Meglio
un Erdogan oggi che chiunque altro domani
Intanto Erdogan fa sembrare il Terrore
1793-94 una campagna delle Dame di San Vincenzo. A tre giorni dal golpe siamo a
50mila dipendenti pubblici cacciati in strada o in carcere, insegnanti,
accademici, magistrati, postini, avvocati, giornalisti. E ce n’est que le debut come, oltre a un sacco di brava gente, schiammazzava
Cohn Bendit impegnato ad abbattere De Gaulle che non voleva saperne di Nato e
Comunità Europea. Siamo all’epurazione e alla pena di morte che, secondo il
solito astuto De Francesco del “manifesto”, è invocata “dal popolo turco”. Un’epurazione-lampo,
partita quando ancora l’ultimo soldatino doveva essere catturato, bastonato,
denudato, gettato all’ammasso, con una tempestività che conferma liste di
proscrizione pronte da tempo e quiindi attivate a golpe pre-saputo e
pre-gestito in vista del colpo di Stato vero, verso una Turchia nazificata su
un popolo ridotto a brandelli dal fanatismo religioso, dagli attentati, dala
carneficina subita e inflitta ai vicini.
E ai belati delle cancellerie occidentali che
raccomandano cautela, moderazione, il necrofago sghignazza in faccia, conscio
del suo potere ricattatorio: volete qualche milioncino di migranti che vi
buttino per aria il fortino così ben costruito? Volete, voialtri che custodite il
mio rivale Gulen, che vi chiuda le basi e mi metta con Putin? Che rinunci a far
saltare Assad? Volete che faccia come Sansone e faccia venire giù tutto dicendo
chi sta dietro al terrorismo? Non è Gulen, vecchietto rattrappito che non
sembra averne per molto e, comunque, sta al guinzaglio della Cia (che ha tanti
scheletri negli armadi del Medioriente da non poter muovere un dito contro
Erdogan), che un falso scopo, a cui il moloch turco spara per tenere in piedi
la fandonia dell’eversione antidemocratica. Qui tra Fratelli Musulmani
tagliagole e strozzacervelli, che offrono riparo e rifornimenti ai propri
surrogati jihadisti, e un infido laico come Al Sisi, la scelta dell’Occidente
non è in forse. Anche perché, per come si pensa debbano andare le cose in Usa
ed Europa a forza di attentati, stati d’emergenza, Patriot Act, Hillary e
neocon, Hollande, Draghi, Juncker e FMI, Erdogan appare il vero battistrada.
Nizza e
l’evoluzione della specie
“L’Isis,
Daish, lo Stato Islamico, il Califfo… ha rivendicato l’attentato di Nizza. L’Isis
ha dichiarato che l’attentatore è un suo soldato…”.
Apperò.
Allora è vero che si è trattato di
terrorismo islamico ! Che altro ci vuole per dare un po’ di pepe allo scontro
di civiltà, alla caccia all’islamico, al dissidente, all’oppositore, allo Stato
d’emergenza fino al 2017, modello Erdogan? Infatti, domani, se gli gira, la
Cia, il Mossad, l’MI6, la francese DGSE, o chi per loro, diranno ad Al
Baghdadi, o piuttosto a Rita Katz, sua portavoce, di rivendicare l’assassinio di
Yara e di fare di Bossetti, già incastrato di suo per mano della procura di
Bergamo, la cellula incaricata di spargere il terrore islamista tra le brume e
i camosci della Val Brembana. Ormai l’Isis funziona alla grande anche per
sistemare gli indisciplinati interni. Il marocchino del quarto piano ha
insozzato con la cenere del suo sigaro i panni stesi al terzo piano? Il
macchinista seconda generazione ha fatto arrivare il treno con venti minuti di
ritardo? Il bulletto della Quarta Ragioneria, nipote di immigrati, ha molestato
il compagno biondo occhi cerulei? Tutti attentati al nostro modo di vivere, ai
nostri valori. Nel giro di tre ore arriva la rivendicazione dell’Isis. E Alfano
convocherà la stampa mondiale per comunicare che lui l’aveva subito sgamato, il
terrorista, e che la sua identificazione e cattura è merito dei da lui
istituiti Clandestini Reparti Speciali Antiterrorismo Brembatesi.
