martedì 24 dicembre 2013

PIOVE FOSFORO BIANCO, GOVERNO LADRO. Ma c'è chi ha l'ombrello, come l'Ucraina.

Cari Interlocutori, l’ho fatta bella lunga. Suggerisco una lettura a spizzichi e bocconi, dato che ogni ulteriore incombenza vi sarà evitata nelle prossime settimane, tutte impegnate al confezionamento del documentario “No Tav-No Muos – Guerra all’Italia”

Siamo sempre stati fieri del nostro paese. Ma non abbiamo aspirazioni da superpotenza, non ambiamo al dominio regionale o globale, non interferiamo negli interessi di chiunque altro cercando di esserne i padrini, non diamo lezioni a nessuno. Ma ci adoperiamo per essere leader nella difesa del diritto internazionale, assicurando che sovranità nazionale, indipendenza e identità siano rispettate. (Vladimir Putin)

Quelli che vivono in piccolo, si accoppiano in piccolo, muoiono in piccolo. E’ l’approccio riduzionista alla vita. Se la tenete piccola, la manterrete sotto controllo. Se non fate rumori, l’uomo nero non vi troverà. Ma è un’illusione, poiché anche questi muoiono, coloro che avvolgono le proprie vita in piccole palline di cotone, in modo di stare al sicuro. Al sicuro da cosa? La vita corre sempre sull’orlo della morte, stretti vicoli conducono negli stessi posti di grandi viali e una candela piccola si consuma quanto una fiammante torcia. Ho scelto il mio proprio modo di bruciare. (Sophie Scholl, resistente e martire antinazista)
 
Unione bancaria-soluzione tombale


Ciò che quel leone impagliato, quel Babbo Natale da Coca Cola di Palazzo Chigi, ci ha regalato è una procedura Libia senza bombe, ma con un numero illimitato di mercenari. Mediatici. Il risultato è analogo. Una nazione consegnata incaprettata alle camere a gas allestite da Wall Street, Pentagono e Bruxelles, saccheggiata fino al midollo, rasa al suolo, obliterata. A sinistra s’ode lo squillo della Troika che, con l’Unione Bancaria, ha esteso ai paesi zavorra dell’Europa, sottraendogli un altro pezzo di sovranità, il metodo Cipro della dittatura bancaria. Dittatura bancaria che ora si sosterrà per legge mediante la rapina e riduzione in miseria di obbligazionisti (il malloppo dei risparmi popolari nella pancia delle banche sono Buoni del Tesoro) e correntisti con in banca un gruzzolo che li difenda dall’assalto dei predatori. Stupite, anche se non c’è niente da stupire, vista la smodata passione che il padre nobile Valentino Parlato nutriva per banche e  Banca d’Italia, leggendo l’anodina “obbiettività” con cui il “manifesto” ha commentato questo “esproprio elitario”. A destra risponde lo squillo degli ascari coloniali locali incaricati di metterci il collare a strozzo made in BCE. La “legge di stabilità”, che si deve intendere formalmente per “finanziaria” e sostanzialmente per prelievo forzoso di ricchezza da trasferire dal corpo della piramide alla sua punta, è la più bella giocata delle tre carte che si sia vista dai tempi del governo Amato e della svendita del patrimonio di tutti noi ai vari Khodorkovsky domestici e multinazionali.

Legge di stabilità e ultimi furti


Qualche stretta del guinzaglio blu con le 27 stelle l’hanno bloccata i benemeriti che di stelle ne hanno solo cinque. Quelli che il coro di ululati multipartisan, comodamente accoccolato fino a ieri nello stesso lupanare con Berlusconi, accusa di connivenza populista con il guitto mannaro. Forse scordandosi della connivenza oppositrice di PCI e MSI,  nei lunghi decenni nei quali le due forze erano tenute fuori dall’arco costituzionale (proprio come il regime vorrebbe fare oggi con il M5S), ovviamente avendo ognuno, come oggi, diversissime e anche opposte ragioni per combattere i forchettoni della blindata maggioranza. Cinque Stelle che, secondo i complottisti a rovescio istruiti dagli specialisti di transfert alla Cia, annidati tra “manifesto” e “Repubblica” e seminati anche in rete, sarebbero gli emissari di qualche Spectra, tipo Goldman Sachs o, magari, GPU. Sarà per questo che il principe consorte, Gianni Letta, nell’invitare le forze politiche a collaborare al nuovo raggiro con cui, meglio che col Porcellum, manipolare e turlupinare gli elettori, dalla chiamata ha escluso solo i Cinque Stelle, rappresentanti 9 milioni di italiani di troppo.



