Fulvio
Grimaldi per L’Antidiplomatico
L’Europa
dei camerati e il suo cuore battente
HEIL
MERZ
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-fulvio_grimaldi__leuropa_dei_camerati_e_il_suo_cuore_battente_heil_merz/58662_61678/
Die
Fahne Hoch / die Reihen fest geschlossen…”, Alta la bandiera, le fila ben
serrate…”
https://www.youtube.com/watch?v=D7pw9_EMGfI (In tedesco)
https://www.youtube.com/watch?v=j05dg8a4iWU ( Milva, italiano)
Era
l’inno delle SA, le milizie naziste, versione tedesca delle squadracce nere
nostrane, che imperversavano fino a quando non dettero ombra al partito e
furono soffocate nel sangue e nel carcere. Poi divenne l’inno del partito. Ho
titoli per parlarne, a proposito di allora e di adesso. Perché c’ero e, alla
faccia di Merz, ci sono.
Friedrich
Merz, neocancelliere tedesco, e Marc Rutte, neosegretario della NATO, si fanno
vedere spesso insieme. Manifestano quella gioiosa comunanza che gli psichiatri
definiscono “sindrome del delirio condiviso” e considerano una grave patologia.
A Friedrich Merz deve essere intimamente gradito il motto “repetita juvant”. E
non pare essere l’unico, se uno fa caso a quanto va succedendo nelle
istituzioni in una parte significativa del nostro continente, a partire dalla
nostra che molto si è portata avanti col lavoro: l’”Europa dei camerati”,
qualcuno va azzardando.
Mi
rendo conto che su questo tema e i suoi rapidi sviluppi ci sia poco da
scherzare, ma per adesso e per stavolta prendiamola così. Anche perché i due
figuri si prestano: uno che in casa, fin da piccolo l’hanno chiamato “Birnkopf”,
testa di pera, e non si sa se abbiano fatto del bodyshaming, o dei riferimenti
al modo di ragionare. L’altro che, pur di non far trasparire nulla di umano e
non militarizzato, si rivolge al mondo con occhi e labbra talmente strizzati da
parere feritoie di carro armato.
Quanto
alla passione di Merz per il citato insegnamento dei padri latini sulla
ripetizione degli eventi positivi e delle cose ben fatte, il pensiero corre a
quanto il suo antecedente bavarese rispettasse la costituzione del suo Stato,
la Repubblica di Weimar, inanellando un putsch dopo l’altro, fino a quello
riuscito tramite regolari elezioni (1933).
Appena fresco eletto cancelliere in virtù del ritorno della sua CDU ai
fasti di Adenauer e Kohl, Merz esibisce una raffinata sensibilità istituzionale
scatenando in faccia ai più elementari criteri di correttezza la seguente
singolarità giuridico-morale.
Fa
votare a un parlamento con la maggioranza che aveva appena perso le elezioni
federali, una modifica al principio consolidato fin dall’avvento, sotto
preoccupata egida alleata, della Bundesrepublik post-nazi, per cui la Germania
ridotta a imbelle pecorella, non avrebbe mai più speso per la “difesa” più
dell’1% del suo bilancio. Nel parlamento uscito dalle elezioni federali una
tale maggioranza non si sarebbe trovata. Che fare?
Facile
per Merz: richiamare da casa i trombati, ritrovare quella maggioranza e far
abolire l’articolo divenuto indigesto, sia a lui, sia a coloro che ce lo hanno
mandato, dimentichi delle cautele rispetto alla nuova Germania che, allora,
avevano marcato i ricordi dei vincitori. Niente più limiti alle spese militari,
anzi una standing ovation agli 800 miliardi di euro della connazionale Ursula
von der Leyen, con la prospettiva, data per certa dal neocancelliere, di una
Bundeswehr tornata Wehrmacht e, dunque, “esercito più potente d’Europa”.
Ricordi
e ricordi
Merz
ha 69 anni, essendo nato l’11 novembre del 1955, al culmine dell’era Adenauer,
boom postbellico della ricostruzione, NATO, comunità europea del carbone e
dell’acciaio (CECA), guerra fredda. Io ne ho 91, essendo nato quando Mussolini
era al potere da 12 anni e Hitler da uno. Io ho ricordi. Merz ne coltiva altri.