Attentati
come gruviera, ma bene incartati
Sono dei farfalloni, come sempre. Fanno gli
attentati con lo sputo e con lo scotch,
come fossero il ciabattino sotto casa che si avventura a fare scarpe alla
Ferragamo. Così dall’11 settembre in qua. Chi li salva è la perfetta tempesta
mediatica che spazza via ogni interrogativo, fosse anche grande come una torre
gemella. A Nizza un ubriacone erotomane, ladro e picchiatore, residente in
quartiere “difficile”, fuori di testa e pluricondannato e, dunque,
necessariamente nell’occhio del ciclone poliziesco, mai stato in moschea, ma
aperto il corano, mai osservato il ramadan, abbuffato di salsicce, pure gay
represso, insomma il perfetto soggetto psicolabile, ricattabile, manipolabile,
illudibile (tipo quelli di Parigi e Bruxelles), viene detto “radicalizzato”
dalla sera al mattino, prima che il gallo abbia cantato tre volte, al punto di
ghignare felice nel selfie scattato in vista dell’autoimmolazione per il
Profeta. Chi lo dice: la Sureté.
Perché lo dice? Perché il malvivente da una settimana non s’è tagliato la
barba. Come caratterizzazione di un lucido pianificatore di stragi jihadiste
basta e avanza. Poi sono tre giorni che gira sulla Promenade des Anglais con un bestione di frigo-camion che lo notano
fin dalla sonda su Marte. Come se sul lungomare pedonalizzato di Forte de’
Marmi gironzolasse senza sosta un Tir
con scritto su “Bibite”.
Ma nessuno dice: embè? Tantomeno la Gendarmerie
di Nizza quando quel mezzo abbagliante, ormai pendolare, forse ritenuto
trasporto di linea, da 19 tonnellate, irrompe sulla Promenade mentre decine di migliaia di persone incantate fanno
ooohhh agli ultimi bagliori dei fuochi per il 14 luglio, superfesta nazionale.
E, partito a passo d’uomo, tanto quanto sarebbe bastato al primo vigile per
chiedergli libretto, patente e assicurazione, poi ingrana la quarta e schizza
via a 90 all’ora, a zig zag, per 2 km, travolgendo e trasformando gli ooohhh in
urla di terrore e morte. Gli si affianca un ciclista, uno scooterista, poi
basta. Mica un gendarme. Alla fine del mattatoio si ferma e, allora, gli
sparano una cinquantina di colpi. Chiaramente per prenderlo vivo, come in tutte
le altre occasioni, da Charlie Hebdo in poi, in modo da farci rivelare tutto
sull’operazione, su mandanti, padrini, covi, organizzazione, l’Isis da capo a
coda. All’obiettivo di telecamere e fotografi la cabina del camion risulta
semi-disintegrata. Disintegrato Mohammed Bouhlel e disintegrata tutta
l’apparecchiatura all’interno della cabina, magari anche quella che serviva,
come nel caso degli “aerei” contro le Torri Gemelle e contro il Pentagono, a
guidare a distanza il mezzo. Curioso, è dalla madre di tutti gli attentati,
l’11 settembre, che tra i cosiddetti
attentatori-dirottatori-fucilatori-bombaroli, non se ne trovi uno che si possa
definire fanatico, ascetico, convinto, osservante, bigotto, beghino e
inflessibile militante dell’Islam. Infedeli più degli infedeli crociati che si
dice vogliano eliminare dalla faccia della Terra, come diavolo si inseriscono
nella vulgata dei neomori impegnati nello “scontro di civiltà”?