Infatti è a loro che dobbiamo l’eliminazione dell’ennesimo bonus offerto agli amici corruttori e finanziatori (di Letta, con 15mila euro, e della sua associazione “Vedrò”, con 20mila) della mafia dei biscazzieri-bari. Dopo averne ridotto il debito fiscale da 98 miliardi a 600 milioni, si sono avventati  sui comuni che ne ostacolano la proliferazione, negandogli i trasferimenti di Stato necessari alla sopravvivenza. Un’oscenità pari alla faccia di merda di quelli, tutti i PD tranne 4, che l’hanno votata e già ne pregustavano berlusconianamente il guiderdone. Mossa Cinque Stelle poi copiata, con sincerità briatoresca e opportunismo vendoliano, da Matteo Renzi. Il quale, in compenso, s’era appena ingraziato la lobby dei rapinatori di regime col suo piano-capestro del lavoro chiamato, minacciosamente in inglese, alla burina, “Job Act”. Piano che permette ai padroni (per ora fino al 2017, quanto basta per spolparci del tutto, poi si vedrà) di assumere per tre anni senza riguardo all’art.18. Nient’altro che il consolidamento della prassi delle finte assunzioni in prova che fanno girare quel vertiginoso carosello di assunzioni e licenziamenti con il quale all’impresa è risparmiato di ottemperare alle salvaguardie del detestato articolo. Robaccia che ha già fatto fuggire dal cerchio magico dello Stentarello fiorentino nientemeno che una Cgil.


 Che bravo Renzi, così pieno di buona volontà di attenuare le diseguaglianze sociali (siamo terzi nel mondo), non fosse per quel Yoram Gutgeld, israeliano, già sicario della più criminale grassatrice finanziaria del mondo, la McKinsey, che i Grandi Poteri gli hanno imposto come consulente economico. I confindustriali non si tenevano dall’entusiasmo.Tanto che Squinzi è arrivato alla gioiosa abnegazione di plaudire, sottobraccio a Renzi, alla vittoria della Fiorentina sul “suo” Sassuolo. Un dolorino rispetto al tripudio per aver trovato, dopo il micragnoso Letta, una tale sponda politica.

Sempre grazie ai Cinque Stelle abbiamo potuto nausearci della ripresa, merito della Boldrini, del buon costume craxiano di imbarcare su aerei di Stato, a nostre spese, famigli e sguatteri. E un bel chiodino nelle gomme del bulldozer dei finanziamenti ad personam è stata la denuncia della strenna di Natale alla ballerina di prima fila PD, Serracchiani, con il finanziamento per 40mila euro alla società del maneggio in cui la dragona friulana ama cavalcare. Cosucce, magari, ma di capillare diffusione tra i banchi della maggioranza e, dunque, alta valenza simbolica. Buca gli è andata invece, grazie al connubio postribolare tra immobiliari e cosche parlamentari, il tentativo di restituire ai cittadini il miliardo e passa che viene pagato, all’assurdo tasso di 5000 euro il metro quadro, per l’affitto dei palazzi istituzionali appartenenti agli amici. 440 milioni d’affitto, ci si poteva comprarli. E un altro bel colpo alla banda dei ladri con destrezza, quello di ridurre da 350 a 225 euro il cumulo che intascano da pensioni e stipendi i pantagrueli di Stato alla Giuliano Amato, si è infranto davanti all’esibizione della disperante inedia dei soggetti interessati. Né gli è andata meglio quando hanno offerto al governo il mazzo di improperi popolari per lo sconcio delle auto blu in neoborbonica dotazione ai notabili di regime. Il governo lo ha accolto, lo ha annusato approvandone gli effluvi e l’ha tosto seppellito sotto la decisione di rinnovare l’intero parco (costo 1,050 miliardi all’anno) con l’acquisto entro luglio, di  quasi 700 auto blu blindate e aereocondizionate. 250 saranno in più e costeranno 135 milioni.

Essendo nessuno perfetto, poi però,  pentastellati hanno alluvionato i dintorni del vaso votando – per distrazione, dicono. Vedremo – la privatizzazione dell’Acea, municipalizzata romana di acqua e gas. Già hanno corretto il getto. Comunque, poca, seppure sgradevole cosa rispetto al fosforo bianco scagliato dai B-52 della Legge di Stabilità, sganciato per incenerire lavoratori, pensionati, malati, scuola, università, ricerca, cultura, storia. Legge che, tra le altre provvidenze “che ci avvicinano alla ripresa”, non ha appesantito il territorio con neanche mezzo alloggio di edilizia sociale (le vecchie, assolutamente non trendy, case popolari), preferendo abbellirlo con i cento nuovi stadi: i cinque ettari al giorno attualmente cementificati non si sentiranno più mingherlini e soli.