Mi
ricordo una Germania in cui non era rimasta in piedi una città, una fabbrica,
un ospedale. Da Berlino a Stoccarda, a Amburgo a Monaco solo enormi palazzi
bruciati, vuoti dentro, anneriti fuori, con quelle finestre che guardavano nel
nulla e sembravano occhi senza pupille. Ricordo che mia madre mandava mia
sorella e me a strappare ortiche lungo i fossi per farne qualcosa di para-commestibile.
Che si avventurava nelle campagne alla ricerca di una fattoria dove scambiare
il suo vestito di seta con mezzo chilo di burro, o 6 uova. Mi ricordo il
compagno di classe eviscerato dalla mitraglia di uno Spitfire britannico. MI
ricordo l’attonito orrore di tutti quelli che conoscevo alla rivelazione di
cosa era successo ad Auschwitz o Buchenwald. Mi ricordo dei milioni in stracci,
ex prigionieri, sfollati, espulsi dai territori persi, che vagolavano senza
meta o assistenza.
Non
ne ha memoria Friedrich Merz. Preferisce ricordare ciò che gli è stato detto
del prima, del Reich. Di quello che allora era stato ciò che lui oggi rilancia
e ricostruisce: “L’esercito più potente d’Europa”.
CONTINUA…….
Repetita
juvant. Mussolini aveva fatto il lavoro sporco a vantaggio del nuovo
colonialismo e bellicismo tedesco ed europeo, gassando con Graziani gli etiopi
e bruciando con Badoglio i libici nei campi di concentramento (italica
invenzione!). Perché, allora, non esprimere una enorme grazie collettivo a
Netaniahu, che fattala quasi finita con i palestinesi, dava segno di voler ripetere
quei genocidi alla Auschwitz con l’Iran? Se Israele indica la strada, chi è la
Germania, che dalla sua colpa nei confronti degli ebrei non può non trarre
esempio e lezione, per non celebrarne l’eccellenza?
E
ovvio che il plauso di Merz non si limita al lavoro sporco israeliano
effettuato con bombe, più che su centrali nucleari, in testa agli iraniani.
Attacco che avrebbe salvato l’Europa da un’invasione persiana, imminente come
quella russa. Netaniahu come Temistocle contro Serse a Salamina, 480 a.C. Tanto
degno di riconoscimenti da essere stato, Merz, al vertice UE, il più accanito e
forse decisivo oppositore a sanzioni contro Israele.
Il
plauso per Israele e da sempre onnicomprensivo e come, implicitamente, il
cancelliere ha celebrato 80 anni di invasione, occupazione, espulsioni,
sevizie, massacri, razzismo, oltre tutto tali da scaricare il costo
dell’olocausto dai tedeschi sui palestinesi, non poteva non esaltarsi per la
nuova “soluzione finale” condotta a Gaza. 56.000 morti ammazzati riconosciuti,
più, secondo uno studio di Harvard, 400.000 palestinesi di Gaza scomparsi e
costituenti il deficit della popolazione attuale rispetto a quella di prima del
7 ottobre.
E
meno male che il coro rosso(sangue) dei nostri sicofanti mediatico-politici,
che mettono il cartello “Hamas Terroristi” a bordo del mare di sangue di Gaza,
fa l’autotune a Merz martellando sulla “minaccia russa”, con invasione
assicurata entro 3-5 anni. Quella “minaccia” che a suo tempo spese 27 milioni
di vite per preservare il mondo dal nazismo. E oggi ci protegge da quello in
fieri dei Merz, Meloni, Trump e tendenza generale.
I repetita
juvant del giovane Friedrich non si fermano qui. Qual è la covata dalla
quale questo vispo pulcino è stato generato? In Germania Blackrock, il più
potente fondo di gestione di capitali della galassia, diretto dal
correligionario e amico di Netaniahu, Larry Fink, si chiama Friedrich Merz. Di
questa entità, poco visibile, ma co-regolatrice delle cose del mondo, Merz è
stato il massimo dirigente in Germania: presidente del Consiglio di
Sorveglianza dal 2016 fino al 2023. Un uomo del capitalismo finanz-privatista,
come profetizzato da Mario Draghi sul panfilo Britannia (che significativamente
ospitava anche Beppe Grillo), e poi fatto procedere, a passi via via accelerati,
da Amato, Ciampi, Prodi, Monti, Renzi, Gentiloni, di nuovo Draghi e via smantellando
lo stato sociale.
