venerdì 21 marzo 2025

GAZA, UNA VOCE, PRIMA DI MORIRE

 



 

Youtube -Mondocane video di Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=0f-szdTNZOs

https://youtu.be/0f-szdTNZOs

 

Felice il paese che genera un popolo di eroi

Felice il popolo dove il passato non è passato

Felice l’umanità riscattata dalla Palestina

Felici noi cui una giovane martire palestinese, inseguita dalla morte, ci regala la forza di vivere, di amare e di odiare, nella certezza del bene e del male

Aya, grazie del senso che dai alla nostra vita

mercoledì 19 marzo 2025

L’informazione al tempo del complesso politico-mediatico-militare --- CATASTROFISMO – INFANTILIZZAZIONE - SOTTOMISSIONE --- Da Srebrenica a Mahsa Amini

 

 

“Mala Tempora” Antonello Sacchetti intervista Fulvio Grimaldi:

https://www.youtube.com/watch?v=chof0wBiLsw

https://youtu.be/chof0wBiLsw

 

Il tema è l’informazione nell’inverno del nostro scontento. Un inverno ormai lungo alcuni decenni.che io, dato l’infortunio di un’anagrafe - ἀναγραϕή «registro» (ἀναγράϕω «registrare») – smisurata, ho avuto in sorte di vedere nel suo dispiegarsi fino ai limiti dell’attuale glaciazione.

Il Vietnam, sfuggito al controllo di un complesso politico-militar-mediatico ancora in fase di rodaggio dopo la cementificazione nazifascista, ha suonato il primo campanello d’allarme. Voci dal sen imperialista fuggite ci raccontavano di un feroce imperialismo, bombardamenti stragisti, My Lai, napalm, agente orange e perfino di ragioni ed eroismo dei cattivi.

Tutto questo ha poi risuonato nelle menti, nei cuori e nelle marce di una generazione, facendone prosperare l’intelligenza e la coscienza. E mettendo in crisi un apparato oligarchico e disciplinare che tornava a riprovarci dopo la debacle nazifascista in Europa e diventava cinico, onnipotente e impunito in virtù di quella “vittoria della democrazia”.

Da lì, anni ’80-’90, ricordate, dopo la grande paura, il Sistema che si attrezza affinchè tutto questo non debba mai più ripetersi e, quindi, la ripartenza in contropiede a mandare a ogni possibile nuovo attacco e a prendere alle spalle la nostra difesa. Primum, liberismo totale e globale ed estrazione di ricchezze senza precedenti da Terra ed esseri umani. Secundum, concentrazione in poche mani di tali ricchezze e del potere da esse derivabile. Tertium: compattare in poche entità e in poche ricche e potenti mani ciò che andava sotto la denominazione di informazione, ma che si sarebbe dovuto evolvere in propaganda pro domo et delphine tuo.

Per assicurarsene ci sono le lobby e i servizi in ogni redazione. Mi ricordo nel 2003 a Baghdad, guerra all’Iraq, il grande Peter Arnett, cacciato dalla CNN per come aveva riferito sulla Prima Guerra del Golfo, che mi spiega: “In redazione c’è un nucleo CIA che ha a disposizione un semaforo con tre bottoni: verde, se il dispaccio dell’inviato può andare in onda; giallo, se deve essere rivisto e “corretto”; rosso, se deve essere cestinato. E’ la stampa, bellezza”.

Quanti erano in America negli anni ’50 i gruppi editoriali riconosciuti dagli studiosi della materia come fonti di autorevolezza? 150. Quanti sono oggi? Meno di dieci multinazionali conglomerate del settore mediatico, ossia Time Warner, Disney, News Corporation, Viacom, Sony, Seagram, AT&T/Liberty Media, Bertelsmann e General Electric dominano la maggior parte del panorama americano dei mezzi d’informazione. Quali sono le agenzie di stampa che determinano la versione dominante degli avvenimenti? Reuter, Associated Press, France Press, United Press. Tre anglofone, una francese. Provate a trovare nell’ANSA qualcosa che diverga strategicamente da una di queste.

E da noi? Mediaset, RAI, Cairo-Corriere, Elkann, Caltagirone. Editori puri!  E il governo li tiene per amici. Tanto da pagarli pure: 11,3 Mln nel 2023 a Cairo-Corriere, 6,7 Mln a GEDI (Repubblica e Stampa), 2,9 Mln Mondadori-Berlusconi.

Ma il grande salto di qualità è stato il Covid 19. A pensar male sarebbe bastato, subito subito, ricordarsi della simulazione dell’evento pandemico e vaccinale, preciso preciso, appena tre mesi prima che l’OMS lo dichiarasse. Allestita dagli stessi che poi avrebbero condotto le danze e incassato i ricavi.

