Cari amici,
stavolta sono davvero lunghissimo. Era necessario. E’ la mia resa dei conti
personale, ma spero anche di molti di voi, con un giornale e un gruppo che ha
segnato la storia politica e culturale italiana dell’ultimo mezzo secolo: “il
manifesto”, sedicente “quotidiano comunista”, nel quale la parola comunista ha
assunto connotati rovesciati rispetto all’uso comune. E’ una storia lunga,
piena di episodi, personaggi, eventi, illusioni, disvelamenti, divenuta però
via via più trasparente. La trasparenza di un infiltrato imbolsito, che ha perso l’abilità mimetica
dei suoi maestri. Ma gli illusi ci sono ancora. Diamogli una mano.
“Se una minoranza vuole
dominare deve agire per vie occulte, tramando, cospirando, pretendendo,
ingannando. I suoi peggiori nemici saranno quelli che denunciano il complotto”.
(Aldous Huxley)
“Il modo più efficace per distruggere
popoli è negarne e obliterarne la comprensione della propria storia”. (George Orwell)
“La grande
maggioranza dell’umanità si accontenta delle apparenze, come se fossero realtà,
ed è spesso influenzata più dalle cose che sembrano che da quelle che sono”. (Nicolò
Machiavelli)
Nostalgie amorose di Tommaso Di Francesco
“Linea notte” è
quel ruscelletto di notiziole e opinioncelle d’ordine del TG3, spesso
bruscamente alterato nel suo andazzo dall’epifania di una specie di convulsa menade
da New York, che il mio ex-collega Mannoni, detto Mannoioni, conduce, tra un
borborigmo e l’altro, indice di stomaco prospero ma non pacificato, con il
placido compiacimento di chi poco sa, ma molto si fida degli ospiti.
Accuratamente selezionati, ovvio. Ha una funzione salutare: ti tira giù piano
piano le palpebre mentre Morfeo ti mette in assetto di dormitorio i neuroni.
Quasi mai, ma
nella notte del 20 luglio 2018 sì, succede che un qualche neurone mezzo
assopito venga elettrizzato da un’emissione audiovisiva fuori dal tran tran sulla
rana e sulla fava. Ed è stato come un extrasistole nel pacioso elettrocardiogramma
del fine giornata di regime. C’era l’ospite Tommaso De Francesco (non proprio
giornalista da Pulitzer o poeta da Nobel) che, insieme all’ex-trafilettista di
critica tv, Norma Rangeri (mi apostrofò per averla turbata con la messa in onda
di scimmie fatte esplodere da scienziati vivisezionisti), oggi dirige il
“manifesto”. Dopo la tirata di prammatica della menade scapigliata per non
avere Trump sputato in un occhio a Putin, diffusasi con un’ola in tutto lo
studio, TDF, che nella sinistra redazionale rappresenterebbe l’ultrasinistra,
aveva concluso col botto, soffuso di rimpianto amoroso: “E pensare che prima c’era una linea di governo di sinistra, con
Obama!”.
Fine del
torpore. Neuroni tutti in piedi e in marcia. Mi sono alzato e me lo sono
appuntato. Non che ne fossi stupitissimo. Come mostrerò, il “manifesto” ormai
stupisce solo per i transfert con cui dà del fascista a chiunque non sia
d’accordo con lui o, peggio, gli rubi il mestiere che esso millanta(vedi foto
di Grillo). Ma la sintesi era lapidaria, abbagliante, agghiacciante. Al re, o
piuttosto allo spolvero-stivali del re, erano stati levati anche gli slip.
Obama, un’eccellenza di sinistra
Ma come? Obama,
quello del Nobel per le guerre di Bush ereditate e moltiplicate per tre? Quello
dell’uso universale dei droni e delle forze speciali Usa in 133 paesi per
assassinare soggetti che, sospetti, meritano esecuzioni extragiudiziali? Quello
dei colpi di Stato in Honduras, Ucraina, Paraguay e della rivoluzioni colorate
per regime change ovunque agli Usa andasse di sovvertire situazioni sgradite,
con il relativo seguito di massacri civili, devastazioni sociali ed economiche?
Quella della coppia dell’orrore Barack-Hillary che, fatto squartare Gheddafi,
ha ridotto il più prospero Stato africano a un tana per tutti i criminali del
colonialismo e poi si è avventato sulla Siria, dopo avere fatto
dell’Afghanistan il più lungo carnaio delle guerre moderne? Quello che ai più
feroci e ottusi proprietari di popoli della storia ha commissionato, addestrato
e armato i più sanguinari e psicopatici terroristi mai visti sul pianeta,
mercenariato per completare i genocidi delle bombe e della fame, eseguire gli
attentati dei servizi, provocare lo sradicamento di popolazioni a fini di nuovi
ordini mondialisti? Quello che aveva definito il Venezuela una minaccia mortale alla sicurezza americana
e ne aveva scatenato la teppa assassina e i sabotatori economici? Quello,
quello, quello? Per quanto potrei andare
avanti?
Proprio quello
che poi, alle briglia dei cavalieri dell’Apocalisse che lo avevano ingaggiato,
doveva riprodursi nella forma femminile di una megera corrotta, trafficona, al
soldo dei sauditi, malversatrice perfino degli strumenti del suo dicastero, dallo
sghignazzo orgasmatico per il Gheddafi tritato, cui “il manifesto” dedicò la
più appassionata delle sue campagne elettorali.