Stato e mafia. E loro garante.

Prima di uscire dai confini nazionali, mi sembra opportuno sottolineare la valenza simbolica di un paio di fattarelli. Da qualche mese ormai il PM dell’inchiesta sulla concertazione Stato-mafia, Nino Di Matteo, è destinatario delle minacce di morte da parte del regime, espresse per bocca del noto pecoraro Totò Riina. E’ un preciso replay della vicenda Falcone-Borsellino, soprattutto perché anche stavolta il regime accompagna gli avvertimenti, fatti lanciare dai portavoce in carcere, con  l’isolamento del soggetto. Napolitano, piuttosto di pronunciare il nome del nefasto magistrato, magari per dire che gli dispiace, si taglierebbe la lingua. Non ha ancora digerito lo spavento per come costui gli stava innaffiando di sale la coda. E si capisce, essendo questo violentatore della Costituzione e di ogni illusione democraticista, il garante massimo della trattativa in oggetto. Ma almeno da un organo a composizione mista come il CSM ci si sarebbe aspettati qualcosa di meno sconcio dello schiaffo a Di Matteo, inflitto con quella spedizione antimafia a Palermo che ha rumorosamente escluso ogni contatto con colui che dell’antimafia è oggi il combattente nella prima linea di fuoco.   


Di tutto questo si è occupato solo il “forcaiolo” “Il Fatto quotidiano”. Voltati dall’altra parte “il manifesto”, Vendola e tutto il cucuzzaro delle larghissime intese del solito “arco anticostituzionale”. Arco che invece si strappa le vesti, giustamente quanto ipocritamente, su quanto sta facendo succedere nei CIE e nei CARA. L’Urlo di Munch che “Il Fatto” ha messo in prima pagina è la migliore didascalia alle immagini di chi a Ponte Galeria si è cucito le labbra in nome degli ingabbiati dai guardiani dello zoo. Ero al CARA di Mineo pochi giorni fa, a intervistare i reclusi da un anno e oltre in attesa di asilo politico. Quelli sotto tutela di appaltati di mafia che beccano una fetta dei 44 milioni all’anno stanziati dal regime per maltrattare migranti, al punto di portarli ad alzare barricate in strada, cosicché si possano criminalizzare e pestare e, al tempo stesso, scongiurare, con quell’esempio, l’arrivo di profughi. Oltre, ovviamente, a quelli utili a deprimere le condizioni degli schiavizzandi indigeni. In sette anni lo Stato ha infilato nelle tasche di consorzi e cooperative per gestione e sorveglianza (poca gestione e molta sorveglianza), oltre un miliardo di euro; programmi da albergo a cinque stelle, scandalosa spesa per internato di 30 euro al giorno.

Asilo a chi!
E’ lo stesso obiettivo delle operazioni fatte effettuare a Lampedusa idrantizzando esseri umani nudi e al freddo, o di quel Frontex che si propone di far colare a picco nel Mediterraneo chi insiste a volersi sottrarre a miseria, guerre e mercenari tagliagole, inflitti dagli stessi che li ricevono a forza di Turco-Napolitano e Bossi-Fini. Sostenuti da coloro che deprecano guerre e sanzioni genocide, ma ne condividono con gli assassini le motivazioni sotto forma di “Assad dittatore sanguinario” e simili. La banda che si è vista concedere l’appalto milionario per i 4000 sequestrati di Mineo è la stessa che gestisce la Guantanamo di Lampedusa. Quando ero lì sentendo una donna eritrea, con bambino e marito, raccontarmi dei sei mesi chiusi nel CARA, del pessimo cibo, delle angherie degli addetti, di un miserevole assegno, peraltro trasformato in sigarette, che si tratti di fumatori e non, di adulti o bambini, del vuoto geografico e umano (Mineo è a 7 chilometri e non c’è che una navetta per una cinquantina al giorno), ecco che sono apparsi i kapò. Migranti che, alla maniera dei collaborazionisti di Auschwitz, fanno le spie ai danni dei compagni di sventura. Circondando l’intervistata insieme a occhiuti guardioni e aguzzando l’orecchio su quanto mi stava riferendo, se ne sarebbero tratte le indicazioni per come trattare la sventurata al ritorno nel lager. Furono due grandi combattenti anti-lager e anti-Muos, Antonio Mazzeo e Alfonso Di Stefano, a liberarcene con modi spicci.

