Ve lo raccomando, come difesa dall’eccesso di presa per i
glutei da parte della stampa, baby
Un nuovo Regeni: è in gioco il petrolio e la
Libia
Permettetimi di raccomandarvelo: è una difesa dall'eccesso di presa per i glutei
Regeni raddoppiato
Su Giulio Regeni, dopo aver proposto ai retti e onesti
tutte le notizie che media e Roberto Fico occultano e che rovesciano nel suo
contrario la narrazione ufficiale (come occorrerebbe fare ogni giorno), avevo scritto
una lettera aperta al presidente della Camera, oggi governista ad oltranza per
amore di PD. Ma l’increscioso autore del colpo di mano che ha imposto ai
parlamentari di rompere ogni relazione con il parlamento egiziano, non se n’è
dato per inteso. Dando così prova della sensibilità democratica che, lo
comprendiamo, con compagni di merende come PD e Italia Vivacchiante, è
incompatibile. Un nuovo Regeni, l’Egitto, i media, sono l’oggetto centrale
dell’odio dei nostri specialisti anti-odio e, dunque, di questo articolo. Ma
partiamo da lontano.
Siamo sopravvissuti agli tsunami dell’odio rovesciatici
addosso, prima, dal Giorno della Memoria e, poi, da quello del Ricordo,
entrambi illustratici, come suole, con la nota correttezza dagli storici e
parastorici dei vincitori. Per non farci mancare niente, hanno affiancato queste
intemperie a quell’altro uragano dell’odio che ci accompagna da tempo e che
riguarda gli sciagurati che, fuori da ogni discussione, si meritano l’odio
degli anti-odio al potere in Occidente: Russia, Cina (oggi capolista), Siria,
Iraq, Iran (sul quale si va esercitando, con particolare perizia Bilderberg, il
promotore di Draghi presidente: Stefano Feltri del “Fatto”). Quanto alla Cina,
oggi sottoposta a un prodromo di guerra in chiave
economico-mediatica-occidentocentrica su base batteriologica, ci possiamo
vantare di essere, con l’eccellenza clerico-atlantista Conte Bis, più realisti
del re. Primi e, dopo giorni, ancora unici in Europa, nonostante l’OMS l’abbia
ritenuto inutile, abbiamo imposto il blocco per un’epidemia influenzale che, nella
sua forma in Cina (1,7 miliardi), ha ucciso quasi 800 persone e, nello stesso
periodo, in quella degli USA (320 milioni), 10.000.
Ritocca all’Egitto, capofila arabo
Ma da domenica, 9 febbraio, è tornato alla
ribalta un altro oggetto di sacrosanto odio, all’ennesima potenza a partire
dall’insurrezione popolare che, nel 2013, ha cacciato Mohamed Morsi, il
Fratello Musulmano della Sharìa per tutti, degli scioperi operai per nessuno e
delle fiamme alle chiese cristiano-copte. Il reprobo di turno da anatemizzare è
l’Egitto di Al Fatah al Sisi. Una nazione tornata alla laicità, all’amicizia
con Mosca, di nasseriana memoria, al sostegno a una Libia in corso di
riunificazione e riscatto sotto il governo di Tobruq (l’ultimo regolarmente
eletto e, perciò, non riconosciuto dalla “comunità internazionale”), per mano
del generale anti-Isis, Khalifa Haftar.
L’Egitto, come tutti sappiamo è, insieme a Siria, Algeria,
Sudan e Libano, uno degli Stati arabi ancora non comprati, o annientati, dai
colonialisti di ritorno a guida USA. Algeria, Sudan e Libano sono stati capaci,
a forza di elezioni stravinte, di neutralizzare l’ennesimo tentativo
colonialista di regime change alla Otpor-Soros. “Rivoluzione” affidata a
manovratori di gente scontenta, strumentalizzata e spesso pagata e, in Algeria,
dopo gli islamisti degli anni ’90, ai soliti berberi, quinta colonna francese
fin dai tempi della liberazione.