Vabbè, direte
che ormai TDF e il suo giornale contano poco. L’insediamento cui diceva di far
riferimento non c’è più. Si aggira alla ricerca di qualcuno, tipo PD, cui far
da stampella di sinistra. “Linea Notte” la vede a occhi socchiusi il circolo
degli anziani insonni di Mannoioni. Il “manifesto” sta in edicola per grazia dell’establishment:
1,3 milioni di contributi pubblici, come il contiguo “Foglio”, e altri milioni
dai potentati del capitalismo, ENI e ANIA (Associazione Nazionale delle
Assicurazioni), di cui non si vergogna di far passare veline come fossero suoi
articoli, Elettrici, Grande Distribuzione, Banche. Forse qualcun altro? Certo
che i piagnistei per collette di salvataggio sono cessati. Ma a George Soros
quel giornaletto piace. Come al giornaletto piacciono tutti i facilitatori di
deportazioni che a Soros sono debitori. E poi ha una storia, ha fatto opinione.
Molti ci hanno creduto. Lasciar perdere? Solo dopo questo articolo.
Scuola di giornalismo. Comunista?
Una certa
frequenza con il “manifesto” e i suoi giornalisti (grande scuola di giornalismo
libero: pensate a Annunziata, Riotta, Maiolo, Barenghi…) l’ho avuta. Ci ho
perfino scritto qualche articolo. TDF, per esempio l’ho incontrato ai tempi in
cui lui era “l’altra voce” sulla distruzione di Jugoslavia e Serbia. Scriveva
dure cose sull’aggressione Nato, ma poi concludeva con la formula che univa
guerrafondai di destra e infiltrati di sinistra, quella dell’ “ultranazionalismo
del sanguinario despota” (Milosevic), avvallava le false flag alla
Srebrenica, seppe viaggiare in prima classe con energumeni dell’antigiustizia
come Cassese e Del Ponte, quelli dell’infamia
su Slobodan Milosevic e insulto e carcere ai patrioti Mladic e Karadzic.
Perplessità sul
“quotidiano comunista” di non si è mai capito bene quale comunismo (quello di
Ingrao che faceva il broncio a tutti, ma mollava quelli che gli correvano
dietro, quello dell’incoronazione del piddino zingarettiano, quello alla
Gorbaciov, Eltsin, Berlinguer, Bertinotti, Marcos, Tsipras, Casarini, Obama,
Hillary, Clooney?) le ho avuto fin dagli intergruppi del post-’68. Non c’era
verso che quei raffinatoni non raccomandassero cautela, prudenza, sopire,
troncare, nello scontro che si andava facendo decisivo con il padrone.” La rivoluzione
non russa” . Nemmeno quel rumore deve fare.
Togliattiani, ma via dall’URSS!
Del resto, che
quel “russa” fosse aggettivo, anzi nome,
e non verbo, era chiaro fin dall’inizio della famosa uscita e radiazione
dei pur rigorosi cunctatores togliattiani, sotto la guida di un Savonarola
che lanciava il sasso, ma sistematicamente nascondeva la mano. Non è che il PCI di Togliatti-Longo
e poi Berlinguer (quello del balzo, armi e bagagli, in una caserma Nato e nel
mafio-clerical-capitalismo DC, vedendo gli sviluppi, fosse poi tanto ostico per
linea politica o ideologia. Si trattava di calmierare un po’ i tumulti degli
esagitati ’68-’77 e, soprattutto, si trattava di entrare da vivandiere (l’intendance
suivrà) nella lunga marcia contro l’orripilante URSS di Stalin e poi del
dopo Stalin e poi di tutti i russi e, come mai prima, di Putin, lo “zar”
ricostruttore, fino all’appassionato apporto
alla russofobia di oggi. Insomma un implicito schieramento con l’Uccidente, un’opzione
geopolitica strategica, una scelta di campo. La “sinistra imperiale”.
Ciò che univa
gli scissionisti antropologicamente e culturalmente, era già di per sé
esplicativo. Indubbiamente teste d’uovo raffinate, con Valentino Parlato, un
po’ da anticamera a prendere cappelli e bastoni, ma garante della benevolenza
della Banca d’Italia. Usciva dal quadro e, credo a sua insaputa, dallo schema
strategico, una penna brillante, tagliente, sempre sul pezzo, di cui vorrei
sapere valutazioni che purtroppo non può più darmi: Luigi Pintor. Garanzie, invece, decisive per la linea
vennero da una delle dieci tribù perdute di Israele. ma riscoperte kazare nel
Caucaso, Rossanda e Castellina.
Quest’ultima,
mia avvincente e convincente collega a Paese Sera, ma con l’imprimatur
dell’alto PCI, per cui arraffava tutti i servizi più prestigiosi. In un
convegno rimase basita quando le spiegai che Milosevic non era proprio un
dittatore. Haidi Giuliani aveva appena sentenziato che Massimo d’Alema,
assistente macellaio della Serbia, era stato il migliore presidente e ministro
della Repubblica. Luciana mi presentò la stessa faccia da ictus neuronico di
Toti, governatore FI, quando a “Matrix” gli spiegai che grattacieli non cadono
a piombo se colpiti sul fianco da apparati di alluminio. E poi, visto che
allora il privato era assolutamente politico, Lucio Magri lo praticava in
intima fusione con la contessa Marzotto, massima salottiera, al tempo stesso,
della borghesia delle sfere e della borghesia che commiserava il proletariato.
