di giudici nominata da una delle due parti, decise, lei, chi avesse vinto. Optarono per Bush il minore. La maggior parte di quei giudici li aveva nominati il papà.

I nostri affidabilissimi Federico Rampini e Paolo Mieli giurano che quella è la più grande democrazia del mondo. E chi siamo noi per obiettare?

venerdì 18 ottobre 2024

SINWAR, ERA UNO, SARA’ TUTTI

 


Canale Youtube di Fulvio Grimaldi: 

https://www.youtube.com/watch?v=k86uButnMQ4

https://youtu.be/k86uButnMQ4

 

Dolore, rabbia, amore, hasta la victoria siempre, sono il vento che nasce dall’ultimo respiro del combattente per la patria, per gli oppressi, per la libertà. E che travolgerà il disumano.

Grazie, Yahya Sinwar. Senza di te siamo più poveri e deboli. Grazie a te siamo più ricchi e forti. Guidaci ancora.

عاشت فلسطين حرة عربية

eashat filastin huratan earabiatan (Viva la Palestina libera e araba. Me l’hanno insegnata in arabo a Gerusalemme nel giugno 1967)

 Fulvio

Oggi, il mio corpo era un massacro trasmesso in TV.
Oggi, il mio corpo era un massacro che doveva stare dentro frasi ad effetto e un numero limitato di parole.
Oggi, il mio corpo era un massacro trasmesso in TV che doveva stare dentro frasi ad effetto e un numero limitato di parole pieno di statistiche per replicare con risposte ponderate.
E così ho perfezionato il mio inglese e imparato le risoluzioni ONU.
Eppure, mi ha chiesto: “Signora Ziadah, non crede che tutto si risolverebbe se solo smetteste di insegnare tanto odio ai vostri figli?”.
Pausa.
Cerco dentro di me la forza per essere paziente, ma la pazienza non è esattamente quello che ho sulla punta della lingua mentre le bombe cadono su Gaza.
La pazienza mi ha appena abbandonato.
Pausa.
Sorriso.
Noi insegniamo la vita, signore.
Rafeef ricordati di sorridere...
Pausa.
Noi insegniamo la vita, signore.
(Rafee Ziadeh)


giovedì 17 ottobre 2024

7 ottobre e direttiva Hannibal. Fulvio Grimaldi risponde a Massimo Mazzucco

 



“Il Faro”

Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

7 ottobre e direttiva Hannibal. Fulvio Grimaldi risponde a Massimo Mazzucco

https://www.youtube.com/watch?v=5oLXMoZvto

7 ottobre e direttiva Hannibal. Fulvio Grimaldi risponde a Massimo Mazzucco

 

Dove si parla, oltrechè delle bubbole di propaganda sionista (e suoi secondi a bordo ring) sul 7 ottobre, sulle quali i fasciosionisti fanno fluire l’oceano di sangue sparso in tutto Medioriente, della manifestazione VERA del 5 ottobre a Roma per la Palestrina, in contrapposizione a quella farlocca e copiona dei pacifinti e collaborazionisti del 12 Dove si parla anche del manifestare oggi, come, dove, con chi, alla luce della fascistizzazione in atto (vedi Decreto Sicurezza)