“L’arma
più potente nelle mani dell’oppressore è la mente dell’oppresso”. (Steve
Biko)
“Nessuno
ha fatto un errore più grande di colui che non ha fatto niente perché era solo
in grado di fare poco”. (Edmund Burke)
Blu, considerato il più grande artista di
strada (street artist per i
vernacolari) d’Italia e forse lo è anche del mondo, non l’ho conosciuto. Anzi,
l’ho c onosciuto proprio bene, perché mi ha scritto tantissime cose. E non importa
se le ha scritte anche ad altri. Ne sono contento, ma intanto le ho ricevute io
mentre le leggevo, un po’ con gli occhi e un po’ con la lente della telecamera,
scritte sulle pareti delle case affacciate sulla piana..Case che a Niscemi
guardano verso il mare di Gela. Piana, mare, città avvelenati, devastati,
uccisi dal petrolchimico ENI. Case con le spalle protette dalla città a monte,
ma che le radiazioni del Muos se le prende tutte in faccia, alla tiroide, nei
polmoni, nel cuore.
Blu ha scritto romanzi, libelli, denunce, preghiere, bollettini di guerra, in bianco e nero e a colori, su
quelle facciate rannicchiate sotto l’abitato, all’orlo della piana verso Gela.
E ne ha fatto un tribunale nel quale vengono processati i criminali, in cui i
PM tuonano elencando delitti, dove
testimoni a migliaia, vivi, feriti e morti, raccontano la guerra condotta dagli
amerikani e loro sguatteri indigeni contro il popolo di Niscemi. Ma anche
contro il popolo di Sicilia, d’Italia, del mondo, ché il drago è insaziabile e nessuno
ne deve essere risparmiato.
A Niscemi da anni si lotta contro il MUOS e
le 42 antenne della base Usa la cui fregola di morte, prima ancora di dirigere
le guerre che una banda di necrofagi euro-atlantici conduce contro l’umanità,
si accanisce sui 20 mila abitanti sopravvissuti all’esodo dei giovani e alle patologie
da irradiazione elettromagnetica. Un movimento di massa guidato da avanguardie
che, a dispetto della violenza poliziesca e giudiziaria scatenatagli contro dai
sicari del padrone megagalattico, hanno tenuto duro, si sono radicati, hanno
schiacciato al muro delle loro responsabilità le istituzioni, hanno innescato
coscienze e mobilitazioni di massa, sono arrivati a violare e occupare la base
dell’invasore occupante.
E Blu è venuto, ha raccolto e trasferito
sulle pareti di case pallide, accucciate in difesa, una cosmesi dii colori e di
segni. Cosmesi come trasfusione di sangue. E le case ne hanno tratto materia e
anima e si sono erte a custodi ed avanguardie della comunità.
Come a Bologna. Grassa e soddisfatta quanto
si vuole, ma con lampi improvvisi che, forse, trovano l’innesco nella lunga
miccia sotterranea accesa quarant’anni fa da quella che,ogni giorno e ogni
arretramento che soffriamo, dimostra sempre più essere stata la meglio
gioventù. Quella di Francesco Lorusso.
Indefessi e indomabili, come sa essere chi ha
la spina dorsale rafforzata dalla giustezza delle proprie ragioni, gli studenti
hanno contestato a un virulento bellicista, Angelo Panebianco, docente ed
editorialista sul più pomposo dei giornali italiani, le malefatte con cui, da
cattedre e giornali, irrora di menzogne intelligenze prostrate e si fa
trombettiere di ogni nefandezza dell’oligarchia.. La canea di coloro che si
cibano tutt’oggi del cadavere di una stagione che, per l’ultima volta, aveva
prospettato un altro mondo, si è avventata sui reprobi. L’ex-magistrato,
Giancarflo Caselli, in prima fila tra i demonizzatori della protesta,
accomunato al giornalista reazionario dallo sbertucciamento subito per opera
dei No Tav,da lui perseguiti come fossero tagliagole Isis. Evidente segno di
una profonda, ancestrale, tribale paura. Di un trauma da anni ‘70 che non va
via. Che i bassotti, prima o dopo, possano fare scianchetta agli altotti.
Detesto e compatisco i writers, quelli che
imbrattano di sgorbi orridi e privi di senso, inni al brutto assoluto, una
fontana del Bernini, o il finestrino del treno che mi impedisce di riconoscere
paesaggio e stazione. Dimostrazione di ottusa protervia, senza un filo di
creatività o di significato oppositivo. Borborigmi di un volgo disperso che
nome non ha. Altra cosa sono Blu e i suoi. Orgosolo che all’assedio degli
sbirri, alla diffamazione dei grilli parlanti, rispondeva dipingendo la sua
vita sui muri, le ragazze dell’IRA Provisional in armi sulle facciate di
Belfast, la rivoluzione raccontata sul Malecon di un’Avana non ancora
normalizzata da papi e scaltri presidenti, i fantastici trompe l’oeil sui grattacieli della Tehran antimperialista di Ahmadinejad.