Nel video riporto qualche punto cardinale della configurazione del mondo come esposto dal complesso militar-politico-mediatico.

Iran. Tre rivoluzioni colorate da regime change. Tre donne, genere molto efficace, anche perchè descrittoci come praticamente negato dalla teocrazia, ne sono innesco e carburante. 2006: Beheshte Sakineh. Vulgata: povera donna abusata dal marito cui resiste e lo uccide e viene condannata alla lapidazione. Realtà: moglie che con l’amante avvelena il marito e poi lo strangola. Uscita dal carcere nel 2014. Non si lapida nessuno.

2009: Neda Soltan. Vulgata: durante scontri tra manifestanti e polizia viene colpita da una pallottola, un video la mostra cadere a terra, testa inondata di sangue, soccorritori, muore. Realtà: video completo mostra due uomini che le spargono sangue sul viso, lei collabora, poi strabuzza gli occhi. Un anno dopo. Una Neda Soltan, stessa anagrafe, stesse fattezze, compare e viene fotografata a Monaco di Baviera.

2022: Mahsa Amini, giovane curda coinvolta nelle proteste. Vulgata: fermata dalla polizia “per non avere indossato in maniera corretta il jihab”. Successivamente arrestata, trascinata in un commissariato, malmenata, uccisa (alternativamente: muore in seguito a maltrattamenti). Realtà: il velo sulla nuca è portato così da tutte le donne di Tehran. E’ fermata perché coinvolta nelle proteste. Un video la mostra, dopo il fermo, in un ufficio mentre parla con donne, presumibilmente agenti. Improvvisamente collassa. Il video la ritrova in un letto di ospedale, sottoposta a cure. Muore per un’emorragia cerebrale. I genitori riferiscono che ne soffriva da tempo.

Potremmo aggiungere tanto altro. Serve memoria. Accadimenti fatti accadere, rivelatori della sempre ricorrente consequenzialità tra fatto inventato ed effetto programmato. Passano perché, a forza di spaventi, noi siamo diventati quei bambini che fanno ooh

Srebrenica, 8000 vittime: la colpa della guerra alla Jugoslavia non è degli aggressori NATO, ma dei macellai serbi, condannabili in perpetuo. Anche se poi quasi tutte le presunte vittime risultano militari bosniaci caduti in combattimento Molte ricompaiono vive nelle liste elettorali bosniache.

 Halabja, villaggio curdo gassato da Saddam (del quale non si sono mai trovate armi chimiche), dunque distruzione dell’Iraq colpa degli iracheni e di Saddam massacratore. Esperti USA dichiareranno anni dopo che la strage era stata causata da bombardamenti iraniani.

Tripoli, fosse comuni con vittime dei bombardamenti di Gheddafi. Erano le fosse del cimitero approntate per normali inumazioni. Nessun velivolo libico s’era mai alzato in volo. Ma così colpa della Libia se la Libia è stata distrutta.

East Ghouta, Assad spara gas tossici su bambini e civili. Mai usati, mai esistiti. Lo conferma l’ OPCW, Organismo ONU per le armi chimiche e biologiche. Le foto di bambini “gassati” erano quelle delle vittime di un bombardamento su Latakia. Così la colossale bufala delle foto di Caesar, di presunte centinaia di vittime nei sotterranei del carcere di Damasco, ora riverniciata per celebrare la vittoria del capo tagliagole.

Racak, Kosovo, 45 civili torturati e uccisi a freddo. Non si può non bombardare la Serbia. Patologi internazionali indagano. Torture inflitte dopo la morte. Vestiti civili messi sui cadaveri. Tutti caduti in combattimento tra UCK e truppe jugoslave. Messinscena organizzata dall’esperto CIA Wiliam Walker, capo della missione Kosovo. Partono i bombardamenti su Belgrado: Serbia assassina. All’Aja il colpevole di tutto è Milosevic.

Devo andare avanti? Ce n’è per cento pagine e duemila anni.