L’Egitto, tuttavia, ha un’altra caratura. Dai tempi del
liberatore Nasser, lo Stato-pilastro del panarabismo laico, strategicamente e
geopoliticamente centrale per dimensioni storiche, geografichje e demografiche
e ora anche per risorse energetiche, è rimasto l’unico vincitore netto della
prima “Primavera Araba”, il più importante tentativo di sovvertire uno Stato
sovrano in termini non militari, ma sociali e terroristici. Fallito il primo,
con la sconfitta dei Fratelli Musulmani (FM), partoriti negli anni venti dalla
reazione colonialista al nascente panarabismo laico e socialista, si è passati
al secondo. Di nuovo con i FM, ma stavolta eminentemente in chiave
terroristica, con il braccio armato jihadista dell’ISIS, impegnato in una
sanguinaria guerriglia in Sinai, con le spalle coperte da Israele e con
attentati contro esponenti delle istituzioni, a partire dei vertici della
magistratura, che richiamano le stragi di civili e turisti, compiuti dai FM in
decenni passati.
Si tratta di Libia e di Zhor
Vi annoio con un brevissimo sunto. Contro questo Egitto si
scatena la canea vandeana di chi si vede sfuggire un importante pezzo del
centro strategico del mondo, il Mediterraneo tracimante di petrolio e crocevia
tra Est e Ovest, Nord e Sud. A punirlo per la estromissione a furor di popolo
(20 milioni in piazza contro Morsi vincitore con il 17% degli aventi diritto in
elezioni boicottate da tutti) del despota integralista, emerge il solito
strumento dei “diritti umani”, brandito dai peggiori violatori di tali diritti.
Giulio Regeni, ricercatore preso l’Università Americana del Cairo, scompare il
25 gennaio 2016 e viene ritrovato in strada, torturato a morte, il 3 febbraio.
Come con Enrico Mattei
Elementi che qualsiasi inquirente e giornalista prenderebbe
in massima considerazione, ma che da noi vengono pervicacemente ignorati. Il
giorno del ritrovamento di Regeni è quello in cui una missione del nostro
ministero dello Sviluppo, con decine di rappresentanti delle maggiori industrie
italiane, si incontra con Al Sisi per siglare contratti per miliardi, compreso
quello per lo sfruttamento da parte dell’ENI di Zhor, il più grande giacimento
di idrocarburi del Mediterraneo. Gas che renderà l’Egitto indipendente ed
esportatore sul piano energetico e a noi fornirà approvvigionamenti certi. Non
ne sono per niente contente le grandi compagnie petrolifere
anglo-franco-americane. Fregate come dall’ Enrico Mattei degli accordi con l’Iran
di Mossadeq. Seguiranno esiti non dissimili. L’incontro al Cairo salta.
Uno dei più attrezzati servizi segreti del mondo avrebbe
fatto ritrovare un corpo da esso orrendamente mutilato, al lato di una strada
principale, l’avrebbe buttato tra i piedi del suo presidente nel giorno del
contrattone con il paese di cui il soggetto era cittadino. Tanto per favorire
gli accordi…. Un’intelligence di cretini, tafazzisti, o Fratelli musulmani
ostili al loro capo. Sciocchezze da escludere a chiunque non abbia la
sciocchezza o i motivi di accusare il governo egiziano.
Cosa cercava il ricercatore italiano?
Il giovane Regeni aveva un passato da esplorare
con cura. Mai fatto. La sua formazione inizia negli Stati Uniti sotto il
patronaggio di ambienti dell’intelligence. Il suo lavoro prosegue nel Regno
Unito al servizio di una centrale di spionaggio e commercio dati più illustre
della notoria Cambridge Analytica (scandalo Facebook), la Oxford
Analytica. Una potente e oscura multinazionale fondata e guidata da tre dei
più illustri esponenti di un simpatico “milieu” alla marsigliese: Colin McColl,
già capo dei servizi britannici, David Young, già assistente di Kissinger e
John Negroponte, già ambasciatore Usa, ma soprattutto creatore degli squadroni
della morte in Centroamerica e Honduras. Un aspetto trascurabile del curriculum
del giovane, vero?
Al Cairo lo imbarazza un sindacalista dell’economia
informale, agente della Sicurezza sotto copertura, Mohamed Abdallah, che Regeni
riteneva utile a fornirgli contatti con elementi dell’opposizione. Invece
l’agente lo controlla e alla fine lo inchioda con un video in cui, alla
richiesta provocatoria di Abdallah di un aiuto per la madre ammalata di cancro,
Regeni risponde con un diniego e poi con l’offerta di 10.000 dollari (di chi?),
ma non per il caso umano, bensì per un “progetto”. Sovversivo? Il resto
sono chiacchiere vane e fatti sepolti sotto il profluvio delle accuse senza
base. Solo borbottio, dell’Egitto, dell’Università di Cambridge dalla quale
Regeni dipendeva e anche degli inquirenti della Procura di Roma. Silenzio, ma
tra enormi boatos propagandistici sull’Egitto dittatoriale, torturatore,
decimatore del suo popolo. Silenzio sui danni che vanno facendo questi boatos
all’Egitto turistico e geopolitico, sui favori che questi boatos vanno facendo ai
concorrenti dell’Italia nei rapporti con l’Egitto. Modello Libia di Gheddafi e
poi di Al Serraj. Siamo sempre stati bravi a offrire gratis vasellina a chi non
ci vuole troppo bene.