Una considerazione. Cosa distingue i “clandestini” ingabbiati nei CIE dai richiedenti asilo politico nei CARA  che hanno il privilegio di potersi fare qualche avanti e indietro sull’asfalto?  Assolutamente niente. È una differenziazione del tutto arbitraria, ma con occulta ragione politica. Entrambe le categorie sono spiaggiate qui per, perlopiù, esclusiva colpa di noialtri in Occidente  che gli portiamo democrazia e diritti umani a forza di bombe, sanzioni, golpe e, nei casi migliori, schiavismo neoliberista e semi sterili e diserbanti Monsanto al glifosato. Ai quattro funzionari della Commissione per l’asilo è delegata una scelta: se vieni da un paese governato da amici, vedi Libia, Senegal, o Marocco, marcisci lì e poi fuori dalle palle; se scappi da un regime, tipo Egitto, che non si ancora bene dove sta messo, intanto marcisci e poi si vedrà; se vieni da Eritrea, Iran,  Siria, Kazakistan o Ucraina (!), hai delle ottime chance. Si tratta di fuga da dittature, di quelle renitenti, che non accettano il nostro collare a strozzo, ma sono di alta valenza pubblicitaria. E allora non vuoi che sul tuo paese d’origine, da noi visto come paese canaglia, per ottenere quel documento che ti da diritto di esistere, tu non ci confermi ogni turpitudine? Mettiamo l’Eritrea, che ho frequentato fin dalla sua liberazione. E’ l ‘unico paese del Corno d’Africa su cui il neocolonialismo non ha ancora potuto mettere le grinfie. L’Etiopia, terreno di scorribande agroindustriali e  multinazionali, è il capobastone regionale e, ogni due per tre, viene mandato a bastonare vicini turbolenti o reprobi, come Somalia ed Eritrea. Guerre surrogate dell’imperialismo che servono a impedire indipendenza, progresso e benessere. E dunque profughi. Circondata da governi mercenari da ogni lato, fatta oggetto di incursioni, sanzioni, infiltrazioni, dall’Eritrea si esige una serena e pluralistica democrazia all’occidentale. E se poi i suoi cittadini sono costretti dagli assedianti a fare un servizio militare di tre anni, ecco che Isaias Tafeworki, il presidente, è un grandissimo criminale (nessuno ricorda che in Israele il militare dura tutta la vita attiva). Conclusione, se merita asilo politico il fuggiasco eritreo, allo stesso titolo lo merita chi viene da qualsiasi paese affidato ai caporalmaggiori locali dell’armata imperiale.


Siamo scivolati nell’internazionale. E ci restiamo,  sorvolando rapidamente il Sudan, spezzato in due da una quarantennale cospirazione di Usa, Israele, Vaticano, e dove due burattini coloniali, messi a capo di un non-Stato come il Sud Sudan, il presidente Kir, un Dinka e il suo vice Machar, un Nuer, si sbattono contro le rispettive tribù e si rubano il rispettivo bestiame per assicurarsi l’immensa ricchezza petrolifera. Un bel non-Stato a disposizione delle multinazionali del petrolio, proprio come il narcostato Kosovo s’era fatto a beneficio dei mercatisti della droga. Passiamo a volo radente sulla Repubblica Centroafricana. A un’altitudine che permetta di contare gli oltre mille morti ammazzati dalla, o grazie alla, “Legion Etrangere”  e i trentamila terrorizzati ammassati attorno all’aeroporto di Bangui. Sono lì dal momento, 5 dicembre, in cui sono sbarcati i 1.600 professionisti di Hollande (ricordate il plauso del “manifesto” alla sua elezione?) a rinforzo dei mille mercenari, travestiti da Forza Interafricana, spediti dall’altra colonia, il Chad. Professionisti con il compito di alimentare lo scannatoio tra cristiani e musulmani, fondamentale perché la colonia non s’illuda di farsi Stato, e di garantire il flusso indisturbato alla madrepatria di uranio, petrolio e tutto il resto.