Della Castellina tardiva rimane la transizione dalla rivoluzione non russa,
prima alle armate LGBTQ dall’utero noleggiato di Vendola e, poi, nientemeno che
all’allegra brigata Kalimera al retzina, andate a festeggiare Tsipras sul
procinto di infilare nel corpo del popolo greco il più gigantesco cetriolo mai
confezionato dalla Troika. Infine, salto di qualità della serie da incendiari
(?) a pompieri: Bersani, D’Alema, Grasso….Fratoianni. Ma non è che nomi e sigle
contino. Quello che in tutte le sue autocronache conta è il pronome: io.
La vestale, Sofri, le BR
Vestale del
fuoco sacro, celebrata dal colto e dall’inclita, dagli altri e da sè,
radicalissima e chichissima entità
dell’iperuranio marxiano, definitasi “ragazza del secolo scorso”, mi fa
venire in mente per come è vista dai suoi estimatori (di nuovo si parva licet
componere magnis), Flavia Giulia Elena, Augusta dell'Impero romano,
concubina dell'imperatore Costanzo Cloro e madre dell'imperatore Costantino I.
Quello dell’”In hoc signo vinces”. I
cristiani la venerano come sant'Elena Imperatrice. Giustamente santa per come promosse un
pensiero unico imperiale, culminato con la rimozione dei vecchi dei e di
chiunque di pensieri ne avesse più d’uno. Pensiero unico, fisso, granitico e
immunizzante per il sistema, ad esempio, quello della difesa dell’”album di
famiglia” dei BR, tutti ineluttabilmente sinceri combattenti comunisti, anche
se facilitatori della più tragica regressione politico-sociale del dopoguerra,
anche se liberi di ciondolare su schermi e giornali per continuare a raccontare
balle che coprono la Repubblica delle Stragi. Pensiero unico, amorevole, quasi
orgasmatico sull’innocenza di Adriano Sofri, condannato e ricondannato, socio
in tipografia e amico di famiglia del rampollo Cia a Roma, propagandista dei
tagliagole islamisti sguinzagliati dalla Cia in Cecenia, inventore di bombe
sulle donne al mercato di Sarajevo, poi provate dall’ONU lanciate
dall’islamofascista Nato Izetbegovic, ambiguo gazzettiere sui peggio strumenti
di ottundimento mediatici di ogni carnefice della verità. Pensiero unicissimo per cui, puoi anche aver sollevato dall’inedia qualche milione di esseri umani, dato dignità
ed emancipazione a tutti, se non ti dici comunista sei una chiavica
antidemocratica.
La perplessità.
diciamo così, che qua avessimo a che fare con chi ciurlava nel manico, si
consolidò via via in dubbio e poi in sospetto e infine in certezza. Soprattutto
lungo la strada della geopolitica segnata da una fenomenale inversione ad U, prima
nascosta da qualche corteo di operai, poi del tutto evidente, rivendicata. Pietre miliari della disvelazione di chi
fossero i cospiratori che davano del complottista a chi intravvedeva false
flag, provocazioni, macchinazioni e infiltrati. Memorabile l’articolo
qualche lustro fa, di un Roberto Ciccarelli, ora ovviamente
impegnatissimo contro il governo fascista gialloverde, che, pensando anche a me (si parva licet…),
modesto riproduttore in rete delle dimostrazioni, prove, testimonianze,
tecnicalità sulle falsità della versione
governativa degli attentati alle Torri Gemelle, sullo sfondo del PNAC (Nuovo
Secolo Americano) e delle cinque guerre da trarne, già programmate dai
cospiratori neocon, aveva riempito un paginone
di contumelie, irrisioni, sberleffi, a chi avesse messo in dubbio la
megagalattica panzana. Era caduto uno del branco sconfinato di asini. E
pensare che l’Italia è il paese di Piazza Fontana, di Bologna, del Ros di Mori,
della P2, di Borsellino e Falcone, di un premier quasi ventennale che faceva
local quel che Obama e Bush facevano global.
Un paese venduto alla criminalità organizzata?
Pensiamo ai naufragi…
A questo
proposito non esagero a definire travolgente l’entusiasmo con cui il
“manifesto”, in perfetta sintonia con i media di cosca, loggia, ‘ndrina, banca
e Nato, ha accolto e esaltato le motivazioni delle recenti sentenze sui
delinquenti e vendipatria che hanno triturato il paese e i suoi cittadini, a
forza di assassini, stragi, corruzione al midollo, nell’unità nazionale mafia-Stato, quella
sancita tra Usa e nascente Repubblica e mediata da Patto Atlantico e Piano
Marshall. Alle decine di paginoni del Fatto Quotidiano (atlantista di merda, ma
per questo meritevole) con i dati giudiziari dai quali i crimini di alto
tradimento di vertici politici, governativi e giudiziari uscivano con
l’evidenza della mela di Newton, il quotidiano principe di ogni opposizione nel
nome del popolo azzannato, derubato, ferito, se l’è cavata con un trafiletto di
lato. Poi più nulla. Occorreva spazio per ridicolizzare il decreto “Dignità” di
Di Maio. E per l’ennesima speculazione su qualche vittima in mare.