Pensate, i rimbrotti riservati a Erdogan, padrino dei
tagliagole in tutto il MO, sono carezze rispetto all’esecrazione di Al Sisi.
Nonostante che, con disprezzo assoluto per tutti e per ogni legge, il sultano
pirata s’è preso la fascia del petrolio che congiunge la Turchia alla Libia. E’
che lui, alla faccia della dabbenaggine dei russi, resta solidamente
incastonato nel consorzio imperialista della Nato. E gli USA lo sanno e
lasciano fare. E lo sappiamo anche noialtri, che ce lo lasciamo fare.
Ma silenzio soprattutto su due elementi che
neanche il fratello scemo dell’ispettore Clouseau avrebbe ignorato. Botta
all’Egitto: un cittadino del paese estero privilegiato, dai servizi egiziani
rapito, ucciso e fatto ritrovare nel giorno degli accordi tra i due partner. Botta
ai mandanti di un possibile provocatore smascherato e quindi bruciato e quindi
da eliminare, possibilmente attribuendone la paternità al governo da provocare. Vi
stupite che i rispettivi governi con le loro magistrature, presi in questo
pasticcio che coinvolge alleati potentissimi, traccheggino da quattro anni e
non sappiano come uscirne? Dando libero campo. con inchieste parlamentari,
articoli alla stricnina, striscioni, ai Bonino, Manconi, Colombo, Fico, sindaci
vari e media tutti, a una delle più feroci campagne d’odio contro un altro
paese e di danno al proprio che si siano mai viste.
Lo spirito di Hillary nei media italiani
A sostegno di tutto questo c’è un terzo elemento
rigorosamente occultato. Quando Amnesty (figuriamoci, sono quelli che
mostrificano tutti coloro che gli Usa devono far fuori) e, al seguito, “il
manifesto” e gli altri parlano di decine di migliaia catturati, spariti,
uccisi, ci devono far pensare a gente come te e me e nostri parenti e amici.
Mica a migliaia di jihadisti dell’ISIS messi in campo dai Fratelli Musulmani,
loro storica espressione politica e ora lanciati contro l’Egitto in una vera e
propria guerra pseudo-civile del terrorismo provatamente affiliato e devoto alle
Potenze occidentali, che continua dalla caduta di Morsi e prosegue con
l’eccidio di centinaia di civili e soldati egiziani, soprattutto nel Sinai.
Terroristi in guerra contro lo Stato fatti passare per innocenti civili
colpevoli di dissenso. C’è, in questo, una spudoratezza paragonabile alla
sghignazzata di Hillary Clinton quando annuncia il linciaggio di Gheddafi.
Spuntano quelli di Soros
Ebbene ci risiamo. Alle celebrazioni per Regeni e agli
anatemi contro il “dittatore”, ora si affianca, rilanciando quelli, una
campagna altrettanto violenta per l’arresto di Patrick George Zaki, studente a
Bologna, rientrato in Egitto, fermato all’aeroporto ed, entro la nottata,
trasferito nella sua città natale Mansura dove gli è stato confermato un fermo
di 15 giorni e dove ha potuto incontrare legali e famigliari. Vi risparmio i
miei commenti. Parlano da soli i titoli che riproduco e che riproducono il
solito unanimismo di regime tra giornaluccoli come i sovvenzionati “il
manifesto” o il “Foglio”, in edicola in virtù di chi non li compra, alle grandi
testate main stream, vanto dell’FNSI, come di Usa, UE e Nato.