Terzo recupero francese del maltolto coloniale, dopo Costa d’Avorio, oggi spolpata in condominio tra Francia e FMI, e Mali, sprofondato nel sangue con l’aiuto di Usa, Regno Unito e Prodi. Il modulo è sempre quello: si attizza con qualche colpo di Stato una rivalità latente, etnica o religiosa, si inietta una buona dose di Al Qaida che faccia invocare la “guerra al terrorismo”  e si ha l’occasione per quello che tutto il mondo chiamerà “intervento umanitario”. Il prevedibilissimo imprevisto è che non tutte le ciambelle riescono col buco. Anche perché, nel loro piccolo, anche le formiche s’incazzano. In Iraq il socio di minoranza iraniano è passato a socio di maggioranza e non servono neanche i terroristi alqaidisti, spediti dai signori del Golfo per le quotidiane carneficine di sciti, a spostare il governo di un millimetro della sua alleanza con Damasco e con Tehran. In Libia il caos totale del tutti contro tutti impedisce di rastrellare il bottino previsto. In Mali e RCA, il patetico subimperialista socialista e sionista resterà impantanato alla pari degli Usa-Nato in Afghanistan e tutta questa consorteria di cannibali rischia di doversela vedere in casa con i dissanguati dalle sue guerre miliardarie.

Siria, el pueblo unido


Il nostro volo, spostandosi verso nord-est, per poco non viene scompigliato dall’uragano di anatemi contro la Siria per i presunti bombardamenti su Aleppo con i sempiterni “bambini” trucidati da Assad. Uragano sollevato dalle note agenzie umanitarie, imbeccate da quell’Osservatorio londinese dei diritti umani che viene carburato dalle telefonate dei confidenti sul terreno come selezionate dai servizi britannici. Si parla grottescamente di “barili artigianali di esplosivo” lanciati da elicotteri, come se le forze armate patriottiche non avessero più a disposizione neanche qualche bomba. Barili artigianali che fanno pensare al consueto trucco dei mercenari che fanno saltare edifici e gente e attribuiscono macerie e vittime ai bombardamenti.  Lo strepitìo ha il compito di offuscare le continue stragi dei tagliateste ai quali, in rotta quasi ovunque, non resta che usare i mortai sui civili, con predilezione per le scuole, gli ospedali, le chiese e i conventi cristiani (70 ne sono stati bruciati). Soprattutto deve neutralizzare l’orrore per le settanta vittime delle atrocità jihadiste ad Adra, dove donne, bambini e anziani, sono stati decapitati e bruciati nei forni del pane. C’è anche da  gettare qualche osso alla propaganda occidentale, messa in difficoltà dalla dissoluzione del “Free Syrian Army”, già braccio armato dell’ormai svaporata Coalizione Nazionale di Istanbul, a sua volta braccio politico degli aggressori. Entrambi frantumati dal sempre più imbarazzante Fronte Islamista di Al Nusrah e Al Qaida in Iraq e nel Levante.

L’imperialismo si avvia così alla conferenza Ginevra 2 militarmene sotto schiaffo dall’esercito siriano, con l’argomento della “rivoluzione democratica” in Siria del tutto sputtanato, con la Turchia, piattaforma di lancio dell’aggressione, paralizzata da scandali di regime e opposizione di massa, privato del Qatar che deve occuparsi di Olimpiadi e di parare lo scandalo dello schiavismo inflitto agli operai, ridotto, quindi, ad affidarsi al famigerato “terrorismo islamico” per giocarsi le ultime carte. Gli restano l’Arabia Saudita, ormai primo armiere e ufficiale pagatore dei mercenari, e Israele, con le sue periodiche incursioni aeree e le sue teste di cuoio infiltrate per insegnare ai terroristi come far saltare per aria la gente. Non basta e, a meno di un’improbabile arretramento della Russia e di un attenuazione della revulsione universale alla guerra, il nuovo anno si apre sotto migliori auspici per i brandelli insanguinati di un popolo che sta dando lezioni al mondo.



A proposito di Russia, è fallita in Ucraina, grazie a Putin, alla storia, alla geografia, al gas, al buonsenso e a un governante non minchione, l’operazione di inglobare il paese nella tonnara dell’Europa delle periferie. Figli di un dio minore da depredare e buttare. E’ fallita a dispetto delle Forze Speciali mediatiche che, dalle gazzette di destra e “sinistra”, si sono date da fare per puntellare gli sgherri Otpor e NED sguinzagliati tra le folle. Folle poi abbacinate da specchietti delle allodole come il mastino neocon John Cain, o la sottosegretaria di Kerry, Victoria Lunand, il primo a promettere prosperità capitalista in piazza, la seconda a distribuire brioches. Discrete interferenze negli affari di un altro Stato che vorremmo veder ripetere a Washington, con dirigenti russi sul palco degli Occupy Wall Street, per vedere l’effetto che fa. Per ora l’atomica di rabbia e frustrazione che l’Occidente intero lancia contro Putin è l’armata dei GLBT (a cui “il manifesto” aggiunge una Q per Queer, che nessuno sa chi cazzo rappresenta) per punire una legge che vieta agli omosessuali di praticare o adescare in pubblico. Cosa da noi vale per le donne che passeggiano. Un mortaretto.  
John McCain a Kiev