Terrorismo? Tutto vero
Del resto
l’avallo disciplinatissimo del “manifesto” a tutti gli episodi della strategia
terroristica di restaurazione totalitaria in Europa e Usa, anche i più
spudoratamente scoperti, anche se smascherati in ogni dettaglio da prove,
testimoni, circostanze, da Charlie Hebdo agli avvelenati Skipral, dai gas
nervini di Ghouta alle bombe serbe sul mercato di Sarajevo, si affiancava
sistematicamente alle impronte digitali Cia, Mossad, Mi6 o DGSE eliminate dalla
scolorina. Non si poteva dare che quest’esito nella struttura, quando in quella
che, secondo il catechismo marxista, era stata sovrastruttura, per la sinistra
rinata imperiale anche culturalmente divenne struttura: al centro i diritti
civili, detti anche umani, LGBTQ e quant’altro si facesse strano (purchè non
generasse), eterologo, uteri in affitto, monogenitorialità; ai margini i
predatori delle delocalizzazioni e quei
quattro sfigati ai cancelli (toccava dirne tuttavia, noblesse oblige);
al centro Porto Alegre, lo zapatismo, l’indigenismo a prescindere e il
bolscevismo del bilancetto partecipativo, ai margini l’intruso Chavez che
vagheggiava il socialismo del 21° secolo e propugnava antimperialismo.
Imperialismo? Obsoleto. Chiamiamolo globalizzazione
Antimperialismo
? Perché c’era ancora l’imperialismo? Ma il subcomandante Bertinotti, venerato
ospite del giornale, non l’aveva espulso dalla Storia (in pieno rilancio
bellico Usa) insieme alla violenza, anche di quegli esagitati dei partigiani (Congresso
di Venezia, 2005)? Al centro, struttura, è il fenomeno naturale, epocale, fisiologico,
inarrestabile, delle migrazioni, il diritto ad andare altrove, l’obbligo di
accogliere, 500 milioni di persone in movimento sono la nuova classe, ai
margini il diritto di starsene a casa propria, lo jus soli in patria, lo
svuotamento ad arte dei paesi del Sud, ricchi delle risorse necessitate
dall’accumulazione capitalista e il loro trasferimento a fare altrove massa
disidentificata, destoricizzata, deculturizzata, assimilata tra pomodori e
spogliatoi, defuturizzata. E magari cacciata di casa dall’ennesima guerra. Però
contro l’ennesimo turpe violatore dei diritti umani.
Al centro la
struttura della rivolta democratica delle masse civiche, “società civile”
(leggi Ong dei diritti umani, USAID, NED, Soros, università e sanità della
Chiesa, il Bergoglio, connivente dei generali argentini, che non fa mancare la
parola ispirata al momento giusto) contro il despota che turlupina il popolo a
forza di miglioramenti sociali, istruzione e salute assicurati, mentre soffia
sui roghi dell’omofobia, dell’integralismo, impone veli, schiaccia sotto i
cingoli bravi Fratelli Musulmani strage-dotati, non gradisce l’omologazione
universale del mondialismo in soggetto blasonato multiculturale perché ormai
a-culturale. Ai margini, anzi al
rigattiere, le già “buone cose di pessimo gusto”, come la sovranità
nazionale, gli orridi sovranisti, il retaggio dell’affanno di generazioni in
secoli e millenni per segnare il pianeta in un certo modo, tanto da
riconoscervisi e rassicurarvisi nel confronto e nello scambio con gli altri. Si
chiamava internazionalismo.
Struttura è
l’Hilton uguale a Haiti e a Berlino, Auchan che ammazza salumieri e fruttaroli
a Bangkok come nella mia Tuscia, l’Italia di Briatore e Farinetti a radere al
suolo borghi e ulivi, gli Andreatta, Amato, Prodi, Bersani, D’Alema (tutti da
recuperare in quanto LeU), Renzi che,
sotto diktat FMI-BCE-Wall Street, ci hanno fregato la produzione e l’hanno
mondializzata, costringendo a inseguirla all’estero 100mila giovani italiani
all’anno, rimpiazzati in Amazon da altrettanti africani che, secondo Boeri, ci
pagheranno le pensioni. Intanto il “manifesto” sfotte il governo che cerca di
rimediare alla catastrofe Ilva, evitando un po’ di cancri e di senzalavoro, e
di ridarci una compagnia aerea di bandiera che la sinistra ha sventrato, mentre
ce l’hanno perfino il Buthan, il
Burundi, le Antille, l’Afghanistan….
Alias: la cultura dell’1%
Otto uomini, ci
dicono, possiedono la ricchezza di metà dell’umanità. L’1% è più ricco di tutti
gli altri. E’ questa la struttura economica. Per “Alias”, inserto culturale del
“manifesto”, l’1% che sa e il 99% plebeo
che vagola nell’ignoranza sono la struttura culturale. Significativi
parallelismi. Vagamente feudali.