Per
inciso, quello stesso Blackrock, che d’intima intesa con Giorgia Meloni, va
rinnovando il fiato dei tromboni privatizzatori sopra nominati, esibendo all’entusiasta
amica prospettive di rimedio al debito
tramite il suo acquisto di cosucce nazionali strategiche, tipo Ferrovie dello
Stato.
L’Asse
USA-Terzo Reich
Blackrock
oggi. Prescott Bush allora. Prescott Sheldon Bush, banchiere e politico
statunitense, padre di George H.W. Bush e nonno di George W. Bush,
entrambi presidenti degli Stati Uniti, era un esponente del Partito
Repubblicano. Direttore della Union Banking Corporation, una banca
d'investimento che aveva forti legami con interessi finanziari tedeschi,
inclusi quelli di Fritz Thyssen, grande sostenitore di Adolf Hitler. La
banca fu sequestrata dagli Stati Uniti nel 1942, durante la Seconda Guerra
Mondiale, sotto il Trading with the Enemy Act, a causa dei suoi
legami con la Germania nazista.
Perché
nel 1942 e non prima? Perché, e qui non riveliamo niente che non sia già noto e
comprovato, dopo il 1942 la collaborazione statunitense - Ford, General Motors,
IBM, Standard Oil, J.P. Morgan, altri - con l’industria pesante dei Krupp e
Thyssen e con il colosso chimico IG Farben, ha termine. Il compare, che aveva
promesso di debellare la più grande minaccia al capitalismo universale e
perenne, aveva fallito. Dall’estate del 1942, con Stalingrado, inizia la fine
napoleonica di Hitler in Russia e coloro che negli USA costituivano il segmento
politico ostile alla combine con il nazifascismo antisovietico teorizzato dai
Repubblicani e da Churchill, presidente Roosevelt in testa, mettono la
mordacchia a coloro che di quella combine erano stati i fautori.
L’obliterazione
di URSS e annesso comunismo dilagante andava presa in mano direttamente. Magari
passando per una momentanea alleanza con lo stesso orso russo contro la
Germania, che riscattasse, o almeno accantonasse, quelle che erano diventate le
vergogne della collaborazione tra democrazie e dittatura nazionalsocialista,
con relative ricadute di sterminii di ebrei e altri.
E
oggi? Oggi ci risiamo. C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi d’antico,
poetava l’immenso Pascoli. Ne stiamo vivendo la proiezione germanica, della
quale il genio di Castelnuovo in Garfagnana si sarebbe lavato le mani con la
varichina. E non solo Merz. Il Kanzler è la conferma, la proclamazione e
l’apoteosi della nuova Germania tornata protagonista politico-militare del
continente, anche per aver esaurito, per mancanza di gas russo, il ruolo di
motore economico. Formidabile fu già l’impegno del predecessore Olaf Scholz e
del suo ministro della Sanità, Karl Lauterbach, a dare rinnovato vigore a
un’intesa con gli Stati Uniti attraverso il comune rilancio dell’accumulazione capitalista
fondatala sulla nuova strategia scaturita da Fort Detrick.
Nel
segno di farmaceutici e armaioli
Fu
da qui, centro delle ricerche biologiche delle forze armate USA, altro che da
Wuhan, che nel 2019 usci il virus, dotato di opportuno gain of function, poi
utilizzato per mettere i ceppi alla parte credulona e disciplinabile
dell’umanità. Fort Detrick venne subito chiuso, ma nel Maryland si verificò una
forte epidemia di malattie polmonari che aveva tutti i caratteri della
successiva pandemia dichiarata dall’OMS. Venne subito dopo quella simulazione “Event
201”, stupefacentemente identica a come si sarebbe poi realizzata la pandemia
effettiva, con cui a New York Bill Gates, la John Hopkins University, il Forum
Economico Mondiale di Davos e farmaceutici vari dettero inizio alle danze. Tutto
come da programma.
Quella
operazione, prolungatasi per quattro anni, appoggiò la cupola del capitalismo
liberista su un nuovo pilastro, le società farmaceutiche. Con Ursula von der
Leyen, a far rappresentare l’Europa dalla Germania e con Scholz cancelliere, l’union
sacrée farmaceutica tedesco-statunitense Pfizer-BioNtech è assurta a
seconda o terza potenza finanziaria dell’Occidente. Con Merz vi si affianca ora
l’altro pilastro, quello degli armieri, con i suoi 1000 miliardi in 10 anni per
il riarmo tedesco.