Zar Putin e dissidente Khodorkovsky
Putin che, mentre “il manifesto” guardava dall’altra parte, è diventato per le masse deprivate del mondo, con l’asilo a Snowden e il blocco dell’attacco alla Siria e all’Iran, il difensore dei veri diritti umani, ha sgonfiato un po’ di obesi babbi Natale occidentali. Prima, con la vittoria russo-ucraina sulle sirene UE-Nato e, poi, con l’amnistia a Greenpeace, Khodorkovsky e a quelle aggraziate soubrette delle Pussy Riot. Per coloro che blaterano di  gulag nello “Stato di polizia dello zar Putin” si prospetti il parallelo con lo Stato democratico del boss Napolitano e con le sue decine di No Tav rinchiusi, o avviati al carcere per aver difeso la propria comunità e la salute del mondo. O con gli assassinii mirati di cortei di nozze in Yemen, Afghanistan, Pakistan e Somalia, e le “extraordinary renditions” in carceri della tortura, praticati da Obama e confratelli democratici.. Tagliando corto, proviamo a fare un confronto tra società libere e democratiche e gulag zaristi. Mettiamo su un piatto la liberazione di nemici del popolo, come Khodorkovsky e di confidenti da angiporto, come le Pussy Riot e, sull’altro, il soldato Manning, condannato a 35 anni di carcere per aver rivelato le nefandezze delle guerre Usa, Assange segregato nell’ambasciata ecuadoriana ed Edgar Snowden cui la giustizia Usa promette la forca.

A rimediare ai tanti schiaffazzi ricevuti, il soldato mediatico della brigata unita destro-sinistra cerca di rimediare, come aveva fatto con il delinquente Ablyazov, al tempo del “martirio” della socia-consorte Shalabajeva: da  criminale, che aveva rubato miliardi in Kazakistan, Ucraina  e Regno Unito, mutato in “dissidente democratico perseguitato dal dittatore”. Così con Khodorkovsky, il più vorace dello stormo di avvoltoi cui l’emissario alcolizzato degli Usa, Eltsin, aveva dato via libera per fare del patrimonio del popolo stralussi e strapoteri  personali. Khodorkovsky, figlio adottivo della mafia, sottraendo al paese il petrolio, truffando e rapinando, pare anche uccidendo, era diventato il più ricco capoclasse della scuola neoliberista. Un modello per quelle riforme che, su diktat euro-atlantico, Napolitano va inseguendo qui e che dovrebbero trovare il coronamento nel malfamato TTIP, trattato-patibolo tra Usa e UE, in corso di clandestino perfezionamento, per porre fine a ogni pretesa di libertà, uguaglianza, sovranità, diritto alla vita, di alcune centinaia di milioni di esodandi. Volesse il cielo che ci capitasse uno “zar” come quello che, in quattro e quattr’otto,  ha rimesso in piedi e in cammino un enorme paese depredato e annichilito.

Fra un po’ vedremo Khodorkovsky  aggirarsi nel nome dei diritti umani tra Bonino, “manifesto” e “società civile”, con il corredo di qualche spettacolo hard delle Pussy Riot, a ripetizione dell’orgia con cui esordirono nel Museo della Memoria russo, magari da ripetere in San Pietro. Riserviamogli l’accoglienza che meritano. Possibilmente con in mano bandiere No Tav e No Muos.

Kalashnikov per la libertà
E’ morto Michail Kalashnikov, l’ingegnere sovietico che inventò e incessantemente perfezionò una delle armi più riuscite al mondo,  il AK-47, da tutti i suoi utilizzatori amata e rispettata col nome del suo creatore. Quell’arma è stata un’icona della lotta per la libertà in tre continenti. Anche se poi se ne è abusivamente appropriata la feccia mercenaria dell’impero.
Per me un ricordo del 1970 è quel gruppo di fedayin del Fronte Democratico (FPDLP) nelle grotte sopra la Valle del Giordano. Di noi 12, tra stranieri e palestinesi, ero il penultimo per tempi dello smontare e rimontare l’arma, ma anche il terzo nella mira. Scusate la personalizzazione, ma che sia lo spunto per augurare simile felicità e stesso amore a tutti. Buon anno solare.