Già, struttura,
sovrastruttura, si confonde un po’ tutto. Magari si intersecano, si integrano,
non è più chiaro come una volta. Prendete “Alias”, in cui esponenti della tribù
scrivono di esponenti della tribù, rinnovando vittimismi e autoassoluzioni a
distrazione di massa da quanto si va mondializzando. Perlopiù è una foliazione
di una supponenza arzigogolata e astrusa, alla ricerca tra nicchie
dell’iperspecialistico e oceani dell’ovvio, tutto inteso a imporre allo
smarrito lettore di media conoscenza e intelligenza che lì, sopra di lui, c’è ben altro, ma inaccessibile, sublime, non
da te. Tu sei al di là del varco, la
larghezza dello jato tra te e la conoscenza resta insuperabile. A noi Spinoza
nell’interpretazione dello sciamano tibetano, a te la fiera del fumetto.
E questo, dal
punto di vista della classe, mi pare proprio una struttura del “manifesto”. Ma
sono sovrastruttura o struttura le sontuose marchette all’industria del
videogioco, con grande frequenza e appassionata libidine sciorinate da Federico
Ercole? Parlare di turgido barocco è
inadeguato, di efflorescente rococò minimalista non basterebbe nemmeno arrivare
al primatista dell’iperbole eulogica, Gianbattista Marino (Napoli 1569-1615),
quello dell’”Adone” , per le spirali di commossa celebrazione in cui
avviluppa qualsiasi prodotto, fosse il più nero, sanguinario, brutale,
spaventoso, devastante, apocalittico, violento, quelli che comunque vinci
quanto più elimini umani, mostri, insomma nemici (Il 90% di quelli di cui
scrive). Insomma arabi, siriani, afghani, gente scura.
Dal videogioco di Alias ai Blackwater d’Iraq
E se è vero che
difficilmente si trova bambino e adolescente americano, e poi occidentale, che
non riceva, a forza di un’adolescenza di smanettamenti, l’imprinting di questa
corsa alla disumanizzazione e alla normalizzazione delle atrocità (per cui Abu
Ghraib e Isis) che premiano chi uccide e distrugge e ne vede il riflesso
nobilmente materializzato negli psicopatici che sparano nelle scuole, nei 50
milioni di morti delle aggressioni USA dal 1950, nei 7 milioni dopo l’11
settembre sotto Bush-Obama, nei poliziotti da Obama trasformati in Robocop con
licenza ammazza-negro, nei Blackwater del tiro al piccone sui ragazzetti, nei tagliateste
Isis che incendiano i vivi e negli F35 su Vietnam, Afghanistan, Libia, Siria,
Iraq, ovunque il Pentagono metta in pratica videogiochi, se è vero tutto questo,
cos’è il lavoro di Alias e di Federico Ercole? Sovrastruttura culturale o
struttura di guerra di classe? Lui la chiama creatività e libertà
d’espressione. E’ facilitazione
dell’utilizzatore finale. Non basta per parlare di quinte colonne?
La geopolitica dei diritti umani: Nicaragua,
Afghanistan
Vogliamo
controprove dello srotolamento di un incrollabile tappeto rosso ideologico, per
quanto liso e sbrindellato dalle inevitabili contraddizioni tra il millantare e
l’essere, che questa gente ormai da molti decenni, ma mai con la protervia di
questi ultimi anni clintonian-obamian-mattariellian-eurocentrici, improntati
allo strumento colonialista-migratorio del globalismo capitalista, stende sotto
le ragioni degli ammazza-popoli e ammazza-nazioni? Pensate alla cacciata della
brava Geraldina Colotti da reporter di denuncia del golpe strisciante Usa in
Venezuela e al successivo cerchiobottismo tra “opposizione e regime”. O alla davvero oscena criminalizzazione del
Nicaragua di Ortega e del FNSA che resiste alla sedizione di una conventicola
di Ong di Soros e USAID, pretaglia diocesana revanscista, teppismo di
angiporto, jeunesse doree dell’istruzione Opus Dei, import di teppisti delle
guarimbas venezuelane, con esclusione rigorosa di ogni voce che non sia di
questo classico armamentario Cia. Errori degli Ortega, del FSLN? Certamente.
Paragonabili allo sterminio sociale di 16 anni di colonialismo neoliberista,
fame, emigrazione, epidemie e 50mila morti da complotto reaganiano Contras
(gestito dall’inventore degli squadroni della morte centroamericani e iracheni,
John Negroponte, quello per cui lavorava Giulio Regeni)? Il Nicaragua tolto di
mezzo, l’unico canale tra gli oceani sotto controllo Usa, Venezuela, Bolivia,
Cuba assediati, Argentina, Brasile, Ecuador, Honduras recuperati. Bel regalo
geopolitico ai nuovi Cortés e Pizarro dell’America Latina. E sul milione in
piazza il 24 luglio a sostegno del governo(foto)? Zitti e mosca.