Interessante l’evoluzione della specie
terrorista, un po’ come dall’ homo
erectus a quello sapiens. Agli
albori c’è stato il terrorista
rooseveltianus che era quello a forza di provocazioni indotto a farsi
terrorista mentre riteneva di reagire a una minaccia incombente. Vedi i
giapponesi su Pearl Harbor. Venne poi il johnsonianus,
formidabile salto tecnologico nel virtuale, che esisteva solo nei report del Pentagono come ripresi dal
New York Times. Si manifestò sugli inesistenti barchini nordvietnamiti che
avrebbero attaccato la marina Usa nel Golfo del Tonchino. Seguì il terrorista bushensis,
tornato concretissimo e materialissimo,
tratto direttamente dai servizi segreti, mimetizzato da dirottatore
saudita, bombarolo del metrò o della stazione, spettatore di maratone. Ma
sempre a rischio di sputtanamento, con esiti catastrofici, come già apparsi all’orizzonte
di un tremendamente malgestito 11 settembre. E quindi perfezionato dai più
sofisticati europei in terrorista hollandianus:
il patsy, inglese per capro
espiatorio, che viene reclutato tra i reietti, disturbati, ricattabili, manipolabili,
del sottobosco sociale e spedito a figurare sul proscenio di uno spettacolo
diretto da dietro le quinte. E’ il lupo solitario, il terrorista della porta
accanto che serve a farti stare intirizzito dalla paura in ogni istante della
vita e quindi, disponibile e grato a qualsiasi catena in cui ti avvolgano perchè
ti faccia da scudo contro tale onnipresente pericolo.
Cui prodest
Il ciarlatano con gli scarponi chiodati insediato
all’Eliseo, ennesimo vanto di una classe dirigente francofona per lingua, ma
della lobby per matrice e destino, non ha atteso che si asciugasse la polvere dei 50 tardivi spari su un camion,
che ha potuto fare quello che voleva per una trentina di minuti, per rendere omaggio
al tributo di Mohammed Bouhlel alla Francia e alla grandeur. Immediato ulteriore impegno bellico nelle carneficine di
Siria, Iraq e Africa , dove i patsies si
chiamano Isis e Al Qaida nel Maghreb, e rinnovo dello Stato d’emergenza, non per
i soliti altri tre mesi, ma, già che ci siamo, fino a tutto il 2017. Stato d’emergenza,
cioè arresti preventivi, perquisizioni e irruzioni senza mandato giudiziario,
detenzione di sospetti, aumentati poteri di polizia, sorveglianza totale,
possibilità di legge marziale e coprifuoco. Tutta roba servita magnificamente a
prevenire che un energumeno violento, stranoto, disturbato fino al midollo,
dall’instant-radicalizzazione, con camion entrato e imperversante indisturbato contro
obiettivo ultrasensibile di migliaia di persone ammassate in occasione che più simbolica
non si può (14 luglio!). Ma servita ancora di più a spegnere una rivolta di
popolo contro la legge del lavoro schiavizzato e perpetuato fino a 50 ore la
settimana e il crollo psicofisico, durata mesi e che stava per buttare all’aria
quanto con tanta cura si era costruito da Charlie Hebdo al Bataclan e a
Bruxelles.
C’è chi dice, rammentando che i più bravi in
queste cose sono pur sempre la Cia e il Mossad, che a Nizza lo scherzetto non l’abbia
fatto Hollande, ma glie l’abbiano fatto. Se è vero che a Erdogan gli lasciano
combinare di ogni perché è Fratello Musulmano e cioè una garanzia che affonda
le radici nei secoli del dominio coloniale e, oltre a tenerti in piedi i mercenari
Isis, è nemico mortale di quella lenza di Al Sisi che ha fatto fuori la
fratellanza in Egitto, a Hollande potrebbero volere rimproverare, in maniera un
tantino brusca, di farsela proprio con quell’ Al Sisi, per via del gas, e di
sostenerne addirittura il tentacolo libico, Khalifa Haftar, contro il governo ”di
unità nazionale” del fidato Al Serraj, messo in piedi da Nato e Onu.. E’ un’ipotesi.