Dalla
guerra mossaci col Coronavirus,da sostenere a forza di vaccini, alla guerra con
cannoni, missili, droni, da sostenere con i soldi del welfare, entrambe a
portare avanti quel progetto di depopolazione di cui si predicava la necessità
nel mondo di Klaus Schwab (Davos), Bill Gates e di tutta un’élite disturbata
dal troppo formicolio umano sul pianeta.
Delirio
condiviso
Sopra
parlavo del “delirio condiviso” tra le due maschere dell’horror che sparano sul
mondo i valori dell’Occidente. Ecco Marc Rutte in piena erezione, la cui
protesi parlante in bocca sostituisce la lingua consumata sul fondoschiena di
Trump: “La NATO è la più potente alleanza difensiva (!) nella storia del
mondo, più potente dell’Impero Romano, più potente dell’Impero di Napoleone.
Dobbiamo renderla un’alleanza più forte e letale”. Nel quale ultimo
aggettivo è racchiuso tutto l’amore per la vita di quest’Europa dei camerati.
Ed
ecco Merz. “Per noi e per me non c’è nessun motivo per criticare ciò che
Israele ha iniziato la settimana scorsa e nemmeno alcun motivo per criticare
quanto l’America ha fatto nel fine settimana”. Così letteralmente Merz,
sotto il sorriso abbagliante di Rutte. Vanno tratte logiche deduzioni. Se uno
giustifica e, non criticando, approva, quelli che, a termini della legge
universale e del diritto internazionale, sono crimini di guerra e contro
l’umanità (guerre d’aggressione, massacri di civili, infanticidi mirati,
genocidi), cosa pensiamo di poterci aspettare da lui nella sua funzione di
politico e capo di governo responsabile della società che lo ha eletto?
Giorni
prima, il ministro degli Esteri tedesco, d’accordo con Trump, si era incontrato
con gli iraniani per vedere di riattivare il famoso accordo nucleare. Erano le
stesse ore in cui i bombardieri USA stavano decollando in direzione Iran.
Berlino s’è indignata forse di questo raggiro da parte del maggiore alleato?
Che valore va ancora riservato a intese, alleanze, negoziati, quando basta uno
psicopatico a ripeterti per la ventesima volta in trent’anni che Tehran sta
fabbricando bombe atomiche per obliterare Israele e un bel po’ di Occidente?
Non è un dubbio che possa turbare il cancelliere tedesco.
Europa
dei camerati
Ciò
che vediamo avanzare al galoppo in Europa sul modello totalizzante USA, di cui
Trump è solo la manifestazione più scoperta e trucida, è una nuova divisione
dei poteri. Prima era così: una parte al Legislativo che legifera, una parte al
Giudiziario che controlla, e una parte all’Esecutivo che esegue ciò che le
leggi del Legislativo gli dettano Oggi: tutte le parti al solo Esecutivo. Con
la specificità per quest’ultimo di dover rispondere, non alle altre
istituzioni, ma esclusivamente al Privato, con la P maiuscola.
Avete
sentito un susurro, un belato, addirittura forse un latrato, un ringhio, dei
parlamenti, sprigionarsi dalle aule di Congresso, Camera dei Comuni, Bundestag,
Palazzo Bourbon, Montecitorio o Senato, quando esecutivo ed esecutori, su
mandato di Blackrock e soci, hanno deciso il trasferimento di miliardi da
welfare, stipendi, pensioni, scuole, ospedali, a cannoni, missili, navi,
bombardieri, robotica militare? Tutto questo in società surriscaldate,
raggelate, deprivate, dal botto che, facendo saltare il tubo, gli ha tolto
l’energia che gli aveva assicurato una decente esistenza?
Qualcuno
ha ringhiato in piazza contro il demenziale, criminale, 5% alla Offesa e i 400
miliardi in più per armarsi contro nemici inventati. Ma lì il corollario è la
museruola, tipo Decreto Sicurezza, carcere per chi fa capannello in strada, o
davanti alla fabbrica; tipo caccia all’antisemita e anatema al terrorista, tipo
“occhio, che so tutto di te”, tipo, l’altro giorno, l’arresto a Venezia e
foglio di via per 43 ragazzi che a San Marco esibivano uno striscione: “L’1%
rovina il mondo”. Striscione dedicato a Jeff Bezos, secondo vampiro più ricco e
volgare del mondo, che col concorso di autorità e media, per le sue nozze aveva
sequestrato Venezia per cinque giorni di oscenità.