Gli artisti di strada, i muralisti, sono il controcanto figurativo che si
armonizza con gli aneliti delle resistenze,delle controffensive. La strada è il
loro habitat comune. Vi fioriscono il rifiuto, il bello e il giusto che vengono
dopo il rifiuto. Pennelli come sassi, o come Kalachnikov, per una guerra
davvero santa, di liberazione. Quella che, con Blu a Bologna, o a Niscemi, o a
Los Angeles, dalle strade si è trasferita sui muri e da lì lancia
fragorosamente su ignavi e indifferenti, l’interpretazione del reale. E la
collera, il dolore e il coraggio che la devono accompagnare.
Un gretto speculatore con gli alamari
dell’Accademia ha voluto imprigionare tutto questo ed esporlo addomesticato e
rassicurante a chi dall’esibizione in strada, a tutti, alle sue vittime, ne
veniva turbato, imbarazzato, denudato. Se prima quegli affreschi raccontavano
infamie, vergogne, crimini, colpevoli,
ora il grigio che li ha occultati ci avverte della mancanza di colori, di idee,
di vita, nei tempi che ci vanno preparando. L’annientamento di ogni conoscenza oltre a quella rinchiusa nei
piccoli elettroshock lobotimizzanti di uno smartphone. Blu ci ha avvisato.
Roversi Monaco, massone, padrone
dell’università e Cofferati, podestà della città, sembrava fossero riusciti a
spegnerla. Scintilline da un focarello in sordina venivano solo da Umberto Eco,
stuzzicavano facile il gaglioffo di Arcore, ma per il resto erano focarelli
fatui, divertenti, innocui. Me lo ricordo, l’Eco del potere. Lavoravamo tutti e
due sotto l’austera ferula di un grande editore, Valentino Bompiani. Lui
redattore della casa, io addetto stampa. Ogni tanto uscivamo assieme a pranzo,
lui conosceva i posti à la page e si
accompagnava a grandi gnocche che, da ininterrotto affabulatore, stordiva di
fascino e ilare sapienza. Di sera sceglievamo percorsi diversi. Lui, giocoliere
arguto tra i VIP della Terrazza Martini, un po’ consigliere del principe, un po’
buffone di corte, nei salotti di un’editoria a cavallo del boom e di una stampa che allora non
si chiamava media e non presentava ancora una sola, grossa, insulsa faccia da
imbonitore da strapazzo.
Io, spesso, con uno dei rari maudits della benpensante Italia, ai margini esterni del boom, uno
sopravvissuto a Democrazia Cristiana e PCI, Luciano Bianciardi, quello della
“Vita Agra”, di notte per bettole dagli osti altrettanto maledetti, tra barboni
artisti e artisti barbonizzati, spiaggiati a Brera. Il girovagare con Luciano
finì quando, in un summit di incazzatura e frustrazione, decise di evitare la
macina e togliersi di mezzo. Con Eco, quando pubblicò “Il cimitero di Praga”,
opera anti-dietrologi che, col pretesto dei Protocolli dei Savi di Sion, esegue
il mandato giudaico-cristiano di demolire ogni rivisitazione di quanto il
potere costituito ha sancito eterno, immutabile, vero, a propria consacrazione
e difesa.
Rimembranze che c’entrano e non c’entrano.
Forse c’entrano con quel Blu che, di fronte alla soperchieria di un capobastone
culturale, Roversi Monaco, che pretendeva di staccare i suoi gratuiti dipinti
di strada dai muri, di sottrarli ai tutti cui erano destinati per privatizzarli
e riservarli ai pochi paganti di una mostra, ha preso raschietto e pennello e
ha coperto tutto di grigio. Strepitoso: come aveva fatto suoi e di tutti i muri
con l’arte, li ha rifatti suoi e di tutti, ma grigi come le anime spente dei predatori.
Il grigio che i padroni delle città vorrebbero riservare ai bassotti perché vi
smarriscano e affoghino la fantasia. Ma un grigio che, oltre a contenere sommessamente
e per sempre tutto quello che vi si trovava prima, è rifiuto categorico. Quello
di cui siamo rimasti disperatamente privi. Agli altotti paganti e mangianti,
nei loro spazi riservati, vada il divertissment
innocuizzato di quelli strani che
dipingono sui muri e a volte sono pure bravi a sfotterci. Che simpatici. Però glielo
si faccia fare in privato. Tra noi ricchi.