Ma non mi convince. Finchè praticano il terrorismo, sia Erdogan che Hollande,
godono di autonomia e solidarietà.
C’è anche chi si chiede come mai queste
cosacce succedono contnuamente in Francia e mai da noi. Fosse vera l’ipotesi
appena accennata, direi che noi ci siamo messi al riparo, avallando e
sostenendo l’operazione Regeni dello spionaggio anglo-americano (Oxford Analytica, MI6, John Negroponte) con
cui abbiamo cercato di inchiodare il detestabile non-Fratello Musulmano Al Sisi,
mollando gli accordi per lo sfruttamento del suo gas e schierandoci in Libia con
Al Serraj e con gli scuoiatori di africani neri delle brigate di Misurata. Ma
siccome l’ipotesi non mi convince, penso che da noi nessun camion abbia ancora
stritolato le gente sul lungomare di Ostia, che nessuno abbia ancora mitragliato
i redattori martiri de Il Foglio, che nessuno abbia fatto strage degli
avventori del Billionaire di Briatore, semplicemente perché da noi, a proposito
della legge sul lavoro, snodo epocale nel rapporto di forza tra le classi, ci
sono la Camusso e Big Mouth Landini, la sinistra di Fassina e Vendola. Che si dinamiterebbe
a fare? Magari domani, se i 5 Stelle crescessero ancora, se instistessereo a
dire cose sempre più chiare sulle sanzioni a Russia e Siria, sulle guerre Nato,
sul TTIP, sull’euro…
11
settembre: inversioni a U e cantonate illustri
C’è qualcuno che al governo Usa, alla classe dirigente
Usa ha fatto un favore più grosso di quanto non gliel’abbia mai potuto fare
Osama bin Laden, assumendosi – seppure tentennando – la paternità dell’11
settembre, non facendo sapere che era morto di diabete nel 2001 e facendosi ammazzare
per finta da un commando di teste di cuoio Usa dieci anni dopo. Sono alcuni, perlopiù
non ultimi arrivati, che hanno improvvisamente proclamato quanto avevano sempre
negato, che le Torri Gemelle e il Pentagono sono stati abbattuti da dirottatori
sauditi.Trattasi di Giulietto Chiesa, che, in sintonia con i più prestigiosi
negazionisti Usa, aveva addirittura pubblicato un cofanetto libro-CD “Zero”,
dell’analista e controinformatore di vaglia Justin Raimondo, di alcuni altri e
perfino di Michele Giorgio, corrispondente del “manifesto” dalla Palestina,
peraltro tanto bravo quando tratta di argomenti israelo-palestinesi, quanto
incerto quando la sua indole euro-democraticistica si imbatte in Ghaddafi,
Putin o Assad.
Mamma
li sauditi! E il Bush restaurato.
“Sono stati i sauditi!” è il trionfale grido
che prorompe da tali illustre gole. E, di colpo, gli Usa, Bush, i neocon se ne
escono dalla vicenda belli rigenerati, magari con una macchietta che allude a
qualche complicità, qualche trasandatezza, qualche lasciato fare, ma niente
rispetto alla mostruosa responsabilità di chi è andato a schiantarsi contro le
torri e il Pentagono, chi ce li ha mandati, chi li ha pagati, con la ricaduta
di 3mila innocenti polverizzati, mezza dozzina di paesi devastati e qualche milione di musulmani sterminati dallo
“scontro di civiltà” partorito dalle ceneri di Ground Zero.