Ma per tutti, basta un’altra operazione ben riuscita. 11 settembre 2001. Guerra a tutti, subito e per sempre.

martedì 18 marzo 2025

Fulvio Grimaldi per L’Antidiplomatico --- Siria: verso la guerra tra avvoltoi --- MARTIRIO E RESISTENZA --- Assassinio di una nazione, morte della civiltà

 

Fulvio Grimaldi per L’Antidiplomatico

Siria: verso la guerra tra avvoltoi

MARTIRIO E RESISTENZA

Assassinio di una nazione, morte della civiltà

 

 

Sono il segno dell’abiezione morale del sistema politico mediatico occidentale la sorpresa e lo sconcerto esibiti al rivelarsi di ciò che tutti sapevano e sanno benissimo: che al potere a Damasco si è – è stata - collocata, la peggiore feccia terroristica che Nato, Israele e la Fratellanza Musulmana abbiano saputo inventare, rastrellare, armare e lanciare contro uno Stato sovrano da radere al suolo, insieme alla pratica, ormai ufficializzata e consolidata, del genocidio del relativo popolo.

E’ in questo modo che l’ultima crociata dei mille anni di guerra agli arabi ha conseguito il successo negatole da Saladino fino a Nasser e Saddam. Una nazione antica e moderna, coesa, di incomparabili valori culturali, dalla convivenza armoniosa tra etnie, confessioni, tradizioni, squartata in arti separati, affidati alla spoliazione di altrettante barbarie cieche e ottuse: turca, israeliana, curda. Funerale officiato dalle potenze della civiltà occidentale. Come quando Riccardo Cuor di Leone aveva fatto passare a fil di spada tutti gli abitanti di Acri, donne e bambini compresi.

Si conferma una volta di più, se non bastassero Abu Mazen o Zelensky, o i vari fantocci Davos e Nato condotti per mano ai vertici dei propri paesi, che a essere risolutivo per l’esito dell’aggressione è la presenza di una quinta colonna. In questo caso, dato la forte coesione interna della società siriana, quinta colonna largamente importata (paesi arabi reazionari, uiguri, ceceni, ucraini, colombiani).

Negli ultimi giorni gli scappellatori occidentali hanno dovuto esibire stupore, perché prese in contropiede dopo lo scambio di smancerie e riconoscimenti, davanti a quanto hanno visto fare all’accozzaglia da manicomio criminale installata a Damasco. Un’orgia di sangue e atrocità a esatta ripetizione di quanto, a partire dal 2011 e per 14 anni, tutti avrebbero potuto vedere e tutti i siriani e anche il sottoscritto hanno visto. All’ombra di tale stupore, Israele impiantava sette basi militari su territorio siriano e occupava vaste aeree da incorporare nella Grande Israele.

Ho già raccontato che la principale strategia di comunicazione-condizionamento praticata, su evidente suggerimento dei corsi di formazione CIA, Mossad, MI6, turchi, era quella di incutere terrore e sottomissione tramite la diffusione su cellulari e online delle immagini più raccapriccianti di nefandezze su civili e prigionieri. Abomini con i quali neanche le più orripilanti allucinazioni di Hieronimus Bosch avrebbero potuto competere. Tanto meno quelle riportateci dai lager. Racconti che oggi chi pensava alla palingenesi del ceffo insediato a Damasco e dei suoi licantropi fa finta di trovare sorprendenti.

Lo scatenamento della furia belluina dei conquistatori per procura della Siria si è visto nell’enclave territoriale della costa mediterranea e del suo primo interno, Latakia, Tartus, Oms, Hama, Jableh. Ma si era manifestata, per quanto meticolosamente ignorata, fin dai primi giorni dalla caduta di Damasco, con rastrellamenti, esecuzioni a freddo, sequestri, demolizione di case, violazione di chiese, contro chiunque avesse avuto a che fare con il governo passato, fosse anche solo un portalettere.

Al di là dei filtri mediatici da sempre impegnati a oscurare le prodezze del mercenariato sion-imperiale, testimonianze evidenziano massacri sistematici, fosse comuni, 700 giustiziati nella sola provincia alawita. Si vuole ripetere il modulo praticato dalla nostra civiltà nei secoli: fino all’ultimo palestinese, fino all’ultimo ucraino, fino all’ultimo alawita?

Poi la comparsa nelle provincie del Mediterraneo di un embrione di resistenza tra le comunità alawite e cristiane, maggiormente legate al precedente assetto statale, con l’imboscata a un’unità jihadista costata 16 morti, ha tolto ogni freno alla pulizia politico-sociale-confessionale del gangsterismo messo al potere. Da lì i pogrom si vanno ripetendo – sotto gli occhi di un mondo resosi complice con l’accredito di rispettabilità istituzionale concesso ai tagliateste - con migliaia di famiglie in fuga verso la vicina Bekaa libanese e circa 7000 scampati all’eccidio accolti nella base russa di Khmeimim

Ma ha anche fatto emergere una resistenza organizzata, forse ai primordi, ma che, alla vista del rapidissimo collasso del paese di fronte all’offensiva delle milizie jihadiste custodite e protette da Erdogan a Idlib, era difficile prevedere. A partire dall’inizio del mese, sono apparsi vari nuclei di resistenza, quali espressi da quanto è rimasto dell’esercito siriano e quali improvvisati da comunità locali.