PARLA BASHAR EL ASSAD, AL FESTIVAL DELLA GIOVENTù A Quito.
 tratto da un post   della pagina  facebook di   Francesco-siria-press

Da Damasco, la più antica città abitata nella storia, dalla Siria portatrice di una civiltà di oltre 7000 anni, mi rivolgo a voi in Ecuador, questo paese erede di generazioni successive che hanno arricchito e migliorato il suo popolo con la cultura e la diversità. Io scrivo a nome mio personale e a nome del popolo arabo siriano, attraverso la delegazione giovanile e studentesca che è la base del presente e il baluardo del futuro, che partecipa con voi in questo festival internazionale, l’evento più importante al mondo nella vita dei giovani, e dico: Nessun paese è costruito senza le braccia della sua gioventù, nessun paese progredisce senza gli obiettivi dei loro studenti e giovani … Questo è stato sperimentato dalla Siria in più generazioni … La Siria ha garantito l’educazione e la cultura alla sua gioventù e alle sue capacità, affinché emergesse per la scienza, il lavoro, il pensiero e la lotta … e in casi di bisogno i giovani rispondono al meglio come difensori della loro terra, come i migliori protettori dei loro valori, dei principi, della storia e della civiltà, questo è … ciò che è accaduto e sta accadendo in Siria. Giovani e studenti … La Siria, come sapete e come si sa in tutto il mondo, affronta da oltre due anni e mezzo una lotta contro il terrorismo takfiro… Un terrorismo che cerca di minare la sua identità e la sua diversità, la sua vera storia di civiltà radicata, e il suo presente ricco di tolleranza e di affetto … Dico questo mentre si sono riuniti in Ecuador, un paese che conosce molto bene il significato della diversità culturale, il senso della storia e della civiltà. L’ Ecuador conosce anche il significato del colonialismo e della lotta per la liberazione, l’indipendenza e la sovranità. In Siria, ragazzi, ci sono quelli che uccidono i bambini sotto la bandiera della libertà, uomini che uccidono sotto la bandiera della religione, che violentano le donne sotto la bandiera del jihad …. In Siria, ci sono quelli che cercano di ristabilire cose centinaia di anni fa, e schiavizzano le persone che sono nati liberi. In Siria ci sono quelli che saccheggiano le chiese, devastano le moschee e distruggono statue di letterati e pensatori. In Siria ci sono quelli che cercano di cancellare il nostro passato, di seppellire il nostro patrimonio, di uccidere i giovani per uccidere la gioventù dentro di noi, e così uccidere il nostro futuro a cui aspiriamo. Abbiamo affrontato e resistito a tutto questo appoggiandoci all’edificio della nostra storia e del nostro presente potente in cui i nostri giovani, uomini e donne con la loro cultura e la consapevolezza di ciò che sta accadendo, sono state le sue fondamenta. Se, Giovani, Siamo il paese della pace, della giustizia e delle cause giuste e siamo anche quelli che ora difendono questi principi con il nostro sangue, con il cibo della nostra gente e la vita dei nostri giovani, donne e bambini. Siamo il paese dei giusti, che possiamo garantire i nostri diritti e il nostro territorio e la sovranità. Siamo uno stato che non si arrese alle pressioni, all’egemonia e all’occupazione, dall’esterno o dall’interno. Hanno introdotto il terrorismo alla terra di pace, hanno introdotto l’estremismo nella terra della tolleranza, hanno introdotto la morte nel paese del gelsomino, ma non sono riusciti a introdurre la disperazione nelle nostre anime, la resa o la sottomissione del nostro pensiero e dei nostra principi. Più intensificando il loro terrorismo, più aumenta la nostra determinazione a resistere. Più aumenta l’ estremismo, più aumentano i sacrifici della nostra gente e del nostro esercito … La Siria sarà meglio di prima …. e questo non accadrà senza le braccia della sua gioventì e dei suoi confratelli dei paesi amici. A voi, giovani del mondo, affidiamo le nostre speranze e le nostre mani tendono a voi … Siate la miglior generazione per il futuro dei vostri paesi. Che le vostre armi siano l’istruzione e il lavoro … come i giovani e gli studenti siriani che hanno difeso il loro paese, ognuno dal suo posto: gli studenti con i loro libri, il medico con il bisturi e gli ingegneri con le loro matite … e il soldato con la sua pistola, tutti hanno sostenuto e difeso la patria … si vede e sente ciò che sta accadendo in Siria, soprattutto negli ultimi mesi, la resistenza conduce alla vittoria, i grandi sacrifici sono degni dei nobili obiettivi e abbiamo resistito, abbiamo sofferto, e noi ancora lo faremo, perché la Siria è il nostro obiettivo nobile. Gioventù del mondo, La celebrazione di questa festa è in Ecuador i indirizzo un cordiale saluto al presidente e al popolo dell’Ecuador, volendo che si continuino i progressi, la prosperità e il successo nella vostra politica basata sulla democrazia e il rispetto dei popoli e l’autodeterminazione, e non nell’ interferenza negli affari interni degli Stati. Questo è ciò che raccogliamo e che sui libri di storia si leggerà nelle future generazioni su di noi e voi, e perché siamo i proprietari del primo alfabeto della storia, sarà dall’altezza di Ugarit, che ha dato le lettere al mondo per scrivere con loro la loro storia e della civiltà, e la civiltà del Regno di Ebla, che ha arricchito la storia con le sue Tavole e ha dato una nuova dimensione alla civiltà della regione e del mondo. Dalla Siria, da questa terra che ho detto, io dico: “Dal cuore della sofferenza nasce la vita”, e qui siamo, attraverso i nostri giovani e i nostri studenti, aspiravano e continuare ad aspirare la giustizia e la pace nel mondo, e a tendere le nostre mani ad ogni persona libera, onesta e indipendente nel mondo per costruire un domani più bello insieme, per una generazione che merita …. Spero che il vostro Festival abbia successo. Sono sicuro che voi, insieme con i vostri colleghi giovani e studenti siriani che partecipano a questo evento, lavorerete duro per raggiungere il successo di quello che è stato proposto quando avete deciso di incontrarvi e scelto il titolo del convegno: “Giovani uniti contro l’imperialismo, per un mondo in cui prevalga la pace, la solidarietà e il cambiamento sociale”, che è quello dove voglio arrivare a tutti. Bachar AL Assad Presidente della Repubblica Áraba di Siria -Francesco-