Altro che demolizione controllata, con
esplosioni piano dopo piano, come attestato dai fotogrammi, dai testimoni
sopravvissuti, dai vigili del fuoco, poliziotti, addetti ai grattacieli,
termite ancora incandescente inusitatamente ritrovata da esperti danesi tra i
resti di Ground Zero. Altro che colonne d’acciaio a centinaia che mai più avrebbero
potuto essere sciolte dal poco kerosene del serbatoio di un Boeing 474, altro
che dirottatori che non avevano superato l’esame di guida di aerei leggeri e
che avevano trincato e gozzovigliato fino alla sera precedente, per poi
immolarsi nel momento più alto di una bella e privilegiata vita, e poi manovrare
un Boeing da 10mila metri fino a quasi
rasoterra, cosa che il pilota più esperto del mondo non avrebbe potuto fare.
Facendo poi ritrovare passaporti integri e lindi in mezzo a macerie sminuzzate fino
a pochi millimetri. Altro che un proprietario delle Torri, Silverstein, tanto previdente
da aver assicurato gli edifici per una somma che lo avrebbe ampiamento
compensato della perdita, altro che fenomenali e tempestive speculazioni di
borsa sulle imprese, non solo aeronautiche, che sarebbero rimaste coinvolte.
Altro che quel gruppo di agenti israeliani catturati mentre filmavano i crolli
ed esultavano da un terrazzo vicino e furono poi trovati in possesso di un
furgone pieno di attrezzature elettroniche, ma subito rilasciati e zitti zitti
rimpatriati. Altro che quel buco di 5 metri nel muro del Pentagono, fatto da un
colosso di 39 metri di apertura alare, con motori da decine di tonnellate,
tutto svaporato e scomparso. Altro che le migliaia di ingegneri, costruttori,
architetti, piloti, esperti di esplosivi che hanno ridicolizzato l’idea che
quei due “aerei” fossero aerei e che avessero buttato giù tre torri, di cui una,
la 7, neanche colpita, ma tracimante di
apparecchiature e documenti Cia. E che
da anni chiedono l’apertura di una inchiesa, stavolta davvero indipendente, ma
sulle responsabilità del regime Usa, non dei sauditi. Altro che PNAC, il
documento dei neocon con il quale auspicavano una “nuova Pearl Harbor” come pretesto
per riarmare gli Usa e lanciarli alla conquista del mondo. Cosa puntualmente
verificatasi grazie all’11 settembre. Per grazia saudita?
Altro che, altro che, altro che… Sapete
benissimo che potrei andare avanti per tante pagine quante sono quelle
racchiuse nelle migliaia di pubblicazioni che hanno demolito la versione
ufficiale. Ma no, tutti o inetti, o falsari, o folli, comunque complottisti. Le
torri sono state abbattute e il Pentagono è stato bucato da aerei dirottati da
piloti sauditi che, in tal modo, hanno aperto le porte dell’inferno a un’umanità
instradata verso la guerra infinita al terrorismo, il governo mondiale totalitario
dell’unica superpotenza, il probabile olocausto del pianeta. Diavoli di
sauditi. Cittadini di un paese che non ha
nemmeno una fabbrica di orologi, che non è capace di produrre spazzolini
da denti, che, a partire dal telefonino e dal monopattino, ha in casa soltanto
roba fabbricata fuori. Ma che, perbacco, stanno ai piloti dell’aeronautica
mondiale come Beep Beep sta a Willy Coyote. E che, quanto a tecnologia
dinamitarda, di demolizione, di violazione dei più avanzati apparati di
sicurezza elettronica e aeronautica, di sottrazione alla ricerche, non hanno l’eguale
al mondo e danno dei punti perfino a Tel Aviv. Diavoli anche perché miracolosamente
resuscitati, se è vero che almeno mezza dozzina dei presunti 19 sono ricomparsi
in vita e hanno dato notizia di sé.