Circolano appelli alla lotta armata firmati da una “Resistenza Popolare Siriana”, cui dà credito anche la stampa del Cairo e che cita una serie di azioni compiute contro l’occupante ad Aleppo, Latakia, Hamidiya, Tartus, Homs, Talfita. Sarebbe composta da reparti riorganizzati del 25° Reggimento Forze Speciali e della Guardia Repubblicana e farebbe parte di un nuovo “Consiglio Militare per la Liberazione della Siria”.

L11 gennaio si era costituito il “Fronte di Resistenza Islamico in Siria”, con riferimenti ideologici a Iran, Hezbollah e Hamas. Una resistenza della comunità drusa ha preso il nome di Jaysh al Muwahhideen, mentre in Iraq si annuncia una formazione siro-irachena “Guardiani della Verità”, fondata sulle “Unità di Mobilitazione Popolare”, vincitrici sull’ISIS a Mosul. Tra i comandanti dell’Esercito di Assad sarebbero operativi Bassam Hussam al Din, comandante della 25esima Divisione e il generale Suhail Hassan, comandante delle “Tiger Forces”. A questi si aggiungono milizie locali scite individuate a Zaiter, Jaafar, Noun, Shams, Homs e Jamal.

Dato conto anche di un appello a riunire le forze e opporsi in resistenza all’occupante da parte del Partito Comunista Siriano, membro della coalizione capeggiata dal Partito Arabo Socialista Baath, restano da vedere gli sviluppi per provare a misurare il potenziale e la dimensione numerica e territoriale di queste espressioni di rifiuto del nuovo ordine Al Qaida-Al Nusra-Isis. Nuovo ordine celebrato, sostenuto e ora riconosciuto dalla coalizione di Stati ed entità che hanno condotto sul campo e nelle retrovie politico-militari l’assalto al bastione della resistenza araba.

E qui veniamo a coloro che vengono rappresentati come i manovratori della campagna jihadista lanciata nell’ambito della malamente denominata Primavera Araba con l’utilizzo di mercenariato vario. Una “primavera”, ricordiamolo, fondata su pretesti del tutto menzogneri (armi di distruzione di massa, Torri Gemelle, stragi chimiche), sullo sfruttamento e sull’infiltrazione in settori sociali insoddisfatti e manipolati (i famigerati USAIDS e NED), sullo scatenamento di integralismi islamisti a cura della Fratellanza Musulmana (dagli anni ’20 del secolo scorso strumento colonialista di contrasto a sovranità e unità araba). “Primavere” peraltro fallite in due Stati decisivi: Egitto (cacciata del Fratello Musulmano Morsi, sconfitta militare del terrorismo islamista nel Sinai) e in Algeria (ennesima rivoluzione colorata berbero-islamista).

Il primo protagonista di questa gigantesca campagna di riordino del Medioriente, pianificata da Oded Yinon, consigliere del governo di Menacherm Begin con il documento A Strategy For Israel In The Nineteen Eighties, che prevedeva la frantumazione di tutti i maggiori Stati arabi lungo linee etnico-religiose, è stato per lunghi anni, quelli di Clinton, Bush e soprattutto Obama, Washington.  Poi dal 2016, cambio, non nettissimo, di Trump che, pur bombardando a scopo dimostrativo e senza danni un paio di volte la Siria, aveva dichiarato di “preferire Assad a quegli altri”, trovandosi una volta di più in sintonia con Mosca.

Ma è sul terreno che sono emersi gli attori a cui colonialismi, imperialismi, interessi economici e finanziari, alcune petrotirannie, hanno affidato l’esecuzione del progetto. Su tutti la Turchia del Fratello Musulmano Erdogan, favorito dall’ essere le più temibile potenza militare della regione (anche relativamente autonoma in ambito NATO), padrino, finanziatore, istruttore del coacervo di varie sigle terroristiche riunite nella provincia di confine di Idlib, dopo che, con l’aiuto di Hezbollah e dei russi, i tagliagole erano stati cacciati dal resto del paese.