Aggiungo solo, per deontologia, un dovere da
rintracciare nei meandri di incunaboli antichi, che non c’è un filo di verità
nelle accuse di torture, bastonate, frustate per ore con cavi elettrici,
elettrochoc, riferite ai carcerieri egiziani. I legali di Zaki, studente di
questioni di genere, hanno riferito: “Zaki era molto provato, abbiamo
parlato del caso giudiziario e di ciò che è successo”. Punto. Che sia “provato”
è comprensibile. Il resto è fuffa. Sembra quasi un comunicato ufficiale della
Questura, spedito ai giornali. Ma l’hanno detto un amico, una sorella e Mohamed
Lotfy, amico di Zaki e direttore di un’associazione dei diritti umani. Tutti
senza aver avuto un minuto di contatto con la “vittima”.
Infine, non è forse del tutto sprecato che si sappia che,
in una foto diffusa da La7, dietro al volto di Zaki appare, appeso alla parete
un poster con il pugno reso indimenticabile da Otpor a Belgrado e, poi, in
tutte le “rivoluzioni colorate”. Zaki è membro dell’EIPR. “Iniziativa Egiziana
per i Diritti della Persona” che si occupa in prevalenza di questioni di genere
e di impedimenti alle pratiche religiose per motivi di laicità dello Stato.
Dalle sue pagine internet si evince una stretta relazione con “Freedom House”,
uno dei Think Tank neocon impegnati, come la Cia e NED, nella sovversione in
paesi disobbedienti. EIPR ne ha preso le difese quando è stata multata per aver
violato il divieto di farsi finanziare da enti stranieri. Divieto che ha visto
inquisite altre 13 organizzazioni per i diritti umani, in parte legate a Soros.
Hassam Baghat, fondatore di EIPR, nel 2010 ha ricevuto il premio per “Attivismo
Straordinario” da “Human Rights Watch”. I comunicati di EIPR sono
riportati e diffusi dalla “Open Society Foundation” di George Soros.
A questo link troverete il lungo elenco delle
organizzazioni sorelle che nel mondo collaborano per i “diritti umani”. Accanto
a Open Society di Soros, Amnesty International, Human Rights Watch,
Riockefeller Foundation, Ford Foundation, Avaaz e altri esperti castigatori di
nemici dell’Occidente, chi trovate? “Egyptian Initiative for Personal Rights”
(EIPR) di Patrick George Zaky. Sono sorprendenti le misure cautelari
delle autorità egiziane? Sorprendono le accuse di nequizie subito sparate dai
media? Ne va di Zhor, ne va della Libia, ne va di più migranti, né va di diritti
umani come visti dal colonialismo. Tout se tien.
Facebook ti banna, Google ti censura, Twitter ti cancella,
Instagram ti esclude. Tutto vero, tutto bruttissimo. Ma di fronte a questa
stampa-tv, che il cielo ci preservi i social media!
3 commenti:
Giusto per caso, ho visto un video della senatrice Segre al Parlamento europeo. Questa figura al top della classifica "democratically correct" possibile canditata come prossima Presidente della Repubblica, in un suo discorso nega persino la liberazione del lager nazista ad Auschwitz da parte dell'Armata Rossa. Dice "L'Armata Rossa non ha liberato un bel niente (!), sono arrivati solo quattro soldati sovietici, ma i nazisti se ne erano andati da giorni". Chissà cosa facevano da soli li dentro, per giorni?
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Non so se tale frase gli sia stata suggerita da qualcuno od è farina del suo sacco. Poi accusano gli altri di "negazionismo".
Grazie per l'ennesima lezione di ottimo giornalismo.
Caro Fulvio.
Ti seguo da... sempre, ti ho conosciuto di persona e ti considero una voce importante.
Proprio per questo non posso esimermi dal puntualizzare quanto segue.
Riconosco la mia ignoranza sul Sudan, che mi risulta oggi molto vicino a USA e sionisti, ammetto che dall'Egitto ho fortissimi dubbi, e non lo considero affatto antimperialista (sbaglio o partecipa alla coalizione saudita contro lo Yemen?).
Ma ciò che mi sembra profondamente sbagliato da parte tua é quel che dici di Haftar. Le milizie di Haftar sono imbibite di Wahhabismo, giusto l'altro giorno - per dire - hanno distrutto un mausoleo Sufi a Sirte. La Libia, o quel che ne rimane, é stretta tra schieramenti che non presentano sostanziali differenze ideologiche o dottrinali. Semmai ricordo di un'area tribale, a sud, dove queste farneticazioni hanno meno seguito.
Spero che mi risponderai, spero che tu riesca a convincermi che sono in errore, sinceramente. Ma non vedo alcuna "speranza" per la Libia.
Saluti.
Giuseppe Angeleri
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