Da complottisti
contro e complottasti pro
Cosa ha innescato questa formidabile
inversione a U di quanti erano stati additati, nelle loro denunce agli apparati
Usa, di demenziale dietrologia?. Un documentino di 18 pagine, in parte sbianchettate,
titolato “File17”, che faceva parte dell’inchiesta del Congresso sull’11
settembre, ma fu secretato da Bush. Compilato da Lana Lesemann e da Michael
Jacobson conterrebbe, secondo Chiesa ben
40 nomi di complici sauditi dei dirottatori. Però ne vengono citati solo due,
Fahad Al Thumairy e Omar Alk Bayoumi, personaggi all’orecchio dell’allora
ambasciatore saudita Bandar bin Sultan e di sua moglie, presumibili agenti
segreti, che avrebbero aiutato, con soldi e alloggi e benefit vari, due dei 19 presunti dirottatori, Nawaf Al Hamzi e
Khaled Al Mihdhar. Una storia che vi risparmio nei dettagli, anche perché potete
andare a trovarla in rete, ma che è soltanto la rimasticatura di una storia pubblicata
da Philip Shenon, sul quotidiano principe dell’ebraismo filo-israeliano
e filo-bellico, New York Times, ben sette anni fa. E che non dimostra
assolutamente niente sulla dinamica dell’abbattimento tramite presunti dirottatori.
La sollecitazione a rilanciarla con timpani e tromboni viene dal gruppo di
famigliari delle vittime che vorrebbe portare a giudizio il governo saudita e
cui Obama e il Congresso ha ora dato via libera. Via libera mai concessa alle
centinaia di congiunti delle vittime delle Torri che, invece, intendevano
processare il governo degli Usa.
Qui nessuno intende esonerare i sauditi,
allora strettissimi alleati e complici nelle imprese criminali di Washington.
Indubbiamente partecipi dell’operazione neocon 11 settembre con la fornitura di
fondi e di patsies. Un ministro
saudita alla circolazione di questa nuova accusa ha risposto che se parlasse
lui, dell’11 settembre, l’intero assetto di potere nordamericano andrebbe a
carte e quarantotto. E’ credibile. Incredibile è che Giulietto Chiesa, quasi
non fosse il castigamatti dei crimini Usa che validamente è, ma fosse ancora
collaboratore di Radio Liberty, emittente di Soros e della Cia, e gli altri,
vogliano ad ogni evidenza tentare di resuscitare la grottesca teoria dei
dirottatori, sauditi o uraniani, dell’attentato voluto da Riad, delle torri abbattute
e del Pentagono traforato da dirottatori sauditi su Boeing. Montando le poche,
vecchie e inconsistenti cose del “File17” (soldi e assistenza ai presunti dirottatori) sul presupposto
arbitrario, falso, apodittico, dell’esistenza di dirottatori e aerei dirottati.
Considerazione finale. Nell’immediato abbiamo
un’Arabia Saudita, per quanto maleodorante nel suo protagonismo wahabita-jihadista
e nella sua guerra di sterminio al popolo yemenita e a tutti gli sciti, finita
sul banco degli imputati per insufficiente collusione con il grande partner
americano: il dialogo con Putin e l’alleanza fattiva, del tutto intollerabile
per Erdogan come per Obama, Hillary e tutta la cupola, con il presidente egiziano
Al Sisi. Sul piano storico assistiamo allibiti al lavaggio nel Mar Rosso dei
panni sporchi della cosca genocida Usa che, probabilmente in collaborazione con
Israele, ha allestito la più grave nefandezza terroristica dei tempi moderni,
con quanto poi ne è venuto in termini di tragedie e delitti incommensurabili e
di una guerra al terrorismo consistente in terrorismi senza limiti e senza fine. Gridare ora "sono stati i sauditi, punto" a me personalmente sbigottisce. Forse qualcuno spiegherà. Forse no. Forse non vorrà/potrà. Era bello fare il complottista contro chi di
complotti campa. Meno bello fare il complottista nel complotto.
1 commento:
certo che son stati i sauditi perciò gli USA si sono attrezzati per una guerra illegale in Afghanistan così come il fratello musulmano Erdogan ha spostato il suo esrcito in Siria perchè Israele ha fatto strage sulla Mavi Marmara,poi c'è anche colui che picchia moglie e figli perchè la sua squadra del cuore ha perso ma questo è un'altro discorso
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