A suo fianco lo Stato sionista che Erdogan, con oscena improntitudine, fingeva di avversare per via di Gaza. Dimostrato il suo sostegno alle bande terroriste con apposite cliniche per feriti attrezzate sul Golan occupato, a Netaniahu il compito di demolire, a forza di pirateschi bombardamenti contro uno Stato sovrano e incolpevole, il presente resistente e il futuro possibile della Siria. Bombardamenti intensificati, perfino su Damasco, dopo la presa di potere dei jihadisti, vecchi compari e, inevitabilmente, futuri avversari. Si tratta di distruggere infrastrutture e ogni capacità, militare ed economica, di ricostruire uno Stato funzionale e, insieme, occupare vaste aree, principalmente nel Sud della Siria, da cui partire per contrastare ogni eventuale velleità di altri attori in commedia. Nessuno batte ciglio, al massimo genocida della Storia tutto è consentito. Sotto la mannaia dell’”antisemitismo”.

La conflagrazione, se non imminente, è inevitabile. Anche perché soprattutto i sionisti, nominatisi eletti, non dividerebbero mai un bottino imperiale con altri, per quanto moralmente consanguinei. Di sistemato da quelle parti non c’è proprio nulla e nuovi scenari di conflitto, anche catastrofici, magari anche più probabili che quelli sulla faglia euroasiatica, stanno lampeggiando da tutti gli orizzonti visibili da Damasco.

In analogia con la collaborazione-competizione tra mafie, Cosa Nostra, ‘ndrangheta, Camorra, con l’appendice della Corona Unita (ruolo locale paragonabile a quello dei curdi), la triplice criminalità organizzata di Turchia, Israele, Fratellanza Musulmana, conseguito l’obiettivo primario della rimozione dell’impedimento all’egemonia regionale, rappresentato ormai dalla sola Siria, non potrà non finire con il dilaniarsi in uno scontro di tutti contro tutti. Avete presente la Strage di San Valentino? Sarà curioso vedere chi farà Al Capone.

Scontro cui potrà forse sfuggire il predatore curdo, tacitato da Al Jolani con la concessione del Rojava arabo rapinato, benemerito USA, israeliano e della Fratellanza, nel comune furto di risorse – energia, cibo - che al popolo siriano sarebbero servite per sopravvivere e, forse, per resistere. Curdo, l’elemento moralmente più squallido di tutta la vicenda, incredibilmente ancora glorificato da certi sinistri italiani. Del resto, tra questi rumoreggia addirittura chi consideri l’operato di Erdogan una corretta strategia per gli equilibri della regione.

D’ora in poi dovremo seguire avvenimenti che, calamitati anche dalla questione palestinese, sicuramente saranno tutto fuorchè una sistemazione coordinata tra mafie. Lo scontro tra chi si pone l’obiettivo del proprio impero in Medioriente non prevede condivisioni, sarà all’ultimo sangue. E saranno pochi a riuscire a restarne fuori.

venerdì 14 marzo 2025

Pacifinti, pacifurbi, paciguerra --- SI VIS BELLUM, PRAEDICA PACEM --- L’Euroitalia tripartisan

 

Pacifinti, pacifurbi, paciguerra

SI VIS BELLUM, PRAEDICA PACEM

L’Euroitalia tripartisan

 

Canale Youtube “MONDOCANE VIDEO” di Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=KA9bNzhE6cg

https://youtu.be/KA9bNzhE6cg

Un 15 marzo (e un eterno prima e un preoccupante dopo), di cani e porci. Cioè di ominicchi, quaquaraquà e ruffiani cui abbiamo, scorretti e disinvolti, attribuito i nomi di nobili creature.

Viene in mente Gaza, dove su nobilissime creature delle migliori specie e generi, con analoga scorrettezza, ma con un enorme in più di malvagità, hanno inciso a sangue il nome di terroristi. Cioè quello loro, cucito col fosforo sulle vittime.

Certo, la differenza è grande. Ma sul piano quantitativo. Lì li ammazzano direttamente, li affamano, li avvelenano, li sopprimono da piccoli, gli negano l’acqua, la luce, i motori per far funzionare la vita. Non c’è confronto. Ma sul piano qualitativo stiamo – ci vogliono - vicini vicini, oggetti di un medesimo destino. Quello a cui il carcinoma bellico e finto-pacifico assicura una metastasi a cui nessuno può più sfuggire e che, alla resa dei conti, anche se si maschera sotto le spoglie del tumore benigno, ci ammazza. O ci rende come morti.

Questione di gradualità. Lì ti inceneriscono subito. Qui a forza di armi, guerre e minacce da paura, ci spolpano un po’ per volta. Loro stecchiti. Noi pure, ma con ancora qualche brandello di pelle. Ho rubato ai calabresi un loro proverbio:

Le pecore hanno paura del lupo ma al macello c'è le porta il pastore. 🐑🐑🐑🐑 ,

Viva il lupo, daje al pastore!!!