Vogliamo parlare
dell’Asia, della guerra e occupazione che Usa, Nato, noi, conduciamo da 17 anni
contro il movimento di liberazione nazionale che, indubbiamente, sono i
Taliban, belli o brutti che siano, ma che per gli esperti del “manifesto”, Battiston
e Giordana, sono rispettosamente i “barbuti” o i “turbanti neri”? I cattivi. Di
un’occupazione feroce, degli eccidi da droni e bombardieri uccidentali si parla
poco. Tanto meno del diritto umano fondamentale di lottare per la liberazione
con ogni mezzo, molto meno affascinante del diritto al matrimonio gay. Tanto
meno della produzione record di oppio che diventa eroina nel mondo che dalla
morte genera soldi e di cui l’occupazione è garante e facilitatrice dell’export
(Kosovo). Buonissima è la “società civile”, quella contro il burka, che fa
marcette per la pace, proprio nelle fasi in cui i Taliban vanno all’offensiva
in tutto il paese e mettono gli invasori con le spalle al muro. Uguale, il “manifesto”,
anche per la Siria, laddove si trattava di lacerare
il tessuto multietnico e multiconfessionale dello Stato laico unitario
promuovendone la frammentazione tramite pulizia etnica operata dai curdi di
Usa, Israele, Saudia. Santi patroni e bocche della verità del quotidiano, Amnesty
International e Human Rights Watch, professionisti della sofferenza inflitta
agli amici dell’Occidente, entrambi, con personale e ordini del giorno, all’orecchio
del Dipartimento di Stato.
Forza, gente, muoversi! Migrare è vita!
Ovviamente, di
quella che in vista del globalismo dispotico transnazionale e antisovranista è,
accanto all’uniformizzazione finanzcapitalistica, alla frammentazione degli
stati unitari e ai regime change da guerre e sedizioni (il “manifesto”
ha addirittura plaudito a quella che dell’avventuriero CIA che ha unito
l’Armenia filorussa all’Azerbaijan amerikano, origine di quel TAP che San
Mattarella è andato indebitamente a promuovere tra fasti Nato lì e in Georgia),
lo strumento centrale dell’adattamento
del pianeta al nuovo ordine: lo sradicamento e trasferimento organizzato di
popoli dei quali si liberino le ricchezze e di cui usare a fini di riequilibri
sociali e demografici. Nessuna gigantografia spezzacuore, nessuna alluvione
di lacrime pietose, nessun parossismo di ipocrita indignazione, nessuna più
fetida manipolazione di Ong ascare della tratta, scaraventatici addosso come
bombe su Dresda, ha mai suscitato tra gli hilleriani del giornale una
riflessione sui modi e perché degli
abbandoni di casa di chi in ogni caso andava a star peggio.
Gli orrori dei
lager libici, sicuramente non case di riposo, sono ormai quasi tutti sotto osservazione
di entità ONU. Ma restano inferni dello stupro, della tortura, dell’assassinio,
della spoliazione di ogni bene del migrante. Guai a rimandarceli! Abbiamo visto ripetute immagini di persone
ammassate in capannoni e volti dietro a sbarre. Ci sono passate decine di
migliaia di persone, moltissimi con cellulari, anche satellitari. Possibile che
non si sia mai riusciti a video o audio-documentare un solo episodio di
atrocità? Le immagini di gente urlante, frustata, risalgono all’immediato
dopo-Gheddafi, quando i vincitori così trattavano gli immigrati neri. Quei due
milioni che in quella Libia avevano avuto lavoro, casa, decoro. Poi sappiamo
che non ci si imbarca senza quei 5000-7000 dollari per il negriero della lunga
filiera. Ma come, ti stuprano e poi ti
mandano via con i soldi? Con quei soldi che in qualsiasi paese africano ti
avrebbero assicurato una sorte migliore di qualsiasi ipotizzabile in Italia? Avrò
torto, ma il gioco sulla pelle di queste genti da manovrare è talmente sporco
che ogni sospetto è lecito.
Daje al governo di destra!
Questo non è il
governo dei montagnardi, semmai siamo agli Stati Generali del ‘79, con però un
sacco di gente del Terzo Stato arrivata ex novo. Ma questo è il primo governo,
da quelli lontani dello Statuto dei Lavoratori e del divorzio, dei Consigli dei
Delegati, dei sindacati cazzuti, che osa alzare un ciglio sull’opera degli
Andreotti, Amato, Treu, Bersani, Tremonti e sguatteri BCE vari. Al netto
dell’ossessione cibernetica dei Casaleggio (viva il faccia a faccia in
eterno!), delle ruspe, pacchie e dei “da papà” di Salvini e dei suoi tipacci, qui
c’è qualcosa di inedito: un ministro che denuncia Maidan, riconosce la Crimea
russa, sfida le sanzioni e prova a stoppare la congiura del buonismo sociocida.
Un altro prova a mettere qualche zeppa sotto il rullo compressore di ogni
diritto del cittadino, lavoratore e non, e del popolo sovrano. Non s’era mai
visto. Ma l’opposizione da “sinistra” del
“manifesto” ha una virulenza della stessa intensità con cui va a pescare nella
palude PD un qualche detrito non del tutto putrefatto per rivestirlo di abiti
decenti..