Illusi. E’ anche dei mostri Usa e Nato e di
coloro che in massa gli si parano contro, dipinti da Blu sui margini di
Niscemi, che si è nutrito il popolo No Muos. Tanto da avere avuto la forza di
marciare ininterrottamente per anni e di ottenere ciò che nessun popolo
occupato dal nemico è mai riuscito a ottenere: la condanna della base di morte
e i sigilli ai suoi dannatissimi impianti. Ora, se Blu passasse il grigio anche
su questi suoi colori e tratti da urlo, per i No Muos quei colori e tratti il
loro lavoro l’hanno fatto. Hanno ferito il drago, speriamo a morte.
8 commenti:
Meraviglioso.Non ho altro da dirti Fulvio,uno dei piu' begli articoli,probabilmente il migliore che abbia mai letto.Onorato di essere un tuo lettore e di averti stretto la mano.
Luca.
Grazie
Faber
Il potere con una mano criminalizza i graffiti, processa writers e invoca il decoro urbano, poi quando fiuta l’affare con l’altra, pretende di usarla come merce per il suo lucroso mercato dell'arte, cercando gloria e autocelebrandosi come culla della street art . Ma “l'oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare..”
Il potere con una mano criminalizza i graffiti, processa writers e invoca il decoro urbano, poi quando fiuta l’affare con l’altra, pretende di usarla come merce per il suo lucroso mercato dell'arte, cercando gloria e autocelebrandosi come culla della street art . Ma “l'oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare..”
Pier Luna.
Street art? per favore! Arte di strada. Suona anche meglio.E meno snob.
Totalmente solidale con la sua visione, il suo estro e la sua passione, con la quale è riuscito a palesare che la vera arte popolare è quella scritta dipinta e incisa sulla tela pietra legno del popolo. Quando questo popolo manca, tutto diventa irrimediabilmente ingurgitato e ad appannaggio del capitale economico finanziario speculativo. I murales di Orgosolo insegnano questo, scritti sulla pelle del banditismo e dell’antimperialismo dell’epoca. Quando il popolo non è parte attiva e indispensabile dell’opera, questa diventa incubatrice di quel malessere che spesso si traduce in disperazione e gesti inconsulti, siano essi un suicidio di un disoccupato o una strage indiscriminata. E quindi, riempire gli aereoporti di viaggiatori low cost crea masse egoistiche che usufruiscono dello stesso capitale che le condanna, il tutto fino a quando non tocca le persone direttamente e non solo televisivamente. La lezione delle masse in corteo in Brasile a difendere non tanto il governo, quanto le opportunità conquistate negli ultimi venti anni, sbatte in faccia all’europa il suo piano di mercificazione dell’umanità....fino a quando i magnati (dal sistema) si accontenteranno di mangiare.
https://www.youtube.com/watch?v=d7at7p--lKI
E come tradusse magistralmente Guevara, che disse più o meno : - la materia genera movimento inarrestabile, tuttavia essa può essere dinamica, in continua mutazione e adattamento, oppure energetica, accendendo il movimento stesso. Ma le due situazioni sono inconciliabili, la prima apparentemente attiva snatura l’essenza, la seconda apparentemente accelerante, potenzia il movimento originario.
L’inconciliabilità dettata dalla radicalità e l’alternativa possibile socialdemocratica. definisce in questa visione tutto l’occidente che a mio avviso, riesce a conciliare le due solo in un tessuto rigidamente laico come la Germania, dall’Italia accusata ma in realtà invidiata, per aver saputo marginalizzare il baratro del nazismo ricostruendo la migliore ipotesi possibile di occidente (purtroppo), ma del resto la scuola del Reich era romana e vaticana, falso borghese e piccolo monarchica, talmente radicata nella penisola da far gioire per quindici secoli le teste coronate di ogniddove, proiezione secolare del decaduto impero che solo le masse sovietiche riuscirono a cacciare, rimandando i Romanov nel cuore bancario e neutrale dell’europa, la stessa che dopo duemila anni di depredazioni si permette di gridare che siamo in guerra. Settanta anni di asservimento ai fasci littori del senato statunitense accusano la rinata Russia di intromissioni, la stessa stordita Russia post-muro dell’amico Enzo Cursio che ha permesso a impresari-imprenditori italiani di sciacallare le ex repubbliche. La faziosità di quel 68’ anticipato e reazionario dimostra che avevano già capito il tradimento dell’europa occidentale assetata di coca cola e affamata di madiagossip.
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