4 commenti:

alex1 ha detto...

Devo dire che il testo riportato di Sophie Scholl e' di una profondita' incredibile e di un'attualita' sorprendente, in una fase storica dove cercano di convincerci a vivere nella rinuncia e nella rassegnazione, nell'illusione che vivere in piccolo, senza sogni ed ideali sia il miglior modo di vivere nella realta' che, anche se non ci piace, fa parte del migliore mondo possibile. Con i media che portano come esempi negativi quei paesi e quelle realta' che per scelta o per necessita', con consapevolezza o no, si trovano in rotta di collisione con le politiche di spoliazione delle risorse e del territorio, e di distruzione dei diritti dei lavoratori, presentati come "ostacoli" alla modernita' ed alla competitivita'.

Silvio ha detto...

Ciao Fulvio grazie come sempre per i tuoi bellissimi articoli.
Mi permetto di rubare un angolo del tuo blog per postare un link che dovrebbe smentire le voci che corrono riguardo il coinvolgimento del M5S sulla privatizzazione dell'acqua a Roma

http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/roma2013/2013/12/revoca-accordo-acea---mekorot.html

e
http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/roma2013/2013/12/nel-iii-municipio-il-movimento-5-stelle-difende-una-delle-sue-stelle-lacqua.html

e altri.....

Ciao e un grandissimo augurio di buon anno!!

Silvio

alex1 ha detto...

A Proposito di privatizzazioni: da confidenze di un amico sembra che le Poste Italiane siano destinate ad esserlo a breve, almeno per la quota maggioritaria. Il bilancio e' in attivo, quindi un bel pezzo da spolpare, con in prospettiva una fine simile a quella dell'Enel e dell'Alitalia, di essere ridotta o peggio smantellata in piccole compagnie.

Mauro Murta ha detto...

Sinceramente non pensavo che la sinistra antimperialista fosse così importante da attirare infiltrati di ogni risma. Se anche la cantante squartabambini Noa si sbatte per sputtanare il movimento No Muos con il suo "sostegno", forse è un buon segno. Come lo è, decuplicato, il rifiuto dei No Muos a far lordare la loro immagine dalla viscida megera:
http://www.nomuos.info/noa-con-i-no-muos-no-grazie/