Parlare di
paradosso all’ombra della testatina “quotidiano comunista” diventa ingenuità. Il
termine va letto nel suo contrario. Ho qui una pila di numeri e vado alla
rinfusa, ‘Ndo cojo, cojo. Tra gli avventati Di Maio e Salvini e il “prudente”
Tria, con Tria: “prima vengono i conti” ; aumentare le pensioni minime: un
miraggio; bloccare la fusione di Anas e FS che regala il trasporto nazionale ai
parassiti dell’Anas,un azzardo; rivedere la svendita dell’Ilva a chi la paga
poco e la fa inquinare per altri lustri:
traditori, dicevano di chiuderla!
Parlamentizzare ogni provvedimento Nato e le basi, sottraendoli ai
soprusi delle giunte militari: ma non
volevano uscirne? Trump minaccia di
passare sopra l’Iran come Truman su Hiroshima? Sì ma quelli sono pasdaran,
corrotti, pericolosi, falchi. A Helsinki Trump (al di là del suo
barcamenarsi tra pistola alla tempia del partito della guerra e guizzo
pacifista) e Putin se ne escono sorridenti, gentili e senza menarsi e far
menare il mondo? Più acido di un Bolton, Pompeo, Hillary, Condoleezza Rice,
McCraig, il manifesto titola: “un tentativo di distrazione dal Russiagate
(bufalona indimostrata ma debitamente avallata) e della figura rimediata a
Helsinki con Putin”. Il Partito della Guerra non la poteva mettere meglio.
Distensione, dialogo, pace? Via dalla mezzanotte del botto?
Maddai!
E questa è
davvero clamorosa. Il “manifesto” fianco a fianco con gli accoliti
hillariani-Cia, pentagonali, neocon, talmudisti e wallstreetiani del Torquemada
Russiagate, Mueller, che non riesce a trovare un’ombra di interferenza russa
nelle elezioni presidenziali, pur sapendola lunga sulle ingerenze della sua FBI
in tutte le elezioni del mondo dal 1945
in qua. Urlano all’alto tradimento, raccolgono firme, annunciano processi,
esigono impeachment e incarcerazioni, la patria venduta al nemico, il
distruttore della nazione alla Casa Bianca, l’isterismo del complesso militar-industriale
che intravvede all’orizzonte una nuvoletta nera sul suo dominio dell’economia
americana e mondiale grazie ai conflitti. Il dialogo è nequizia, picchiarsi a
morte è bene. Tanto più che di questo zar, che insiste a farsi eleggere sotto
lo sguardo di osservatori internazionali, non c’è per niente da fidarsi:
imbroglia il suo popolo dicendolo assediato dagli schieramenti occidentali e fa
finta di democrazia non offrendo mai alla libera stampa immagini di teste di
manifestanti spaccate come succede nelle libere Francoforte, Genova, New York,
Parigi. Poi chissà cosa fa alle Pussy Riot!
Dimmi con chi vai
Il bocconiano
Boeri annuncia cavallette e piogge di rane contro il Decreto stoppa-precariato,
fa il Mago Otelma per la gioia di Confindustria? Mattarella interferisce sulle
scelte del governo? L’UE e lo sbronzone Juncker, porto franco lussemburghese
per tutti i manigoldi evasori, scaricano sull’Italia gli effetti collaterali
della spoliazione dell’Africa, ma è “l’Italia che si isola dall’Europa”?
Saviano, eroe dell’antipopulismo a stelle e strisce, dà del ministro della
malavita? Radio B92 di Belgrado fa parte del circuito CIA “Free Europe” ed è
pagata da Soros? Le Donne in nero di Belgrado ringraziano Madeleine Albright? I
Fratelli Musulmani conducono una guerra a base di stragi contro lo Stato
egiziano? Il governo cancella il
bavaglio alle intercettazioni? Toninelli mette sottosopra il TAV? Tsipras mette
la Grecia a disposizione di Netaniahu e compiace Usa e UK cacciando diplomatici
russi? Skipras avvelenati da russi in fuga? Disaccordo tra Di Maio e Confindustria?
Con Davigo, star populista, il CSM va a destra (con Legnini-Napolitano era lo
scudo di Di Matteo, Ingroia, De Magistris, Robledo, Woodcock…)? In Libano
l’UNHCR, quello della Boldrini, si oppone al rimpatrio dei siriani che vogliono
tornare nelle terre liberate? Con chi
sta il “manifesto”? Magliette e mani rosse in piazza di chi non ha mai levato
un sopracciglio o messo una maglietta per i non emigrati da sotto le macerie
libiche e siriane, sulle croci dei mercenari jihadisti e neppure per le
centinaia di ammazzati dal cancro, uomini e bestie, dai giochi di guerra nei
poligoni sardi. Magliette rosse dei Radicali. Basta questo. Con chi sta “il manifesto”?
Sta con gli
ordini di servizi, detti stampa, di De Benedetti, Elkan, Boccia, Caltagirone,
Berlusconi. Quelli latrano contro gli
abominii gialloverdi, il “manifesto” ringhia e abbaia. Via la censura
poliziesca sulle intercettazioni? Daspo
a vita ai corrotti pubblici? “Pura propaganda”.. Più che le quattro cose buone
fatte dal nuovo governo, eminentemente 5 Stelle, ci da conforto e speranza la
misura incontrollata della collera padronale.
Ogni giorno mi
dico: ma basta quel titolo. Sabato, per esempio, “Niger, dove l’Europa
prepara la nuova guerra ai migranti”. Niger e tutto il Sahel sono colonia
franco-Nato-americana. Ci hanno messo un po’ di Isis e hanno picchiato i Tuareg
perché ci fosse la scusa per militarizzare tutto. Bloccare migranti? Figurati,
anzi. Per scavare uranio, oro, metalli, petrolio, hanno espropriato, cacciato,
bruciato, ucciso. Il “manifesto” parla di “guerra ai migranti”. Non di guerra
all’Africa, qui come ovunque, perché produca più migranti.
Il segno sul XXI secolo della ragazza del secolo
scorso
Ma, amici,
tutto questo è poco, se ci ricordiamo di quanto ha impresso su quel giornale,
con eleganza di eurotacco coloniale, la più prestigiosa, la più onorata, la più
vetusta dei marabut che hanno dato vita all’impresa “il manifesto”. Al debutto
dell’aggressione jihadista promossa dai Fratelli musulmani del Golfo e dalla
Cia, poi guerra stragista franco-Nato, al paese più prospero ed equo (ONU) del
Continente, al leader che aveva riscattato un popolo dal colonialismo genocida
italiano e dal servilismo alla corona britannica, che aveva iniziato
l’affrancamento del continente dal sottosviluppo, dalla spoliazione e
dall’intrusione del nuovo colonialismo, Rossanda dai salotti di Faubourg St.
Honoré s’indignò grandemente perché il giornale aveva un po’ tergiversato sugli
abominii da attribuire a Muammar
Gheddafi. Ignoranza? Arroganza colonialista? Odio antisemita dell’eurokazara
per il semita arabo Gheddafi? O semplicemente Quinta Colonna?
Richiamò
all’ordine i co-infiltrati del ’69 e agognò il precipitarsi, dal “mondo libero”
ovviamente, di combattenti sul tipo Brigate di Spagna, in sostegno ai rivoluzionari
democratici rivoltatisi contro una famiglia di tiranni e grassatori.
Ottenebramento da arteriosclerosi, coppe di champagne in eccesso? No amici,
coerenza di un’operazione di lunga gittata, che ha segnato fortemente
cinquant’anni di collateralismo terribilmente manipolatorio, razzisticamente
eurocentrico, intimamente neolonialista. I succedanei di oggi degli iniziatori
hanno perduto, come tutta la categoria, l’abilità di travestimento e mimesi. Si
sono rivelati faciloni. Come quelli delle false flag, sempre più rozze. Quel là
dato da Rossanda nella primavera araba di Libia ha dissipato ogni nebbia. Ha
collegato il suo auspicio alla risata trionfale di Hillary Clinton sul cadavere
martirizzato del Gheddafi sventrato. Due donne, due femministe, due ingiurie tremende
a entrambe le categorie.Il cerchio si chiude. Quinta colonna.
7 commenti:
https://youtu.be/b1WNOFefBjY
https://youtu.be/KG7WI2V-Odo
Ciao Badoglio:
https://youtu.be/s3CZFwgI94c
Ottime quelle considerazioni sulla Rossanda, che mi fecero argomentare con un militante di "lotta comunista" che all'inizio apprezzai per la sua posizione non filoribelli contro la Libia. tuttavia quando dissi dello sproposito della Rossanda sulle "brigate internazionali' (in libia quando casomai la similitudine con la guerra di Spagna era al contrario, Stati esterni Europei, fra cui guarda caso anche l'Italia che supportano golpisti venuti dalla periferia contro una repubblica comunque progressista e sicuramente legittima) mi rispose "eh, non farci caso quella e'vecchia ed un po' rincoglionita". Salvo poi ricadere a qualche anno di distanza nell'indicare Gheddafi come "compare di affari con l'imperialismo" ed indicare nel primo maggio dell'anno scorso, i presunti torturatori di migranti di oggi come "sgherri di Gheddafi". Tutto viene ridotto ad una "guerra fra fazioni schierate con poli opposti dell'imperialismo, tutto uguale o quasi perché' "non socialista, borghesie locali", salvo denunciare le ipocrisie delle Ong che ci fanno affari con i profughi. Tutto negativo insomma, in una nebulosa che "solo la lotta dei proletari di ogni paese potrà' superare". per quanto accattivante, la formula non mi convince del tutto.
Volevo anche segnalare il basso profilo che i giornali mainstream, tranne forse "il fatto quotidiano" tengono sui terribili incendi in Grecia, posti dopo la molestia (vera o presunta) di una turista in italia da parte di minorenni dopo i gossip sui vari vip. Come fosse un semplice temporale estivo.
Aggiungo questo scritto del compagno eritreo https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-perch_quelli_di_apriteiporti_vogliono_la_guerra_in_africa/82_24872/
Luca@
Compagno eritreo?
Bene la pace. Meno bene l'alleanza con il custode degli interessi colonialisti e imperialisti di Usa, Israele, Golfo e UE nel Corno , che ora ha accesso anche al mare attraverso i porti eritrei, in parte già appaltati all'UAE che ne viene agevolata per i massacri in Yemen.
Ci siamo:
https://www.controinformazione.info/gli-stati-uniti-pronti-a-colpire-liran-ad-agosto/
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